Dalla prima alla terza serie di “The Walking Dead” – delucidazioni

immagina di svegliarti in un ospedale.

nessun ricordo di come ci sei arrivato, nessun medico, nessun infermiere.

niente di vivo.

 

Immagina di scoprire che tutto il resto dell’ospedale è stato fortificato dall’interno per impedire che qualcosa o qualcuno vi penetri. E, soprattutto, immagina di scoprire che quel qualcosa sono degli zombie.

Fin quì credo che non esista nulla di più banale. Ovviamente sei un poliziotto che correrà alla ricerca della sua famiglia (moglie e figlio maschio preadolescente) affrontando da solo orde di zombie affamati di carne umana.

Ancora più ovviamente, come tutti i poliziotti americani, sai già come ucciderli, e l’unico tentennamento avviene nel momento in cui la zombie è ciò che rimane di una bella bambina bionda.

The walking dead” è l’ennesimo frutto di una delle storie più sfruttate nella storia del cinema; da “La notte dei morti viventi” (1968) a “28 giorni dopo” (2002),da “La casa degli zombie” (1977) al famosissimo “Io sono leggenda” (2007) eppure la serie tv nata nel 2010 e trasmessa sulla fox è diventata un “cult”, prendendo piede come il virus di cui parla.

L’idea è quella di mettere in scena il meno conosciuto fumetto, nato nel 2003 dalla fantasia di Robert Kirkman e dalla mano di Tony Moore, ed è stata messa in pratica dagli sceneggiatori della tv filo-repubblicana. Trasmessa in contemporanea con gli stati uniti questo telefilm ha già dato i natali ad un omonimo video-game ed è giunta già alla terza stagione.

Rick Grames (all’anagrafe Andrew Lincoln) è appunto un poliziotto che si trova solo ad affrontare l’apocalisse con il solo desiderio di ricongiungersi alla sua famiglia (Lori e Carl) anche loro scampati alla pandemia grazie all’aiuto del collega e migliore amico di Rick, Shane.

Ricongiungersi però in questo caso non significa serenità. Nessun posto è sicuro, ed il piccolo gruppo di sopravvissuti (del quale faranno parte altri personaggi secondari) vive perennemente in fuga; da zombie e da qualche altro, sporadico, umano incline alla violenza.

Differentemente da troppe altre serie di genere “catastrofico-splatter-horror-azione“, “The Walking Dead”  lascia poco spazio all’amore ed alla speranza; il clima che si respira è quello di una lunga ma inevitabile agonia, in cui tutti, prima o poi, finiranno per morire.

Niente mielismi e poco romanticismo: quel che vediamo è solo una lunga, esasperante, lotta per guadagnare anche solo un giorno di vita, un respiro, un tramonto.

La mera sopravvivenza. Credo stia quì il segreto dell’ottima riuscita di una trama eccessivamente utilizzata: poco importa come sia nato e come si sia diffuso il virus; ciò che importa è che nessun governo, nessuno scienziato, nessun farmaco può fermarlo.

Tutti siamo infetti. È la morte che ci rende zombie, qualunque essa sia.

Ed allora attendiamo la fine della terza (e probabilmente ultima) serie, perché il lieto fine in questo caso, è tutt’altro che scontato.

 

Written by Viola Serra

 

http://youtu.be/L0ztDf5rPXY

 

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