Intervista di Alessia Mocci ad Emanuele Martinuzzi ed al suo "Nella pienezza del non"

Emanuele Martinuzzi è un autore emergente ma con le idee ben chiare.

Il suo libro d’esordio “Nella pienezza del non” è una silloge di poesie che spaziano tematiche care alla storia dell’uomo. Il libro ha avuto una lunga gestazione, ben quindici anni per veder la stampa, ma sono stati anni di riflessione, di correzione, di ricerca di una struttura adatta per esprimere il proprio sentire e riuscire a trasmetterlo al meglio.

Il libro è distribuito da laFeltrinelli.

Abbiamo curiosato con alcune domande e l’autore è stato molto disponibile nel risponderci.

 

A.M.:  “Nella pienezza del non” è la tua prima pubblicazione?

Emanuele Martinuzzi: È la mia prima ed inaspettata pubblicazione. Dico inaspettata perché nonostante la poesia abbia sempre fatto parte del mio quotidiano venendomi a fare visita nei momenti anche più inopportuni, quando il buon senso richiedeva di impegnarsi in occupazioni considerate più proficue e pragmatiche, tuttavia ho sempre considerato questa cosa come un dialogo insopprimibile quanto esclusivo. Superata questa mia riluttanza era giusto dare quell’apertura che considero un atto di amore nei confronti della poesia; la parola vive di vita propria.

 

A.M.: Ricordi il momento nel quale ti sei reso conto che la tua mente poetica controllava la tua mano?

Emanuele Martinuzzi: Posso ricordare i momenti in cui rileggevo e sbozzavo le imperfezioni dei frammenti poetici sparsi in innumerevoli fogli, ma penso che la poesia sia intima ed essenziale a qualsiasi mano ed a qualsiasi mente, indipendentemente dalla sua propensione alla scrittura, anche se non mi sento controllato, ma piuttosto partecipo del suo mistero in un modo che non so e non posso spiegare.

 

A.M.: Com’è il tuo approccio alla scrittura? Cartaceo e successivamente tasti del pc, oppure non hai mai utilizzato il cartaceo?

Emanuele Martinuzzi: Lo scrivere mi invade con una composizione di parole che rimanda ad un immagine confusa nella mia mente, ed è allora che per rendere più vivida questa sensazione concettuale (mi si passi questa formula) sento la necessità di trascriverla il prima possibile sul primo foglio disponibile, che sia di notte o di giorno, ovunque mi trovi; cioè se fossi davanti al pc con un foglio di scrittura davanti aperto non cercherei un foglio cartaceo. Non mi formalizzo o ho delle predilezioni ideologiche per un modo o l’altro, sono soltanto mezzi come lo sono io. Quello che mi interessa in quei momenti è di riportare la visione in linguaggio nel più breve tempo possibile, perché avverto quelle parole come un dono dalla sfuggente natura, e non voglio assolutamente perderle.

 

A.M.: Le tue poesie sono istintive oppure puoi lavorarci anche per un anno su qualcuna cercando magari la parola adatta, quella che riesce a racchiudere un romanzo di idee?

Emanuele Martinuzzi: Per elaborare la silloge ci sono voluti più o meno quindici anni, per fortuna mia non avevo scadenze editoriali o premure di altra natura, che avrebbero potuto in qualche modo rendere artificiale la mia ispirazione; ho lasciato che le parole nascessero in me spontaneamente, parola per parola. Però non ritengo per questo di considerarle esclusivamente istintive ma credo che il momento intuitivo, in cui trascrivo la visione in parole, che successivamente possono stare solitarie per mesi o anni, si sposi con il lavoro successivo, in cui le rimaneggio con cura razionale, prendendomi tutto il tempo necessario ad un lavoro in qualche modo da artigiano. Si può dire che il momento dionisiaco di estasi non è scindibile dal momento apollineo di strutturazione, per usare una terminologia cara ad una lunga tradizione.

 

A.M.: Qual è la lirica all’interno della silloge “Nella pienezza del Non” che senti più tua per qualche ricordo specifico?

Emanuele Martinuzzi: Nonostante il copyright giustamente tuteli l’opera creativa ed il lavoro intellettuale, secondo me è una concezione manchevole e limitata della poesia, una sopravvalutazione delle proprie possibilità, considerarla come proprietà personale. Piuttosto mi sento di appartenerle. È lei la materia di cui sono composti i miei ricordi. È lei la smisurata misura a cui riferirsi.

 

A.M.:  Quali sono le tematiche presenti nel libro?

Emanuele Martinuzzi: Si tratta di una silloge che segue un percorso esistenziale, toccando quelle tematiche care alla poesia di tutti i tempi, perché in fondo care a ciò che si intende per umanità (amore, nostalgia, mitologia, sogno etc.) alla ricerca di un qualcosa che è radicalmente altro, una forma capace di contenere ogni contenuto, un silenzio capace di contenere tutte le parole. Ogni lettore può seguire un suo percorso di ricerca ed interagire con lo scritto donando significati inattesi a chi le ha composte, dimostrando, ancora una volta, ciò che non ha bisogno di dimostrazione, cioè che la parola vive di vita propria. Quindi dopo la lettura di “Nella pienezza del Non” potrei essere io a chiederti: di che cosa parla il “tuo” libro?

 

A.M.: Hai già presentato il libro?

Emanuele Martinuzzi: Non ho intenzione di farlo per il momento.

 

A.M.: Ci sai spiegare il titolo della silloge?

Emanuele Martinuzzi: Come già accennato il titolo vorrebbe evocare il mistero incomprensibile della parola poetica e la ricerca che si deve intraprendere per eliminare tutto il superfluo, tutti i veli e tutti i significati che rimandano al mondo che abbiamo sotto gli occhi, per ritrovare alla fine di questa ricerca quel che rimane, che non sapendo cosa è e conoscendo solo questo viaggio di spoliazione, ho pensato convenzionalmente e simbolicamente di denominare come il Non, per intendere la sua radicale negazione. Ma c’è qualcosa al fondo della ricerca ci si potrebbe chiedere? La pienezza della poesia e della parola, si potrebbe rispondere.

 

 

Vi lascio il link delle pagina facebook di Emanuele Martinuzzi:

http://www.facebook.com/pages/Nella-pienezza-del-Non-di-Emanuele-Martinuzzi/131089816917193?ref=ts

http://www.facebook.com/profile.php?id=100001065587327&ref=ts

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