Intervista di Rebecca Mais a Matteo Rizzardo ed al suo “Una musica, e nient’altro”

Matteo Rizzardo esordisce con “Grazie, ma la spengo io la luce” e nel 2011 la Abel Books pubblica, in formato e-book, il suo “Una musica e nient’altro”, romanzo visionario e sorprendente, che narra le storie dei bizzarri abitanti di Dlischen, una cittadina danese che un giorno, così come era apparsa, scomparve.

Il giovane autore (classe 1986, Laurea in Scienze Filosofiche) si è gentilmente prestato a rispondere ad alcune domande che permetteranno ai suoi lettori, presenti e futuri, di conoscere in modo più approfondito lui ed il suo libro.

 

R.M.: Da quanto tempo scrivi?

Matteo Rizzardo:  Ho iniziato a scrivere che ero adolescente; ammucchiavo senza alcuna logica estetica ammassi di parole che solo io e pochi amici, per non ferirmi, avevamo la presunzione di chiamare poesie; mi piace illudermi che ora le cose siano cambiate.

 

R.M.: Quali libri ami leggere solitamente e quali sono i tuoi autori preferiti?

Matteo Rizzardo: Leggo molto, e in ogni direzione, ma prediligo i romanzi che tradiscono una certa “indisciplinata” ricerca linguistica e un’originale struttura narrativa: amo le digressioni pirotecniche e le acrobazie verbali visionarie e grottesche, ai limiti dell’autoreferenzialità. La lettura, dal mio punto di vista, è un’ammaliante esperienza di perdizione, senza salvezza, senza possibilità di uscita, di ritorno a sé. Una sorta di magnifico circolo vizioso. In questo senso, gli autori che apprezzo di più sono Stefano Benni, Andrea Pinketts, Tiziano Sclavi, Friedrich Dürrenmatt, Louis-Ferdinand Céline, Ascanio Celestini, Sandrone Dazieri, Jorge Luis Borges, Vitaliano Trevisan, Alessandro Baricco. Ad ogni modo, leggo con piacere pure Irvine Welsh, Ernest Hemingway, Mauro Corona, Niccolò Ammaniti e Charles Bukowski; ammiro anche i monologhi del cosiddetto “teatro civile”, e un sacco di altre cose che la mia pessima memoria non mi lascia ricordare.

 

R.M.: Chi o cosa ti ha ispirato per la stesura del tuo romanzo?

Matteo Rizzardo: La fonte principale di ispirazione di “Una musica e nient’altro” sono stati i suoi personaggi.  D’un tratto mi si sono accesi dentro, come lampi in una cristalleria. Blondahl, Holkssom, Frida, e tutti gli altri. Un branco di pazzi. Dentro di loro era già contenuta la storia di quella strana cittadina chiamata Dlischen. Bastava solo saperla leggere, e, con pazienza, raccontarla.

 

R.M.: La musica ed il silenzio hanno un ruolo centrale all’interno della storia. E nella tua vita?

Matteo Rizzardo: La musica detta ritmi, tempi, pause, velocità, ma in modo “giocoso”, divertente. Vivere, o meglio esistere, è divertirsi ad andare a tempo con se stessi. Da questo punto di vista, la centralità della musica, e del silenzio come abisso del possibile dal quale essa sorge, vale per la vita di tutti, non solo per la mia.

 

R.M.: Tra i temi principali vi è anche quello dell’incomprensione. Vi è forse in ciò qualcosa di autobiografico?

Matteo Rizzardo:  Non credo alla possibilità di isolare all’interno del romanzo temi più autobiografici di altri: autobiografico non è ciò che si narra, ma è anzitutto la tecnica, lo stile con cui lo si fa, l’atto stesso del narrare. Il modo in cui uno scrittore racconta la sua storia – il modo in cui la fa “respirare” – parla di lui meglio di come qualsiasi tema, per quanto autobiografico esso sia, possa fare.

 

R.M.: Vi è un motivo particolare per il quale hai deciso di ambientare la storia in Danimarca?

Matteo Rizzardo: I paesi nordici (la scelta della Danimarca, tra gli altri, è stata del tutto indifferente) richiamavano in me l’immaginario necessario a costruire l’atmosfera sospesa del mio romanzo. Così mi sono lasciato guidare, come in una danza (a proposito di musica), ed è nata Dlischen. Una sorta di non-luogo, sul bordo del mondo, in cui il silenzio è così forte da farti scoppiare i timpani.

 

R.M.: Tu possiedi una laurea in Scienze Filosofiche. Quanto i tuoi studi filosofici hanno influenzato “Una musica, e nient’altro”?

Matteo Rizzardo: Molti elementi del romanzo hanno una provenienza legata ai miei studi, indubbiamente, ma, tali elementi, diluiti nel contesto narrativo, acquistano un carattere quasi ludico, perdendo ogni connessione con il loro sostrato originario. Raccontando una storia, mi sono divertito a giocare con la filosofia e con i suoi concetti, decontestualizzandoli, e rivestendoli di una forte carica estetica. È proprio questo il bello della narrazione: nel suo gioco di chiaroscuri che mostra e nasconde, offre una libertà d’azione assoluta, e un’impunità invidiabile.

 

R.M.: A quale tipo di pubblico si rivolge il tuo libro?

Matteo Rizzardo: Il mio non è un romanzo di genere, quindi non vi sono categorie di lettori che potrebbero apprezzarlo più di altre. Non è un libro immediato, certo, la sua lettura richiede una certa attitudine, ma credo che potenzialmente possa parlare a chiunque.

 

R.M.: Cosa ne pensi dell’e-book come nuova forma del libro?

Matteo Rizzardo: Pubblicare in digitale ha rappresentato per me una scommessa. Quello degli e-book è un settore in crescita, permette di abbattere i costi di produzione e distribuzione, e presenta molti meno vincoli rispetto alle pubblicazioni cartacee. Ritengo che il formato digitale rappresenti un’ottima piattaforma di lettura, destinata ad un’integrazione sempre maggiore con il formato classico.

 

R.M.: Ritieni che l’e-book possa avere una maggiore diffusione, visto il largo utilizzo dei social networks, tramite i quali ci si può fare pubblicità, e del web in generale, rispetto ai libri “tradizionali”?

Matteo Rizzardo: Internet e i social networks sono uno strumento pubblicitario fondamentale, ma ciò vale per i libri in genere, cartacei come digitali. La potenzialità di diffusione degli e-book è ampiamente superiore a quella dei libri “tradizionali”, ma non è accompagnata da un mercato altrettanto consistente, che deve invece far fronte, specie in Italia, ad una certa riottosità nei confronti dell’acquisto di libri digitali.

 

R.M.: L’ultimo libro letto?

Matteo Rizzardo: “Il canto delle manere”, di Mauro Corona.

 

R.M.: Stai forse scrivendo qualcosa di nuovo?

Matteo Rizzardo: Ho in mente da un po’ di tempo una rilettura sgangherata della vicenda di Gaetano Bresci, l’anarchico italiano che uccise re Umberto I, nel 1900.

 

R.M.: Grazie Matteo per la tua disponibilità e in bocca al lupo per il tuo progetto, con la speranza di poter leggere presto una tua nuova opera e che in tanti leggano “Una musica e nient’altro”, poichè sarebbe un peccato non farlo. E, per coloro che fossero interessati alla lettura, ricordo infine che è possibile acquistarne una copia elettronica sull sito web della Abel Books oppure semplicemente facendone richiesta allo scrittore stesso tramite il gruppo Facebook dedicato al libro.

http://www.facebook.com/pages/Una-musica-e-nientaltro/190304767704501

 

2 pensieri su “Intervista di Rebecca Mais a Matteo Rizzardo ed al suo “Una musica, e nient’altro”

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