“Icaro” di Daniela Ferraro, Rupe Mutevole Edizioni
“È tremolìo/ di ombre di falene,/ fluttuano fantasmi/ al canto della notte./ E schioccano le stelle,/ inghirlanda la luna/ la grigia cenere/ di pupille contratte./ Trasvolano i pensieri,/ alluma il sogno/ l’errabonda sete/ lungo i sentieri/ in cui, distratto,/ hai perso/ la tua voglia di me.” – “Penombre”
Versi fasciati in un’oscurità celebrativa di immagini, una luce fioca che lascia trasparire l’ondeggio del volo delle falene, signore notturne. Falene viste solo attraverso l’ombra e dunque nascoste alla vista dell’Io poetante. Falene simili a fantasmi che nella notte vivono le loro brevi esistenze.
Il cielo è pregno di stelle, quasi che fossero gli occhi del firmamento.
L’Io poetante si lascia dominare dalla natura e dal sublime sognare di lui.
“Icaro”, edito nel 2011 dalla casa editrice Rupe Mutevole Edizioni per la collana editoriale “La Quiete e l’Inquietudine” curata da Silvia Denti, è una silloge poetica di forte impatto visionario.
L’autrice, Daniela Ferraro, richiama nelle sue quaranta liriche e nelle quattro fiabe in versi un’andatura musicale e metaforeggiante nella quale il lettore riesce a percepirne l’animo. La prefazione del libro è a cura della curatrice della collana.
“Icaro” non seguirà le orme del suo celebre omonimo e non pretende di volare accanto al Sole, bensì si offre alla Luna, si offre alla notte ed all’amore perduto.
Ci troviamo di fronte ad una raccolta intima dal gusto prettamente melanconico, una raccolta che commemora i vecchi fasti della tradizione poetica, troveremo infatti liriche come “Apollo e Dafne”, “Aracne”, “Orfeo e Euridice”, “Icaro”, e la fiaba “Selena”.
“Il passo tentennante,/ una bottiglia in mano./ L’orizzonte, stasera,/ pare meno lontano!/ Chi ti scosta per strada,/ chi ti urla qualcosa./ – Quanta gente s’affanna, chissà mai per che cosa! -/ Solo l’ombra, furtiva,/ viene dietro il tuo passo…/ Il vederla saltare/ è davvero uno spasso!/ Quante luci là sopra,/ giran come rotelle…/ Vieni, amica, stasera/ canteremo alle stelle./ La mia voce è un po’ roca,/ mi fan sempre tacere/ ma stasera è diverso,/ tu mi udrai con piacere./ […]” – “Ebbrezza”
Un’ebbrezza estatica che travolge in una notte nella quale solo l’ombra è al fianco dell’Io, l’ombra instancabile amica che segue ogni passo e che ascolta senza mai tradire.
La pochezza degli altri descritta in due soli versi, quasi come se fossero versi esterni alla lirica, quasi come se fosse una frase sentita da lontano.
E l’ebbrezza trascina nel canto del vero, nel canto alle stelle anche quando la voce è afona, strozzata.
“Forse solo era un sogno/ – forse no, non lo era -/ giù dal pozzo profondo/ venne fuor Fata Nera./ I capelli corvini,/ scuri gli occhi e le ciglia,/ al richiamo lunare/ guarda su in meraviglia./ Sono scalzi i suoi piedi,/ le sue mani tremanti,/ il ricordo di ieri/ ancor tremito ai fianchi./ Sul viottolo oscuro/ i suoi passi silenti,/ un profano singulto/ i pensieri suoi ardenti./ E s’infiltra entro gli usci/ tra pacati torpori/ col suo alito greve/ a carpirne i colori/ e del furto desiato/ – anche fame il riflesso -/ stretto al petto portato/ ne fa avido amplesso./ […]” – “La fata nera”
Lascio link utili per visitare il sito della casa editrice e per ordinare il libro.
http://www.rupemutevoleedizioni.com/
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Alessia Mocci
Responsabile Ufficio Stampa Rupe Mutevole Edizioni
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