“Verso il mare della dimenticanza” di Iosif Aleksandrovič Brodskij: lui, lei, l’amore, la poesia e la solitudine

Di seguito si potrà leggere la poesia “Verso il mare della dimenticanza” di Iosif Aleksandrovič Brodskij e qualche riga di esplicazione.

“Verso il mare della dimenticanza”

Iosif Aleksandrovič Brodskij poesia Verso il mare della dimenticanza
Iosif Aleksandrovič Brodskij poesia Verso il mare della dimenticanza

Non è necessario che tu mi ascolti, non è importante che tu senta le mie parole,

no, non è importante, ma io ti scrivo lo stesso (eppure sapessi com’è strano, per me, scriverti di nuovo,

com’è bizzarro rivivere un addio…)

Ciao, sono io che entro nel tuo silenzio.

 

Che vuoi che sia se non potrai vedere come qui ritorna primavera

mentre un uccello scuro ricomincia a frequentare questi rami,

proprio quando il vento riappare tra i lampioni, sotto i quali passavi in solitudine.

Torna anche il giorno e con lui il silenzio del tuo amore.

 

Io sono qui, ancora a passare le ore in quel luogo chiaro che ti vide amare e soffrire…

 

Difendo in me il ricordo del tuo volto, così inquietamente vinto;

so bene quanto questo ti sia indifferente, e non per cattiveria, bensì solo per la tenerezza

della tua solitudine, per la tua coriacea fermezza,

per il tuo imbarazzo, per quella tua silenziosa gioventù che non perdona.

 

Tutto quello che valichi e rimuovi

tutto quello che lambisci e poi nascondi,

tutto quello che è stato e ancora è, tutto quello che cancellerai in un colpo

di sera, di mattina, d’inverno, d’estate o a primavera

o sugli spenti prati autunnali – tutto resterà sempre con me.

 

Io accolgo il tuo regalo, il tuo mai spedito, leggero regalo,

un semplice peccato rimosso che permette però alla mia vita di aprirsi in centinaia di varchi,

sull’amicizia che hai voluto concedermi

e che ti restituisco affinché tu non abbia a perderti.

 

Arrivederci, o magari addio.

Lìbrati, impossèssati del cielo con le ali del silenzio

oppure conquista, con il vascello dell’oblio, il vasto mare della dimenticanza.

 

Iosif Aleksandrovič Brodskij - Verso il mare della dimenticanza
Iosif Aleksandrovič Brodskij

Iosif Aleksandrovič Brodskij (Leningrado, 24 maggio 1940 – New York, 28 gennaio 1996), noto anche come Joseph Brodsky, è stato un poeta, saggista e drammaturgo russo naturalizzato statunitense.

La sua produzione letteraria è principalmente in lingua russa, i saggi critici sono invece in lingua inglese.

Perseguitato dalla censura russa, il 13 gennaio 1964 viene arrestato ed il 13 marzo condannato a cinque anni di lavori forzati in esilio nel distretto di Konoša. È stato reso pubblico uno stralcio del processo nel quale si comprende l’abisso tra giudice e poeta.

«Giudice: Qual è la sua professione?

Brodskij: Poeta, poeta e traduttore.

Giudice: E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti?

Brodskij: Nessuno. (senza sfida) E chi mi annovera nel genere umano?

Giudice: Avete studiato per questo?

Brodskij: Per cosa?

Giudice: Per essere un poeta! Non avete cercato di completare l’università dove preparano… dove insegnano…

Brodskij: Non pensavo… Io non pensavo che ci si arrivasse con l’istruzione

Giudice: E come?

Brodskij: Io penso che… (confuso) venga da Dio…

Giudice: Аvete richieste?

Brodskij: Vorrei sapere perché mi hanno arrestato

Giudice: Questa è una domanda non una richiesta

Brodskij: Allora non ho richieste.»

Nella lettera/lirica “Verso il mare della dimenticanza” Iosif Aleksandrovič Brodskij ricorda una donna (o, forse, la sua Anima, il daimon rivelato e rivelatore) che ha intensamente amato, si permette di disturbare in silenzio quel silenzio che li lega, perdendosi in un istante in cui furono uno.

Racconta di un’amicizia che gli è stata data, di un’apertura dello spirito, di un mondo infinito in cui può vivere in solitudine e rigoroso raccoglimento. È il silenzio il protagonista di questa lettera d’amore, è “il passare le ore in quel luogo chiaro” che la videro “amare e soffrire”. È difendere il ricordo del volto, della tenerezza, della lontananza.

La chiusura, un finale che non ha speranza e non per desolazione: “arrivederci, o magari addio”; un finale che guarda oltre spazio e tempo e che prospetta la visione del cielo o del mare come se, entrambe le prospettive, fossero sacre.

 

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