“Norwegian Wood-Tokyo Blues” di Haruki Murakami – recensione di Daniela Schirru

Norwegian Wood – Tokyo Blues” è considerato il libro più intimo, più poetico di Haruki Murakami , pubblicato nel 1987, ma da me scoperto e amato nell’estate del 2010. La mia seconda estate nascosta alla ricerca di me stessa, lontano da chi non meritava la mia presenza… E’ stato amore a prima vista, così che mi ha fatto venir voglia di continuare a scoprire l’intera  biografia di questo autore.

Come detto, questo è il romanzo più intimo di Murakami, anche se tutti possono essere considerati tali, perché in ognuno di questi libri incontri sempre dei momenti poetici, ispiratori, di magia, come in “Kafka sulla spiaggia“, o nell’ultimo “1Q84“, seppure in modo differente.

“Norwegian Wood” racconta un viaggio verso il passato, un passato si drammatico, ma allo stesso tempo ricco di momenti di vita vissuta, di storie della vita del protagonista del romanzo.

Un viaggio verso il passato, grazie alle note ispiratrici di quella canzone dei Beatles che dà il titolo a quest’opera, trasmessa in un volo aereo atterrato ad Amburgo, che fa da spunto per un avvenimento accaduto nel periodo in cui era studente universitario: l’incontro con Naoko, la ragazza del suo unico amico, morto suicida, dopo una giornata trascorsa insieme ai suoi unici amici, Toru e Naoko, appunto.

La storia colpisce anche per la presenza di molti silenzi dell’anima dei giovani, Toru e Naoko, che vivono in modo parallelo la perdita del loro amico: vorrebbero parlarne tra loro, a voce, ma spesso non riescono a trovare il modo di farlo.

Bastano sguardi per capire cosa entrambi provano, vivono, e la loro incapacità di esprimere i loro sentimenti, il loro chiudersi in se stessi. Si nascondono, si scoprono, si sfogano con i silenzi, con  le scoperte dell’intimità sessuale. Inizia un viaggio anche verso la scoperta della sessualità, di quei momenti intimi, tra loro, un modo per ritrovare l’amico, di riviverlo dentro loro.

Toru, finisce così con l’innamorarsi di Naoko, ricambiato. Ma lei non riesce a dimenticare Kizuki, anche se vorrebbe amare Toru… cade in depressione, da cui non riuscirà mai ad uscire, nonostante ci provi.

Ci prova anche con la scrittura, ma non è così facile… Perché anche la sua sorella maggiore è morta suicida, quando lei era solo una bambina, e vive come un peso il tutto…

Naoko, quindi, è fragile, ma con tanto da dare, anche se ha paura.

La vita universitaria di Toru cambia, pian piano: ma è un tipo solitario, legge molto, soprattutto legge e rilegge “Il grande Gatsby”. Lui, a differenza di Naoko, riesce a reagire.

Grazie anche all’incontro con un’altra ragazza, Midori, con cui trascorre i momenti in cui non è con Naoko… Si innamora anche di lei, spensierata, allegra, tutto l’opposto di Naoko.

Con Midori e Naoko, e altri amici, Toru intranprende diversi viaggi. Le ama entrambe, ma non riesce a decidere con chi stare, anche se vorrebbe amarle insieme allo stesso modo, ma non può.

Deve fare una scelta. Una scelta che li sarà difficile fare, ma che solo un tragico evento lo porterà a scegliere, anche se a malincuore…

Un viaggio come questo, per riscoprire la sua adolescenza, per indagare su questi eventi, capire cos’ha portato Kizuki a fare quel gesto.

Quale male di vivere ha colpito i tre amici, a distanza di anni.

Murakami riesce a catturare il lettore fino alla fine della storia. Lo porta a ripercorrere la vita di questi ragazzi, a immedesimarsi in loro, a sentire come se fossero vivi, veri e in carne ed ossa.

Ci si innamora di Watanabe Toru, lo si vorrebbe considerare l’amico tanto desiderato… anzi molto spesso i lettori vedono Toru anche vicino a loro, nella loro realtà, come se anche lui fosse li con loro.

Lo tengono per mano, lo abbracciano, lo spronano, gli danno man forte. Lo amano. Fanno l’amore con lui, anche in sogno.

Colpisce il tutto, sembra anche di sentire le voci dei protagonisti mentre si legge, di sentire quelle note di musica, come se fossimo i protagonisti del libro, di sentire il profumo di quel silenzio, mentre Naoko e Toru girano in cerchio, cercando le parole giuste per spiegare, per raccontare.

È immagine. E vale la pena leggere. Anzi, vale la pena entrare dentro la storia, viverla.

 

Written by Daniela Schirru

 

http://writingbookreviews.blogspot.it/

 

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