Intervista di Michela Zanarella a Gabriele Fabiani ed al suo romanzo denuncia “Yes We Call”
Gabriele Fabiani, giovane autore di Castiglione Cosentino, ha recentemente pubblicato un romanzo “denuncia” sul mondo dei call center “Yes we call” edito da Periferia Edizioni.
Dopo il successo del suo primo romanzo “Tre metri sopra il mare”, la scrittura occupa gran parte del suo impegno quotidiano. Nel gennaio 2012 pubblica, con la casa editrice Rupe Mutevole Edizioni, una silloge all’interno della raccolta poetica dal titolo “Stagioni poetiche“.
Numerosi sono i riconoscimenti ottenuti in diversi concorsi letterari nazionali. Appassionato di cinema nel 2010 partecipa alla manifestazione “Moda Movie 2010” classificandosi al terzo posto con il cortometraggio “Diet il gusto della dieta”.
Gabriele Fabiani è stato molto disponibile nel rispondere ad alcune curiosità per tutti noi. Buona lettura!
M.Z.:“Yes, we call”, un libro per raccontare il mondo dei call center. Perché hai deciso di affrontare questo tema in questo momento così complesso e delicato per la politica rivolta alle problematiche della gioventù italiana?
Gabriele Fabiani: Ho deciso di affrontare questo tema e renderlo accessibile a tutti proprio per far capire come la politica abbia abbandonato le nuove generazioni. Il call center è una macchina continua che prende al suo interno giovani laureati, spremendoli fino all’osso, con paghe raccapriccianti e lasciando solo un grande senso di vuoto, di insoddisfazione e problemi di salute a volte non indifferenti. Molti, hanno visto nei call center la soluzione dei problemi occupazionali. Purtroppo non è stato così e non è così. In questi posti si arriva solo a nuove forme di sfruttamento in cui a guadagnare è solo chi gestisce tutta l’organizzazione. Una politica attenta alle problematiche giovanili avrebbe sicuramente agito in modo diverso, garantendo e controllando la legittimità dei call center e dei contratti usati. Una classe di sfruttati non crea economia ed il motore del paese diventa così una zavorra che blocca tutto.
M.Z.: Il tuo romanzo si può considerare un libro denuncia sul mondo del lavoro, dove prevalgono precarietà, adattabilità e sfruttamento. Come è stata accolta questa pubblicazione dai lettori e da chi è nel settore dell’editoria?
Gabriele Fabiani: Beh, innanzitutto devo ringraziare il mio editore, il Prof. Pasquale Falco, che con Edizioni Periferia ha deciso di dare forza e voce alla mia denuncia, al mio racconto. Spesso le persone che mi stanno intorno non conoscono la realtà di questi moderni “mattatoi” intellettuali, anzi, pensano che sia una fortuna andarci a lavorare. Sono persone, che con superficialità, pensano sia vittimismo la frase “paghe da trecento euro” quando, invece, è la realtà dei fatti. Il lettore che si accosta a “Yes we call”, riesce a comprendere meglio lo stato d’animo di chi chiama a casa la sera, riesce ad entrare nei concetti del perché dell’insistenza e riesce a comprendere meglio tutte le dinamiche che sono nascoste all’utente. Riesce, in effetti, ad entrare in un call center rimanendone all’esterno ma afferrandone il disagio. Chi ha un figlio che lavora in un call center, attraverso la lettura del libro, riuscirà a capire meglio anche alcuni atteggiamenti, nervosismi e cambiamenti che questo lavoro porta involontariamente nella vita degli operatori.
M.Z.: Il libro è autobiografico, rispecchia la tua esperienza come operatore di call center, ma la situazione è comune a molti giovani che faticano ad avere un lavoro sicuro e a tempo indeterminato. Secondo te è possibile trovare una chiave di svolta a questa incresciosa realtà che vede perdersi una generazione intera?
Gabriele Fabiani: Io non vedo che una via, quella, cioè, di trattare ogni tipologia di call center come lavoro a tutti gli effetti e regolamentarlo indifferentemente con contratti collettivi nazionali già esistenti ma che vengono applicati solo in alcuni casi nell’inbound (servizi di assistenza alla clientela ad esempio). Bisogna capire che il lavoro è anche il raggiungimento dell’obiettivo ma il lavoro per raggiungerlo sono una serie di attività che all’operatore non vengono riconosciute. Gli imprenditori che aprono un call center, spesso foraggiati da incentivi, finanziamenti e via dicendo, conoscono benissimo il meccanismo di prendere a lavorare con contratti schiavistici come co.co.co, co.co.pro., tirocini e stage il fior fiore dei neo-laureati. Da una parte hanno un lavoro svolto con grande qualità e dall’altra hanno operatori sfruttati pagati una miseria.
M.Z.: Veniamo al tuo percorso come autore. Tra narrativa e poesia, a quale genere sei maggiormente legato?
Gabriele Fabiani: Non c’è dubbio che la poesia è stata la mia fulminazione. Ricordo a tredici anni, fra i banchi di scuola, il primo componimento. Riesco a ricordare perfino il banco e la posizione di esso all’interno della classe. La poesia è nata in me naturalmente, senza cercarla, così come succede ora. È qualcosa di positivo e bellissimo che però nasce sempre da un velo, un rigagnolo di malinconia che è intrinseco ormai alla mia vita. Ogni tanto esce allo scoperto e scrivo. Non posso farci nulla, è incontrollabile. Di giorno, di notte, in treno, in macchina, quando arriva devo fermare tutto e scrivere. Altrimenti svanisce tutto e la poesia è perduta. La narrativa, invece, è qualcosa che ho sperimentato e realizzato più tardi, quando sul finire dei diciassette anni iniziai a scrivere “Tre metri sotto il mare”, un romanzo che mi commuove ogni volta che lo rileggo. Una storia fantastica. Così com’è stato speciale scrivere “Yes we call”, un viaggio attraverso la mia vita per condurre il lettore nel disagio contemporaneo di una generazione. Quindi la poesia rimane il genere che più mi lega alla scrittura.
M.Z.: La tua terra, la Calabria, quanto offre ai giovani che vogliono emergere e far conoscere le loro doti artistiche?
Gabriele Fabiani: I problemi che scuotono le persone a livello nazionale, purtroppo in Calabria vengono ancora di più amplificati. Dal canto mio non mi sono mai sentito di professare che qui le cose vanno bene e sottacere così la realtà. La Calabria ha bisogno di una classe politica e dirigente nuova, fresca e volenterosa. I talenti qui si sprecano. Ce ne sono una miriade fra artisti, musicisti, scrittori, scultori. Qualcuno riesce ad emergere perché decide di portare altrove il proprio talento, altri perché seguono scie politiche in voga in un determinato momento. È triste dover constatare che anche una semplice presentazione diventa difficile organizzarla senza conoscere qualcuno.
M.Z.: Notevole è anche la tua passione per il cinema, hai ottenuto diversi riconoscimenti con il cortometraggio “Diet il gusto della dieta”. Che ricordi hai di questa esperienza?
Gabriele Fabiani: È stata un’esperienza fantastica. Ero alle prime armi insieme agli amici di allora. Sul set è stato fantastico organizzare tutto, curare le riprese, studiare, inventare. Non avevamo mezzi professionali ma siamo riusciti con l’inventiva, con sacrifici e forza di volontà a sfruttare al meglio ogni singola risorsa. E la soddisfazione di tutto è stata sentire, quando il corto è stato proiettato al cinema ospite di un concorso, sentire le persone presenti ridere a crepapelle ed apprezzare il frutto del nostro lavoro.
M.Z.: Progetti futuri?
Gabriele Fabiani: In cantiere ci sono un po’ di lavori da ultimare piano piano. Equivalgono a due romanzi avviati e da terminare, un altro da iniziare ed, infine, due raccolte poetiche che si stanno concretizzando e da verificare poi la possibilità di pubblicarle. Ma il progetto che mi preme più di ogni altra cosa oggi è quello di riuscire a trovare lavoro per dare tranquillità e serenità alla mia vita.
Written by Michela Zanarella