“Dovresti tornare a guidare il camion Elvis” di Sebastiano Zanolli, Franco Angeli Edizioni
“La creatività è un grande strumento che accompagna e sostiene le vie del talento.
Siete talentuosi perché avete creatività.
Mentre potete avere talento ma mancare di creatività.
E finirete nel mucchio dei talenti sprecati.
Può essere, a volte i talenti vanno a chi non li userà.
Un peccato per tutti.
La creatività è alla radice del processo di autorealizzazione.”
Creatività, talento, autorealizzazione. Parole che ormai sono nella bocca di tutti ma che si perdono in accezioni antiche oggetto d’attenzione per riuscire a conoscere il genio che si nasconde dentro ognuno di noi, quella qualità speciale che il più delle volte non si nota a causa della vita frenetica o della noia che assale le giornate.
“Dovresti tornare a guidare il camion Elvis”, edito nel 2010 presso la casa editrice Franco Angeli Edizioni nella collana “Trend”, è la quinta pubblicazione di Sebastiano Zanolli. Sebastiano nasce nel 1964 a Bassano del Grappa (VI), si laurea in Economia e sfrutta la sua laurea come Direttore Generale di Diesel Italia, filiale italiana di Diesel, ed attualmente ricopre l’incarico di Amministratore Delegato di 55DSL, società streetwear del gruppo Only The Brave ( Diesel). Ma Sebastiano ha sempre coltivato la passione per la scrittura, una passione che viene notata dal pubblico dei lettori nel 2004, anno della sua prima pubblicazione “La grande differenza. Una mappa utile per raggiungere le proprie mete”. Questa prima conferma è seguita da “Una soluzione intelligente alle difficoltà quotidiane. Creare reti di relazione per affrontare il caso di ogni giorno” nel 2005; “Paura a parte. Riflessioni e suggerimenti sul lavoro, la vita e la paura in un mondo precario” nel 2006; “Io, società a responsabilità illimitata. Strumenti per fare la grande differenza” nel 2008.
“Dovresti tornare a guidare il camion Elvis” consta della nota introduttiva scritta da Donatella Rettore e di dodici capitoli di lunghezza variabile per un totale di 112 pagine. Ogni capitolo si apre con una citazione che riprende metaforicamente il contenuto del libro e che, quindi, prepara artisticamente il lettore al pensiero di Sebastiano. Il quinto capitolo è stato scritto da Bruno Viano, psicologo del lavoro ed amministratore di Insight Italia Srl.
Attraverso spunti letterari, filosofici, d’attualità, sportivi, sociologici, antropologici, cinematografici, l’autore cerca di risolvere alcuni dubbi del lettore sull’essenza del talento e sulle possibili direzioni di questo. Siamo in un mondo che è già mutato e che continuamente muta. Sebastiano, con questa sua pubblicazione, ci illustra alcune regole per facilitare la comprensione di ciò che si può fare se solo si ha la forza di volontà e le conoscenze adatte. Perché, ovviamente, si tratta di conoscere:
“Se solo leggiamo 10 pagine al giorno (circa 20 minuti), in un mese possiamo leggere un tomo di 200 pagine, riposandoci nei week-end.
Su base annua, riposandoci anche tutto agosto e dicembre, potremmo leggere dai 10 ai 15 libri relativi a una data materia di nostro interesse, il che farebbe di noi dei veri esperti del settore.
È una maniera per costruire quell’alternativa di cui parlavamo.”
E, Sebastiano parla di alternative in “Dovresti tornare a guidare il camion Elvis”, alternative alla noia, al lavoro che non ci soddisfa, al lavoro che non riesce a farci pagare l’affitto e le bollette. Badate bene che questo non è un testo miracoloso che risolverà tutti i problemi dopo la lettura ma è piuttosto un testo che informa sulle concepibili vie da percorrere, sul come iniziare, sul come capire dov’è la punta del nostro iceberg. Lo stile di Sebastiano è colloquiale, semplice, diretto, chiaro ma con un’attitudine letteraria di un certo spessore ed una sana ironia che non guasta mai.
“Quando sei tu a non sapere che talento hai? Succede spesso, forse il motivo per cui molti hanno in mano un libro così è proprio questo.
Forse non è sempre semplice ed evidente come per i campioni sportivi più famosi o per i musicisti o i cantanti, forse non è qualcosa per cui siamo preparati, ma è necessario riflettere e mettere in conto un po’ di considerazioni sul tema.”
Vi lascio il link del sito di Sebastiano Zanolli per maggiori informazioni e curiosità:
http://www.sebastianozanolli.com/cms/
Ed il link per ordinare “Dovresti tornare a guidare il camion Elvis” e le altre sue pubblicazioni:
http://www.sebastianozanolli.com/cms/?page_id=144
Alessia Mocci
Responsabile dell’Ufficio Stampa di Sebastiano Zanolli
Mi sento proprio come Steve Jobs.
Si è così! Io e Steve Jobs siamo simili.
Per comprendere dove nasce questa mia convinzione è necessario intraprendere un viaggio a ritroso lungo la mia storia personale, proprio come ha fatto Sebastiano Zanolli nelle prime pagine del suo ultimo libro “Dovresti tornare a guidare il camion, Elvis” dove ha ripreso alcuni flashback della sua giovinezza. Proprio lui è stato la miccia che ha fatto esplodere il mio carico di ricordi. E per questo non finirò mai di ringraziarlo. Grazie Sebastiano. Di cuore.
E così mi ritrovo oggi, qui fisicamente nel mio letto, prima di lasciarsi andare all’abbraccio di Morfeo, ma coi pensieri ad un giovane di paese come tanti qui nel Veneto: una famiglia di estrazione contadina che nel fervore del dopoguerra, con tanta buona volontà e fede inossidabile si è rimboccata letteralmente le maniche e partendo dal nulla ha aperto bottega, comperato un terreno, costruito una casa aiutando i muratori a fare la malta nel dopo lavoro e nel sabato e soprattutto messo su famiglia all’ombra della Chiesa. Proprio come tutti. Mi ricordo di mio padre, fisico massiccio ma buono come il pane, uomo di pochissime parole e sempre dette come sentenze da profeta in modo da non essere mai dimenticate dai figli, come la frase che mi ricordo in questo momento “Ti studia e basta, ghe penso mi a lavorar”. E allora su a studiare, a leggere e poi quando alleni il cervello in fondo ti piace ed il godere della medaglia d’oro in una materia scolastica supera frustrazioni giovanili di non essere in alternativa il migliore fisicamente e ti ritrovi in un battibaleno che il tempo passa velocemente nella tua memoria ad avere superato medie e liceo sempre in prima linea. E poi i grandi dubbi delle prime scelte cruciali “che cosa fare dopo il liceo?”. Era il periodo in cui i giornali nazionali a caratteri cubitali sbraitavano che in Italia mancano laureati in ingegneria e le carriere dei prossimi dirigenti sarebbero state destinate a loro. Rido: ora che si parla di web 2.0 sembra proprio un secolo fa. E vai ad iscriversi e frequentare ingegneria con impegno costante, spasmodico, un vero martello instancabile, sempre in prima fila per raccogliere il meglio delle lezioni. E quella voglia di emergere, impegnarsi al massimo per essere sempre il primo e dimostrare al mondo il proprio talento. Anche questa volta. Sfida e anche ossessione, sempre in fondo memore del ricordo di mio padre. Ne ho ancora il sapore in bocca, ora alla soglia dei 40anni, qui a casa mia, di notte immerso nella dormiveglia con il libro di Sebastiano aperto sulla coperta. Ma continuiamo. Tutto sembra andare per il verso giusto: laurea col massimo dei voti, tesi pubblicata, un’altra medaglia d’oro da aggiungere dunque nel paniere, una gusta riconoscenza dell’impegno e del talento, pensavo io. Ma non era cosi. Ci vollero oltre 3 anni immersi nel mondo imprenditoriale veneto per assorbire cosa significa lavorare in una grande fabbrica, con un contratto sindacale di un centinaio di pagine che in ultima analisi, pianificando i salari di tutte le professionalità, livella verso il basso chi vuole emergere e guadagnare di più, quasi la cosa fosse un peccato mortale. Come se il talento e chi lo vuole sfruttare fosse un pericolo per la collettività. E quelle parole d’ordine che riecheggiano ancora nella mia memoria: lavorare, lavorare e lavorare sempre di più, “prenditi le tue responsabilità e la tua sacca di stress sulle spalle che fra due anni, vedrai, c’è il passaggio salariale con 180 euro lordi in più”. La goccia che fa traboccare classicamente il vaso giunge quando è evidente che le principali posizioni manageriale sono affidate ad esterni, o se interne all’azienda, vengono date ad ogni passaggio generazionale, ed il tempo, lo sappiamo tutti, stringe, e poi impossibile competere con i soliti “figli di”. L’usuale palcoscenico nazionale dei privilegi, delle rendite di posizione, della mediocrità come evidenzia superbamente Sebastiano nel suo libro.
E’ ora di cambiare aria! Rimescolare le carte del gioco? No no, servirebbe solo a miglioramenti marginali! E’ ora di cambiare completamente tavolo da gioco. Agli inizi del nuovo secolo ho deciso con tutto me stesso di trovare un lavorare all’estero. Sono atterrato, sano e salvo con la mia valigia ed il mio talento ai caraibi.
Ho recuperato una lettera scritta nel 2007 per il primo Gestionale Award, come il premio Oscar per l’ingegnere gestionale che ha avuto successo nella sua carriera:
Buonagiornata,
non voglio fare apologia di me stesso, ma vi ricordo di un giovane ingegnere gestionale che ha prodotto e vi vendeva polo, maglioni, husky e addirittura shorts con l’effige di Ingegneria Gestionale creato a tavolino con l’amico F. V.. Cosa vi dicevo per acquistarli “io non vendo un capo d’abbigliamento, ma un ricordo”. Io conservo tutti quei capi nel mio armadio di casa e ora ne riconosco il valore affettivo senza prezzo. Tanto tempo e’ passato da allora e ora vivo e lavoro ai Caraibi e faccio il responsabile del controllo di gestione per una societa’ che vende ville a miliardari.
Ho realizzato il mio sogno con Ingegneria Gestionale: ho analizzato l’ambiente competitivo, ho verificato i punti di forza miei e dei miei competitors, i punti di debolezza e i vincoli del mercato e ho trovato il mio percorso ottimale. Vivo al caldo, con casa con vista sul mare cristallino, faccio controllo di gestione, sono il capo dipartimento della contabilita’ e della logistica, ho 23 dipendenti di colore sotto di me a cui ho fornito training partendo da tabula rasa, vitto, alloggio, assicurazioni sanitarie, 52 giorni di ferie all’anno pagate, ho conosciuto Donald J. Trump, ho discusso al cocktail del mercoledì con Hugh Grant e fidanzata che ho accompagnato nel suo residence perché troppo ubriaca, ho un poster autografato da Mick Jagger con dedica “get satisfaction with caribe”, ho volato nello stesso jet privato con Kenneth Lay (fondatore e distruttore della Enron) e ho discusso con lui sulle diverse modalita’ di concepire il lusso negli States e nel vecchio continente (ancora oggi mi chiedo per chi mi avesse scambiato dato che il rolex al mio polso era una pataccona!!!!), ho ricevuto una mancia di 1000 USD dal contabile dell’Aga Kan perche gli ho portato il conto (in genere quando porti un conto milionario, il finto ricco chiede uno sconto!!!!), ho visto Tony Blair e moglie giocare a tennis (ping pong direi vista la forma fisica di entrambi), ho foto con Leonardo DiCaprio mentre mangiamo il risotto al tartufo (mi fa impazzire il tartufo che arriva via fedex da Alba!!!!), ho conosciuto Tom Barrack (il piu’ grande finanziere Real Estate al mondo), ho offerto 1800 USD di drinks al Bellini’s con una ragazza stupenda che mi ha parlato del suo piercing in un punto speciale (non ci credevo l’avesse) e la bevuta e’ stata immortalata su Cosmopolitan!!!! Se penso al paesino ex di campagna da cui provengo, mi vien da ridere!!!! Ho ottenuto anche altri cose grazie al slancio che mi ha dato Ingegneria Gestionale, sono stato alla London School of Economic e nel 2004 ho frequentato il Master in Banca & Finanza al CUOA. Quest’ultimo mi serve per riconoscere le bufale finanziarie dai veri investimenti e vi assicuro che i caraibi sono il regno delle bufale finanziarie. Fra pochi giorni mi becco gli auditors della BDO per la certificazione di bilancio, sempre ottenuta. Per quelli che mi conoscono e apprezzano, magari votatemi al Gestionale Award. Per gli altri, scusate l’intrusione e del preziosissimo tempo che vi ho rubato.
Dall’altronde se avete letto fino a qui e’ la vostra curiosita’ da incolpare. Non certo me.
Best Regards
Sempre nelle prime pagine del libro di Sebastiano si parla anche di gestire il rischio personale, di essere pronti a dedicare del tempo a gestire il cambiamento o qualsiasi mutamento di scenario attorno a se.
Io aggiungo che è necessario considerare tutte le tipologie di rischio.
Il 17 Novembre 2010 me lo ricorderò per tutta la vita. Un trapianto di rene mi ha salvato la vita.
Osservando Steve Jobs smagrito, con un recente trapianto di fegato, affermare “Ho lavorato molto su questo prodotto. Non volevo mancare a questo appuntamento” ho avuto l’illuminazione.
Mi sento proprio come Steve Jobs. Il talento e il desiderio di mostralo a tutti non muore mai.
Splendido commento, splendide parole Cristiano. Grazie. Sono momenti di riflessione utili per tutti i lettori! :D