“Hans Thorkild”, romanzo di Roberta Strano – recensione di Domenico Turco

Hans Thorkild è il suggestivo titolo del primo romanzo della poetessa e scrittrice Roberta Strano. Siciliana di Palermo, trasferitasi sedicenne a Piazza Armerina dove risiede ed opera, nell’elaborazione di questa straordinaria avventura narrativa l’autrice non si è ispirata ai miti dell’estremo sud ma alle saghe del profondo nord.

In particolare, la vicenda leggendaria che ha maggiormente affascinato Roberta Strano è stata la storia d’amore di Tristano e Isotta, soggetto di molte opere di età medioevale, ripresa nell’Ottocento da Richard Wagner.

Tuttavia la scrittrice di Piazza Armerina non si limita a riprodurre pedissequamente la vicenda dei due sfortunati amanti, ma, sulla base di essa, sviluppa un intreccio narrativo assolutamente originale, che ben si coniuga con la scrittura ispirata e a tratti lirica, stilisticamente inconfondibile.

Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda la straordinaria cornice temporale prescelta; Roberta sottrae la leggenda al regno del mito “calandola” in una realtà storica (ma anche geografica) ben precisa. Tutto prende le mosse nel 1064, un biennio prima della famosa battaglia di Hastings, che diede inizio alla conquista normanna dell’Inghilterra da parte di Guglielmo I il Conquistatore.

La controparte era rappresentata da Harald III re di Norvegia, contendente dello scettro inglese, peraltro ancora nelle mani di Edward il Confessore. Protagonista del romanzo è proprio il nipote dello stesso Harald III, il giovane conte Hans Thorkild, al centro di un’intricata girandola di avvenimenti che si svolgono tra Norvegia e Inghilterra.

Hans ha solo ventidue anni e sembra avviato ad una gloriosa carriera militare. Tuttavia l’opera non si limita a raccontare la storia del giovane protagonista, non può essere ascritta al genere biografico, perché  molto variegata e movimentata: si alternano infatti scene di battaglia, amori, tradimenti, episodi di violenza, piccole e grandi tragedie personali o collettive.

Ricollegandosi alla vicenda romantica ante-litteram di Tristano e Isotta, Roberta Strano  dà molta importanza all’amore, descritto nelle sue più varie manifestazioni: amore spirituale, platonico, passionale, etc… Questa straordinaria fenomenologia del legame amoroso non viene espressa “filosoficamente” ma attraverso la fitta trama di situazioni,  contingenze ed eventiraccontati con eccelsa maestria nel corso del libro.

Figura estremamente carismatica, Hans Thorkild è il classico eroe romantico, che potrebbe spezzare il cuore di ogni donna, tuttavia egli è legato alla sua Isolde da un sentimento profondo e sincero, assolutamente ricambiato. Caratterialmente, Hans dimostra di avere una spiccata personalità, ma il movente delle sue azioni è una forte e ben radicata moralità, che verrà messa a dura prova dalle circostanze estremamente avventurose e drammatiche che sperimenterà.

L’opera può rientrare nel genere del Bildungsroman, o romanzo di formazione, dal momento che descrive una significativa evoluzione del protagonista scandita da  emozioni, pulsioni, progetti, atti e gesti colti nel loro sorgere all’interno della psicologia del giovane conte scandinavo, una psicologia alquanto complessa, con infinite sfumature, che stupirà e affascinerà il lettore, guidato nel suo autonomo itinerario da Roberta Strano, che si rivela un’abile stratega narrativa, profonda conoscitrice dei canoni e delle regole dell’invenzione letteraria.

Il mondo di Hans Thorkild è piuttosto problematico. Notiamo ad esempio un richiamo costante a valori di stampo tradizionale, come la fedeltà alla propria terra, il coraggio, la virtù e la pietas religiosa, tuttavia sono presenti orientamenti di comportamento che sconvolgono certezze acquisite e scuotono dalle fondamenta una visione della vita armoniosa e priva di particolari tensioni.

La fine imprevista quanto improvvisa dell’amore tra Hans e Isolde segna lo spartiacque tra la serenità edenica dello stato di natura e la coscienza infelice come rottura che sembra irrimediabile di un equilibrio solo apparentemente contrassegnato dalla stabilità. Il giovane protagonista va in crisi, scopre il sapore amaro delle lacrime. Ad un certo punto abbraccia la fede, alla quale attribuisce il significato di una fuga ascetica dal mondo per sfuggire alla morsa del male che lo attanaglia. Qui si può cogliere una concezione tutt’altro che consolatoria della religione, che non è antidoto alla sofferenza dell’uomo o rifugio, ma drammatica presa d’atto della vanitas vanitatum di biblica memoria, comprensione dell’umana e profana tragedia. Tuttavia neanche la fede basta a placare l’inquietudine di Hans Thorkild, uomo d’armi e d’azione.

Pur senza aver mai dimenticato Isolde, il conte dell’estremo nord finisce a malincuore tra le braccia di un’altra fanciulla, la dolce Angel, perdutamente innamorata di lui, che non ricambia. Molto toccante  il dramma nel dramma di questa ragazza, che crede di aver trovato finalmente l’anima gemella, e, pur ottenendo la mano del giovane, vive sempre con una sensazione frustrante di incompletezza questa relazione, nata sostanzialmente dall’interesse e consolidata in virtù di un’auto-illusione che la intrappola e da cui non riesce a liberarsi. Sarebbe riduttivo però considerare l’opera in oggetto come romanzo rosa, o sentimentale, perché l’amore non esaurisce tutte le tematiche del libro, che è anche testimonianza storica e referto storico sull’epopea dei Vichinghi, popolo non a caso definito dall’autrice “primitivo, feroce, ma in realtà ricco anche di cultura e iniziativa”.

 

Written by Domenico Turco

 

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