Contest letterario gratuito di poesia e racconto breve “Nella clessidra del cuore”

“[…] Posso cullare/ il tuo silenzio/ che s’adagia lieve/ sulle mie labbra/ e piove fresco/ sulla mia pelle// lo porterò con me/ nelle ore/ senza tempo/ senza scampo/ senza confine/ oltre il mio stesso volere.‒ “Posso”

 

Regolamento:

Contest Nella clessidra del cuore

1. Il Contest letterario gratuito di poesia e racconto breve Nella clessidra del cuore è promosso dalla web-magazine Oubliette Magazine e dall’autrice Giovanna Fracassi. Il Contest letterario è riservata ai maggiori di 16 anni.

La partecipazione al Contest è gratuita.

Il tema prescelto è il Tempo.

 

2. Articolato in 2 sezioni:

A. Poesia (limite 100 versi)

B. Racconto breve (limite 1000 parole)

 

3. Per la sezione A si partecipa inserendo la propria poesia sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con poesie edite ed inedite aventi come tematica il tempo.

Per la sezione B si partecipa inserendo il proprio racconto breve sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con racconti editi ed inediti aventi come tematica il tempo.

Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email ma nel modo sopra indicato.

Importante: cliccare su Non sono un robot, è un sistema Captcha che ci protegge dallo spam. Per convalidare la partecipazione dovrete anche voi cliccare sulla casella.

Ogni concorrente può partecipare ad entrambe le sezioni ma con una sola opera per sezione.

 

4. Premio:

Nella clessidra del cuore

N° 1 copia del libro “Nella clessidra del tempo”, di Giovanna Fracassi, edito dalla casa editrice Rupe Mutevole Edizioni.

Saranno premiati i primi tre classificati della sezione A e della sezione B.

 

5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 23 aprile 2018 a mezzanotte.

 

6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta da:

Alessia Mocci (Editor in Chief)

Giovanna Fracassi (Poetessa)

Katia Debora Melis (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)

Rebecca Mais (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)

Altea Gardini (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)

Carolina Colombi (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)

Beatrice Tauro (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)

 

7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.

 

8. Si esortano i concorrenti per un invio sollecito senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.

 

9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione per email: oubliettemagazine@hotmail.it indicando nell’oggetto “Info Contest” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando), in alternativa all’email si può comunicare attraverso la pagina fan di Facebook:

https://www.facebook.com/OublietteMagazin

 

10. È possibile seguire l’andamento del Contest ricevendo via email tutte le notifiche con le nuove poesie e racconti brevi partecipanti al Contest Letterario; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.

 

11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.

 

87 pensieri su “Contest letterario gratuito di poesia e racconto breve “Nella clessidra del cuore”

  1. L’inganno del tempo

    Flebile la voce del tempo.
    Un giorno mi sveglio
    improvvisamente sequoia
    scalfita da ferite profonde.
    Ma dove era la tua voce
    quando correvo tra i germogli del gelso?
    Allora non udivo il tuo sibilo invisibile,
    il tuo lavorio segreto tra le spighe raggianti:
    mi hai teso una trappola
    tra le foglie d’autunno.

    – Partecipo alla sezione A – accetto il regolamento

    1. Il tempo felice

      Tornami al cuore – tempo felice –
      o almeno a ciò che di vivo ne resta.
      Su pagine d’aria dipingi per me
      le gioie rimaste racchiuse nei volti,
      l’avanzare negli anni a piedi nudi
      come su di un’esile melodia d’aironi.
      A piccole gocce, ché di te ho nostalgia,
      ricordami i giorni passati ad artigliare
      la luce o a dondolare l’amore
      in cima al respiro e dimmi malia
      qualche scintilla più in là.

      Partecipo alla Sez. A – Accetto il regolamento

  2. Amor mio
    Ti diedi la mia pargoletta
    mano per Non lasciar
    andar via il tuo
    ricordo…
    come le foglie che il
    vento porta per lidi lontani
    così lamia follia sopravvive…
    nel ricordo di TE…
    “Angelica Donna”

    I miei desideri connubio
    con i tuoi sentimenti
    mentre da poco è
    tramontato il mio sospiro
    delle gioconde Emozioni…

    Lasciati andare con il
    cuore,mentre le mie
    sensazioni cercano sorprendentemente il tuo… animo.

    Nell’infinito del cielo
    amor Mio io poeta
    rivedo gli occhi colmi d’amor…

    fermati un istante, non fuggire
    fatti baciare e lasciati toccare
    mentre il mio desiderio di Te
    rivede il tuo amor Eterno…

    Perché da lontano, con lacrime
    di piacere,scorgo nel cielo infinito un’ombra velata… mentre sulla
    terra cadono lacrime di te
    Che con fiamma
    di ardente passione… provoca
    “Desiderio, amore, follia di due anime”

    Andrò sull’orizzonte al crepuscolo
    del sorgere del nuovo giorno a
    rivedere ancora il tuo corpo di
    dea dell’Olimpo…

    Mentre stormi d’uccelli in volo
    verso l’infinito rintonano torna
    da me, amor mio…. perché io
    TI Amo… vivo per TE una folle
    Follia d’amore

    AIELLo GiuseppeAmor mio
    Ti diedi la mia pargoletta
    mano per Non lasciar
    andar via il tuo
    ricordo…
    come le foglie che il
    vento porta per lidi lontani
    così lamia follia sopravvive…
    nel ricordo di TE…
    “Angelica Donna”

    I miei desideri connubio
    con i tuoi sentimenti
    mentre da poco è
    tramontato il mio sospiro
    delle gioconde Emozioni…

    Lasciati andare con il
    cuore,mentre le mie
    sensazioni cercano sorprendentemente il tuo… animo.

    Nell’infinito del cielo
    amor Mio io poeta
    rivedo gli occhi colmi d’amor…

    fermati un istante ,non fuggire
    fatti baciare e lasciati toccare
    mentre il mio desiderio di Te
    rivede il tuo amor Eterno…

    Perché da lontano ,con lacrime
    di piacere,scorgo nel cielo infinito un’ombra velata… mentre sulla
    terra cadono lacrime di te
    Che con fiamma
    di ardente passione… provoca
    “Desiderio, amore, follia di due anime”

    Andrò sull’orizzonte al crepuscolo
    del sorgere del nuovo giorno a
    rivedere ancora il tuo corpo di
    dea dell’Olimpo…

    Mentre stormi d’uccelli in volo
    verso l’infinito rintonano torna
    da me, amor mio… perché io
    TI Amo… vivo per TE una folle
    Follia d’amore

    AIELLo Giuseppe

    Partecipo sez. A
    Accetto regolamento

  3. Sez. A Accetto il Regolamento
    Poesia
    Titolo
    “non c’è più tempo”

    Non c’è più tempo
    per raccogliere il vento
    e quei ricordi nostalgici
    stampati sul cuore.
    Non ho tempo per vivere,
    né per andarmene
    dove il mondo appare
    un’isola felice
    che beve mare,
    tracce d’alghe sulla riva.
    Come farfalla vorrei volare
    per superare i confini
    del passato o ritornare bambina
    tra braccia materne
    in grado di adorare.
    Saper sognare la bramosia
    di un giorno incantato,
    dove la fantasia deride
    il male e ogni cosa
    si rinnova, nasce
    con la stessa trepidezza
    di un’infanzia goduta.

  4. GALLERIE
    Eternità è una parola molto lunga,
    specialmente verso la fine. (Woody Allen)

    BUIO.
    Silenzio.
    Poi un rumore assordante. Fumo.
    Stridio metallico di rotaie. Dal tunnel nasce, sbuffando, una locomotiva nera, nera come il carbone che, bruciando nella caldaia, sprigiona la forza necessaria a spingere gli stantuffi che permettono al convoglio di divorare chilometri e inghiottire valli .

    Lo scompartimento è composto da quattro poltroncine.
    Occupate da altrettante persone. C’è la donna, sì, la signorina con la borsetta rossa ed i capelli neri.
    Poi il vecchio con la barba, bianca. Sembra un saggio nonno. Poi c’è l’uomo con gli occhiali, intento a scrutare le notizie del quotidiano che tiene in mano. Sprofondato in quelle notizie.
    E poi c’è lui, il giovane.
    Si sono presentati all’inizio del viaggio: la conoscenza, così come la confidenza, è poca.
    Rompe il ghiaccio l’anziano signore dalla fluente barba:
    “Ho visto, recentemente, un bellissimo logo. Sapete, prima della pensione io mi occupavo di pubblicità”
    “Che tipo di logo?” chiede l’uomo con gli occhiali alzando, incuriosito, lo sguardo dal giornale.
    “Beh.. era fatto come un otto coricato, sapete … il simbolo dell’infinito. Ma al centro, dove si toccano i due occhielli, aveva un piccolo cerchio, era come uno strano nastro di Moebius intrecciato due volte. Guardate, così!”
    E, tolte dalle tasche un pezzo di carta ed una penna, traccia un’immagine.
    “Bello!!” dice la donna “sembra un insetto che vola, o una farfalla, con due ali. O forse un’elica. Sì, un’elica”
    “Il cerchio, azzurro, secondo me vuole rappresentare il pianeta Terra, la vita” spiega il vecchio.
    “Dice?”
    “Sì. Praticamente simboleggia la vita, un tempuscolo infinitesimo, un atomo di tempo che si dipana tra un oceano temporale infinito prima ed uno dopo. La Terra esiste da 5 miliardi di anni e tra altri 5 non esisterà più. Prima e dopo si estende l’eternità. Così è anche l’esistenza umana, un piccolo pertugio aperto in un muro dall’estensione infinita, una finestra da cui possiamo, per un attimo, gettare uno sguardo, magari distratto, sulle cose del mondo, belle e brutte. Forse ha ragione anche Lei, signorina. Forse simboleggia anche un’elica, la doppia elica del nostro DNA, l’elica della vita.
    Il cerchio azzurro è messo lì, nel centro del simbolo dell’infinito. Così come Dei sconosciuti ed onnipotenti ci hanno incastonato nel bel mezzo del Creato, chissà perché!?”
    “Ha ragione” interviene lui, il giovane “la nostra esistenza esce dal buio, da un nulla infinitamente lungo, si agita poi per un pugno di lustri o decenni e dopo….”
    “… ed è subito sera. Come dice il poeta” conclude il vecchio.
    “Già. Entriamo in un altro buio, infinito. Come tra due gallerie; una galleria senza fine prima, una senza fine dopo. E noi, che in mezzo tra l’una e l’altra guardiamo un po’ a destra e a sinistra come è fatto il Mondo, e vorremmo capirlo un po’ meglio”
    “Sa che una volta” dice il signore con gli occhiali “ho avuto la consapevolezza, che mi ha colpito come un pugno allo stomaco, che dopo morto non mi sveglierò più, per sempre! Ero sul letto, mi sono seduto di soprassalto, dal terrore!”
    “Non potremmo parlare d’altro? Quasi quasi sto male” supplica la signorina dalla borsetta rossa.
    “Eppure voi donne dovreste avere forse un altro rapporto con la morte, visto che donate la vita” commenta lui, il giovane.
    Che, qualche secondo dopo, abbassa il finestrino per guardar fuori.
    “Toh, un’altra galleria, tra poco. D’altronde siamo in montagna”
    “Ah, sì?” Anche il signore con gli occhiali dà una fugace occhiata fuori, dicendo poi “ma io, veramente, non vedo nessuna galleria, assolutamente. Solo cime innevate in lontananza, e un lago”.
    Ma il giovane insiste: “Ma come!? E’ lì, non la vede? Sarà sì e no a mezzo chilometro di distanza”.
    E’ quasi risentito. E quasi bisticciano, i due. Allora anche l’uomo con la barba si alza e guarda fuori.
    “No” è il verdetto “Nessuna galleria, nessun tunnel. E’ Lei che sbaglia, giovanotto. E, le assicuro, sono molto dispiaciuto per Lei, rattristato. Condoglianze”
    “Ma che sta dicendo? Non mi è mica morto nessun parente. E nessun amico”
    “Ma come, mio caro amico, non lo sa? Non lo sa che se una persona scorge una galleria inesistente, mentre viaggia in treno, significa che gli resta da vivere solo il tempo impiegato dal convoglio per raggiungere l’entrata del tunnel? Quando il nostro vagone entrerà nell’apertura che non esiste, ma che tuttavia lei vede, lei morirà. Sono desolato, ma le resta solo una manciata di secondi”
    “Coraggio, coraggio amico mio, che la vita è un passaggio” cerca di consolarlo l’uomo dagli occhiali.
    “Tutti, prima o poi, facciamo quella fine lì” aggiunge la signorina dai capelli neri.
    “La vita è come un viaggio in treno. Quando nasciamo e saliamo sul treno, incontriamo persone che crediamo che ci accompagneranno durante tutto il viaggio: i nostri genitori. Purtroppo la verità è un’altra: loro scendono in una stazione e ci lasciano senza il loro amore e affetto” sentenzia il vecchio.
    “Qualcuno, quando scende, lascia una nostalgia perenne…” aggiunge ancora la donna.
    “Qualcun altro sale e riscende subito, e lo abbiamo a mala pena notato…”
    Lui è immobile, con la paura dipinta sul viso.
    “Ma io sto bene, mi sento benissimo!”
    “Non si può mai sapere, amico mio. Un infarto improvviso, un aneurisma. Quanti se ne sono andati in questo modo! Chi può sapere l’ora della propria morte?”
    Il treno, rapido, sempre più rapido, o almeno così sembra al giovanotto, si avvicina inesorabile al buco nero, alla scura apertura nella montagna, che ai suoi occhi si ingrandisce sempre più inghiottendo il resto del panorama, quel panorama pieno di luce, di sole, di neve bianca, di vita.
    “La prenda con filosofia”
    Altre frasi di circostanza: “E’ destino, purtroppo a lei è toccato da giovane”
    Lui è sempre immobile, per lo spavento. Ma che stanno dicendo? In quale incubo è capitato? Vorrebbe scaraventarli tutti fuori: tutti e tre. L’anziano signore seduto di fronte a lui, il tizio con quei ridicoli occhiali, e la giovane donna, borsetta rossa compresa!
    Pochi secondi, qualche secondo ancora ….. No! Non è possibile! No! No! No!!

    Stridii metallici sulle rotaie. Il nero locomotore sta per confondersi con il colore, lo stesso, del tunnel. I pistoni premono e spingono sulle ruote.
    Un fischio acutissimo, poi silenzio.
    Fumo.
    BUIO.

    — Partecipo alla sezione B – accetto il regolamento

  5. La clessidra del mio cuore
    Vorrei
    diventare pioggia
    per rinfrescarti
    diventare sole
    per scaldarti
    diventare sorriso
    per rallegrarti
    diventare amore
    per dissetarti il cuore

    Sezione A. Accetto il regolamento.

  6. GLI OCCHI CORVINI

    Nicola Matteucci

    sez.A, accetto il regolamento

    C’è il crostone
    e sono rimaste piaghe doloranti del limo
    Alla fine della piena è rimasta la colmata
    Un orpello
    Un paio di occhiali da sole
    Sembra una toga quella veste pavesina
    I corvi ti scendono dalla testa

    Che orrore il gracchiare dei tuoi pensieri
    Eppure anche loro sanno volare

  7. sez A – accetto regolamento

    A lato del cuore

    non voltarti
    indietro – mi dico –
    percorri lo stretto
    marciapiede a lato del cuore:
    nel profondo di te nel buio
    di stelle calpestate
    ascolta il grido
    verticale
    che da caduta si fa preghiera

  8. Non è facile..

    Non è facile per una farfalla
    con le ali tarpate,
    sperare ancora, nell’ ebbrezza di un volo
    ……..eppur si muove, si agita…

    Varcare gli orizzonti, dell’ ordinaria follia
    nel caos di un mondo ostile…

    scorgere il sole, in un cielo dove
    danzano impazzite, nuvole nere.

    Non è facile..
    guardare da un vetro appannato,
    lo sfrecciare dei treni…
    eppure rimani lì, in attesa che passi
    il tuo che paziente, attende la tua salita…
    No, non è facile… non è per niente facile…. ma tu provaci sempre!

    Estraneo ti sarà, il gusto del rimpianto…

    Agnese Nucci
    X conto di Agnese Nucci
    Accetta regolamento – sez A

  9. -complessi istanti-

    Ingranaggi di una pendola scandiscono il tempo
    in sincronismo melodico,
    battito negli anelli mancanti di un pozzo fatale ..
    trascinano steli alfa e garofani omega,
    ondosa discontinuità nell’arte dell’infinito ..
    Pietre di luna, con rami di cromo
    e foglie di acanto ..
    melagrane e mercurio
    zolfo e menta ..
    in alambicchi in bilico,tra magia e natura..
    labirinti pomice come fare ad uscire? –

    – Accetto il regolamento – sez A

  10. IL SENTIERO DELL’ARIA

    Fremito di rugiada … Cuore di tulipano
    si fa calice
    L’alba coglie un raggio esitante,
    timido ritroso a schiudere gli occhi,
    a scaldare le mani.

    Si fa acuto il sentire
    sapore dolce profumo intenso
    fragranza fruttata della speranza.
    Rapiti i sensi,
    intreccio Incanto di parole
    cavalli bradi
    lungo il sentiero dell’aria.

    Luciana Esposito accetto il regolamento – sez. A

  11. IL TRENO E IL TEMPO

    Dove ti porta
    Non importa
    Saltaci su, bambina mia.

    Percorri la Via
    Dell’anima tua
    L’anima saggia
    Conosce il cammino

    Il treno
    Il tempo
    Son fratelli gemelli

    Figli della Tonda Terra
    e del Lineare Caos
    Figli in divenire
    Sui binari e nella spazio

    Ovunque vada
    Non importa
    Saltaci su, bambina mia

    Il treno
    Il tempo
    Son tuoi fratelli

    Generati per te
    Generati con te

    Sii treno
    Sii tempo
    Bacia tua Madre
    Abbraccia tuo Padre

    Terra e Caos
    Treno e Tempo
    Ci sei dentro, bambina mia

    Di Elisabetta Calabrese
    *dichiaro di accettare il regolamento
    *sezione A

  12. sez. A silvana sonno accetto il regolamento


    un rosicchiar di topi l’esistenza
    briciole di materia e all’occorrenza
    ricordi ciancicati e nostalgia

    o vana pena mia, con che sgomento
    considero il mio tempo che è trascorso
    e non so dir se è un morso di rimpianto

    o un livor cupo di risentimento
    che mi trapassa il cuore,condannata
    a viver questo luogo e questo adesso

  13. sez. B silvana sonno – accetto il regolamento

    L’ospite assente

    ” A un certo punto ho avuto l’impressione che la mia vita mi avesse sorpassato e corresse davanti a me. Una sorta di panico ha messo fuori uso gambe e testa. Solo il cuore continuava a far sentire il suo rintocco ritmato nel petto. Ero viva. Ma come si fa a essere vive senza più una vita?
    Il risveglio avviene lentamente, senza particolare affanno. Ma mi rimane quella sensazione di vuoto e paura che prende chi sente d’essere stato abbandonato come un gatto dentro un sacchetto nel fiume. Come affrontare il nuovo giorno – che nuovo si fa per dire, dopo anni di giorni che sempre giorni sono, anche se tu nel tempo senti sempre più la fatica del sorgere e morire del sole?
    Dunque, come affrontare la nuova fatica sapendo – perché il sogno una sua verità l’aveva consegnata – di essere stata messa in panchina, ma non nella panchina di un campo di calcio mentre si gioca la partita e puoi sempre essee richiamata; no, in panchina, seduta, dentro un cortiletto umido, con poche aiuole intorno punteggiate di rifiuti umani e animali, e il lezzo delle vite altrui. Aiuto, sono vecchia! E questa volta mi sono proprio svegliata, sudata e fredda, tra le coperte stropicciate del letto, a farmi una ragione del doppio sogno che mi si era accanito contro, fino all’ultimo atto della notte appena trascorsa, ferito da un livido raggio di luce filtrante dall’imposta mal chiusa della finestra. Devo trovare il modo di serrare quell’anta maledetta. Dormo male e mi risveglio peggio, con quella luce grigia che mi colpisce in faccia. Dormo male e sogno peggio. E guarda qui che faccia! Che occhiaie! Che colore da morta.
    Mi sono alzata e adesso lo specchio mi rimanda in una specie di trailer solo immagini del sogno appena sfumato. Sono proprio vecchia.”

    Dal diario di Maria Cristina, un ricordo del suo sessantesimo compleanno, quando, a sentir lei, fra amiche e amici che la festeggiavano – regali, torta, candeline, buoncompleannoate!,tutto come da copione – assente era la sua vita.

  14. Guardo il cielo

    Guardo il cielo
    e aspetto la pioggia.
    A volte c’è bisogno di lacrime
    per il cuore, come per la terra.
    Anche l’amore va coltivato
    perché porti i suoi frutti.
    E così io attendo,
    con i miei “ti amo” sussurrati,
    nascosti come semi sotto la neve.
    Poi arriveranno i fiori
    e i baci
    a raccontare di noi.

    © Daniela Giorgini

    Sezione A Poesia – Dichiaro di accettare il regolamento

  15. PARTECIPO ALLA SEZIONE : A – ACCETTO IL REGOLAMENTO

    Non sei migrante…
    solo della terra che hai lasciato alle spalle,
    sei migrante…
    della tua Anima quando la guardi negli occhi.

    Non sei migrante…
    solo delle radici anche se mai recise,
    sei migrante…
    della tua memoria che non concede appelli.

    Non sei migrante…
    solo dell’appartenenza alla tua cultura ormai lontana e racchiusa in te,
    sei migrante…
    della tua Vita giudice impietoso per ogni torto da te inflitto.

    Non sei migrante…
    solo quando lasci intatto ogni ritorno,
    sei migrante…
    quando vivi in te senza mai tornare.

    Sei migrante…
    quando ciò che vive intorno non ti appartiene,
    sei migrante…
    quando quel luogo mai ti lascerà andare via se non sconfitto,
    sei migrante…
    quando ciò che non vuole lasciarti partire sa che non tornerai mai più.

    Perduti migranti entrambi:
    l’uno per sempre…
    l’altro nel suo persempre…
    insieme racchiusi in sé ma irraggiungibili.

  16. Vittorio Tatti – Accetto il regolamento.

    Sezione B: “Corsa contro il tempo”.

    Ci salutammo con un passionale bacio sulle labbra, poi tu salisti rapidamente sul treno e mi salutasti con la mano. Non sembravi contenta al pensiero di tornare a casa tua, ma non mi desti nemmeno l’impressione di attendere con ansia il nostro futuro insieme. A me, al contrario, al solo pensiero che non ci saremmo rivisti prima di tre mesi mi scese una lacrima. Per fortuna avevo gli occhiali da sole a celare quella mia piccola debolezza. Il treno si allontanò rapidamente, portandoti nel proprio grembo via da me. Mi voltai e, con un gesto di rassegnazione, misi le mani nelle tasche della giacca, per tenerle un po’ al caldo. Faceva decisamente freddo e non lo sentivo solo all’esterno del corpo. Forse mi aveva condizionato il tuo ultimo saluto senza sorriso. Cercai di scaldarmi un po’, ma ottenni l’effetto opposto, perché il sangue mi si raggelò nelle vene! Avevo dimenticato di darti una cosa importantissima! Maledetta ansia da addio! Non avrei mai potuto aspettare tre mesi per consegnartelo! E se ti fosse successo qualcosa, nel frattempo?! Corsi fino alla biglietteria, chiedendo quale sarebbe stata la prima fermata del treno che avevi preso! Dopo avermi comunicato il nome della stazione chiesi quanto tempo ci avrebbe impiegato per raggiungerla! Salvo ritardi e altri contrattempi, sarebbe giunto alla prima stazione utile in poco meno di mezz’ora! Lì si sarebbe fermato circa venti minuti, in attesa di una coincidenza con un altro convoglio passeggeri. Ringraziai la bigliettaia e corsi fuori dalla stazione! Forse non ce l’avrei fatta, ma dovevo tentare il tutto per tutto! Con l’affanno che mi toglieva il respiro e bruciava i polmoni salii su un taxi e comunicai la destinazione! Chiesi al tassista di bruciare tutti i semafori e segnali di stop! Avrei pagato io un’eventuale multa! Raggiungerti in tempo era la mia unica priorità! Il tassista mi comunicò di conoscere una strada provinciale che mi avrebbe fatto guadagnare tempo. A quelle parole mi rilassai un po’, anche se la tensione era ormai alle stelle. Controllai ancora una volta nella tasca: era proprio lì, nessun errore da parte mia. O meglio: avevo commesso l’errore di essermene dimenticato nel momento più opportuno. Provai a chiamarti sul cellulare, ma non c’era abbastanza ricezione e, come se non bastasse, la batteria era quasi scarica. Il tassista, vedendomi preoccupato per qualcosa, mi chiese se mi fosse successo qualcosa. Gli spiegai la situazione, ma probabilmente doveva aver giudicato eccessiva la mia reazione, perché gli sentii fare una smorfia di disapprovazione. In ogni caso mi portò in tempo in stazione e senza infrangere il codice della strada. Lo ringraziai e gli lasciai anche una cospicua mancia. Dall’esterno della stazione vidi il treno sopraggiungere proprio in quel momento. Controllando lo schermo con gli orari notai un ritardo di dieci minuti, probabilmente accumulato durante il tratto di partenza, pieno di binari unici. Dopo aver ripreso fiato sul taxi ti richiamai e, finalmente, il segnale mi concedette la grazia di parlare con te:
    «Amore, ascolta, ho dimenticato di darti una cosa importantissima prima. Scendi dal treno, ci vediamo sul binario. Dovresti avere una decina di minuti di tempo».
    La tua voce fu coperta da quella dell’altoparlante, che stava annunciando proprio l’arrivo del tuo treno. Giunsi sul binario dopo aver fatto di corsa la rampa di scale e ti vidi con le braccia conserte e con uno sguardo non molto entusiasta. Rispecchiava esattamente l’umore mostrato dopo essere salita sul treno.

    Mi avvicinai con un po’ di fiatone. Controllai l’orologio della stazione per precauzione. Non avevo tempo da perdere, però tu precedesti ogni mio gesto. I tuoi occhi erano lucidi, come quelli di una persona che stava trattenendo le lacrime:
    «Temevo che non me l’avresti mai dato…».
    Dopo quelle parole fui io a interrompere te:
    «Ecco, questo è il biglietto del treno. Cioè, non proprio il biglietto. È la ricevuta d’acquisto. Ho pagato io in anticipo e tu hai dimenticato di restituirmi i soldi».
    Il colorito del tuo volto passò dal rosso imbarazzato al nero incazzato. Per poco rischiai di essere spinto sotto il treno. Anche se era fermo ebbi la sensazione che non mi avrebbe fatto comunque molto bene. Il tuo braccio assunse la tipica postura di chi si stava apprestando a mollare uno schiaffo. Lo afferrai prima che partisse il colpo e poi, fissandoti negli occhi, ti spiegai la vera ragione che mi aveva spinto a fare tutta quella fatica per raggiungerti in tempo:
    «Non potevo attendere tre mesi per darti il mio regalo. Avrei voluto farlo in stazione, ma la tensione mi ha giocato un brutto scherzo. Questo… questo è per te: è un anello. Non è molto prezioso, perdonami. So che meriteresti di meglio. Questo è tutto il meglio che io posso darti, almeno per ora. Quello che gli altri non potranno darti, però, proviene dal mio cuore. Nessuno può guardarti come faccio io, perché quando ti osservo non vedo una donna, ma il paradiso. Nessuno può parlarti come faccio io, perché quando mi rivolgo a te mi esprimo dandoti parte della mia anima. Nessuno può amarti come ti amo io, perché il mio unico desiderio è trascorrere il resto della mia vita con te. Insieme a te, tutto il meglio di questo mondo arriverebbe da solo».
    Al termine della mia vera confessione assumesti un colore bianco cadaverico, probabilmente simile al mio dopo aver udito la tua risposta:
    «Ah ecco… dal momento che siamo in vena di sincerità, anche io devo dirti una cosa: non accetto il tuo anello».
    L’affanno mi passò all’istante, anzi smisi del tutto di respirare. Forse anche il mio cuore cessò di battere e la mia mente arrestò ogni attività cerebrale. Iniziai a tremare tutto, ma tu, vedendo la mia reazione, corresti ai ripari.
    «Questo era per lo scherzo del biglietto. Siamo pari. Adesso baciami, stupido…».
    Ci baciammo e, in quel momento, feci a me stesso due promesse: ti avrei amata per sempre e mai più ti avrei rifatto uno scherzo.

  17. SAREBBE TEMPO

    E’ tempo di raggiungere il tempo
    dopo averlo inseguito invano
    per tutto il tempo dell’esistenza.

    Ho giocato con lui da piccola
    sperando passasse in fretta,
    poi l’ho visto correre veloce
    verso la strada del passato.

    Anche ora che è presente
    sfugge come polvere tra le dita
    oltre le lancette del mio pulsare.

    Vorrei raggiungerlo per andare
    dove sarebbe più facile il vivere
    gestendo i suoi spazi
    con ciò che più mi è congeniale.

    Sarebbe tempo…
    di raggiungere il mio tempo.

    – Sez A – Accetto il regolamento

  18. Il baule degli antichi segreti

    Il baule degli antichi segreti è sempre stato nella soffitta, nessuno lo ha mai spostato.
    Collocato in un angolo buio ma appena il sole gira, baciato da uno spicchio
    di luce dai riquadri della piccola finestra. Lo aveva sempre chiamato così fin da
    piccola, fantasticando su quali storie fossero appartenute a quel baule.
    A Katy piace ancora andare in soffitta, affacciarsi alla finestra e vedere il mare, annusare
    il suo profumo e poi a volte aprire il baule e far scorrere le dita su cartoline
    e lettere, dimenticate dal tempo.
    Forse erano appartenute alle donne della sua famiglia che in epoche passate,
    mentre le conservavano gelosamente, aspettavano inquiete il ritorno dell’amato.
    Katy ora che ci pensa, si ricorda di una sua lontana parente, di cui parlava la nonna
    addirittura, che era stata lasciata giovanissima dal fidanzato partito soldato al
    fronte e mai tornato.
    Forse queste sono proprio le loro lettere che si scambiavano i giovani innamorati
    in quei mesi di lontananza divenuta poi tragica separazione.
    E ora che le vede e le tocca, si accorge che sanno ancora di lacrime e sale di mare,
    sanno di logori ricordi che riprendono vita man mano che alla luce ritornano.
    Hanno il sapore della solitudine di quella giovane amata, ma non sono tristi, emanano
    ancora emozioni remote, intrise di profumi di viola, ornate di consumati
    merletti.
    Emanano dolci promesse e appassionato amore.
    Ma d’improvviso a Katy sembra di intrufolarsi in qualcosa di intimo e segreto e di
    profanare quasi quella smarrita speranza d’amore.
    Smette di leggerle, le accarezza teneramente, poi le avvicina al suo cuore, desiderando
    per un momento di voler riportare in vita quei giovani per un ultimo eterno,
    appassionato bacio.
    E si commuove.

    – Sez B – Accetto il regolamento

  19. Vittorio Tatti – Accetto il regolamento.

    Sezione A: “Inesorabile scorrere”.

    Lacrime che scandiscono il tempo
    minuti, ore, mesi, anni
    istanti perpetui d’angoscia.
    Cuore che trabocca di ricordi
    divenuto un’inconsapevole clessidra
    assiste all’invertita ascesa del dolore.
    Da fine sabbia è ora robusta montagna
    ma capovolgere non si può
    è immutabile la pesante tristezza
    non tornerà l’atteso sorriso.

  20. ANDREA POLO
    SEZIONE A
    ACCETTO IL REGOLAMENTO
    POESIA
    TITOLO
    LA VOCE DELLE LAVANDAIE AL FIUME

    La voce delle lavandaie al fiume
    era bella
    i panni candidi sui prati a fili
    si gonfiavano di sogni
    sulle facce dei bambini
    nei maggi ventosi
    sapevano di noci verdi e magnolie
    nei viali di eucalipti
    maestri e spazi aperti
    fluiva la felicità
    stavamo seduti con i piedi nell’acqua
    in fila sulla riva bassa
    ad aspettare le rondini
    per noi i desideri erano fatti così
    e arrivavano sempre.

  21. TEMPUS EXTREMUM DIEI
    (Ultimi momenti del giorno)

    Misterioso, solitario viandante
    s’incammina all’alba della vita
    rapido, nella sua inesorabile lentezza
    mai guarda indietro,
    non una sola volta.
    Il futuro la sua unica meta.
    Ricordi, tracce del suo passaggio,
    inafferrabili ed eterei
    quanto l’illusoria promessa
    di un suo ritorno.
    Impronte, a volte chiare,
    a volte appena accennate
    lì,
    nelle pieghe dell’anima
    per l’eternità.
    Al tempo che fluisce.
    Alla speranza che non demorde.
    All’attesa che non si stanca.
    Alla forza di non voler mollare.
    MAI

    – accetto il regolamento – sez. A

  22. “Corsa contro il tempo”

    La Gran Torino, sfrecciava per le vie di Nizza a folle velocità.Non c’era tempo da perdere. Bisognava ritrovare Alizee prima che le succedesse qualcosa di grave. Il navigatore indicò il punto esatto in cui era stata rinchiusa la ragazza: il “Gran Palace”.
    -“Ok siamo arrivati” disse Cesar.
    I due fecero ingresso nel palazzo, adibito a casinò e si guardarono attorno.
    -“Dividiamoci, sarà più facile trovarla, rimarremo in contatto tramite le swift pen” disse Vincent.
    -“D’accordo”
    Cesar notò la porta di un ascensore in fondo alla sala, e mentre tutti erano impegnati a giocare, vi si introdusse. La temperatura era a dir poco gelida. Vi era un solo numero da digitare:-23. Cesar premette il pulsante e l’ascensore precipitò come nel vuoto. Quando si riaprirono le porte, Cesar si ritrovò davanti ad una sala che conteneva persone apparentemente prive di vita all’interno di capsule in posizione supina. Sentì delle voci ed il rumore di passi. Si nascose. Senza farsi notare, si avvicinò ad una capsula ancora semiaperta. All’interno giaceva Alizee priva di sensi, con degli elettrodi posti sulle tempie e nei polsi. Cesar staccò gli elettrodi, sollevò la ragazza e si mise a cercare una via di fuga. Scattò l’allarme.Non aveva molto tempo. Doveva sbrigarsi, o presto i cyborg gli sarebbero stati addosso. La tensione e la fatica appannavano la sua vista, non poteva permettersi un passo falso.

    SEZIONE B – ACCETTO IL REGOLAMENTO

  23. IL TRENO DELLA VITA CON MIO FIGLIO
    (Alberto Diamanti)
    Sez. A – accetto il regolamento
    ——————————-

    La tua mano, piccolissima,
    si perde nella mia

    Ti devo portare nelle strade del mondo

    Mi volto
    Un treno passa veloce, e non si ferma

    Ritorno a guardarti

    La mia mano, tornata piccola, si perde nella tua

    Mi volto
    Il treno ritorna lento, e si ferma

    È ora di andare
    Il treno non puo aspettare le nostre lacrime

  24. Matteo Bianchini, partecipo alla sezione B. Accetto il regolamento.

    Tempistiche

    Giovedì.
    Lei era distesa sul divano da tre giorni. Guardava il soffitto. Non parlava, respirava adagio. Volevo chiederle del nero, ma scorgendola così presa dal suo pensare stavo zitto ed ammiravo la folgore.
    Venerdì.
    Quarto giorno. Lei ora sedeva sul divano. Osservava un bicchiere d’acqua stracolmo. Non ne aveva bevuto una goccia da quel bicchiere, ne aveva un altro sulla destra. I suoi occhi ancora era persi nel mondo che stava tessendo.
    Sabato.
    Cinque giorni senza parlarle. Temevo per il suo spirito, per il viaggio senza tempo che stava intraprendendo. Stava ancora seduta. Ricordo di aver dormito 10 ore di fila, e non so se lei abbia chiuso occhio, non potevo chiederglielo.
    Domenica.
    Al sesto giorno le ho accarezzato i capelli. Il mio primo contatto. Lei si è voltata. Mi ha sorriso. E ha parlato.
    “Oggi, nel giorno del Sole posso dirti che sono rientrata”
    Io risposi: “Dove sei stata amore mio?”
    Lei mi disse: “Te lo narrerò domani, prima ho bisogno di scrivere del tempo in cui sono stata via.”
    Lunedì. Alba.
    Lei scriveva da 10 ore. Il bicchiere era ancora stracolmo ma non c’era più acqua al suo interno.
    Martedì.
    Lei si alzò dal divano. Mi prese per mano e mi disse:
    “Usciamo, andiamo ad onorare il prato.”

  25. TITOLO ” A TEMPO “……………………………………………………………………A TEMPO …. A TEMPO DI MUSICA , COME UN VALZER LENTO SCORRE LA MIA VITA .A TEMPO…. SI ! A TEMPO DI MUSICA TRA GIOIE E DOLORI DOVE NON MI RENDEVO , E NONMI RENDO CONTO AVVOLTE SOLO POCHE VOLTE COSA ACCADEVA , COSA ACCADE ….I L MIO VIVERE QUOTIDIANO TRA MILLE AVVERSITA STAGIONE , DOPO STAGIONE FINO AL GIORNO INASPETTATO , DI UNA NUOVA RINASCITA ” LA MIA ” .A TEMPO ….A TEMPO DI MUSICA A TE CHE COMPONI SUONI MELODIOSI OGGI IN QUESTO SECONDO LUNEDI D ‘ OTTOBRE IL CIELO GRIGIO GIORNO DECISAMENTE MALINCONICO A RAMMENTARE CHE STIAMO ENTRANDO NEL PIENO DELLA STAGIONE AUTUNNALE . A TE , A TE CHE COMPONI OH ! MIO MAESTRO NON SOLO MUSICA D ‘ AUTORE MA POEMI CHE TOCCANO IL CUORE ACCAREZZANDO L ‘ANIMA .A TE , A TEMPO DI MUSICA COME UN VALZER LENTO SONO QUI A RICORDARE NON TI DIMENTICARE CHE …. CHE A TEMPO DI MUSICA COME UN VALZER LENTO SAPRO ASCOLTARE SUONI MELODIOSI ED ARMONIOSI E LA MIA VITA , SCORRERA VELOCE DOVE E COME NON SI SA …..”

    autrice testo inedito del 2015 – accetto il regolamento – sezione B

  26. Agostina Spagnuolo sezione A accetto il regolamento
    UN REFOLO DI VENTO

    È solo un refolo di vento
    un soffio di flauto dolce
    una corda fragile,
    al tavolino del caffè.
    E la gioia diventa pianto
    e il pianto si fa gioia
    quando il tempo
    ti riporta antiche date
    e volti
    così, all’improvviso,
    inaspettati eventi
    come la scatola dei bottoni
    dimenticata in fondo ad un cassetto
    rimasta in silenzio per lungo tempo
    come un dono
    per dirti che è ancora là.

  27. Sez A
    Dichiaro di accettare il regolamento
    Daniela Cavazzi

    Titolo Faceva freddo

    “Sposami”
    ti dissi una mattina,
    un cielo rosso accoglieva il nostro sguardo
    Negli occhi tuoi
    richiamo d’amore

    Distanze, contrasti
    messaggi solitari di voglie
    nella buia sera
    riflessioni…

    Vorrei essere l’aria
    per farmi respirare da te
    trascinata in luoghi nuovi
    Imprigionare il vento
    in una vela di luna
    e volare lontano
    dal crepuscolo del cuore

    Faceva freddo, inizio d’autunno

    Un infinito andare volteggiante
    lontano dal nostro noi

    Negli occhi miei
    richiamo d’amore

    Era ieri

  28. Marco Bertoli

    La vita in un secondo

    Suono il campanello. Nemmeno un minuto di attesa e la porta si apre. Senza tentennamenti o domande, con fiducia.
    Mi accoglie una giovane dai capelli biondi. Gli archi delle sopracciglia esprimono stupore: non si aspettava la visita di un anonimo quarantenne. Per un attimo la mia immagine scura si riflette sulla superficie di occhi dalle sfumature lavanda, poi uno sbattere di palpebre la cancella. La donna ha un fremito: ha capito perché sono qui. La consapevolezza dell’eternità imminente spalanca le pupille su panorami di cui divengo spettatore.
    ***
    Il cortile schiacciato da alti casermoni di cemento trabocca di una luce che acceca. L’asfalto del piazzale si rigonfia in leggere ondulazioni sotto il martellare del sole d’agosto. Il caldo è una fiamma ossidrica che fonde la plastica delle automobili parcheggiate in disordine, conchiglie abbandonate sulle rive del mare di catrame. L’aria è così bollente da abbrustolire la pelle.
    In quella fornace una bambina scorrazza felice sopra una bicicletta priva delle rotelle di sostegno. In bilico tra eccitazione e timore è indifferente alla calura che la rosola.
    Rannicchiata all’ombra striminzita di un terrazzo, la madre la osserva, il volto contratto dall’apprensione.
    La piccola ciclista solleva una mano sudata dal manubrio. Saluta e sorride contenta.
    Ha osato troppo per il suo equilibrio ancora incerto. La caduta è un urlo di paura che si scioglie in pianto. Dolore e rabbia per il fallimento si mescolano in un’armonia di singhiozzi.
    La scena sfuma in un fazzoletto candido che tampona con delica-tezza gocce di sangue. In carezze che asciugano le guance. In parole che confortano una figlia graffiata nel corpo e amareggiata nell’animo.
    ***
    Il sollevarsi improvviso del seno della donna che ho davanti annuncia uno stacco. Nelle iridi scorrono le sagome di anni di cui non vale la pena ricordare i dettagli. Una contrazione delle pupille: la memoria ha recuperato la perla che cercava.
    ***
    Il temporale primaverile sta affogando le strade del centro cittadino. I passanti colti senza ombrello si affannano a precipitarsi dentro ai bar o a trovare scampo all’interno dei negozi.
    Una ragazza e un ragazzo si fiondano di corsa all’interno di un portone. In due non raggiungono neppure trent’anni. Come cagnolini si scuotono dalla pioggia tra battute e risate che s’interrompono all’improvviso in uno scambio di sguardi.
    La maglietta fradicia di lei rivela forme prossime al rigoglio. Lui contempla in tralice il turgido manifestarsi della femminilità.
    La ragazza arrossisce nel vedere sul viso del compagno l’amicizia che li unisce trasformarsi in un sentimento sconosciuto, in una passio-ne ancora indefinibile. Spaventata, prova a coprirsi ripiegando le braccia sul seno.
    Il timore ha la durata di un respiro, di un sussulto del cuore. Fulminea e devastante l’azzanna la comprensione del miracolo appena compiuto.
    D’istinto l’adolescente affonda le dita affusolate in un ammasso di riccioli maschili e ne assapora il fruscio. Labbra inesperte si sollevano e schiudono nell’offrirsi a una bocca che, a sua volta, trema in un anelito d’infinito.
    Il bacio è poco più di uno sfiorarsi, eppure ha la ferocia di un morso, la violenza di un pugno nello stomaco.
    È il primo e non sarà l’ultimo, tuttavia nessuno dei suoi epigoni riuscirà mai a replicarne il gusto di ciliegia matura, l’aroma di pane appena sfornato.
    ***
    Un sospiro che profuma di nostalgia per un istante la cui meraviglia è cristallizzata in un tempo lontano. Del rimpianto per un’innocenza perduta, travolta dal crescere dell’età, dall’accorgersi che la vita quotidiana è il boia che impicca i sogni della gioventù.
    Adesso nelle retine che mi fissano si susseguono troppe immagini perché io riesca a distinguerle con chiarezza.
    Il diploma, amori sbagliati o improvvidi, gli studi universitari, la laurea, la ricerca di un lavoro. Finalmente ecco l’uomo giusto con cui sciogliere insieme le vele.
    ***
    Giovedì scorso. Lo smartphone che Lui ha dimenticato per la fretta sul comodino. La curiosità che stuzzica polpastrelli innamorati.
    I messaggi che la cautela non ha cancellati scivolano uno dopo l’altro. Le parole sono mute tuttavia hanno il rimbombo del tuono, il fra-gore del terremoto che prima scuote le fondamenta e poi abbatte l’edificio. Speranze e progetti crollano trascinando con loro un’anima sgomenta per la scoperta che Lui non è altro che una maschera. Un criminale nelle vesti di amante premuroso.
    Ore di angoscia, quindi la decisione è presa. La scelta dilania le viscere, ma non si può tradire il proprio essere né svellere le radici in cui s’innesta il midollo che ci sostiene.
    L’insegna bianca e azzurra posta sopra un ingresso a vetri termina la proiezione.
    ***
    Le pupille della giovane donna sono inchiodate alle mie. Immobili. Tranquille. Senza ombra di terrore.
    Spero che legga nel mio sguardo il ringraziamento per avermi regalato nel volgere di un secondo i sentimenti e le emozioni di un’esistenza degna di essere vissuta. Un dono gradito per un uomo abituato a ricevere e sferrare calci. A bere calici di amarezza e a immergere le mani nelle porcherie del mondo.
    Mentre sfilo la pistola dalla fondina, non abbassa le palpebre: sarà la mia faccia a impressionare l’ultimo fotogramma del film che ho contribuito a riavvolgere.
    Premo il grilletto.
    Sento gli occhi umidi. Forse li ha irritati il fumo dello sparo.

    Partecipo alla Sezione B. – Accetto il regolamento

  29. L’eco del tempo

    Il vento ricama
    onde di poesia
    sulle labbra della sabbia;
    tra orme di promesse,
    veglie di respiri.
    Nulla si conosce;
    solo l’incontro col mare,
    di nomi incisi
    nell’eco del tempo.

    Dichiaro di accettare il regolamento – sez A

  30. I nostri colori …

    Il mondo prende i nostri colori,
    i colori che noi dipingiamo
    le nostre angosce
    la nostra felicità …
    … dipende da noi
    che colori dare
    al nostro mondo …

    accetto il regolamento – sez. A

  31. Sez. A
    Stefano Peressini – Accetto il regolamento

    Sarà forse quel tempo

    Leviga degli anni il volto
    quel vento rapido d’inverno,
    isole vuote gli occhi in facce
    come maschere incolori.

    Tutto si perde dell’ordine
    azzimato, nelle cose lasciate
    a penzolare come stracci
    dalle finestre scorniciate.

    Il tempo resta a ricordarci
    il nostro trapassarci senza slancio,
    la sistematica illusione
    di mille parole vuote.

    Sarà forse quel tempo il tutto
    e il niente, l’agognato liberarsi
    dalla stretta dell’onda, nella cedevole
    memoria d’un naufrago stremato.

    Il mondo da cui partimmo
    è macchia indistinta alle spalle
    punto infinitesimo d’un’idea sbagliata,
    imprecisato nome da dimenticare.

    Venga allora il lampo, la tempesta
    l’equilibrio nuovo degli istanti
    e il profumo delle storie vere, acqua
    che corre al mare e si rischiara.

    Ci tenti l’avventura, il volo, il varco
    l’intrinseco meravigliarsi nell’appartenerci,
    l’attesa del destino nell’amore, la casa
    ad aspettarci poco più in là del cielo.

  32. GIAMPIERO FENU

    TEMPO
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    per poterti ammirare e perdermi col mio sguardo nei tuoi occhi…
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    per poterti tenere per mano e legarti a me in un abbraccio indissolubile…
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    per poterti parlare e con le tue parole riempire i miei vuoti…
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    per poter vivere insieme a te ogni magnifico istante ed osservare il mondo con gli stessi occhi…
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    per poter sentire in eterno i battiti del tuo cuore…
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    per poter asciugare ogni tua lacrima e guarire ogni tuo dolore…
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    per non poterti mai perdere e mai dimenticare…
    Vorrei che il tempo si fermasse…
    …per mai lasciarti andare…

    Dichiaro di accettare il regolamento – sez A

  33. Ne la bottega de un rigattiere

    Ner vicoletto, de la Roma antica,
    vicino a ‘na vecchia trattoria
    e a ‘na sartora ch’è ‘na vecchia amica,
    c’è un rigattiere cuggino de mi’ zia.

    La botteguccia è scura e ‘mporverata,
    er vetro unto e mezzo affumicato.
    L’inzegna che se legge su l’entrata:
    “ABBRAMO…VENNE TUTTO A BON MERCATO”.

    Se entri, devi fa’ mòrta attenzione
    a nun manna’ pe’ l’aria tutto quanto,
    vicino a la Vergine Assunzione
    c’è un marmo che ricorda er camposanto!

    Un mezzobbusto de Dante Alighieri,
    e ‘no zi’ prete che s’è fatto nero,
    un’otre rotta e ‘no scacciapenzieri
    la foto de un vecchio battistero!

    L’arazzo antico de Casareale,
    du’ candelabbri d’oro de Bologna,
    un lavandino…e sotto un ber pitale
    e un ber presepe sopra ‘na zampogna.

    Er negozzietto è stretto e sarvognuno
    devo sta’ attenta a nun rompe tutto,
    come la statua in gesso der Nettuno
    vicino a la cassetta der preciutto!!

    C’è la specchiera de Lucrezzia Borgia.,
    er lampadario de er Gattopardo,
    un Cardinale co’ la pappagorgia
    te fissa senza mai abbassa’ lo sguardo!

    In un cantuccio, sopra ‘no scrittojo,
    c’è un orologgio messo de sghimbescio
    che sembra, a occhio e croce, un mezz’imbrojo
    pe’ via che gira proprio alla rovescio!

    Je chiedo ar sor Abbramo, come mai,
    quele lancette gireno ar contrario.
    “Devi sape’ che è ‘no scacciaguai,
    co’ tanto de pendolo e datario.

    Er legno ch’è servito p’assemblallo
    vie’ da un noce der Beneventano,
    lo sfondo bianco….che s’è fatto giallo
    è madreperla dell’Oceano Indiano!

    Poi, le lancette, de rame der Mar Morto,
    rintoccheno felici controverzo
    e solo, solamente, un occhio accorto
    s’accorge che lui segna er tempo perzo.

    Lui ce ricorda tutte quele vorte
    che pe’ la tigna o pe’ leggerezza
    avemo duellato co’ la sorte
    e ricevuto in cambio amarezza!

    Io nun lo venno, nun cià arcun valore,
    lui serve a damme quel’avvertimento:
    che va seguito, sempre e solo er core
    pe’ pote’ vive’ libbero e contento!!”

    Sabrina Balbinetti / sezione A/ Accetto il regolamento

  34. Partecipo sezione a
    Accetto il regolamento

    Rimani

    Rimani ancora un po’

    Ho colori sbiaditi
    Tentacoli mi arenano

    Lasciami il tempo
    Di assorbire
    I morsi della fame

    Lasciami il tempo
    Di metabolizzare
    L’assenza

    Rimani ancora un po’
    Non è tempo
    Che tu vada

    Paola Pittalis

  35. IL TEMPO STA FACENDO IL SUO LAVORO

    Il tempo sta facendo il suo lavoro
    e sa colpire dove fa più male
    e lo fa piano e senza far rumore.
    Colpisce al cuore dove sa che tengo
    l’essenza di me stesso e il mio coraggio
    e me lo brucia come un fuoco fatuo.
    Percuote le mie vertebre che piangono
    per non potermi far volare ancora.
    Mi brucia gli occhi e mi sottrae le scene
    d’albe e tramonti e rondini nel cielo.
    Mi strazia la memoria e mi tormenta
    con l’annebbiare i miei ricordi cari.

    Con gli occhi della mente mi dipingo
    come il ragazzo dalle vele al vento.
    Mi immagino leggero e evanescente
    e intanto è in questo corpo che appassisco.
    La morte non mi avrà di soprassalto;
    giorno per giorno mi sta già sbranando
    e quando arriverà sarà nient’altro
    che spegnere una fiamma quasi estinta.

    Il tempo sta facendo il suo lavoro
    su me e su tutto quello che ho più caro
    ed io non so accettare il mio degrado
    e mi ribello al tempo e al suo passare.
    Socchiudo gli occhi e ascolto da lontano
    il rumore del traffico che scorre
    e i gridi dei bambini nei giardini.
    Ascolto il vento che va mescolando
    le nubi che si addensano al tramonto
    ed i profumi della primavera.
    Dimentico il mio corpo,
    una prigione,
    apro le porte e libero il pensiero
    di un altro luogo, d’un sognato altrove.

    – accetto il regolamento – partecipo alla sezione A

  36. IL DINOSAURO

    Per mia disgrazia appartengo all’universo di quelli che:
    1) arrivano in orario anzi un poco prima, a qualsiasi appuntamento.
    Qualche anno fa avevo la direzione lavori di un intervento edilizio a Cap D’Antibes, Costa Azzurra. Circa quattrocento chilometri da casa.Mi capitava spesso di essere convocato sul luogo dei lavori, dal proprietario o dall’impresa, per l’indomani. Si trattava di andare e tornare in giornata ma la cosa era fattibile perchè il percorso era tutto autostradale. Sennonché mi veniva richiesto di essere in cantiere per le otto del mattino. Chiedevo una proroga dato che , mentre gli altri abitavano sul posto, dovevo mettere in conto una levataccia. Si decideva per le nove. Non approfittavo della mia posizione chiave che mi avrebbe consentito di decidere diversamente, facendo adeguare gli altri alle mie esigenze. Mi premeva dimostrare la mia disponibilità e l’importanza precipua del lavoro rispetto a problemi personali.
    Conclusione, mettevo in conto quattro ore di viaggio e mezz’ora per la preparazione e colazione. Sveglia quindi alle quattro e trenta. Cercavo di affrettare i tempi per guadagnare qualcosa, quindi appena in autostrada, dato che per via dell’ora era ben sgombra, premevo sull’acceleratore per accumulare un vantaggio, nel caso avessi potuto più avanti incontrare qualche intoppo. Se tutto procedeva per il meglio alle otto avevo già superato Mentone. Montecarlo e anche Nizza e mi ritrovavo a ridosso di Antibes. Allora rallentavo un poco per essere sul posto per le otto e trenta. Non si sa mai, qualcuno avrebbe potuto anche arrivare in anticipo. Mi leggevo un giornale per ingannare l’attesa perchè mai prima delle nove e trenta qualcuno si presentava all’appuntamento. Si pensava di concedermi un piccolo franco dato che venivo da lontano.
    Il bello comunque é sempre stato che per pudore non ho mai avuto il coraggio di confessare che ero arrivato da più di un’ora.
    Ricordare é come sgranocchiare noccioline. Si comincia e poi é difficile fermarsi. Anni addietro, una gentile fanciulla mi concesse un appuntamento per un incontro, di quelli prima di cena, in un viale di città. Ero innamoratissimo per cui arrivai alla panchina indicata con quasi un’ora di anticipo. Avevo messo in conto che la ragazza potesse tardare un poco, ma dopo circa tre ore dovetti decidere di andarmene. Deluso ma non sconfitto cominciai a pensare, sostenuto dal mio orgoglio indomito che forse avevo sbagliato giorno. Ragion per cui l’indomani mi ritrovai alla solita panchina. Una nuova attesa inutile e così di seguito per almeno una settimana. Poi cominciai a concludere che forse non sarebbe più venuta all’appuntamento.
    Quando mi capita di ripassare da quel viale, rivedo la panchina e un pò per nostalgia, un pò perchè non si sa mai, butto l’occhio come se nulla fosse.
    Le probabilità che la fanciulla sia arrivata sono scarse e poi se anche fosse, ormai….
    Quanti anni sono passati?
    Ricordo che quando tornavo deluso dagli appuntamenti mancati, per consolarmi canticchiavo la canzone di Modugno che aveva appena vinto il Festival di San Remo, Credo si intitolasse : Nel blu dipinto di blu.

    2)osservare gli impegni assunti. Per gli appuntamenti non solo annotarli chiaramente in agenda ma qualche pagina prima appuntarsi un promemoria: ricordare l’appuntamento…

    3) mantenere fede alla parola data.

    4) cambiare opinione soltanto davanti a ragioni indiscutibili e fare pubblica ammenda di eventuali errori di valutazione.

    5) rispettare le regole del gioco. Non trasgredire a nessuna legge o regolamento anche se palesemente insensati.

    Appartengo forse per età, ma anche per educazione e per indole, all’universo di quelli che credono nei principi prima esposti.
    Sciaguratamente.
    Mi capita di pensare che la mia posizione sciaguratamente ripeto, mi metta a disposizione di tutti gli imbecilli che, per maleducazione, per natura e inciviltà, per prepotenza e protervia, per ignoranza e incultura, per semplice trascuratezza, per mancanza di rispetto, per un’infinità di ignobili ragioni, ritiene di nessuna importanza lo stare alle regole.
    Si impossessa, imponendomi i propri ritardi, del tempo della mia vita che sono costretto a bruciare in inutili attese. Mi deruba di altra vita con l’inosservanza degli impegni assunti, degli appuntamenti, di tutto quanto già deciso.
    Mi obbliga a sentirmi un sopravissuto, un dinosauro che per sua disgrazia e debolezza ha ancora il rispetto della coerenza e della correttezza.

    – accetto il regolamento – partecipo alla sezione B

  37. PROST NEUJAHR, BUON ANNO
    di
    Marina Casali

    Sezione B -Accetto il regolamento

    PROST NEUJAHR

    Poi succedeva che, di botto, si passava dalla silenziosa intimità del Natale, festeggiato secondo la tradizione tedesca, ai botti della notte di San Silvestro.
    Improvvisamente era finito l’anno, finito per sempre, non si sarebbe ripetuto mai e poi mai più, e noi piccolette ci ritrovavamo a correre per casa come a concludere in fretta le ultime cose prima della mezzanotte, come se il tempo dovesse finire di lì a pochi minuti, come se, affacciate sull’oceano dalle terre dell’ultimo mondo conosciuto, ancora credessimo che questo finisse all’orizzonte, in una caduta a picco nel vuoto….

    Il conto alla rovescia, qualche botto di prova, sparso tra i tetti, o colpi sfuggiti da mani ansiose, e noi sorelline eccitate e spaventate, mamma vicino ai bicchieri di cristallo, lucidi e brillanti, papà che traffica col tappo dello spumante, lo spinge, lo trattiene, e la nonna con la sua piccola pistola a salve sporta alla finestra, il dito sul grilletto, gli occhi emozionati per il regalo di tanta vita.
    Nel televisore il presentatore conta i numeri al contrario in un coro di ospiti d’onore; le nostre voci fanno eco, ogni numero a scalare è un addio ineluttabile al passato e davanti c’è il mistero del futuro, la nuova avventura.

    Mancano pochi secondi, come la pallina di un flipper mi sposto per trovarmi vicino ai miei cari nel momento fatidico, ma la nonna è alla finestra e griderà “Prost Neujahr!” sparando al cielo i suoi colpi loffi nel frastuono generale, mamma tampina mio padre, due bicchieri in mano e il terrore che lo spumante schiumi fuori macchiando il parquet, mia sorella è rintanata in un angolo con le mani sulle orecchie per la paura del tappo che, se ti prende, pare porti fortuna.

    Cinque… quattro… tre… due…
    Ci siamo: l’anno è finito e mi dispiace proprio tanto… Sono piccola, è vero, ma capisco già che la corsa verso il futuro non sarà del tutto indolore.

    La nonna anticipa tutti, spara e grida con voce tremula i suoi auguri alla sorella gemella nella patria lontana, parte il tappo, rimbalza sul soffitto, non colpisce nessuno, qualcuno intona la prima canzone del nuovo anno dal televisore in bianco e nero.
    Evviva il 1967, addio vecchio anno usato e sfinito, domani cambierà tutto, domani sarà tutto nuovo.

  38. Il mio passato, questo sacco ingombrante sulle spalle
    pieno di cose splendenti e arrugginite:
    le mie ingenuità, le mie passioni sopite,
    questo pieno trito di emozioni disperse,
    di lance spezzate, di giornate maldestre,
    questo lento cumularsi di nebbia e di dolore
    quest’eterna cascata di polvere e di parole
    è come una distesa infinita di castelli e di fossati
    è come un rimbombo frastornante di musica e di fiati.

    – accetto il regolamento – sez. A

  39. Forse declinare

    Sarebbe facile
    Potrebbe, ma..
    Vorrei sottrarre
    il moto al tempo
    che passa
    che prende
    che non perdona.
    Fermarmi a respirare
    senza ostruzioni
    condizioni
    contraddizioni.
    Dare il fiato, tutto
    dimenticare ogni dolore
    beffare ogni timore
    attendere se è il caso
    riflettere se serve
    e forse declinare.
    Libertà è d’essere
    fosse un istante
    aver vissuto.

    – accetto il regolamento – sez. A

  40. ESSER STATI MORTI

    Quando sarà il deserto,
    che lo sarà
    più di quanto ora lo sia,
    rimpiangerai quei versi
    che facemmo stesi.
    Rimpiangerai le ore perse,
    rimpiangerai poesia.

    Quando vicini saremo
    e ci vedremo dentro
    non sarà più quella follia
    di gioventù avanzata.
    Sarà deserto, polvere, carestia.

    Guardati ora.
    Hai avuto cose, modi, amori, tempi.
    Avuti e dati esempi.
    Ora qui nell’aria,
    folle su una sedia
    a controllare malattia,
    considerar la sua come la tua.

    Leggi di ciò che hai scritto.
    Hai pulito il tuo passato.
    Sei sotto alla pergola del cielo
    a veder quello ch’è stato,
    ora seduto, immoto.
    Che attendi?
    Lampi di fulgido futuro
    per cui non fai perché non sai.
    T’arrendi?

    Cose morte lì sul pavimento.
    Una goccia di pioggia
    preavviso d’alzarti.
    Un grano d’intonaco, tormento,
    vola sulla camicia.

    È la tua mano che non s’arrende,
    e qualcosa che non è la tua mente
    non attende che sia il deserto
    più di quanto ora lo sia.
    Che si ostina a non rimpiangere,
    a far più di quanto possa farne.
    Non si arrende a carestia.

    Per una qualche goccia di pioggia,
    per ogni polvere d’intonaco che cade,
    un far la gara all’esser vivi,
    già l’esser stati morti
    è la poesia.

    – accetto il regolamento – partecipo alle sezione A

  41. Marina Pieranunzi de Marinis

    PUNTINI DI SOSPENSIONE…
    (I miei “tre anni” di amore vano)

    Ho inciampato sui tre puntini
    messi sulla mia strada
    mentre aprivo,
    finalmente,
    le braccia alla vita,
    desiderosa di andare.

    Ho inciampato tra melodie
    che hanno zittito i silenzi
    per, poi, riaccenderli,
    moltiplicati,
    tutti insieme.

    Ho inciampato in un sorriso
    pronto per me
    come un bocciolo da cogliere,

    in una voce
    ammaliatrice
    più del canto delle Sirene,

    in uno sguardo
    che mi aspettava, forse, da sempre,
    perché soltanto io lo indossassi.

    Ho inciampato
    in un tempo
    dove le età non s’incontrano,
    dove le attese,
    come boomerang,
    tornano indietro,
    dove gli slanci
    vanno a morire nel vuoto…

    in un tempo
    dove non è permesso sperare.

    Sezione A – Accetto il regolamento

  42. Il bianco delle cose

    Il bianco delle cose

    Torno spesso al bianco delle cose
    la neve dei greppi, il muschio gelato
    il fiato nell’aria e i fiori del pruno
    nel vento che sfuma di rosa il ricordo
    del lino sfrangiato e il latte col pane.
    La curva del giorno nella bava di nebbia
    il bianco del mio dente perduto, il primo,
    e il sapore del sangue, la curva del viso
    appoggiato alle mani e il primo quaderno.
    L’abito bianco dei miei sette anni
    con fili di seta e due dita d’amore,
    nel profumo incantato dei gigli
    e la cera di candele appassite all’altare.
    Ho guardato fino a straziare gli occhi
    il riverbero immutato della neve,
    cercando nelle orme la logica dei voli,
    il perché del tempo e delle sillabe lasciate
    e non ho trovato nulla, solo bianco.

    Partecipo alla sez.A. Accetto il regolamento

  43. FUORI TEMPO

    Quando mi fermo a pensare a episodi del passato, mi accorgo che spesso sono arrivata o troppo presto o troppo tardi all’appuntamento con il destino…il famoso “treno” che bisogna prendere al volo quando passa.
    Quando ero vergine ho incontrato un corteggiatore (si diceva così allora, sono una “ragazza dello scorso millennio”) che mi avrebbe preferito più esperta, ma, poco dopo, ne ho incontrato un altro che preferiva ragazze vergini. Era o troppo presto o troppo tardi per accontentarli. Fuori tempo.
    Quando è capitato che separassi sesso e amore sono stata giudicata male. Adesso non li separo più, ma incontro uomini che vorrebbero lo facessi. Fuori tempo, di nuovo.
    Quando non mi conoscevo abbastanza per decidere se volevo figli e marito, potevo ancora fare questa scelta; ora mi conosco, ma la menopausa ha già risolto per me il dilemma della maternità e anche per il marito sono piuttosto fuori tempo (se ne può discutere, ma, siamo realisti, quante volte capita?)
    Potremmo parlare, però, dei vantaggi ricavati dal lasciar decidere al tempo che, da solo, ha risolto qualche problema.
    Chi da giovane si metteva nei guai seguendo gli ormoni in giostra, tipici dell’età, lo farà ancora nella mezza età o addirittura nella terza? Passiamo la seconda metà della vita a cercare di riparare gli errori fatti nella prima metà? O siamo sempre affaccendati a fabbricare l’errore successivo?
    Magari diventiamo più esperti nel fare un passo falso più raffinato: ci vuole tempo per diventare professionisti, anche nello sbagliare.

    DORIANA BRUNI- Partecipo alla sezione B- Accetto il regolamento

  44. Il tempo di un respiro

    Il tempo di un respiro
    e ti inventi il coraggio di decodificare
    il colore di una striscetta
    ad aprirti la porta di una nuova vita,
    a rivelarti che dietro quella porta inizia nuova vita,
    passione o errore adesso non conta più,
    non conta quello in cui hai creduto
    e non conta quello che hai imparato,
    non conta quanto hai intimamente pregato
    e nemmeno purtroppo e ormai
    ciò che hai ingenuamente sognato,
    il tempo di un respiro
    per trovare in te la decisione giusta
    e anestetizzare il tuo subbuglio interiore,
    mediando ansiosa e sfinita
    tra una coscienza risoluta e intransigente
    e lo spettro di un futuro che fa paura,
    nebbioso arido d’amore e solitario,
    da attraversare senza una mano
    a indicarti la strada e riscaldare la tua,
    il tempo di un respiro
    e il momento è già arrivato,
    ancora una spinta e saranno vita,
    amore e anima, lacrime e fatica,
    il tempo di un respiro
    e ne troverai per sempre un altro
    sul cuscino a dormire accanto a te.

    Giancarlo Massai
    Accetto regolamento – sez. A

  45. Rita -Maria La Boria
    acetto il regolamento
    sez A

    SLIDING DOORS
    Si percorrono strade
    di sassi di sabbia
    in un calpestio di passi indecisi
    o decisi dal caso.

    Se gli ingannevoli specchi
    di labirinti imprevisti
    non celassero varchi nascosti,
    se si potesse aggirare i tornelli
    di improbabili bussole dai giri pagati,
    irrefrenabile sarebbe quell’infinito vagare.

    Se il sentiero tracciato a matita
    potesse sparire
    e riapparire,
    mutando il suo corso
    come fiume di risorgiva
    e quel treno tornasse a passare,

    forse la vita non sarebbe quell’andare
    per non più ritornare,
    ma un continuo salpare
    per viaggi infiniti
    senza approdi né porti
    tra partenze e ritorni,

    un entrare ed uscire
    da incroci senza più precedenze
    sparigliando destini tracciati.

    Un vivere eterno di vite vissute
    consumate dalla frenesia di vivere.

    Ancora.

  46. La lettera

    Arrivò al mattino incendiando il tempo, quel tempo che serve per aprirla e leggerla.
    Una nota, un pugno di parole, confuse e così reali. Solo il tempo della sabbia che scende da una clessidra, il tempo per leggere “lei non ce l’ha fatta”. Frase distruttrice di un sogno, una speranza, un cambiamento di vita.
    Cosa cambia una comune carta stampata con l’inchiostro o un messaggio elettronico? Il tempo per aprire la casella di posta, forse. Era bastato un brevissimo tempo, tempo per aprire la lettera e leggere le parole. Un tempo che ha dato svolta alla mia vita, in peggio. Una gioia lacerata, volata nel tempo, con lui, padrone assoluto dell’universo, dello spazio, dell’orologio. È bastato un microsecondo, e via, la mia vita impiccata da una manciata di parole, fresche come quel breve tempo. L’attimo prima ero felice, un secondo tempo, disperato. Ecco dunque cosa può fare il momento, figlio del tempo, figlio dell’assoluto destino.
    Non prego il divino, il tempo sembra più lungo se prego, ed è più corto quando vivo una gioia, un bacio, un saluto.
    Che cos’è in realtà il tempo? Una cipolla su cui scrutare dei numeri che segnano le ore?
    La lettera ora l’ho bruciata. Ho avuto il tempo per farlo. Quando sei disoccupato, hai tempo per fare tante cose, anche riflettere. E a volte mi chiedo, il tempo possiamo dominarlo? Ma forse, è solo un altro nemico da cui stare alla larga.

    Elena Maneo
    sezione B – racconto breve
    Accetto il regolamento

  47. Nostalgia

    La risacca del tempo porta lontano ricordi lasciati sulla battigia, ma subito torna a schiantarli su di me, con la forza implacabile della marea.
    E l’onda mi trascina lontano, in luoghi e tempi diversi, prima che ognuno di noi fosse preso dall’agonismo della propria salita.

    In mare mi lascio prendere per un po’ dal dolce dondolio delle immagini che mi portano alla deriva. Dolcissime immagini dei miei cari, indelebili ricordi di giorni dai brillanti colori, ricordi vivaci degli anni che abbiamo diviso, amici.

    Lunghi anni, estati, inverni, notti, giorni, eravamo diversi, ma eravamo noi.

    A volte la marea sale e mi porta ricordi di anni lontani e io li prendo e li metto da parte, delicati straccali, per condividerli ancora con voi.

    di Gabriele Levantini
    – Sezione B: racconto breve –
    Ho letto e accettato il regolamento

    Pubblicato sul mio blog: https://ilgiardinosullaspiaggia.wordpress.com/2018/03/03/nostalgia

  48. IL TEMPO

    Il tempo mi sfugge
    senza che io mi accorga del passato
    sognando un futuro che non avro’ mai.
    Il tempo a cui regalavo le mie energie più forti
    si fa sempre un’utopia
    circondato dal cuore che arrendersi non sa.
    IL tempo non ha più tempo per me.
    Un tempo m’inventava il tempo
    da consumare con la gioventù, ormai lontanissimo ricordo,
    e a fare dell’ardita invasione
    l’apoteosi dei miei sentimenti.
    Un tempo m’inventavo amore, t’inventavo amore,mi inventavi amore…
    ora la voglia di un tempo sta scemando sempre più
    perchè lotto con l’andar controvento
    in cerca di sogni che riscaldar non riesco più.
    Il tempo, il mio tempo corre verso altri cieli da esplorare
    cercando la cadenza giusta per continuare insieme.
    Io perennemente in lotta con il tempo
    mi accorgo sempre più forte di ciò che vivo,e non è il mio.
    VIVO nel tempo che è distante dalla mia anima ed io che
    ancor oggi inseguo sogni profondi, nascosti e visibili,
    cerco disperatamente di galleggiare nel tempo del futuro
    sperando di ritrovar quell’emozione
    n cui credo ancora profondamente e che mi da tanta energia.
    Un tempo m’inventava amore… un tempo t’inventavo amore .ma non ho più tempo d’aspettarti.
    Il mio tempo è finito….e non so più amarti.

    BRUNO SPORTELLI.accetto regolamento sezione A

  49. D’inverno, un vagabondo.

    Poso le mani

    sul collo

    della notte

    fra cirri spenti

    ed avidi pensieri.

    Lungo la via

    del silenzio,

    percorro a fari spenti

    la mia noia,

    trattando con astuzia e noncuranza

    l’infido verso

    che colpi’

    l’aurora.

    Di giorno

    vado scalzo per torrenti,

    selvaggio senza scarpe

    e senza idee

    cercando fra rigagnoli

    d’azzurro

    l’ultimo sorso

    di esistenze spente.

    Vivida luce

    che s’immerge

    nel semplice migrare

    di emozioni,

    fruscianti creature

    mi accompagnano

    nell’ultimo passaggio

    di stagioni.

    L’inverno ha sepolto

    anche il mio cuore

    ma irradia calore

    nel mio cielo,

    di sogni e di passioni

    mai sopite.

    Sez.A Accetto il regolamento

  50. IL TEMPO E LE DISTANZE

    Quando ancora eravamo ignari dal misurare il tempo e le distanze
    tutto andava serenamente avanti, senza angosce a tormentarci la vita.
    La terra era infinita, non aveva limiti, ogni passo era una scoperta;
    il tempo era scandito dagli astri celesti, non esistevano scadenze.
    Come invidio i nostri progenitori vissuti in quel paradiso,
    appartenenti ad un’unica famiglia, traboccavano dei doni del creato.
    Splendido il nostro mondo, una bolla sospesa nell’universo,
    abbiamo rovinato tutto, il creatore sarà con le mani tra i capelli.
    Vorrei un altro azzeramento, come all’era dei dinosauri,
    a resettare questa terra allo stremo e senza segnali di ritorno.
    Perché Signore hai permesso tutto quel che stiamo vivendo,
    per la tua grande munificenza hai creato l’uomo troppo libero
    e lui ti ha ripagato in questo modo, non ha saputo amarsi,
    non ha voluto proteggere l’eden che gli hai regalato portandolo a questo.
    Tutto era perfetto così come era.
    Crediamo di vivere una vita di sogno ma non è così;
    finché non vengono toccati i nostri cari, le nostre case, i nostri interessi,
    ci immaginiamo immuni, confinati su un’isola felice.
    Quanto durerà? Se durerà?
    Ogni albero abbattuto è parte del nostro giardino;
    ogni fiume inquinato è parte della nostra acqua;
    ogni bambino che muore è un nostro figlio;
    ogni donna massacrata è nostra madre, moglie, sorella.
    Stiamo per raggiungere altri mondi, abbandoneremo la terra a se stessa?
    Aria nuova per la terra che rifiorirà di vera vita come alle origini,
    quello che è tecnologia avanzata sarà la preistoria di un nuovo mondo
    dove ancora nessuno misura il tempo e le distanze
    e che continua a navigare per mari silenziosi, ignaro della burrasca incombente.
    Diverremo gli eroi di una nuova apocalisse.

    LazzarAndrea2017

    Andrea Lazzara – Sezione A
    Dichiaro di accettare il regolamento

  51. Il tempo

    Il tempo mi ha bevuto
    poi sputato sotto muri
    assiderati dal sangue
    congelato quella sera
    Ho rotto lo specchio
    in mille vite
    tra i cocci dei giorni
    che verranno non so
    se volare o cadere

    sez.A – accetto il regolamento

  52. Inafferrabile tempo

    Come corri veloce Kairós,
    immagine mobile dell’eterno.
    Fermare la tua corsa
    è impossibile
    Nemmeno l’attimo è
    un amico presente.
    Tu principio e fine
    avidamente divori
    ciò che hai creato.
    Tu misura del divenire,
    so che esisti
    ma non so chi tu sia,
    fugace compagno dell’essere.
    Non assaporo….
    gioia, amore, dolore e
    già sei un ricordo lontano.
    Appartieni al nulla,
    orizzonte del mio viaggio,
    triste vederti dissolvere,
    triste sapere
    che vivi solo nei ricordi.
    Sei il mio passato.
    Sarai il mio futuro?

    – partecipo alla sezione A – accetto il regolamento

  53. Partecipo alla sezione B (racconto). Accetto il regolamento

    C’era una volta un orologio senza la lancetta dei minuti. La lancetta in origine era stata programmata dal suo ideatore ma a causa di un malinteso non fu inserita.
    Un orologio che segnava solo le ore. Un orologio che non poteva di sicuro esser all’avanguardia dei tempi vista la velocità e precisione degli abitanti della casa in cui era situato.
    Infatti nessuno lo guardava, nessuno a parte Cleo, il gatto nero.
    Ogni mattina saliva sul tavolo e fissava l’orologio senza lancetta.
    Maria lo notò dopo qualche anno, la piccola di casa. Mentre i suoi genitori non ci fecero caso sino alla domanda della figlia: “ma come mai Cleo guarda sempre in alto?”
    I genitori si stupirono di questa curiosità del gatto e spostarono l’orologio nella parete adiacente.
    Cleo cambiò la direzione del suo sguardo per subire l’ipnosi dell’orologio.
    I genitori però non ne furono lieti perché non capivano questa curiosità e nascosero l’orologio nell’armadio.
    Maria chiese il perché di questo gesto ma non ebbe risposta.
    Cleo la mattina successiva sparì.
    Forse andò a cercare l’orologio fuori di casa, forse non sopportò l’invidia degli umani.
    Questo non è un dato che sapremo.

  54. Matteo Cavagnino, accetto il regolamento, partecipo alla sezione A (Poesia)

    Istante

    Nero
    tutto attorno nero
    L’occhio
    roteava nel nero
    Simboli antichi
    maneggiavano il tempo
    In un istante
    si fermò
    Il nero era più
    nero del nero
    Dalla porta
    bussò l’occhio
    ma non gli aprì

  55. Matteo Cavagnino, accetto il regolamento, partecipo alla sezione B (Racconto)

    Notte

    Faceva freddo su al monte. La terza notte fu un vero inferno, Lucia non si era ancora adattata a questa nuova vita nella baita, mentre il piccolo Gianni correva da una stanza all’altra con lo sguardo sulle finestre alla ricerca della neve. Il fuoco era sempre acceso, facevamo i turni io e mia moglie. La città era lontana, eravamo al sicuro nella baita. Lucia stava in silenzio, aveva capito che non saremo più tornati in città, nella nostra casa. Aveva capito che non avremo più rivisto i nostri cari, forse erano tutti morti, forse sarebbero arrivati anche loro nella baita. Quando dallo specchietto vidi la bomba cadere pensai che fummo molto fortunati ad esser già in viaggio. Anna, mia moglie, teneva duro, non aveva pianto.
    Avevamo provviste per un mese, ma bisognava occuparsi per tempo di procurarne altre. L’inverno era quasi terminato.

  56. “L’OROLOGIO SI E’ FERMATO…”

    Ci sono giorni nei quali, complice la melanconia o l’euforia, penso a come sarebbe la mia vita senza l’esistenza del tempo:
    STAGIONI senza annuncio
    GIORNI E NOTTI inavvertite
    AMORI trasparenti o interminabili
    BACI sospesi o inutili
    NASCITE vaganti e assopite
    SCELTE intrappolate nei pensieri
    RIMPIANTI E RANCORI dimenticati
    FAME E SETE sorde al richiamo
    NATURA silente e inerme nel cuore della terra…
    Il sole che poi si spegne e l’aria si ferma
    ed io mi sento soffocare e le forze mancare:
    “L’UOMO ABBISOGNA DEL TEMPO – grazie a Dio –
    E IL TEMPO E’RESPIRO PER LA VITA”

    INES ZANOTTI
    ACCETTO IL REGOLAMENTO – SEZIONE B RACCONTO

  57. Sezione B – racconto
    Accetto anche io il regolamento

    Giacomo

    Lo guardavo sempre.
    Giacomo.
    Terzo banco. Io al quinto. Lui non si accorgeva di questa mia fissa, anche se era abbastanza palese anche all’ora di educazione fisica, quando gli stavo dietro ad ogni esercizio. Ma Giacomo pensava solo alla sua materia preferita: la fisica. Ed io di fisica non ci capivo nulla, era impossibile avvicinarlo, provai anche ad andare a ripetizioni ma non mi entrava proprio in testa.
    Quando raccontai a Giulia, mia sorella, di questa passione rise, rise e rise ancora più forte.
    Conosceva Giacomo. Conosceva me.
    “Una relazione impossibile, lascia perdere!” – E rideva forte.
    Mi confidai dunque con una mia compagna di classe solo per far circolare la voce così che Giacomo scoprisse questo mio amore.
    Così fu. Ma Giacomo continuò con la fisica.
    Ed io una mattina vidi Nicola.

  58. Sezione A – Poesia
    Accetto il regolamento

    Tempesta

    Frugava nella roccia
    Incostante preghiera
    Scorgeva promontori
    E riempiva vele
    Frugava insinuandosi
    Reggendo ambivalenze
    Alla sera
    rumoreggiava
    quasi discutendo
    con antichi presagi
    che
    da altri furon narrati
    Sempre il medesimo
    Sempre specchio
    Sempre tempo.
    La mattina si trasformava
    in tempesta viva
    rossa di pianto
    verde di ricordo.
    La roccia aspettava
    il momento della massima
    espansione
    per iniziare a raccontare
    di quando fu pianeta.
    Ed in tempesta
    baciavano il tempo
    in cui furono distanti.

  59. Titolo: Intimo abbraccio

    Bella, diritta
    le sue gambe
    dal passato
    parevano castagni.
    Bella, adorata.
    Le sue braccia
    dal futuro
    incastravano ricordi.
    Quell’intimo abbraccio
    che ci vide in un unico corpo.
    Bella, mora.
    I suoi fianchi
    castelli senza fossati
    da tempo costruiti nel cielo.
    Io la guardavo senza sosta
    mentre danzava.
    Bella, soave
    la donna mia nel presente.

    – Accetto il seguente regolamento, partecipo alla sezione Poesia (A)

  60. Nicola Albino partecipa alla sezione B ed accetta il regolamento con il racconto dal titolo: Blu

    Blu

    Qualcosa che nell’atmosfera si tinge di blu.
    Qualcosa che vidi una volta quando ero bambino, mentre mia madre stendeva in cortile. Mia nonna era morta un anno fa, il 5 maggio, sussurrando come ultime parole: “cerca sempre il blu”.
    Ho pensato che fosse il ricordo del mare e di suo marito morto fra le onde durante una battuta di pesca. Anch’esso morto il 5 maggio ma un decennio prima.
    Qualcosa che nell’atmosfera si tinge di blu.
    Ora mi ricordo quella mattina in cui con mia nonna si stava seduti a guardare mia madre ed in alto ci fu una linea blu in contrasto con l’azzurra del cielo e il bianco candido delle nuvole.
    Ora mi ricordo.
    Mia nonna disse: “Nicola, vedi lì, è molto raro, lo capirai quando sarai grande”
    Ma ancora non ho capito e mi interrogo sulla linea, mi interrogo sulla circonferenza, mi interrogo sul blu.

  61. Nicola Albino partecipa alla sezione A ed accetta il regolamento con la poesia dal titolo: Nero

    Nero

    Notte
    Notte
    Notte
    Luna assente
    Solo nero
    Solo nero
    La stella non si presenta
    Gioco a immaginarla splendere
    Ma è solo nero, solo nero.
    Notte
    Notte
    Notte
    Roccia scura
    Un nome mi giunge
    ma non oso pronunciarlo
    La mattina è prossima
    La stella consiglierà.

  62. Massimo Cerotti
    accetto il regolamento
    partecipo alla sezione A

    Finestrini chiusi

    Din don dan
    Erano le sette
    ed i finestrini eran
    chiusi.
    Din don dan
    Erano le otto
    ed i finestrini eran
    chiusi
    Ma quando aprono i finestrini?
    Quanto tempo dovremo aspettare?
    Din don dan
    Erano le nove
    ed i finestrini eran
    chiusi
    Din don dan
    Erano le dieci
    ed i finestrini eran
    chiusi.
    Ora ora alle undici
    i finestrini si aprono.
    Din don dan
    alle undici
    i finestrini erano trasparenti.

  63. Emma Fenu
    accetto il regolamento
    Sezione A

    La Donna del Tempo

    Si nutre di latte e miele
    sotto lino ricamato di innocenza
    fra le labbra
    caldi capezzoli di balia senza sangue.
    Sorride di candide trine
    sotto veli tessuti di speranza
    fra le mani
    rose che ritraggono le spine.
    Canta melodie di seta d’oriente
    sotto drappi tinti di orgoglio
    fra le braccia
    carne d’angelo e chioma di piume.
    Piange lacrime di pizzo corvino
    sotto pieghe cucite di sapienza
    fra i capelli
    nodi bianchi memento dei giorni.
    La Storia è femmina
    Figlia, Sposa, Madre e Vedova
    del Tempo maschio.
    Emma Fenu

  64. Pierluigi Assola
    Accetto il regolamento, partecipo alla sezione A, poesia

    Mangiare bene

    Quando sono triste
    non so mai che fare
    se non mangiare bene.
    E’ la ricetta che mia nonna
    mi ha sempre detto
    fondamentale per la vita.
    Lo stomaco di rilassa
    la pelle si rilassa
    e anche la mente si rilassa.
    E’ una questione di tempo
    e devo solo scegliere che cosa mangiare.
    In genere apro il frigo
    per poter scegliere
    ma altre volte trovo
    anche nella credenza.
    E’ solo una questione di tempo.

  65. Il tempo
    Non rincorrere il tempo che mai raggiungerai,
    ma fermati ad osservar le stelle quando è notte
    e ammira la luna che coccolando il mare
    aspetta il sole per farsi carezzare.
    Non pensare a ciò che potresti avere
    ma gioisci dell’immensità della natura.
    Non sfidare il tempo che non potrai mai vincere,
    ma usalo senza mai sprecarne
    e mostra agli arrivisti il suo valore.
    Cogli l’attimo per gioir d’amore,
    ma esulta anche dell’emotivo istante
    e immagina la dolcezza
    anche assaporando il pianto.
    Usa il tempo per volerti bene e non odiare mai,
    se lo facessi, lo sprecheresti invano.
    Dal tempo riceverai saggezza per te stesso,
    e per donar qualcosa a chi ci crede ancora.
    Non rincorrere il tempo, fermati, osserva la natura,
    stupisciti di ciò che ti circonda e semina speranza
    affinché l’amore rinasca in ogni cuore.
    Ammira l’immenso che hai davanti a te,
    la bontà che hai nel cuore e il fascino dell’anima,
    ma se non dovessi percepirne la bellezza,
    cerca ancora: sarà nel guscio che ti porti appresso
    che troverai te stesso e la volontà di vivere la vita
    come un fiore che ti sboccia fra le mani
    regalandoti il tempo di gioire ad ogni aurora
    che profumerà ancora di vita e d’amore.

    Partecipo alla sezione (A) e accetto il regolamento in tutte le sue parti.

  66. fabbricando sogni
    che si specchiano
    verdi prati
    e ancora verde
    fabbricando visioni
    di altre terre
    farfalle che si incoraggiano
    madide di sudore
    rovi senza spine
    e città senza palazzi
    c’era un tempo
    lontano
    da ciò che ricordi
    e che rivive ogni giorno
    in una goccia di rugiada
    la creazione dell’acqua
    nella notte senza stelle

    Maria Teresa Angioi
    accetto il regolamento
    partecipo alla sezione A

  67. Nella notte in una casa lontana incontrai una vecchia che mi incoraggiò ad iniziare a studiare geologia. Non avevo mai pensato alla composizione e solo quell’incontro fu per me decisivo per gli inizi dei miei studi. Dal nero mi portai sul bianco e poi al rosso. Ci fu, ricordo, una cometa blu che mi guidò la via quando persi la fermezza dai miei studi. Ci fu quella notte una luce che nacque da me medesima e che si manifestò da Dio per la mia preghiera devota.
    La vecchia mi aveva predetto la luce ma non potevo immaginare la forza di visione, né avevo capito le parole della donna.
    Dopo tre anni di studi fui impressionata dalla vastità dell’argomento e abbandonai ogni altra via.
    Che sia stato un male o un bene ancora non so. Ma di sicuro sono mutata molto nel mio pensiero e devo solo ringraziare quell’incontro casuale che ancor mi chiedo: ma è stato un caso?

    Maria Teresa Angioi
    accetto il regolamento
    partecipo alla sezione B

  68. Disimparare il Tempo
    Il tempo va avanti
    ed io con la mia lista
    di ricordi
    scrivo parole
    per disintossicarmi
    dai sogni
    o forse
    per confondermi
    ed ingannarmi
    Dovrei disimparare tutto
    ecco quello che dovrei fare
    per diventare invisibile
    al mondo
    e ritornare visibile
    a me stesso
    Delimitare i contorni
    della nostra solitudine
    non ci salverà
    dall’intolleranza riflessa
    o dall’alchimia
    delle idee curve.

    Accetto il regolamento. sez. A

  69. L’albero del tempo

    Un giorno fatto di giorni… la mia vita, un tempo dove tutto inizia, un tempo dove tutto finisce e, dentro al tempo sorseggia un respiro, d’alabastro e sandalo, incenso e fiato e l’alba rossa partorisce il sogno… mastico i ricordi con un cuore che tutto digerisce, tranne le lacrime dei mediocri amori. Soffia il vento grigio dell’autunno, ascolto il ticchettio del rosso orologio, sento il respiro della paura, mentre corro nel buio braccato dalla pantera…l’alba di un nuovo giorno, ad altri giorni uguale, nelle strade la nebbia avvolge i respiri, le avare parole assonnate, i passi frettolosi, i freddolosi fiati…uuuee…l’urlo meccanico strapazza un pallido sole…la fabbrica apre i cancelli, …………………….

    … un ingorgo, di anime e lamiere.

    … Ho impaginato il tempo nel libro dei ricordi, le pagine ingiallite racchiudono l’autunno dei miei disingannati anni, ho mascherato i giorni fra gioie e delusioni, ho ingannato la vita, nascondendomi… fuggito gli amori, deludendoli… ho imparato a difendermi, annoiandomi. C’è una foglia nel bosco ingiallita, sciupata, sgualcita dal tempo, sfibrata… è la mia età ingannata, la coscienza impallidita, l’anima stuprata… troppe volte dalla vita. Quando ero ragazzino, amavo il primaverile sole, mi entusiasmava nell’estivo oziare il ronzante volo del calabrone… ora mi addentro nelle stagioni uggiose, dove cadono le foglie e il giorno si fa breve… e nel rilevare un’assenza, mi accorgo come a cambiarci non sia il tempo trascorso, ma il non averlo vissuto per tempo. Prendi un giorno, una data di un calendario inventato, riempilo di ricordi, immaginari dettagli, poi lascia libero il cuore d’innamorarsi ancora, siediti in un prato nevoso e aspetta in silenzio la prima rondine in primavera… spoglia un fiore per conoscere ad ogni petalo lasciato cadere, se il suo è vero amore… osserva la vita attorno a te, i piccoli insetti, la loro frenetica esistenza… ascolta il vento nel suo rincorrersi fra colline e pianure, scandisci un nome quando la brezza ti sfiorerà la pelle, così che per sempre possa volare il tuo sogno d’amore.
    Il camuso naso della notte imbavaglia gli sguardi della vita, rassomiglia delle voci il sussurrare, intorpidisce l’anima, quiescenza sottile del tempo sulle cose.

    Sai dirmi dove inizia la finzione di vivere ogni giorno per il giorno che viene? Noi siamo ricchi di vecchie falsità e poveri di ciò che non sarà… Questa vita ci consuma lentamente tutti i giorni un poco, per malinconia di un sogno, un viso, un bacio, un sorriso, una canzone, un cielo, un prato…ricordi…ricordi…ricordi…Ricordo la biancheria stesa ad asciugare, l’odore dei pomodorini sotto il sole ad essiccare… ricordo mia madre intonare sussurrando una strofa di chissà quale canzone d’amore… ricordo mio padre parlarmi della vita, per regalarmi giocando la profonda saggezza del suo cuore operaio… ricordo un treno fermo, ad una piccola stazione e noi giovani alunni di paese sempre assonnati, infreddoliti e svogliati in quei mattini di brina e prime sigarette… una birra, una stecca, un bigliardo, ecco la vita che si perde nel ricordo di uno sguardo… poi ricordo un treno che ora… ora non sbuffa più, nella caldaia ha la ruggine al posto del carbone… i viaggiatori stanchi vorrebbero partire, senza andare, vorrebbero restare e intanto viaggiare. Così è la vita, ferma nel suo fluire… compare una ruga dentro lo specchio e ti fa più vecchio… piccolo mio, un vecchio acrobata fra le mestizie del tempo immobile, geometria astratta, impalpabile come i ricordi, piccoli sogni che ci portiamo dentro.

    I giorni della pioggia sui vetri, malinconici come un addio, riposano assopiti, nel fluttuare dei sogni.. gli arcaici dubbi gli arenosi sentimenti dell’argivo uomo di teatro…”essere o non essere”… Resta la notte con le sue voci, silenzi fragili, rumori acuti, leggeri passi di felina natura, uomini soli avvolti dall’ombra della loro sconosciuta paura… a volte vorrei essere il vento, quel suo turbinare che ogni cosa travolge, lasciandola uguale. Credi che sia facile invecchiare così, coi dubbi e le inquietudini di un giovane bohemié, tra sogni spesso inutili e sfortunati amori, complicati e stupidi che l’anima scompensano prima ancora del cuore, nel gioco caleidoscopico di luci e di colori, fra l’ombra densa della notte e dell’alba il fragore, nell’annunciare un giorno nuovo non c‘è pietà per il giorno che muore.
    L’albero su cui mi nascondevo, quando mi sentivo troppo solo e il mondo attorno a me era cattivo…l’albero su cui ho scritto “ti amo” ferendo la sua pelle di castagno… col piccolo coltello incidevo il tatuaggio di un cuore già sfibrato. L’albero che poi hanno tagliato e per un inverno intero ci ha riscaldato e, fra le tante legne, quel cuore ha bruciato…………….

    Nel cerchio dei concili
    lungo le ruote magiche
    nell’alba del sole d’Inverno
    l’uomo di Penokee ascolta
    la mutevole voce del vento
    oltrepassare il valico, guarda
    zampillare la luce del giorno

    Non evitarmi se le mie mani ti cercano, se i miei occhi ti chiedono parole che non hai, se i miei passi ti seguono senza fretta… non disprezzarmi senza conoscermi, non odiarmi se prima non mi hai almeno amato un pò… chi non ha lacrime non ha cuore. I fiori e le foglie si stringono e s’intendono, una scarpa di seta corre nella pioggia… come un richiamo dal cielo i miei pensieri raggiungono l’orizzonte… altri pensieri verranno a sedere qui su questa sedia di paglia e ferro, altri occhi vedranno, quando la luce serale scorderà quelli come me che tanto l’amarono… nessun singhiozzo farà echeggiare il nostro amore e le nostre finestre saranno spente… in altri occhi si specchierà questo cielo d’autunno… le soffici nuvole, le voci… altre voci canteranno, altri cuori piangeranno lacrime di rabbia e d’amore… tutto sarà consumato, tutto sarà perdonato… mentre il bosco e i suoi silenzi, la campagna e i suoi rumori, la pioggia, il vento, il sole, la linea dell’orizzonte… attraverseranno altri sogni dentro gli infiniti attimi polverizzati fra le pieghe del tempo…forse un giorno per nuovi amici manterrà Dio, quella sua promessa di felicità.

    accetto il regolamento Sez.B

  70. Accetto il regolamento – partecipo alla sezione A

    Mare

    Scogliera blu
    Acqua rossa
    Il tempo non si muove
    Un gabbiano osserva
    Nuvole bianche
    Un granchio sulla riva
    si muove al contrario
    come uno specchio antico

    Scogliera blu
    Acqua verde
    Il tempo si muove
    Il granchio ora dorme
    Il gabbiano vola
    in cerca di cibo.

    Scogliera blu
    Acqua gialla
    Io sulla panchina
    immagino riflessi
    che mai vidi.

  71. Accetto il regolamento – partecipo alla sezione B

    Addio

    Era il 5 maggio del 1880, Lucy stava come ogni sera davanti al pub ad aspettare che qualche buon signorotto le leggesse in faccia il suo bisogno di denaro. Concedeva il suo corpo talvolta solo per pochi penny, concedeva il suo corpo per quel malessere allo stomaco che prendeva il nome di fame. La madre vendeva all’angolo qualche fiore, era complici, mandava talvolta i giovanotti che comperavano un mazzo di rose per le fidanzate dalla figlia.
    Lucy, il padre non lo aveva mai conosciuto. Era un marinaio, partì quando la madre rimase incinta. Quelle storie inglesi che struggono il cuore. La madre non cercò mai nessun altro uomo, le bastava sua figlia, un vero miracolo.
    Alle 23, il pub chiudeva ed i signorotti uscivano gonfi di birra e di desideri carnali che poco potevano soddisfare a causa dell’eccesso di bevuta. Ma per noia o per vezzo si accontentavano di quella giovinetta e le proponevano qualche soldo per qualche bacio.
    Erano tempi in cui un sorriso poteva aiutare tanti, erano tempi in cui il tempo valeva quanto lo sterco.

  72. Acqua e tempo.
    Rabdomanti in cerca di vene
    profonde viviamo d’acqua e di tempo.
    E’ scavo ossessivo già persi
    a sondare dove porti la trama
    di rivoli sparsi, di giorni
    affastellati. Affogati di attese
    ci coglie improvvisa la meta
    evaporati come l’acqua e il tempo.

    Accetto il regolamento – partecipo alla sezione A

  73. Irma Gazzotti
    Partecipo alla sezione A, poesia. Accetto il regolamento

    Esaltazione del tempo

    Riversa
    versa
    la spuma
    nel bicchiere
    di vetro.

    Incolore
    blu senza candidi
    e rose
    ad imbiancare
    lo sguardo.

    L’esaltazione del tempo
    come clessidra
    senza sabbia
    che smuove
    e muove
    il ricordo
    di chi ha voluto afferrare
    l’amore
    e non il dolore.

    Granello
    al vento.

  74. Irma Gazzotti
    Partecipo alla sezione B, racconto breve. Accetto il regolamento

    Dell’istante non compreso

    Amalia ed Oscar erano due bambini che vivevano in una prateria di colori danzanti. La loro conoscenza del mondo non prevedeva la suddivisione della settimana in sette giorni, nulla era stato loro insegnato se non la bellezza della natura e della vita. Era sempre Sole ed era sempre Luna. Erano stelle la notte quando puntavano le dita verso l’alto cercando di comprendere cosa ci facevano quelle luci là in alto e come si potessero accendere.
    Una mattina, accanto alla loro tenuta, arrivò uno straniero in groppa ad un cavallo, con sé portava una sacca di libri polverosi e dalle molte pagine. Uno di questi libri aveva come titolo: “Dell’istante non compreso”. L’uomo si fermò nei pressi del cancelletto della loro modesta casa e chiese di poter entrare, aveva sete e fame, si sarebbe accontentato di acqua e pane.
    Amalia ed Oscar, che di persone ne vedevano assai poche, corsero in casa a chiedere il permesso al padre. Il viandante fu accolto con le dovute precauzioni e lasciò loro in cambio il libro. I due bambini non avevano mai visto un libro e chiesero al padre cosa fosse quell’oggetto. Il padre si stranii, ma ormai doveva proprio raccontare ai suoi due figli qualcosa del mondo al di fuori della tenuta ed iniziò a leggere il contenuto del libro, totalmente ignaro della pericolosità di quelle pagine.
    “C’era una volta il tempo, c’era una volta l’uomo e la donna, c’era una volta Dio e la Natura. C’ero una volta io che spezzai il Mondo in quattro parti così da dividere gli elementi in ampolle riflettenti mercurio. C’era una volta un saggio che mi aiutò di domenica a rammentare tutto ciò che mi accadde poi…”
    Amalia incuriosita chiese subito al padre: cos’è domenica?
    Ma il padre chiuse il libro e lo ripose sopra il caminetto: Amalia, tesoro, sono cose da grandi, lo saprai più avanti, ora vai a guardare la rosa fiorire.
    Ma Amalia non smetteva di pensare a quelle parole di cui non aveva conoscenza e dopo alcuni giorni prese il libro scoprendone anche delle illustrazioni.
    Non capii il significato di domenica ma iniziò a fantasticare sul mondo degli altri al di là della prateria e così decise di iniziare un cammino che la portò lontana dalla famiglia.
    Non tornò mai più a casa.

  75. Profumo di rose
    ti guardo senza fiato
    Tempo d’amore.

    Haiku

    Sez A
    Accetto il regolamento

  76. Accetto il Regolamento.

    Sezione B: racconti
    Autrice: Samanta Berruti
    Titolo: ASSOLUZIONE
    Wordcount: 995 parole

    Tic toc. Tic toc.
    Il tempo, ormai, gli scorreva davanti senza che lui se ne curasse. Non fosse stato per il tabellone degli arrivi, non avrebbe nemmeno saputo che giorno fosse. Quando era bambino, le giornate erano scandite dai pasti: colazione pranzo e cena, ai suoi occhi, servivano a suddividere le giornate in mattina, pomeriggio e sera. Una volta divenuto grande a sufficienza, la scuola lo avrebbe, poi, aiutato a distinguere i giorni festivi da quelli feriali: la domenica era fatta per giocare, il lunedì per far di conto. Da quando si trovava lì, bloccato in un limbo fatto di mense, stazioni e panchine, il passare delle ore nemmeno gli interessava. Quella marea di istanti tutti uguali gli scorreva davanti agli occhi e lui, immobile e impotente, ne osservava silenzioso il fluire.
    Tic toc. Tic toc.
    Strizzò un poco gli occhi e lesse la data, una serie di numeri bianchi che parevano farsi beffe di lui: era il 15 marzo 2018. Con un sussulto, si rese conto che quel giorno, quelle ventiquattro ore identiche alle precedenti e, con ogni buona probabilità, anche alle successive, era il compleanno della sua piccola Anna. La meravigliosa principessina alla quale era stato costretto, senza ricorso alcuno, a dire addio, quel giorno compiva trentadue anni. Il suo piccolo angelo era cresciuto, realizzò, senza che gli fosse concesso di vederla diventare donna.
    Tic toc. Tic toc.
    Il lento ma inesorabile declino di un’esistenza altrimenti ordinaria aveva avuto inizio poco dopo il divorzio. Senza le cure di sua moglie e l’affetto della sua bambina, Marco, che ormai tutti chiamavano sacco di merda pezzente o straccione, aveva iniziato a bere. La consolazione offertagli dalla bottiglia, in ogni caso, non era altro che un misero placebo. Aveva un retrogusto amaro, mentre gli scendeva in gola, e gli bruciava lo stomaco, invece di scaldargli il cuore. In una manciata di mesi, tutto era crollato: aveva perso famiglia, lavoro e casa. In pochi giorni, si era ritrovato a chiedere ospitalità in un dormitorio della Caritas e, da quel momento, la sua vita si era trasformata in una spirale fatta di paura, disprezzo, violenza e solitudine.
    Tic toc. Tic toc.
    La prima notte trascorsa all’addiaccio, senza nemmeno la consolazione di un tetto sulla testa, non chiuse occhio. Faceva freddo, nonostante l’inverno non fosse ancora arrivato, e la paura di essere aggredito lo aveva tenuto sveglio sino all’alba. Aveva scelto di rannicchiarsi su una panchina della sala d’aspetto della stazione, sperando che nessuno gli rubasse quel poco che, ancora, teneva con sé. Avvolto nel sacco a pelo acquistato con gli ultimi soldi rimasti, Marco aveva chiuso gli occhi e sperato di addormentarsi presto, incapace di sopportare oltre la realtà alla quale era stato condannato. Rimase così per un paio d’ore, immobile e in silenzio. L’urlo disperato di un’anziana signora, coperta a malapena da vestiti ormai consumati, lo fece scattare in piedi.
    “La mia coperta! Mi hanno rubato la coperta!”, lamentò questa, cercando invano di trattenere le lacrime e di celare la vergogna.
    Le diede il proprio sacco a pelo, lei gli offrì un morso della propria brioche scaduta e, da quel momento, Marco e la vecchia Maria divennero amici. Entrambi reietti, disperati, rifiutati persino da coloro che avrebbero dovuto amarli, i due presero a tenersi d’occhio a vicenda e, in quelle circostanze disperate, a volersi bene.
    Tic toc. Tic toc.
    Una volta, anni prima, vide la propria ex moglie salire su un Frecciarossa diretto a Roma. In preda al panico, l’uomo lasciò le proprie cose in un angolo e uscì dalla stazione di corsa, rischiando di essere investito da uno dei tanti autobus diretti all’aeroporto. Non doveva sapere. Non doveva assolutamente vederlo.
    Quando, qualche ora dopo, tornò a recuperare le proprie cose, Maria lo rimproverò con l’aria sollevata di chi, ormai, era abituato a pensare al peggio.
    “La prossima volta avverti. Pensavamo ti avessero ammazzato”.
    Lo scappellotto che gli riservò parve essere il suo modo di dirgli: “Bentornato”.
    Tic toc. Tic toc.
    Sarebbe morta un paio di anni dopo, Maria. La trovò lui, avvolta nel sacco a pelo che le aveva regalato, stretta ad un orso di pezza trovato chissà dove. Disperato, aveva iniziato a scuoterla, spingerla, chiamarla. Fu tutto inutile. Se ne era andata, lasciando un mondo che non l’aveva voluta a sufficienza da proteggerla, abbandonando una terra che le aveva gravato, pesante, sulle spalle.
    Si era ripreso il sacco a pelo, Marco. Con fare persino famelico, l’uomo ne aveva afferrato i bordi e, non contento, vi aveva avvolto l’animale di pezza che l’anziana donna stringeva al petto. Una volta avvertita la polizia ferroviaria e portata via la salma, quei due oggetti furono tutto ciò che gli rimase di Maria.
    Tic toc. Tic toc.
    Frugando nelle tasche ormai scucite, Marco trovò una monetina. Si trattava, con ogni buona probabilità, del regalo di uno studente squattrinato che, nei suoi occhi stanchi e rassegnati, vedeva il riflesso di se stesso. Soppesò il tondino di metallo, facendoselo scorrere tra le dita. Avrebbe potuto comprarsi qualcosa da mangiare oppure un caffè, con quei pochi spiccioli. Alternativamente, avrebbe potuto dare un colpo deciso alla ruota del destino e sperare. Con un sospiro, si rese conto di non sapere più nemmeno in cosa, esattamente, avrebbe potuto riporre la propria speranza.
    Le parole di Maria, improvvisamente, gli tornarono in mente.
    “Fallo e basta. A non rischiare, si rischia solo di morire prima”.
    Si alzò dalla panchina sulla quale era rannicchiato, prima di muoversi a passi lenti ma decisi verso la cabina telefonica. Infilò la moneta da un euro, per poi digitare un numero che, dopo anni passati a recitarlo come un mantra, conosceva a memoria. Risposero al secondo squillo.
    “Pronto”.
    In quel momento, nonostante i dolori, la tristezza, la paura e il rimorso, Marco provò un sollievo profondo, quasi primordiale. In qualche modo, pur non credendo più a nulla, si sentì assolto. L’uomo si aggrappò al telefono, prima di sussurrare.
    “Anna… la mia piccola Anna! Auguri, piccina mia”.
    Pianse.

    “Orribil furon li peccati miei;
    ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
    che prende ciò che si rivolge a lei”
    (Dante Alighieri)

  77. Accetto il regolamento
    Sezione A-Poesia
    Angelo

    Albe chiare ,tacite promesse.

    In discesa
    tra scale e rovi
    impigliati sono
    gli schiaffi veloci
    d’un temporale,
    non fanno male,
    son dita leggere
    come piume d’aria
    che scivolano
    sulle mie, sulle tue
    guance accalorate.
    Se fossero schiaffi
    d’una mano lesta,
    li addolcirei tenero
    con occhi lucidi
    d’un pianto serio,
    corromperei le iridi
    ad asciugar le lacrime
    sulle tue ciglia.
    Se fossero schiaffi
    d’amore vero,
    li coglierei a mazzi
    come fulgidi narcisi.
    Li adagerei sul viso
    con timido tremore,
    schiaffi d’amore vero,
    senza cipiglio d’eroe,
    solo percosse del tempo,
    inanimato amante,
    per rinsaldare amore.
    Se fossero…
    li cangerei febbrile
    in albe chiare,
    tacite promesse.

  78. Accetto il regolamento
    Sez. A – Poesia

    Baobab

    Ti scorgo, creatura di fuoco
    appena forgiata
    da fiamme di spuma e di sale
    palpitante
    distesa lungo l’incerto confine
    del vizio e dell’amore:
    nelle tue labbra
    riluce il tintinnio obliquo
    d’un sogno da vivere
    irresistibile ed urgente:
    il tuo sorriso felice
    è la follia dell’eterno
    che scombussola
    improvvisamente
    e le sfilacciate onde del mare Oceano
    e le nubi a ricciolo del candido
    Cielo, figlio del Tempo
    e il cuore degli uomini
    e le radici del Baobab!

  79. Luca Mozziero

    ‘ Tempo d’amare ‘

    Quando è tempo d’amare
    gli uccelli volano leggiadri
    come buste al vento
    Io li guardo
    e penso a quanto sono
    fortunato nel vederli
    così felici
    E mi sento felice
    in questo tempo d’amare.
    Il cielo brilla
    e lo specchio non cade.

    accetto il rego,amento, partecipo alla sezione peosia

  80. Maria Serra
    (accetto il regolamento – sez. A)

    ASPETTANDO GODOT

    È solo un giorno
    non un’epifania
    non un risveglio.

    Lasciata cadere briciola sulla strada
    è tardi anche per morire.

    Resto qui ad aspettare
    sotto il melo di Eva
    l’albero di Giuda
    la croce di Cristo.

    Poi
    sarà ancora giorno.
    Un altro.

  81. Accetto il regolamento
    Sez. B- racconto
    Angelo

    Il tempo sogna?

    Il tempo sogna? O ci concede di sognare la realtà. Forse sogna e s’immedesima in chi sogna. Anch’esso crede di sognare…
    La sera arrivava come ogni sera, un galoppo delle ore che confondevano e illudevano, mentre il tempo passava e c’era solo una vittima. Sbagliava a credere d’essere padrone di uno spazio temporale in cui era piacevole rimandare il momento dello studio, e allora giocava a creare Ilio, Paride, Elena, Ettore, le alte mura, i guerrieri che dovevano difendere i re, gli uni contro gli altri a sprezzare la vita. Un sorriso della mente sgombrava il campo della battaglia e la mano correva a sfogliare libri e quaderni. Un’ora per tradurre le frasi di latino, di più per le frasi di greco, e poi italiano e geografia. Quella la lasciava per ultima e la luce accesa della lampada lo illuminava curvo a studiare di continenti, montagne e fiumi. E la notte violava la sua tristezza, la disperazione di non poter finire, di dover concludere poi a mezzanotte. Era un po’ come morire dentro a sapere che non si poteva essere capiti, come un naufrago che non trova le forze per salvarsi e rimanda gli sforzi alla nuova perfida onda. A letto la coscienza trovava riposo perché non era stata ingannata. La prossima sera avrebbe costretto il tempo a piegarsi al suo volere.Con l’innocenza di un’età che non sarebbe ritornata.
    Il tempo sogna? Lui sognava ad occhi aperti, eroe solitario di un’adolescenza confinata nei desideri di scardinare le porte del tempo, di rievocare gli amori impossibili dei comuni mortali o dei e semidei.Lui credeva che il tempo non frapponesse ostacoli all’idea ingenua d’ingannarlo, invece lo assecondava timoroso di destarlo dai sogni, lui incauto eroe che sconfiggeva le ore, ignaro del segreto del tempo.Uno sguardo fuori dai vetri a credere che qualcuno potesse sostituirsi a lui per evitare d’intristire come le prime ore della sera.Il tempo sogna? O inganna?

  82. Vito Coviello

    Sez. A

    Accetto il regolamento

    Quello che mi manca

    Quello che mi manca
    è l’azzurro di un cielo di primavera
    il colore dell’aurora all’alba o al tramonto.

    Quello che mi manca
    è il colore della neve
    il colore del mare in tempesta.

    Quello che mi manca
    è il colore dell’arcobaleno
    di un prato fiorito.

    Quello che mi manca
    è la luce del sole
    la luce delle stelle.

    Ma quello che mi manca
    in assoluto
    è la luce di quegli occhi
    grandi, dolci e belli
    che guardavano nei miei
    sorridendo innamorati.

    E quello che vorrei
    e come da sempre è stato stabilito
    è chiudere tra le tue braccia questi inutili occhi
    e ancora una volta
    vedere il sorriso dei tuoi occhi nei miei
    e portarlo con me in cielo.

  83. Tiziana Topa. Sezione B. Accetto il regolamento

    Verrà il tempo del perdono

    Da quanto tempo sono chiuso qui dentro? Settimane? Mesi? Forse di più…
    Ricordo il momento in cui sono venuti a prendermi. Mia moglie è impallidita. È scoppiata a piangere e i singhiozzi le impedivano di parlare. Ma il suo sguardo era così eloquente che valeva più di qualsiasi parola. E questa immagine mi tormenta ancora. Uno sguardo incredulo, un misto di sorpresa e orrore. Sembrava dirmi: «Tu chi sei? Come ho fatto a non sospettare niente? Come ho potuto dormire nel tuo stesso letto e non accorgermi che avevo accanto un mostro?».
    Questo aveva scritto in faccia Rosa quando i poliziotti mi hanno arrestato con l’accusa infamante di aver ucciso una donna.
    Due mesi prima, in un parco, era stato trovato un cadavere. Era una prostituta. Sì, è vero, la frequentavo. È vero: ho tradito mia moglie. E non una sola volta, no. La cosa è andata avanti per molti mesi. Per questo merito il suo disprezzo, ma non che mi creda un assassino. Perché io non ho ucciso quella donna, anche se le prove sono tutte contro di me. Quella maledetta sera ero proprio in quel parco insieme a lei. Le avevo dato appuntamento per dirle che non volevo continuare a vivere nella menzogna. Mia moglie mi aveva appena rivelato di essere incinta. Era il nostro primo figlio. L’altra però si era innamorata di me e minacciava di raccontare tutto a Rosa. Il nostro matrimonio sarebbe andato in pezzi e la mia immagine professionale sarebbe stata appannata dallo scandalo. Figuriamoci! L’avvocato di grido che tradisce la moglie con una prostituta. Ma, ripeto, non l’ho uccisa io! Certo, le celle telefoniche parlano chiaro e il mio Dna sul corpo di quella poveretta sembra inchiodarmi.
    E così eccomi qui, in questa prigione dove il tempo sembra non scorrere. Assomiglia a una massa informe in cui non riesco a distinguere né le ore né i giorni, raggomitolato come sono su me stesso.
    Un tempo quasi immoto che è il mio più agguerrito accusatore, che mi sbatte in faccia la mia condotta riprovevole.
    Un tempo che è uno psicologo meticoloso, il quale mi obbliga a guardarmi dentro e a pormi la domanda fatidica: cosa mi ha spinto a comportarmi in modo così dissoluto? Avevo tutto ciò che un uomo possa desiderare, eppure… E, pungolato da quello psicologo, mi rispondo che proprio quella vita dorata mi ha traviato. Mi sentivo onnipotente, tutto mi era lecito. O almeno così credevo.
    E nei momenti più bui, un tarlo si insinua nella mia mente e mi sussurra che, per una sorta di contrappasso, non uscirò mai più da qui. Allora mi sembra di impazzire.
    Ma poi torno a essere il guerriero che tutti conoscono in aula; vivo nell’attesa del processo, dove mi batterò per dimostrare la mia innocenza. E quando sarò libero, lotterò per riconquistare Rosa e vivere con nostro figlio.
    Ci vorrà tempo, forse molto. Ma io so aspettare.

  84. Partecipo alla sez.A- Accetto il regolamento

    Tempus fugit

    Batte il tempo
    il suo tempo inarrestabile.
    Non c’è sosta, non c’è pausa
    nel suo procedere diritto.
    Il passato non è più,
    il futuro non è ancora,
    il presente è già passato.
    Rompicapo per filosofi e scienziati,
    invenzione che dà senso alla caducità.
    Oh, Cronos, orologio delle nostre vite,
    quieto respiro delle galassie.
    Tempus fugit…

    Non ho colto i fiori del mio giardino,
    lascio che li scolori il sole,
    lascio che ne sparpagli il vento
    le corolle ormai avvizzite…

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