Lars von Trier: le stringate recensioni di Maurizio Ercolani
Retrospettiva monografica sul regista Lars von Trier
“Dogville“, di Lars von Trier
Siamo i cani di Dogville.
Siamo egoisti, viscidi e meschini.
Siamo i cani della città del cane.
Nessuna scenografia, nessun effetto speciale.
Una storia.
E un narratore.
Ci siamo da subito.
Dogville.
Riunioni sul riarmo morale.
Alla scoperta dell’animo umano.
E il finale cazzo?
Il pessimismo cosmico.
Vogliamo parlare del finale?
Le colpe vanno punite.
A guidare le azioni dell’uomo sono le sensazioni più bieche, più viscide, più animali.
L’istinto dell’accoppiamento.
Con la natura umana non c’è nulla da fare.
Siamo i cani di Dogville.
Siamo egoisti, viscidi e meschini.
Siamo i cani della città del cane.
Fine della “recensione”, Rain Dogs, uomini come cani.
Voto 9
“Manderlay” di Lars von Trier
Siamo gli schiavi di Manderlay.
Abbiamo le nostre regole e non vogliamo le tue.
Il tuo ideale di giusto non è il mio.
Conclusa la triste esperienza di Dogville Grace si ritrova a Manderlay.
Una piantagione di schiavi neri.
Prima vittima indifesa, ora ha invece il pieno potere.
E ora può finalmente rifarsi.
Ora può finalmente salvarli.
Ora può finalmente riportare la democrazia.
Il Principe di Machiavelli.
Glli uomini sono sempre uomini.
A volte è necessario essere cruenti per ottenere il rispetto della comunità.
In nome della democrazia.
L’arte del buon governare.
Il compromesso.
La guerra.
I tuoi ideali.
La mia prof di italiano diceva
sempre.
Non sono patate, non si esporta la democrazia.
Siamo gli schiavi di Manderlay.
Abbiamo le nostre regole e non vogliamo le tue.
Il tuo ideale di giusto non è il mio.
Fine della “recensione”, American Idiot.
Voto 7
“Melancholia“, di Lars von Trier
Comincio citando Giancarlo Zappoli:
Sulla complessità di un mondo che vorrebbe poter amare non riuscendoci, il regista danese fa intervenire il suo amore per l’Arte che si è data il compito di ‘leggere’ per noi la realtà nel profondo. Nel farlo getta un ponte (più o meno conscio non sappiamo) con un Maestro del Cinema come Andrej Tarkovskij. Come non pensare a Lo specchio dinanzi alla doppia proposizione de “Il ritorno dei cacciatori” di Pieter Brueghel il Vecchio? Ma, soprattutto, come non ricordare Sacrificio, l’ultimo film del regista russo che affrontava una tematica analoga partendo da premesse differenti ma con la stessa volontà di messa in gioco di uno sguardo e una ricerca ‘alti’? Uno sguardo e una ricerca che Von Trier vuole condividere con lo spettatore, convinto com’è che “può darsi che non ci sia nessuna verità per cui provare un ardente desiderio ma che il desiderio di per sé stesso è già vero.
Fonte: http://www.mymovies.it/film/2011/melancholia/
e strabuzzo gli occhi, Sacrificio è il film che ho nonrecensito prima di questo, anch’io ho pensato a Tarkovskij uscendo dalla sfavillante sala 1 del cinema Uci di Savignano sul Rubicone, dove appena finita la proiezione un tizio dietro di me ha commentato”pessimo”, ed io gli ho sussurrato: “ma vaffanculo”.
Melancholia è l’apocalisse in 2 atti, con il preludio di Tristano e Isotta a fare da colonna sonora alla fine del mondo:
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=xWQ2YZG8kcA&w=560&h=315]
Fine della “recensione”, i fagioli sono 768, siamo universalmente soli.
Voto 9
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Written by Maurizio Ercolani:
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