Resoconto del concerto Diverting Duo + Katsudoji al Linea Notturna, Cagliari

Resoconto del concerto del 16 novembre 2011.

 

Al Linea Notturna la serata è iniziata col rilassato tepore dei Diverting Duo di Sara Cappai e Gianmarco Cireddu. Dopo il demo “Low bunnies“, l’esordio “Lover/lover” (2009, ZAHRrecords) e l’EP “Singles” (2010, ZAHRrecords) i due si presentano a contatto frontale col pubblico locale, sostenuti da tastiere Casio, basi da laptop Apple, la pungente Eko di Gianmarco e la calda Danelectro di Sara, il vibrafono (nella straniante “Recipe“) e una certa levità eterea, che arricchisce ancor di più le armonie sognanti della deviante coppia.

Sorprende l’equilibrio tra la delicatezza della voce femminile, spesso protagonista della scena, e il dialogo che talvolta si crea con le armonie strumentali in arpeggio, strimpellate o i fagocitanti crescendo arricchiti dagli effetti della decina di pedali a disposizione. Un concerto decisamente, e sorprendentemente, elettrico.

Nelle sventagliate alla No Age come nella voce a filo di microfono, che ricorda i migliori episodi della Sol Seppy di “The bells of 1 2” (come in “Bunnies“) o Cat Power. Ma se ti chiedono di citare due canzoni, digli pure “Motion picture soundtrack” dei Radiohead, o “Venti minuti” degli Offlaga Disco Pax.

Le dita di Sara, che sembra uscita da “Curdled” di Reb Braddock, saltellano sui tasti come se due ragnetti stessero eseguendo un tip tap con vibrante sottofondo di piano elettrico. Indiepop minimal: musica da tempo cattivo, quando fuori si sentono solo le auto che battono l’asfalto bagnato. I mùm. I Lali Puna.

Orchestre sintetiche, mentre nella mano di Gianmarco fanno capolino un archetto vero e un e-bow. Una ritmica futuretrò che richiama il sorrentiniano Theo Teardo: l’intimità di poter stare a casa nel pomeriggio plumbeo anglosassone. Come in “Home“.

Come perdersi in una cantilena di vent’anni fa, o in un té caldo che oscilla nel largo radiante della mug prediletta. Ascoltare i Diverting Duo è come avere una sorellina che ti chiede di leggere “Fiabe per 365 giorni all’anno” prima di andare a letto.

Ora sono sveglio davanti a un indiano che mi chiede se voglio comprare una rosa. Anche lui ha scoperto il punto debole del pubblico indie cagliaritano. Quando dalla regia mettono I Cani io me ne scappo fuori.

Rientro. I Katsudoji si sono già piazzati sul palco con le loro capocce cubiche fosforescenti. Essenziali nella proposta, con solo il basso di Jaz e il synth di Golia, ma nel suono simili a uno schiacciasassi lunare.

Di sicuro da sentire (e ballare) più che da ascoltare a orecchie tese, i Katsudoji sono uno strano ibrido tra Daft Punk e Motel Connection, con escursioni nella drum & bass e nell’elettronica minimale di Stylophonic.

Colpisce gli occhi la scena: due umanoidi dalla testa a forma di tv bombardano la sala con ritmi e incastroni killer-house, mentre vengono proiettati dietro di loro i video di Sim-On e le animazioni di Oz. Tutto perfettamente sincronizzato, per dirla alla Jay Kay.

Sulle poderose ritmiche si insidiano spesso percussioni sintetiche, chitarre dal vago sentore surf/poliziottesco/spaghetti western/Bollywood, effettini easy listening che trasformano il gruppo in una rivisitazione italo disco dei Ratatat, derubati delle fidate sei corde e ammanettati all’estensione vocale di Samuel Romano.

C’è spazio anche per qualche strumentale, con corredata robot dance, e per due cover: “World up!” dei Cameo (era il gaio 1986) che muove parecchi culi tra la folla, e il tema di “Supercar” di Stu Phillips che col suo led rosso fa da colonna portante al live del duo sci-fi televisivo.

Con serate di questo genere la recessione non si sente affatto.

 

Foto di Paola Corrias

(paola.corrias@yahoo.it)

Sito Katsudoji:

http://www.katsudoji.org/

 

Per un’intervista agli Katsudoji clicca QUI.

 

MySpace Diverting Duo:

http://www.myspace.com/divertingduo

 

 

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