“Ore di Praga” poesia di Nâzim Hikmet: il poeta lacerato di nostalgia

Di seguito si potrà leggere la poesia intitolata “Ore di Praga” di Nâzim Hikmet ed una breve biografia del poeta.

“Ore di Praga”

1 – L’alba

Nazim Hikmet poesia Ore di Praga
Nazim Hikmet poesia Ore di Praga

Barocco

A Praga mentre biancheggia l’alba
la neve cade
liquida
plumbea.
A Praga pian piano il barocco appare
agitato, lontano,
le dorature annerite
di tristezza.
Sul ponte Carlo quarto, le statue
sono uccelli venuti
da un pianeta morto.
A Praga il primo tram ha lasciato il deposito,
coi vetri illuminati, gialli, caldi.
Ma io so
che dentro ci fa un freddo glaciale
il fiato
del primo viaggiatore non l’ha scaldato
ancora.
A Praga Pepih beve il suo caffellatte
nella cucina bianca, la tavola di legno è
ben pulita.
A Praga mentre biancheggia l’alba
la neve cade
liquida
plumbea.
A Praga passa una vettura
una carretta tirata da un solo cavallo
davanti al cimitero ebreo.
La carretta è carica di nostalgia
d’un’altra città
e il carrettiere sono io…
A Praga pian piano il barocco appare
agitato, lontano,
le dorature annerite
di tristezza.
A Praga nel cimitero ebreo silenziosa,
muta, la morte…
Ah, mio amore, mio amore,
l’esilio è peggio della morte…

 

2 – Il mattino

Praga ottimista

Millenovecentocinquantasette, diciassette gennaio,
suonano le nove.
Il freddo è soleggiato, sincero,
il freddo è rosa pallido
il freddo è celeste cielo.
I miei baffi rossi stanno per gelarsi.
La città di Praga è incisa su una coppa di vetro
incisa con un diamante.
Risuonerebbe se la toccassi:
striata d’oro, limpida e bianca.
Sono le nove sonanti
a tutte le torri
e al mio orologio da polso.
In questo minuto, in questo istante
a Praga nessuno ha mentito
in questo minuto, in questo istante
le donne hanno partorito
senza doglie
e in tutte le strade
non è passata una sola bara:
in questo minuto, in questo istante
tutti i diagrammi sono saliti
eccetto quelli dei malati
in questo minuto, in questo istante
le donne erano tutte belle tutti gli uomini
intelligenti
e i manichini di cera senza tristezza
in questo minuto, in questo istante
nelle scuole tutti i ragazzi han risposto
senza confondersi alle domande
in questo minuto, in questo istante
in tutte le stufe c’era carbone
tutti i termosifoni
erano caldi
e come sempre la Torre Nera dalla punta d’oro
in questo minuto, in questo istante
i ciechi han dimenticato la loro tenebra
e i gobbi la loro gobba
in questo minuto, in questo istante
non ho un solo nemico
nessuno può neanche immaginare
che i giorni passati potrebbero ritornare.
In questo minuto, in questo istante
Vastlar è sceso dal suo cavallo di bronzi
s’è mescolato alla folla
come uno sconosciuto
in questo minuto, in questo istante
mi amavi, mio amore,
come non hai mai amato nessuno
in questo minuto, in questo istante
il freddo soleggiato, sincero,
il freddo è rosa pallido
il freddo è celeste cielo.
La città di Praga è incisa su una coppa di vetro
incisa con un diamante.
Risuonerebbe se la toccassi
striata d’oro, limpida e bianca.

 

3 – Mezzogiorno

L’orologio di mostro Honush

Prima ha smesso di nevicare lassù
dalla parte del castello di Praga.
Poi, d’improvviso, limpida
allegra, fresca, una luce turchina
è scesa sui castagni.
Dolcemente si espande.
Il poeta, lontano da casa sua
lacerato di nostalgia
stava nella città vecchia
sulla piazza, da solo.
In cima a un muro gotico
l’orologio di mastro Hanush
suonava mezzogiorno.
Con tuniche porporine
il santissimo Pietro in testa
dall’orologio sono usciti
i stanchi, i dodici apostoli
e Creso con la sua scarsella
e la fede e il male e la violenza.
«Ce ne andiamo come siam venuti!»
e un giannizzero di pietra
in basso, triste e sconsolato.
Le campane suonavano a morto
e sul tetto il gallo ha cantato.
Il poeta, lontano da casa sua
lacerato di nostalgia
pensoso, si è guardato attorno.
Allegra, fresca, una luce turchina
è discesa con un dondolio
sulla piazza, nel mezzogiorno…

 

4 – La sera

Le vetrine di corso Vastlar

Quando sopra la sera anneriscono
le torri incappucciate della città di Praga
gli universi che invadono i sogni s’illuminano
nelle vetrine del corso Vastlar.
Stoffe cuoio cristallo e acciaio
gioia tristezza gioventù vecchiaia
appetito infinito come un corno forato
nelle vetrine del corso Vastlar.
Le nostre mani son tese oltre le vetrine
cercando di afferrare le nostre anime
ci contempliamo coi nostri propri occhi
nelle vetrine del corso Vastlar.
La nostra avarizia e la nostra generosità
la nostra dolcezza e la nostra durezza
la nostra furbizia e la nostra onestà
nelle vetrine del corso Vastlar.
Lo zoccolo pesante di ferro della nostra pazienza
il turbante del nostro orgoglio dai setti pennacchi
tutto ciò che accompagna il nostro pezzo di pane
nelle vetrine del corso Vastlar.
La nostra ammirazione per noi stessi
la nostra invidia il nostro amore per gli altri
dalla testa ai Piedi la nostra umanità
nelle vetrine del corso Vastlar.
Quando sopra la sera anneriscono
le torri incappucciate della città di Praga
gli universi che invadono i sogni s’illuminano
nelle vetrine del corso Vastlar.
Sono davanti a una vetrina:
un universo di giocattoli
orsi, lupi di un mondo magico
aeroplani che non uccidono
piroscafi dal fumaiolo giallo
autobus luccicanti…
C’è un Mehmet a Istanbul
che ha compiuto sei anni…

 

5 – La notte

La casa del dottor Faust

Tardi nella notte
ai piedi delle torri, sotto gli archi…
ho errato per Praga.
Il cielo nell’ombra è un alambicco che fa
l’oro
una storta d’alchimista
su una pianura turchina.
Sono sceso verso la piazza
e nell’ angolo, vicino alla clinica,
in un giardino, la casa
del dottor Faust
Ho bussato alla porta.
Il dottore non c’è.
Si capisce…
Due secoli fa
per un buco nel tetto
in una notte come questa
il diavolo l’ha portato via.
Busso alla porta.
Voglio anch’io il mio contratto col diavolo
l’ho firmato col sangue anch’io,
non voglio né oro
né sapienza né gioventù.
La nostalgia m’ha troppo ferito,
basta!
Che mi porti per un’ora a Istanbul
io busso, busso ancora.
Ma la porta non s’apre più.
È un desiderio impossibile,
Mefistofele?
O la mia anima a pezzi
non vale la spesa?
A Praga sorge la luna giallo limone.
Sto qua
davanti alla casa del dottor Faust.
Busso alla porta che non s’aprirà
tardi nella notte.

 

Nazim Hikmet citazioni
Nazim Hikmet citazioni

Nâzım Hikmet in italiano spesso scritto Nazim Hikmet, all’anagrafe Nâzım Hikmet-Ran (Salonicco, 20 novembre 1901 – Mosca, 3 giugno 1963) è stato un poeta, drammaturgo e scrittore turco naturalizzato polacco. Definito “comunista romantico” o “rivoluzionario romantico“, è considerato uno dei più importanti poeti turchi dell’epoca moderna. Viene candidato nel frattempo al premio Nobel per la pace, all’equivalente sovietico (Premio Lenin) e vince il “World Peace Council prize”.

Nazim Hikmet viene citato nei film Le fate ignoranti del regista Ferzan Özpetek, con Margherita Buy e Stefano Accorsi, e Hamam – Il Bagno turco con Alessandro Gassmann, del medesimo regista. Nel 2011 Ozpetek firma la regia di Aida al Maggio Musicale Fiorentino e vi inserisce una citazione di una poesia di Hikmet contro la guerra, durante il pezzo della marcia trionfale con le trombe egizie.

Alcuni versi di Alla vita sono citati nella canzone Sogna ragazzo sogna (1999) di Roberto Vecchioni. Citato nel libro “Alcatraz, i pensieri di Jack Folla” scritto da Diego Cugia. Il brano “Ode To Nazim Hikmet” compare in Ictus, primo lavoro del musicista Andrea Centazzo (1974).

Fonte biografia Wikipedia

 

– Altre poesie di Nazim Hikmet presenti in Oubliette:

Il postino

L’ultimo autobus

“Lo specchio stregato”

Credere nell’uomo

5 pensieri su ““Ore di Praga” poesia di Nâzim Hikmet: il poeta lacerato di nostalgia

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