Sliding down the surface of things … oppure no? – parte 2
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Guardavi in giro e non c’era che rivoluzione. Il dilagare dell’AIDS cambiava i costumi e il modo di vivere la sessualità il 24 novembre di quell’anno morì di A.I.D.S. il leggendario leader dei Queen, Freddie Mercury, simbolo dell’edonismo degli anni ‘80. La caduta del Muro, e del Comunismo, creava un euforico clima di unione e xenofobia. Le nuove leve della musica rock raccontavano il disagio adolescenziale e la confusione creata dalle imposizioni della TV e della pubblicità, che negli anni ’80 cercava di omologare tutti a un modello di bellezza e successo irreale.
Cominciava a diffondersi la cultura rave e, come fu con l’eroina negli anni ’70-’80, ora toccava alle pasticche di extasy traghettare i ragazzi fuori da modelli e stili di vita borghesi, oppressivi o illusori. E poi, le trasmissioni della Guerra del Golfo realizzate dalla CNN a mo’ di reality show! Questo evidenziò definitivamente il modo in cui i media alterano la percezione della realtà fino a renderla un videogioco. E poi anche per gli U2 c’era rivoluzione. La nascita della primo genita di Bono e il divorzio doloroso di The Edge. Eventi opposti che pure avevano una definizione comune: la necessità di un nuovo punto di vista.
Bene, crisi e rivoluzione. Che accadesse nella cerchia privata della band e nel mondo intorno a loro aveva un senso. Per Bono significava cercare di rimettere assieme i pezzi andando a lavorare laddove era iniziata la disintegrazione del Vecchio Mondo. Berlino. E così fu!
Alla fine dell’ultimo concerto, la notte di capodanno del 1989 al Point Depot Theatre di Dublino, Bono prese d’istinto il microfono e disse “Questa è la fine di un ciclo per gli U2. Non è un addio, ma adesso dobbiamo sparire per un po’ e ricominciare a sognare tutto daccapo”
Zoo Station. La notte in cui gli U2 atterrarono a Berlino la Germania venne appena dichiarata unita. I quattro si trovarono in mezzo una folla che però non aveva affatto l’aria di stare festeggiando. Scoprirono ben presto di essere finiti nel corteo del Partito Comunista che protestava contro l’unificazione! Alla fine Bono alloggiò nell’Albergo di fronte al Palazzo Socialista, e la prima notte si ritrovò in casa gli ex proprietari appena tornati dopo essere stati deportati a Est quando il Muro fu eretto! Pare che prima lo staff del posto abbia dovuto eliminare le cimici del K.G.B dalle stanze! E nella hall? Un via vai di prostitute! Berlino era un luogo estremamente freddo e inospitale in quei mesi del 1990. L’ovest industrializzato doveva farsi carico dello squallore dell’est fino ad allora chiuso dai mattoni.
E poi c’erano i fantasmi della Guerra. Gli Hansa , dove David Bowie registrò Herose, con Ig-gY Pop, The Idiot, erano ricavati in un antico palazzo nobiliare usato per le feste dei gerarchi delle S.S. Tutto aveva una persistente e opprimente sfumatura di grigio. Eppure c’era già un riferimento al surrealismo cui poter attingere: al centro della città era appena stata inaugurata la Zoo Banhoof, la metropolitana sotterranea, la cui linea si chiama U2! Wow! Lì sopra, durante la Guerra, c’era uno zoo. Successe che nel corso dei bombardamenti gli animali furono liberati dalle gabbie, cominciando a scorrazzare liberi nella città e tra le macerie. Puro dadaismo! Bono intanto cercava ispirazione dalla figlia nata da poco, per comprendere come lei vedesse il mondo e come cercasse di interpretarlo. Sentiva che gli U2 erano un po’ come quegli animali. In un fottuto zoo. Quello mediatico. Gli U2 degli esordi si divertivano eccome! Amavano le pose, la satira e il prendere in giro la seriosità del rock. Era arrivato il momento di chiudere il cerchio e tornare indietro. Così nacque il testo di Zoo Station.
Un vero manifesto surrealista, una dichiarazione d’intenti scritta proprio da quel punto di vista infantile che il cantante cercava. Ma serviva ancora un luogo sonoro diverso, adatto al clima berlinese, e al senso di voler urlare una dichiarazione. Pensando alla città, al caos imperante, e a questo mondo industriale e decadente, venne fuori con i produttori Flood, Daniel Lanois e Brian Eno, l’idea di distorcere la voce come fosse filtrata da un altoparlante. Funzionò. E questo cambiò il contesto musicale, rendendo la batteria e il basso martellanti e industrial, e la chitarra roboante e rumorosa. Tutto ricordava davvero il percorso sotterraneo di una metropolitana che corre nel buio. “ Sono pronto, pronto per il gas esilarante. Sono pronto, pronto per la spinta. Nel freddo della notte, nel tepore della brezza, striscerò carponi sulle mani e le ginocchia”, ecco come si apre Achtung baby. Tutti sapevano sarebbe stato il pezzo d’apertura. Come disse Adam, la prima reazione che volevano dare a chi ascoltasse l’album doveva essere ma questo disco è rotto oppure questo non può essere il nuovo album degli U2, c’è un errore! Disorientare, confondere, deludere le aspettative. La forza dell’arte quando riscopre se stessa è proprio questa, no? Trasformare la cupezza in gioia e fare versi e musica anche del rumore che viene dal caos. Benvenuti a bordo!
Written by Fabio Orefice
Fonte
“Into The Heart” di Niall Stokes (2003)
“U2 by U2” raccolta di interviste dal 1979 al 2006 ( 2006)
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