“L’inizio e la fine” di Irène Némirovsky – recensione di Rebecca Mais

“Ogni movimento gli strappava un gemito. Nei profondi armadi a muro i topolini correvano con un tumulto di cavalcata che faceva vibrare i vecchi muri. Di nuovo pensò: ‘Ho tanto desiderato. Ho ottenuto così poco…’.

Un caso di omicidio per mano di un certo Barrett ha dato vita ad un processo per il quale il procuratore Deprez si trova a dover emettere una difficile sentenza: scagionare l’imputato nonostante egli lo consideri colpevole o graziarlo dando retta alle preghiere della madre disperata che non risparmia però non troppo velate ingiurie?

Questo il cuore centrale del racconto “L’inizio e la fine” (Edizioni Via del Vento, maggio 2013) di Irène Némirovsky che ancora una volta si dimostra abile nell’indagare l’animo umano come pochi altri.

Il protagonista della narrazione è un uomo che si è sempre sacrificato, per se stesso e per gli altri, ed ora si ritrova a riflettere, spinto dalle parole della madre dell’assassino, sulla sua attuale condizione.

Di recente ha subito un’operazione per un terribile male ma nonostante il suo medico abbia asserito che si tratti di un tumore benigno egli sente in cuor suo che la situazione è ben peggiore e che non gli rimangono poi tanti giorni di vita. Perciò il dilemma si basa sulla scelta di commettere un atto caritatevole dal momento che presto anch’egli dovrà abbandonare il mondo terreno oppure condannare il colpevole mantenendo la sua freddezza e prendersi in questo modo un’ultima rivincita.

Grazie alle parole della Némirovsky il lettore è portato a immedesimarsi nel procuratore, nella sua malattia, nella sua condizione di uomo troppo spesso denigrato che ha ora, grazie ad un dibattito così di rilievo, la sua occasione di stravolgere la sua immagine.

La morte aleggia anche stavolta sulle vite dei protagonisti, inesorabile più che mai, scintilla che può portare a decisioni impensate in condizioni normali.

Ma è il male la vera forza motrice di ogni azione dell’uomo e nel racconto viene palesato come questo possa fornire nuova energia e vigore per dare vita alle azioni che in assenza di esso non sarebbero state possibili. “La banalità del male” si presenta in ogni sua tonalità, pura e cruda e ferocemente concreta.

Un racconto nel quale emerge il consueto pessimismo dell’autrice ma in maniera del tutto originale rispetto alle altre sue opere.

Una Irène Némirovsky che non smette mai di sorprendere e che ci concede ancora una volta una diversa sfaccettatura del suo essere e della sua arte.

 

Written by Rebecca Mais

 

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