Intervista di Lorenzo Carbone al regista Carlo Fenizi ed al suo “La luce nell’ombra”

Sull’ispirazione e la creatività

«Noi della creatività nel senso pieno del termine – così come di noi stessi, della nostra facoltà di giudizio, e della nostra libertà! – non sappiamo più nulla e ovviamente, non sapendo nulla, ricadiamo continuamente nella lorosoluzione e nelle braccia del loro re-filosofo (il visioniario-metafisico di turno).

Questo il problema e questa l’urgenza: sapere della creazione, della produzione del nuovo, della creatività del comportamento di tutti gli esseri umani e a tutti i livelli, non limitatamente alla sola “creatività” esecutiva – all’abile intelligenza di sudditi o di animali in trappola – nella “caverna” universale (‘cattolica’) di Platone.» Da questo estratto si evince come l’autore consideri la creatività come qualcosa che non comprendiamo più, che ci sfugge dalle mani, e che quindi finisce per controllare noi. Prima di tutto dovremmo dare una definizione esatta di creatività che secondo l’accezione comune è la capacità di creare qualcosa di nuovo, attraverso le proprie capacità cognitive.

Quindi in questa definizione sostanzialmente ci allontaniamo totalmente dall’idea che creare sia qualcosa di soggetto e suddito alla società della produzione e del consumo. Per questo motivo l’arte, la musica, almeno in teoria sono,  a parte la musica leggera, slegati da una pura logica di guadagno o di produzione. Gli artisti, i musicisti, colti dall’ispirazione, seppure inseriti in un contesto sociale che li obbliga a cercare di ottenere una forma di sostentamento, creano qualcosa di nuovo non in prima istanza per essere apprezzati, ma perchè creare è qualcosa che li gratifica.  Forse ci potremmo domandare quale sia il motivo per cui desideriamo creare cose nuove, e la risposta potrebbe essere in un desiderio condiviso da tutti di sconfiggere in qualche modo la morte.

Sono in parte convinto che tutti gli esseri umani abbiano la capacità di creare qualcosa, di mai fatto prima, di unico, e quindi condivisibile e apprezzabile dagli altri, però non tutti riescono a superare la paura di essere giudicati. Molte persone si fermano ancora prima di creare qualcosa, per il semplice fatto che temono il giudizio degli altri. Questo comportamento è prima di tutto sbagliato in quanto la creazione è qualcosa di intimo e personale, e quindi non deve avere come primo fine quello di soddisfare i gusti delle altre persone. Alcune persone riescono a superare questo scoglio iniziale grazie a un momento d’ispirazione, uno «spleen», , che prende possesso della loro mente in maniera così pervasiva, da non permettere loro di fare altra cosa che non sia creare. Infatti comunemente si intende ispirazione come eccitazione della mente, della fantasia o del sentimento che spinge un individuo a dar vita ad un’opera. Quindi si può definire lo stato creativo come uno stato di veglia, in cui la persona riesce in qualche modo a collegare significati, a comprendere la realtà in un modo suo tutto personale ed emotivo.

Sì,  perchè ogni creazione passa necessariamente per il filtro delle nostre emozioni e quindi ci rispecchia, in come siamo e in quello che proviamo. Io personalmente ho avuto la mia prima ispirazione, la mia scintilla creativa tramite un sogno, che era così particolare, così dettagliato e così unico che ho sentito la fortissima necessità di metterlo per iscritto, e da qui parte la mia esperienza nel mondo della scrittura. Il problema è che essere creativi il 100% del tempo è praticamente impossibile infatti ogni scrittore, arista, poeta, trova dei momenti precisi della giornata, nei quali si isola totalmente dal resto del mondo per poter usare a pieno le proprie facoltà. Dato che però non si può aspettare ogni volta che la molla dell’ispirazione si attivi da sola, a causa di qualche stimolo esterno, si tende a trovare delle strategie, quali un certo tipo di musica, o la lettura di un certo tipo di libro, che permettono di sentirsi ispirati. Capita però, a volte, che l’ispirazione tardi ad arrivare, e ci si trovi nella cosiddetta «crisi creativa» per la quale passano tutti gli artisti. Ritengo che la crisi creativa si debba alle forti pressioni della società che ci spingono, in alcuni casi, a pensare che quello che stiamo creando non abbia valore. Si perchè se il valore si associa meramente all’economia e se non si appartiene al cosidetto «main stream», si può pensare che le proprie creazioni non abbiano un valore intrinseco, motivo per cui si può gettare la spugna.

A questo proposito riporto un intervista che ho fatto a Carlo Fenizi, un regista molto giovane  che ha alle spalle già la regia di due film. Il suo lavoro è sicuramente fuori dal coro, ed è un esempio di come sapere osare in alcuni casi può dare risultati brillanti.

L.C.: Quale è stato il momento esatto in cui hai capito che quello che stavi facendo era quello che volevi fare?

Carlo Fenizi: Per quanto riguarda il mio lavoro è sempre stata una ‘fissa’ che avevo da quanto ero piccolo, non c’è stato un momento preciso, da quello che ricordo ho sempre voluto fare il mestiere che faccio.  

 

L.C.: C’è stato un momento esatto in cui hai realizzato che eri sulla strada giusta?

Carlo Fenizi: Non è che c’è un momento, ci sono dei ricordi della mia infanzia dove però io ho avuto la certezza di voler fare il regista, ma non c’è stato un momento in età adulta in cui io ho deciso. Certo è sempre stata una passione, poi a un certo punto si è trasformata in un mestiere, e questo è accaduto quando ho ricevuto un finanziamento per poter fare un lungometraggio. Ovviamente fino a quel momento avevo fatto cortometraggi, sapevo quello che volevo fare, l’ho sempre saputo, però dovevo appunto  prendere una decisione sul fatto di assocondare o meno questa passione, perchè comunque è un mestiere difficile dato che non c’è un percorso di studio canonico.

 

L.C.: Quindi avevi una serie di possibilità di scelta e tu hai scelto il percorso di regista?

Carlo Fenizi:Certamente, però se non avessi avuto la possibilità di realizzare un primo prodotto avrei cambiato strada.

 

L.C.: Essendo il tuo un mestiere creativo, come fai a combinare il tuo desiderio istintivo di creare con l’esigenza di rispettare i canoni del mondo del cinema?

Carlo Fenizi: Sì, infatti questo mi provoca un disagio non da poco perché ci sono delle regole da rispettare che mi hanno spinto a fare dei cambiamenti tra il primo lungometraggio e il secondo. Ho dovuto infatti tenere conto appunto delle regole di gradimento del pubblico, che probabilmente a livello istintivo non avrei preso in considerazione. Penso quindi che sia possibile raggiungere un compromesso tra le due cose. L’ideale è riuscire a mediare tra le esigenze del pubblico e le tue ma non è sempre facile da raggiungere.

 

L.C.: Secondo te l’ispirazione è qualcosa che si stimola con metodi e tecniche precise, o è qualcosa che viene da se, che quindi scaturisce da determinate situazioni?

Carlo Fenizi: Io penso che non sia possibile stimolare un idea, io penso che viene quando si sente la necessità di raccontare qualcosa, quindi se non hai l’ispirazione significa che non hai questa necessità. Infatti io non mi preoccupo mai, perchè il momento in cui viene viene, anzi a volte viene tutta insieme.  

 

L.C.: E in quel momento forse devi essere pronto ad accoglierla?

Carlo Fenizi: Io penso che uno debba abituarsi a raccogliere ogni giorni gli input dall’esterno, che possono servire poi a creare qualcosa. Uno deve avere la costanza e l’attenzione di prendere nota di quell’input, non farli passare, non distrarsi lasciando quindi scappare quell’idea.

 

L.C.: Quindi la capacità di guardarsi intorno e di osservare può essere utile?

Carlo Fenizi: Sì, moltissimo, io vedo qualcosa magari per strada che poi mi può stimolare delle scene che potrei inserire in una sceneggiatura, e in quel caso sono sempre pronto a prendere nota.

 

L.C.: Quale è il ruolo che hanno i tuoi sogni nella creazione e ideazione dei tuoi progetti?

Carlo Fenizi: Io li scrivo tutti, almeno tutti quelli che mi rimangono impressi, infatti mi servono moltissimo. È un mondo che mi affascina e di forte ispirazione per me.

 

L.C.: Quale è il rapporto che hai con quello che c’è all’esterno del mondo creativo, dato che a volte ci può essere una sorta di opposizione del mondo familiare o degli amici a quelli che sono i mestieri creativi? Ti è capitato quindi di chiuderti completamente nel tuo mondo?

Carlo Fenizi: No anzi, io penso che una persona debba sempre avere i piedi per terra, dato che il mondo creativo prevede anche delle tecniche che non sono necessariamente legate al mondo della creazione e di questo mondo affascinante. Questo è così sopratutto nel cinema, dato che bisogna lottare con la tecnica, con le attrezzature, e con le modalità pratiche necessarie a realizzare un prodotto. Io credo che questo appunto ci fa capire che quello che si sta facendo appartiene appunto a un mestiere e non è quindi solo qualcosa di artistico. Dall’altra parte, pero devo dire che ho una forte ammirazione per il mondo lavorativo classico.

 

L.C.: Pensi che ti dia una maggiore apertura di mente rispetto a chi magari fa un lavore canonico e quindi inserito in un ambito ristretto.

Carlo Fenizi: Penso solo che quello che faccio mi dia la possibilità di sognare, ma credo anche che tutti i lavori siano belli se fatti con passione.

 

Written by Lorenzo Carbone

lorenzo.carbone87@gmail.com

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http://youtu.be/zS6uGxREqpI

 

 

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