“Il vulcano malato” di Charles Baudelaire: le lettere di Gustave Flaubert

L’epistolario, come ben sappiamo, è l’insieme delle raccolte di lettere, pubbliche o private di un autore, che rivela il più delle volte il profondo intimo dell’essere umano aldilà dei libri pubblicati.

Il vulcano malato di Charles Baudelaire

Non tutti possono permettersi di leggere gli epistolari, talune volte sono letture che destano noia se non le si intraprende per studio o per vocazione, altre volte, invece, provocano un forte rifiuto dell’autore amato.

Il vulcano malato ‒ Lettere 1832-1866 (560 pagine) è l’ultima raccolta pubblicata in Italia delle lettere del poeta francese Charles Baudelaire, correva l’anno 2007, la casa editrice fu Fazi Editore e curatrice e traduttrice fu Cinzia Bigliosi Franck. Precede nel 1999 “La conquista della solitudine. Lettere 1832-1866” (400 pagine) edito da Lampi di Stampa e curato da Sir Michael Andrew Bridge Morpurgo come riproduzione della pubblicazione del 1988 di Archinto Editore.

In realtà esiste anche una pubblicazione del 2009 ad opera di SE ma è una selezione delle sole lettere alla madre (“Lettere alla madre”, 126 pagine) dunque se ne sconsiglia la lettura perché è di forte rilievo intraprendere il viaggio nell’intimo baudelairiano avendo a disposizione anche le lettere ai vari personaggi culturali del periodo.

Il vulcano malato”, oltre ad un titolo che illustra perfettamente l’amato parigino, ci mostra anno dopo anno un epistolario remoto, straniero che sa portare alla luce l’intimità dell’uomo, la sua ruvidità, il profondo rancore e l’amarezza. Un lettore attento delle opere di Baudelaire ha annusato il malessere della vita ma la lettura delle lettere palesa le angosce debitorie, i problemi con l’editoria, la necessità di esser benvisto da taluni ed odiato da altri, il duplice rapporto sentimentale con la madre.

Il 9 aprile, nell’anniversario della sua nascita, abbiamo pubblicato la lettera che Charles elaborò il 14 agosto 1855 alla scrittrice e drammaturga francese George Sand per chiedere il favore di intercedere presso l’Odéon per il posto da protagonista nel dramma “Maître Favilla” per la sua amante del tempo, Marie Daubrun.

Oggi, invece, vi invitiamo a leggere alcune lettere dello scrittore francese Gustave Flaubert (Rouen, 12 dicembre 1821 – Croisset, 8 maggio 1880) famoso per il romanzo “Madame Bovary”, ma anche per opere come “L’educazione sentimentale” e “Salammbô”.

La lettera del 13 luglio con la quale si inizia è tratta da “L’opera e il suo doppio. Dalle lettere” di Gustave Flaubert, edito da Fazi Editore nel 2006 e curato da Franco Rella. Le parole del noto scrittore sono rivelatrici dell’opinione che gli intellettuali del tempo potevano aver de “I fiori del male”. Si sono selezionate queste lettere per l’importanza della questione trattata: dall’analisi della poetica baudelairiana alla questione delle poesie che sono state incriminate.

La lettera del 21 ottobre, invece, vuole essere un ringraziamento per la pubblicazione sull’Artiste del 18 ottobre 1857 dello studio che Baudelaire aveva composto per il romanzo “Madame Bovary”.

Si ripropone l’avviso per il lettore come una sorta di “Ἀγεωμέτρητος μηδεὶς εἰσίτω” (“Non entri nessuno che non conosca la geometria”), un avvertimento per i lettori ed amanti di Baudelaire: nelle lettere (ma non in queste in particolare perché troviamo un Baudelaire frettoloso ed un Flaubert lontano dalla vita parigina) si conosce l’uomo e questo può far rigettare l’astrazione alimentata durante gli anni con i versi de “I fiori del male” od i poemetti de “Lo Spleen di Parigi”.

 

Lettera di Gustave Flaubert [Croisset, 13 luglio 1857]

Gustave Flaubert – Charles Baudelaire

Caro Amico,

ho dapprima divorato il vostro volume da cima a fondo come una cuoca con il suo feuilleton e ora, dopo otto giorni, lo rileggo, verso a verso, parola per parola e, francamente, mi piace e mi incanta.

Voi avete trovato il modo di ringiovanire il mio romanticismo. Non assomigliate a nessuno (che è la prima delle qualità). L’originalità dello stile deriva dalla concezione. La frase è carica dell’idea fino a scoppiare.

Amo la vostra asprezza, con le sue delicatezze di linguaggio, che la fanno valere, come dei fregi su una lama fine.

Ecco i testi che mi hanno più colpito: il sonetto XVII: “La bellezza”, è per me un’opera del più grande valore, ‒ e poi i testi seguenti: “L’ideale”, “La gigantessa” (che conoscevo già), il testo XXV.

Con le sue vesti ondeggianti e di madreperla

“Una carogna”, “Il gatto” (p.79), “La bella nave”, “A una dama creola”, “Spleen (p.140), che mi ha colpito, tanto è giusta di colore! Ah! Voi capite l’embêtement dell’esistenza! Potete vantarvi di questo, senza orgoglio. Mi fermo nell’enumerazione. Tuttavia bisogna che vi dica che mi fa impazzire il testo LXXV, “Tristezza della luna”.

[…] Chi con mano distratta e leggera carezza

Prima d’addormentarsi il contorno dei suoi seni […]

E ammiro profondamente il “Viaggio a Citera”, ecc. ecc.

Quanto alle critiche, non ve ne faccio, perché non sono sicuro di pensarle io stesso tra un quarto d’ora. Ho, in una parola, paura di dire delle sciocchezze di cui mi pentirei immediatamente. Quando vi rivedrò quest’inverno a Parigi vi porrò soltanto in forma dubitativa e modesta, alcune questioni.

Insomma ciò che soprattutto mi piace del vostro libro è che l’arte vi predomina. E poi voi cantate la carne senza amarla, in modo triste e distaccato che mi è simpatico. Siete resistente come il marmo, e penetrante come una nebbia d’Inghilterra.

Ancora mille ringraziamenti per il dono. Vi stringo forte la mano.

Vostro

 

Lettera di Gustave Flaubert [Croisset, venerdì 14 agosto 1857]

Ho appena saputo che siete stato denunciato per il vostro libro. Mi dicono che la faccenda sia già datata, ma io non ne so niente, perché vivo qui, come a cento leghe da Parigi.

Perché? Contro chi avete attentato? È la religione? Sono i costumi? Siete stato giudicato? Quando avverrà? Ecc.

Questa è nuova: perseguire un volume di versi! Fino ad ora la magistratura lasciava tranquilla la poesia.

Sono fortemente indignato. Datemi dei dettagli sulla faccenda, se non vi disturba troppo e ricevete le mie mille e più cordiali strette di mano.

Vostro

 

Lettera di Gustave Flaubert [Croisset, 23 agosto 1857]

Mio caro Amico,

ho ricevuto gli articoli sul vostro libro. Quello di Asselineau mi è piaciuto molto, tra parentesi, è molto gentile con me. Ringraziatelo da parte mia. Tenetemi al corrente della vostra vicenda, se non vi disturba troppo. Me ne interesserò come se mi riguardasse personalmente. Questo procedimento non ha alcun senso. Mi ripugna.

E la nazione ha appena reso onore a Bèranger[1]! A quello sporco borghese che ha cantato facili amori e abiti lisi! Immagino farebbe un bell’effetto, nell’effervescenza dell’entusiasmo che suscita quella faccia gloriosa, la lettura all’uditorio di qualche frammento delle sue canzoni (“che non sono canzoni, ma odi”, Prudhome). Vi raccomando “La mia Jeanneton”, “La Baccante”, “La Nonna”, ecc. Tutto è pieno di poesia e di morale. ‒ E dato che siete accusato senz’altro di oltraggio al costume e alla religione, credo che un parallelo tra voi due non sarebbe inopportuno. Comunicate quest’idea (per quanto valga) al vostro avvocato.

Ecco tutto quanto avevo da dirvi.  E vi stringo le mani.

Vostro

 

Lettera a Gustave Flaubert [Parigi, martedì 25 agosto 1857]

Caro amico, vi scrivo due righe di fretta prima delle 5, unicamente per provarvi il mio pentimento per non aver risposto ai vostri affettuosi pareri. Ma se sapeste in che abisso di sciocche incombenze sono finito! E l’articolo su “Madame Bovary” è rinviato ancora di qualche giorno! Quale peggiore interruzione nella vita che una vicenda ridicola!

La commedia si è svolta giovedì. È durata molto. In conclusione: 300 franchi di multa, 200 per gli editori, soppressione delle poesie 20, 30, 39, 80, 81 e 87[2]. Vi scriverò a lungo questa notte.[3]

Vostro, lo sapete,

Ch. Baudelaire

 

Lettera di Gustave Flaubert [Croisset, mercoledì sera, 21 ottobre 1857]

Vi ringrazio molto, mio caro amico. Il vostro articolo mi ha fatto un gran piacere. Siete entrato negli arcani dell’opera, come se il mio cervello fosse il vostro, capendolo e sentendolo in profondità.

Se trovate il mio libro suggestivo, ciò che ne avete scritto non è da meno. Parleremo di tutto ciò fra sei settimane, quando vi rivedrò.

Nell’attesa, mille cordiali strette di mano, ancora una volta.

Vostro

 

Note

[1] Pierre-Jean de Béranger (Parigi, 19 agosto 1780 – Parigi, 16 luglio 1857) è stato un poeta e musicista francese. Debuttò con canzoni di carattere licenzioso, seppe però creare un genere a parte, facendo della canzone un mezzo di polemica politica elevandola all’altezza artistica dell’ode. Nei soggetti patriottici e filosofici, Béranger unì spesso la nobiltà dei sentimenti all’armonia del ritmo, l’originalità delle figure alla vivacità del dramma. Muore povero, nel 1857, e il governo paga le spese del funerale. La poltrona dove morì Béranger fa ora parte del Musée Carnavalet di Parigi, dove è esposta; la sua tomba è al Père Lachaise.

[2] Propriamente le poesie incriminate sono: “I gioielli”, “Il Lete”, “A colei che è troppo gaia”, “Lesbo”, “Donne dannate” e “La metamorfosi del vampiro”.

[3] Purtroppo se realmente Baudelaire scrisse a Flaubert la notte del 25 agosto la stessa lettera non è stata conservata od è andata perduta.

 

Bibliografia

Charles Baudelaire, “Il vulcano malato ‒ Lettere 1832-1866”, a cura di Cinzia Bigliosi Franck, Fazi Editore, 2007

 

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