“L’idea di medioevo: Fra storia e senso comune” di Giuseppe Sergi – recensione di Rosario Tomarchio

Nel Settecento, Ottocento e così pure nel Novecento si è diffusa l’idea che il Medioevo è un arco di tempo da valutare negativamente o come un contenitore dove di una parte vengono inseriti gli elementi positivi e negativi: gli elementi positivi le feste, la magia, un tempo fatto di principi e fedeli cavalieri; tra gli elementi negativi: le guerre, la fame, la peste.

Eventi che sicuramente ci sono stati ma ridugono un evento di mille anni ad alcuni secoli in cui si sono manifestate.

Un fatto è certo. Il medioevo è un arco di tempo di 1000 anni e che generalmente considerato dalla caduta dell’ultimo imperatore d’occidente e con la scoperta dell’America. Si sono proposte altre date per dare un inizio ed una fine, ma comunque un arco di tempo compreso tra il V secolo e il XV secolo.

Montesquieu definì il feudalesimo come un deleterio sistema una specie di diversa signoria, con diversi titoli, su una stessa cosa o sulle stesse persone.

Su base di questa affermazione il feudalesimo risultava come l’esito dello smembramento del patrimonio statale e del potere pubblico a favore di una aristocrazia militare e fondiaria: i singoli appartenenti a questa aristocrazia avevano diverso peso, ma erano coordinati fra loro da legami di subordinazione e fedeltà. Fin qui si parlava tuttavia di Europa e di potenti.

Karl Marx, che fece ricorso all’etichetta feudalesimo per definire un tipo di organizzazione fondiaria e un sistema di rapporti di produzione: complessivamente una fase precedente al capitalismo. L’idea di feudalismo ne risulta spostata dal piano giuridico – militare al piano economico – sociale, e per feudalesimo si intende la soggezione e lo sfruttamento  politico – economico dei contadini: non salariati costretti all’obbedienza ed a varie prestazioni per il fatto di essere inseriti nella grande azienda agraria signorile.

Max Weber nel 1922 e Heinrich Mitteis nel 1933 presentarono il feudalesimo come tappa dell’evoluzione storica, a metà strada tra le esperienze di egemonia aristocratica e lo Stato amministrativo moderno. Otto Hintze, che nel 1929 propose il feudalesimo come una forma di reggimento dei popoli riscontrabili ancora fino al secolo XIV.

Secondo l’idea di Kula il latifondo come isola giurisdizionale, l’obbligo di prestazioni d’opera sulla terra del signore, le limitazioni della nobiltà dei rustici, gli introiti signorili legati all’esercizio di protezione e potere e non solo alla gestione della terra.

Dai documenti apprendiamo che oltre al re, anche altri grandi  possessori avevano curtes. Che cos’erano le curtes?

Quasi tutti i grandi latifondisti altomedievali furono, fino al primo secolo successive al Mille, organizzati in curtes: sviluppo delle antiche ville romane, si fondavano sul principio della condizione mista delle terre: di una parte direttamente il grande possessore un’altra era frazionata e affidata a coloni. I coloni pagavano l’affitto con quote di prodotto o denaro e fornendo un certo numero di giornate di lavoro sulla parte di terreno gestita dal grande proprietario terriero. Le corvées non era richiesta a tutti gli abitanti di una regione, non erano un’imposizione politico – signorile, ma erano una forma di pagamento di affitto dei contadini che avevano un legame economico con il patrone della terra.

Giuseppe Sergi  insegna Storia medievale all’Università di Torino e fa parte del consiglio scientifico del Centro italiano di Spoleto. Queste le tematiche presenti nel suo libro “L’idea di medioevo: fa storia e senso comune“.

 

Written by Rosario Tomarchio

 

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