“Babino lo sciocco” fiaba di Lev Tolstoj: e si mise di nuovo in cammino

Di seguito si potrà leggere la fiaba intitolata “Babino lo sciocco” di Lev Tolstoj ed una breve biografia del grande scrittore russo.

“Babino lo sciocco”

Lev Tolstoj fiaba Babino lo sciocco
Lev Tolstoj fiaba Babino lo sciocco

Un giorno, uno sciocco di nome Babino si mise in cammino per vedere il mondo e per mostrare a tutti quant’egli fosse cortese.

Ed ecco, cammina cammina, trovò sulla sua strada una casa disabitata. Guardò nella cantina e vide alcuni diavoli coi baffi irti, con gli occhi accesi e grossi come bocce, con la testa a pera. I diavoli, con le loro lunghe dita ricurve, giocavano a carte e a dadi.

Babino li salutò: “Dio vi aiuti, buona gente!”

Non l’avesse mai detto! I diavoli, furibondi, afferrarono lo sciocco e lo percossero a sangue. Solo quando lo videro più morto che vivo, lo lasciarono andare.

Allora Babino tornò a casa piangendo. La madre gli si fece incontro e, saputo ciò che era successo, gli disse: “Babino, sei proprio uno sciocco. Lo vedi? Hai parlato a sproposito. Ai diavoli bisogna dire: «Dio vi sprofondi nell’inferno!». Se tu avessi parlato così, i diavoli sarebbero fuggiti, lasciando sul tavolo la posta del gioco, e tutto l’oro sarebbe stato tuo. Impara, Babino!

Ho capito, fece lo sciocco. Ho sbagliato, ma un’altra volta starò attento.

E Babino si mise di nuovo in cammino. Sulla strada trovò quattro fratelli che stavano trebbiando il grano. Babino si accostò e disse: “Dio vi sprofondi nell’inferno!

I quattro fratelli, a quell’insulto, gli saltarono addosso e gliene diedero tante e poi tante da lasciarlo a terra tramortito.

Quando Babino rinvenne, se ne tornò a casa malconcio peggio dell’altra volta.

Sua madre, saputo ciò che era successo, lo rimproverò aspramente: “Sei uno sciocco, Babino: anche questa volta hai parlato a sproposito. Ai fratelli tu dovevi dire, indicando i sacchi di grano: «Possiate portarne cento ogni giorno di quei carichi, amici miei».

Ho capito fece Babino: “Sono stato uno sciocco. ma non succederà più.”

E si mise nuovamente in cammino.

Strada facendo, incontrò sette fratelli che gemevano e piangevano, portando a seppellire un loro caro, morto da poco.

Salve, amici miei!” gridò lo sciocco ai sette fratelli. “Possiate portarne cento ogni giorno di quei carichi!

All’udire quelle parole, i sette fratelli si asciugarono le lacrime, saltarono addosso allo sciocco, e giù botte da orbi!

Babino, pesto e malconcio, se ne tornò a casa piangendo. Raccontò ogni cosa a sua madre, ed ella scosse la testa desolata.

Quando mai riuscirò a farti capire che bisogna parlare a proposito? Sei uno sciocco, Babino. Tu avresti dovuto accostarti ai sette fratelli e dir loro: «Requiem aeternam nel paradiso di Dio…».

Ho capito” fece Babino.

E si mise di nuovo in cammino.

S’imbatté questa volta in un corteo nuziale. Tutti erano vestiti a festa e gli sposini erano seguiti da un gruppo di robusti giovanotti che cantavano in coro.

Babino si accostò agli sposi e disse tutto contento: “Requiem aeternam nel paradiso di Dio!

Gli sposini si guardarono spaventati. Ma i giovanotti del corteo gli saltarono addosso e lo picchiarono di santa ragione. Anche lo sposo, riavutosi dalla sorpresa, non restò indietro, e gliene diede la sua parte…

Babino, anche questa volta, tornò a casa in lacrime.

Sei stato uno sciocco! gridò la madre spazientita. Agli sposi dovevi dire: «Il Signore vi conceda nozze felici e numerosi figli!».”

“Ho capito” fece Babino “sono stato uno sciocco, ma non sbaglierò più.

E si mise di nuovo in cammino.

Giunse finalmente presso la grotta di un eremita.

Salve, amico” disse Babino. “Il Signore ti conceda nozze felici e figli numerosi.

L’eremita si rannuvolò per quanto egli fosse abituato ad avere pazienza, questa volta gli saltò la mosca al naso.

E prendendo le parole di Babino come una beffa, afferrò il bastone che gli serviva per scacciare i diavoli e lo ruppe sul groppone di Babino.

Sciocco che non sei altro!” lo rimproverò la madre. “All’eremita tu dovevi dire: Benedicimi, padre!

Ho capito” fece Babino. E si mise di nuovo in cammino.

Questa volta incontrò un orso che stava divorando una mucca. Babino gli si avvicinò incuriosito e disse all’orso: “Benedicimi, padre!

L’orso, disturbato nel bel mezzo del suo pasto principale, afferrò Babino tra le sue zampe, lo gettò a terra, lo pestò ben bene e alla fine lo fece rotolare in un fosso.

È stato un orso anche tropo gentile!” commentò la madre appena seppe la cosa.

Sciocco di un Babino! All’orso tu dovevi dire: Fatti da parte, brutta bestiaccia!

Ho capito” fece Babino. “Sono stato uno sciocco, ma un’altra volta non succederà più.”

E si mise di nuovo in cammino.

Mentre stava attraversando la pianura, Babino incontrò un capitano coi suoi soldati.

Lo sciocco gli andò incontro e gli disse: “Fatti da parte, brutta bestiaccia!

Allora il capitano fece un cenno ai suoi uomini: questi afferrarono Babino e gliene diedero tante e poi tante da lasciarlo a terra più morto che vivo.

Quando Babino si rialzò, aveva le ossa tutte rotte.

Se ne tornò a casa piangendo e, da quel giorno, non ebbe più voglia di mettersi in cammino per vedere com’era fatto il mondo, né per mostrare a tutti la sua cortesia.

***

 

Lev Nikolàevič Tolstòj è stato uno scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale russo.

Nasce a Jàsnaja Poljana il 9 settembre nel 1828 e muore ad Astàpovo il 20 novembre 1910. Ancora bambino, perde entrambi i genitori ed insieme ai suoi fratelli cresce, sotto la tutela di alcune zie, fra Mosca, Pietroburgo e Kazàn, dove dal 1844 frequenta, senza troppo successo, corsi universitari di lingue orientali e di giurisprudenza.

Divenuto celebre in patria grazie ad una serie di racconti giovanili sulla realtà della guerra, il nome di Tolstoj acquisì presto risonanza mondiale per il successo dei romanzi Guerra e pace e Anna Karenina, a cui seguirono altre sue opere narrative sempre più rivolte all’introspezione dei personaggi ed alla riflessione morale. Negli anni successivi, in Tolstoj matura una crisi spirituale che lo porterà a mettere in discussione tutta la sua opera. Gli scritti che testimoniano questa svolta sono La confessione (1879-1880), la traduzione dei Vangeli (1880-1881), il Saggio di teologia dogmatica (1879-1880), La mia fede (1882-1884).

Tale evoluzione lo fa entrare in urto con le autorità della Chiesa ortodossa, che lo scomunicano per eresia. Tolstoj, richiamandosi al Cristianesimo, elabora una teoria di non resistenza al male (che tanto interessò il giovane Gandhi), difende i deboli e devolve i diritti dell`ultimo romanzo, Resurrezione (1889-1899) ad alcuni seguaci di sette religiose perseguitate come i duchobory.

La fama di Tolstoj è legata anche al suo pensiero pedagogico, filosofico e religioso, da lui espresso in numerosi saggi e lettere che ispirarono, in particolare, la condotta non-violenta dei tolstoiani e del Mahatma Gandhi.

 

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