Intervista di Michela Zanarella a Giovanni Agnoloni ed al suo “Sentieri di notte”
Giovanni Agnoloni è uno scrittore, un traduttore e un viaggiatore. Studioso di J.R.R. Tolkien, di Edward Bach e di spiritualità, è autore di “Tolkien e Bach” (Galaad, 2011), “Nuova letteratura fantasy” (Eumeswil, 2010) e “Letteratura del fantastico” (Spazio Tre, 2004), e curatore di “Tolkien. La Luce e l’Ombra” (Senzapatria, 2011).
Ha partecipato all’antologia connettivista “A.F.O. – Avanguardie Futuro Oscuro” (EDS 2009, Kipple 2010). Collabora con i blog La Poesia e lo Spirito e Postpopuli.it. “Sentieri di notte” (Galaad, 2012) è il suo primo romanzo.
Giovanni Agnoloni è stato molto disponibile nel rispondere ad alcune domande per noi di Oubliette Magazine. Buona lettura!
M.Z.:”Sentieri di notte” può essere considerato un romanzo connettivista, dove più generi di scrittura si intersecano, si scambiano e si sostituiscono l’uno con l’altro perfettamente. Come definiresti questo libro, e a quale genere lo attribuiresti? A quale target è indirizzato il tuo scritto?
Giovanni Agnoloni: È vero, è un romanzo connettivista, e forse la matrice principale di questo movimento è proprio l’interdisciplinarietà e la vocazione ad aggregare diversi ambiti della conoscenza e dell’esperienza umana, e in particolare quello scientifico-tecnologico e quello umanistico. Dunque la vocazione del connettivismo (che ha quasi tante anime quanti sono i connettivisti) è quella di ibridare generi diversi, sia pur ricorrendo sovente a stilemi e archetipi propri della narrativa di fantascienza, ed in particolare del Cyberpunk. Resta il fatto che “Sentieri di notte” non è un romanzo di fantascienza in senso stretto. È un’indagine sulla psiche e sulla componente spirituale della natura umana, realizzata attraverso una storia che è fondamentalmente un thriller (o se vogliamo un noir “sui generis”), dunque molto avvincente e dal ritmo intenso, sia pur con alcune “trovate” fantascientifiche, come l’androide Luther, gli occhiali “rivelatori” detti “infravisore” e il Bianco che divora Cracovia. È un libro che consiglio a tutti, più o meno giovani.
M.Z.: Connettivismo: ci spieghi quali sono le caratteristiche principali di questo movimento?
Giovanni Agnoloni: Alcune le ho già anticipate nella risposta precedente, ma qui desidero aggiungere che il movimento attinge anche a suggestioni provenienti dal Futurismo, dal Crepuscolarismo e dal Surrealismo. Nel mio romanzo vive soprattutto – in alcuni scorci descrittivi, e più in genere nel senso di “fine” che caratterizza gli scenari di un continente europeo ritrovatosi improvvisamente senza internet e senza energia elettrica – l’anima crepuscolare del movimento, che ritengo essere quella più vicina non solo alla mia natura, propensa a cogliere le energie sottili degli ambienti e le sfumature dell’animo dei personaggi, ma anche quella più adatta a veicolare l’espansione del movimento dall’ambito della fantascienza a quello della narrativa mainstream, ovvero “non di genere”.
M.Z.: Perché hai scelto di ambientare la narrazione tra Cracovia e Berlino? Cosa ti lega a questi luoghi?
Giovanni Agnoloni: Sono due città che adoro. A Cracovia ho vissuto per cinque mesi, ed a Berlino ho trascorso una settimana molto bella di vacanza ed esplorazione. Ma soprattutto a loro mi lega il mio rapporto (spirituale e umano) con due persone molto importanti per me: la mia fidanzata Agnieszka, con cui vivevo in Polonia, e che purtroppo ho perso (la vicenda è riecheggiata dall’esperienza del personaggio di Desmond O’Rourke, rimasto da poco senza la sua Leyla), e lo scrittore cubano Amir Valle, che non è solo un collega, ma un amico e un maestro. È stato lui – di cui sono traduttore per l’Italia (“Non lasciar mai che ti vedano piangere” e “Le porte della notte”, ed. Anordest) – a introdurmi a certi luoghi berlinesi che poi sono diventati parte essenziale del romanzo. E sempre lui ha effettuato con me la traduzione spagnola di “Sentieri di notte”, che entro non molto uscirà con un editore iberico, ovviamente con il titolo di “Senderos de noche”.
M.Z.: L’androide Luther e il programmatore cieco Krueger: ci descrivi brevemente questi due personaggi? Cosa li accomuna?
Giovanni Agnoloni: Krueger, nato cieco ma dotato di una straordinaria sensibilità, che gli consente di visualizzare intimamente le immagini che popolano il mondo virtuale dei computer e la Rete – a condizione di stare a contatto fisico con i relativi hardware – è colui che Luther, poco dopo il suo risveglio sulle sponde del Lago di Lucerna (accanto al cadavere del suo creatore), va a trovare in città (dove inizialmente sa soltanto di dover recarsi, sia pur senza conoscere il perché). Insieme viaggeranno verso Cracovia, per cercare di fermare l’invasione del Bianco. Tuttavia, quello che soprattutto conta è l’interazione tra il non vedente, che per la prima volta, stando a contatto con Luther, riuscirà a vedere il mondo, e l’androide, che anche grazie al contatto con un essere umano così sensibile andrà incontro a una rapida serie di upgrade, tale da portarlo a sviluppare una straordinaria sensibilità, addirittura superiore a quella di tanti essere umani – almeno in un mondo reso ottuso e omologato dal sistematico abuso di tecnologia “facile”.
M.Z.: Che valore assume la scrittura nella tua quotidianità?
Giovanni Agnoloni: Scrivere è – senza esagerazioni – il senso della mia vita. Dunque scrivo molto, ma soprattutto “scrivo anche quando non scrivo”: nel senso che l’atto scrittorio (vuoi nella sua parte creativa, vuoi in quella di revisione, che è necessaria per arrivare a pubblicare) è parte di un flusso esistenziale che impregna di sé tutti i momenti della giornata, dal sonno (spesso denso di sogni carichi di significato) al lavoro (il tradurre è esso stesso un atto di scrittura), al viaggio ed all’interazione con le persone (dove si trovano spunti fondamentali da sviluppare in narrazioni – nel mio caso, puntando soprattutto l’attenzione sui particolari “strani”, ovvero dissonanti o comunque “perturbanti” e rivelatori, nell’universo della normalità degli eventi).
M.Z.: Qual è il tuo rapporto con la tecnologia? Una tua considerazione sui social network.
Giovanni Agnoloni: Credo (nonostante quello che ho detto prima circa l’abuso della tecnologia) che essa sia importante per la vita quotidiana, per la salute e per il lavoro. Da traduttore, posso dire che lavorerei ben poco, se non potessi interagire con i miei clienti via e-mail, tanto per dire una banalità. Tuttavia, trovo che la tecnologia, come l’energia e tutto ciò che l’uomo usa per la propria vita, non possa e non debba diventare un sostituto dell’esperienza profonda che è la fruizione diretta dell’arte e della natura, così come del contatto umano. Insomma, può offrire un’espansione verso nuove modalità di fruizione, nuovi media e nuove contaminazioni, ma se ci porta a perdere coscienza del nostro radicamento nel mondo naturale, nella tradizione culturale e dell’identità psicologia e spirituale, beh, come si dice a Firenze, “buonanotte al secchio”. I social network per me sono un fondamentale strumento di lavoro, perché li uso per far conoscere i miei scritti e interagire con i lettori e i colleghi.
M.Z.: Progetti per il futuro?
Giovanni Agnoloni: “Sentieri di notte” diventerà una trilogia – sono al lavoro sul sequel –, dove la componente connettivista e quella “fantastica” saranno sì presenti, ma via via sfumeranno verso una narrativa sempre più “oggettiva”. Mi spiego: questo non vuol essere un tradimento delle mie origini, ma un tentativo di impregnare progressivamente di queste “energie sottili” il mondo reale, ovvero di raffigurarlo per come esso naturalmente è: sono infatti convinto che tali energie alberghino nella realtà senza bisogno di dover configurare la loro rappresentazione come “fantastica”. Come nei miei precedenti studi su J.R.R. Tolkien ho sempre cercato di sottolineare che il suo fantasy mirava a far riprendere consapevolezza del mondo reale, così gli stilemi fantastici a cui ho fatto e farò ricorso nei miei romanzi devono diventare sempre più dei pretesti per sondare l’animo umano e lo spirito dei luoghi, ovvero la realtà delle cose. Perciò, ampio spazio alla dimensione del viaggio, nel mondo e nel Profondo. In questa stessa direzione, spero anche di pubblicare presto un mio mémoir di viaggio. Infine, sto cercando di pubblicare un romanzo noir molto “sui generis” ambientato in gran parte a Firenze, e mi sto dedicando alla traduzione in inglese di “Sentieri di notte”. Ovviamente, tutto questo mentre continuo a occuparmi del mio lavoro di traduttore e della mia attività di blogger.
Written by Michela Zanarella
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