Future Film Festival 2017: Sezione Competition – “A Monster Calls” di J. A. Bayona – Anteprima nazionale

Bologna. In concorso al 19esimo FFF bolognese, Festival internazionale di cinema d’animazione e nuove tecnologie, si distingue un classico in partenza, fiore all’occhiello del sempre florido filone formativo.

A Monster Calls

Juan Antonio Bayona conferma la propria ponderatezza in cabina di regia dopo “The Orphanage” (2007) e “The Impossible” (2012), di più, con “A Monster Callsspicca il volo raggiungendo all’istante l’alta quota senza di lì più discenderne.

Il titolo con cui il film verrà presentato nelle sale italiane a partire dal 18 maggio, “7 minuti dopo la mezzanotte”, esplica con chiarezza la puntualità delle esperienze fuori dal comune che Conor (Lewis MacDougall), ragazzino “troppo grande per rimanere un bambino e troppo giovane per diventare un adulto”, si trova costretto ad affrontare.

Egli vive assieme alla giovane madre Lizzy (Felicity Jones), affetta da un male che la attanaglia da anni obbligandola a delegare le faccende domestiche al figlio; di contegno riservato, disinteressato alle lezioni che giungono ovattate al nostro orecchio come al suo, a scuola è preso di mira da un gruppetto di bulli, le cui sevizie incassa di giorno in giorno senza aprire bocca.

Di fronte la dimora in cui risiede, sempre più spesso frequentata dalla nonna (Sigourney Weaver), la quale nonostante si prenda amorevolmente cura della figlia resta invisa al nipote per il ruvido temperamento che la contraddistingue, si staglia una collina in cima alla quale svettano una chiesetta di campagna e un grosso tasso secolare, resi non di rado dal protagonista soggetti di disegni e acquerelli.

La predisposizione per le tecniche artistiche sono a insaputa di Conor un lascito di Lizzy e inizialmente si rivelano un rifugio sicuro dove sfuggire alle frustrazioni quotidiane; il destino ha in serbo però uno scopo ben superiore, dal momento in cui l’albero che l’infelice creatura è abituata a ritrarre si anima con l’intenzione di rapirla per porla con la forza di fronte le paure e gli incubi che non le lasciano scampo.

Lo sceneggiatore britannico Patrick Ness, adattando il proprio omonimo romanzo, concentra efficacemente la carica metaforica del percorso di crescita che intende illustrare in tre racconti più uno, i primi esposti dal gigante vegetale, mentre il secondo corrispondente alla dolorosissima verità che il fanciullo tenta in ogni modo di nascondere a se stesso.

A Monster Calls

In ciò sta uno dei prodigi realizzati nell’opera: rendere un’orripilante creatura in CGI non artefice di funamboliche imprese, di quelle che siamo abituati a riconoscere nei Transformers o magari, all’opposto, nel Grande Gigante Gentile spielberghiano, bensì essenzialmente voce narrante (e che voce, quella di Liam Neeson!) posta al comando di una torsione interpretativa difficilissima da amministrare.

Conor soffre tanto più quanto resta ancorato ad una limitata visione degli accadimenti che lo circondano e, di riflesso, ad un arrogante modo di porsi; l’intento del mostro non è tuttavia né quello di spaventare, né di soddisfare un insano desiderio di tormentare un’anima afflitta.

È come un demone, da intendersi nel significato di entità tramite fra umano e divino ed anche personificazione degli impeti terreni, una guida severa e al tempo stesso compassionevole alla maturazione necessaria dettata dalla privazione non solo imminente della figura materna, cui non è in grado di sopperire colei che lo è stata da molto prima (la nonna), ma anche ormai assodata di quella paterna (impersonata da Toby Kebbel), accondiscendente verso il bisogno di affetto del figlio e però ugualmente incapace di accarezzarne i reali punti nevralgici, di proporre l’etica del “felice e contento” in vece del “felice e incoerente”.

Bayona dal canto suo assurge ad acquisire un’abilità nell’esposizione sempre più raffinata, e in effetti sarebbe inopportuno nonché ingiusto soprassedere alle felicissime conquiste da storyteller mainstream: A Monster Calls” scava nell’intimo di personaggi e spettatori con la pazienza dell’acqua sulla roccia, giovando di un respiro complessivo d’invidiabile ordine formale, coeso nei propri sviluppi, amichevole nelle dissolvenze del montaggio che ben accoppia mondo concreto, limbo intermedio e mondo fantasioso, abitato da sagome senza volto dalle movenze ipnotiche (e qui si capisce come in seno al FFF il titolo riesca del tutto congeniale nell’economia dell’evento).

A Monster Calls

Più il corso del dramma s’ingrossa, con maggior frequenza si ha l’occasione di scoprire i lati inediti dei caratteri, si tratti di Conor dapprima quieto e via via ribelle piuttosto che di Lizzy prigioniera di un accanimento terapeutico che la sciupa fino a sfigurarla (da notare che Felicity Jones possiede una bellezza fra le più candide della Hollywood contemporanea); fino all’apparizione, giusto una riga per segnalarlo, della leggendaria Geraldine Chaplin nei panni dell’ennesimo adulto caritatevole ma inaccessibile, la preside.

Sono 9 su 12 nomination i Premi Goya, fra cui quello vinto da Bayona davanti al Pedro Almodóvar di “Julieta” e all’Alberto Rodríguez di “Smoke & Mirrors”, a testimoniare come questa coproduzione fra la Spagna, gli Stati Uniti e il Regno Unito sia stata diffusamente intesa nel senso migliore.

Le viscere espressive riescono ad evitare costantemente la contaminazione coi patemi ricorrenti in presenza di tali generi, tant’è che nessuno sconto viene mai concesso ad alcuno: il tesoro celato fra gli scogli del lungo si scioglie nel cuore del pubblico con inconsueta naturalezza, forte di un carisma “comodo e agibile” che auspichiamo sappia riprodursi ed essere emulato in futuro.

 

Voto al film

 

 

 

Written by Raffaele Lazzaroni

 

 

Info

Sito Future Film Festival 2017

 

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