“Nestor Burma e la bambola” di Léo Malet: una lettura godibile dal ritmo serrato in cui non mancano colpi di scena

Nestor Burma, detective privato, è titolare dell’agenzia Fiat Lux che versa in pessime condizioni finanziarie. Vessato dagli ufficiali giudiziari, nei guai fino al collo, Burma ha urgente bisogno di denaro.

 

Nestor Burma e la bambola - Photo by Tiziana Topa
Nestor Burma e la bambola – Photo by Tiziana Topa

Accetta così, sia pure con un po’ di ritrosia, l’incarico affidatogli dagli anziani coniugi Bonamy che, tre anni prima, hanno perso l’adorata nipote Yolande, morta a causa di un aborto mal praticato.

Burma viene contattato per far luce sulla tragedia indagando su Mauffat, ex medico radiato dall’ordine che aveva assistito la giovane e che i Bonamy ritengono responsabile della scomparsa di quest’ultima.

Burma si reca a villa Mauffat dove si ritrova ad assistere a una mattanza: il padrone di casa e la sua guardia del corpo vengono trucidati da un individuo con il volto deturpato.

Nestor Burma e la bambola (Fazi Editore, 2019, pp. 176, trad. di Federica Angelini), romanzo poliziesco di Léo Malet, si apre con la presenza casuale di Burma sulla scena criminis.

L’indagine sulla responsabilità di Mauffat nella morte della giovane Yolande si intreccia con un altro filone che vede l’ex medico coinvolto in un giro losco. E una bambola, la Muñeca incarnada, sarà la chiave per risolvere il caso.

“Bambola” è una parola che ricorre spesso nel romanzo; intesa come finta o come appellativo riferito a una bella donna, Malet se ne serve per creare ad arte equivoci che confondono le acque e ritardano volutamente la soluzione del mistero accrescendo il piacere della scoperta finale.

Non bisogna trascurare nulla

Fedele a questo principio, Burma non sottovaluta alcun dettaglio e, da vero mastino qual è, non si lascia abbattere quando la pista seguita non lo porta a nulla ma, ostinato, ne imbocca un’altra. E grazie al suo fiuto riuscirà a dipanare la matassa e a risolvere un caso così intricato.

In questa avventura di Burma, Léo Malet ci presenta un mondo del crimine stratificato, popolato di figure variegate; delinquenti di bassa lega, assassini improvvisati e sicari professionisti. A completare il quadro, un sottobosco di artiste più o meno famose e in declino.

Burma irrompe con una forte carica di anticonformismo che non ha niente a che vedere con il compassato Poirot o con Maigret.

Nestor Burma, l’uomo che mette il mistero ko

Irriverente, Burma non segue i canoni delle indagini tradizionali ma, se necessario, ricorre a metodi non proprio ortodossi per giungere alla verità anche a costo di mettere a rischio la propria vita.

Me ne frego della morale

Léo Malet
Léo Malet

Sì, è vero, Burma non tiene conto della morale comunemente intesa ma possiede una sua etica che lo porta ad agire non tanto ― o comunque non solo — per denaro ma perché la Giustizia trionfi ed è mosso da una profonda umanità.

La prosa di Malet è acuta e irridente e dotata di una spiccata verve; complice la narrazione in prima persona, tutto il romanzo è pervaso dalla dissacrante vis ironica di Burma. Non mancano deliziosi siparietti tra il detective e altri personaggi che vivacizzano la torbida vicenda dell’intreccio.

Mescolando tutti questi ingredienti, Malet ci regala una lettura godibile, dal ritmo serrato e in cui non mancano colpi di scena che ci tengono con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.

Sullo sfondo, ad abbracciare la storia e i suoi protagonisti, i quartieri, le strade e i locali di Parigi, Capitale flagellata dalla pioggia di un marzo cui l’inverno sembra non voler soccombere, quasi metafora dell’eterna lotta tra il Bene e il Male.

 

Written by Tiziana Topa

 

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