Contest di poesia e prosa “Il trono del padre” – partecipazione gratuita

“Complici gli studi liceali di filosofia e di scienze, l’interesse verso le nuove conquiste spaziali, ma anche l’antico influsso dei principi religiosi della madre, da lui tanto introitati nel tempo lontano della prima comunione, Fausto si avventurava spesso, sempre nel solito terrazzino dove studiava, lungo tortuosi percorsi che desideravano disvelare i destini del mondo e i misteri dell’uomo. Cominciò dai concetti di “illusione” e di “impermanenza”.”Il trono del padre – (L’innocenza)

Contest Il trono del padre

Regolamento:

1. Il Contest letterario gratuito di prosa e poesia “Il trono del padre” è promosso dalla web-magazine Oubliette Magazine e dall’autore Massimo Pinto. Il Contest letterario è riservata ai maggiori di 16 anni.

Il Contest è gratuito. Il tema è libero.

 

2. Articolato in 2 sezioni:

A. Short Story in 200 parole (un racconto breve avente come limite massimo di partecipazione 200 parole, e come limite minimo 30 parole)

B. Poesia (limite 80 versi)

 

3. Per la sezione A si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo di scrivere la short story in un documento word e cliccare in alto Revisione, e Conteggio parole in alto a sinistra.

Per la sezione B si partecipa inserendo la propria poesia sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con poesie edite ed inedite.

Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email ma nel modo sopra indicato.

Ogni concorrente può partecipare in entrambe le sezioni e con una sola opera per sezione.

 

4. Premio:

Il trono del padre – (L’innocenza)

N° 1 copia del romanzo “Il trono del padre – (L’innocenza)”, di Massimo Pinto, edita dalla casa editrice Bastogi Libri.

Saranno premiati i primi tre classificati della sezione A, ed i primi due classificati della sezione B.

 

5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 29 aprile 2017 a mezzanotte.

 

6.  Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta da:

Alessia Mocci (Editor in Chief)

Massimo Pinto (Scrittore)

Emma Fenu (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)

Katia Debora Melis (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)

Elisa Longo (Collaboratrice Oubliette)

Carina Spurio (Poetessa e Collaboratrice Oubliette)

Marzia Carocci (Poetessa e Collaboratrice Oubliette)

 

7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.

 

8. Si esortano i concorrenti per un invio sollecito senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.

 

9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione per email: oubliettemagazine@hotmail.it indicando nell’oggetto “Info Contest” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando), in alternativa all’email si può comunicare attraverso la pagina fan di Facebook:

https://www.facebook.com/OublietteMagazin

 

10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email tutte le notifiche con le nuove poesie e racconti brevi partecipanti al Contest Letterario; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.

 

11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.

 

BUONA PARTECIPAZIONE E BUONA LETTURA DELLE OPERE PARTECIPANTI!!!

92 pensieri su “Contest di poesia e prosa “Il trono del padre” – partecipazione gratuita

  1. E’ SERA

    Quante stelle in cielo, ma non si vedono.
    Quanto bagliore in quella luna, che non c’è.
    Quanto bianco fumeggia nel vuoto
    trasformando il suo alito
    in leggera brezza notturna.
    E tutto tace
    è sera…
    E’ la breccia che s’apre
    per offrire un po’ di compagnia.
    E’ una tazza di caffè
    a quell’uniforme buia e silenziosa.
    E’ sera nel tempo
    è sera nel cuore,
    è sera in me…
    Ma domani sarà giorno,
    domani
    sarà luce!

    Sezione B Poesia – accetto il Regolamento
    Ines Zanotti

  2. Daniela Giorgini – Sezione B Poesia – Accetto il regolamento

    Informe e conforme

    Ingobbita, zoppa, deforme,
    sotto il peso della vita.
    Ho desideri e sogni
    che cercano di mantenere
    dritto il cuore,
    ma tutto ciò che è
    fuori da me
    mi fa deviare.
    Cerco uno specchio,
    ma non mi trovo.
    Vedo solo gli altri e so
    di essere lì,
    da qualche parte.

    Informe e conforme.

  3. Wolfgang Pili – sezione B poesia – accetto il regolamento

    Metamorfosi di felicità

    Cummenti
    funt
    is pisittus
    candu
    pappant mera?
    Perdingianus
    prenus.

  4. Enrico James Scano – Sez. A SHORT STORY – Accetto il regolamento del concorso.

    Titolo: PROFUMO

    Ho sentito il tuo profumo, questa mattina. L’ho avvertito forte quando ho affondato il viso nell’asciugamano fresco di bucato. Odorava di buono, di tempi felici, di sole e di mare. Sapeva delle nostre lunghe passeggiate in campagna. Aveva il gusto vivace di menta e limone, i tuoi preferiti. Aveva la leggerezza di questo cielo azzurro che è arrivato con la primavera, di questa luce nuova che mi circonda. Tutto sapeva di te oggi, perfino la voce della gente, il miagolio di un gatto, le lettere sul frigo e i clacson delle auto. Le fresie che ho nel vaso sono tornate a sbocciare, ancora una volta in tua assenza ma è chiara la tua impronta. I rami dei nostri alberi mi salutano ogniqualvolta questa brezza li attraversa. Non puoi essere che tu e ancora tu, sempre tu con noi, anima guardiana delle nostre anime. Mi addormento così, col tuo profumo, fuori e dentro di me. Mi sorridi da una mensola ma so che sei qui, accanto a me. Ne sono certo, staremo di nuovo assieme nei miei sogni, questa notte.

    EJS

  5. È nata…

    Eccoti, finalmente sei nata,
    in una fredda serata d’autunno, scaldandomi il cuore d’amore e tenerezza infinite.
    Le tue manine minuscole s’aggrappano
    al camice bianco che ti adagia piano sul seno materno: il tuo primo contatto alla vita.
    Proteggerti dal mondo è il mio primo pensiero, allontanare qualsiasi paura dai tuoi occhi innocenti e comprendere il tuo pianto in ogni momento.
    Quando non sarò insieme a te, ti sarò vicina ugualmente, con il cuore e il pensiero.
    Benvenuta!

    Accetto il regolamento. Sezione B – poesia

    Fernanda Raineri

  6. Silvano Calzini – Sezione A Short Story – Accetto il regolamento del concorso

    Anni fa, per ragioni imperscrutabili, un signore molto piccolo di Salò si trovò ad avere contemporaneamente una 500 Fiat e una morosa altissima. Per fortuna aveva il tettuccio apribile (la 500 non la morosa), così d’estate il signore molto piccolo di Salò e la morosa altissima lo aprivano, guardavano il cielo stellato ed erano felici. Poi arrivò l’autunno con le sue piogge, il tettuccio rimase chiuso e la 500 cominciò ad andare stretta (più alla morosa altissima a causa della lunghezza delle sue gambe che al signore molto piccolo di Salò per la verità). Pensa qui, pensa là, il signore molto piccolo di Salò immaginò persino di tagliare le gambe alla morosa altissima, ma sarebbe stato un peccato. Pensa qui, pensa là finì che i due non si videro più.
    Anni dopo il signore molto piccolo di Salò venne a sapere che la morosa altissima aveva sposato un tizio con una macchina enorme e che se ne è sempre strafregato del cielo stellato. Oggi la morosa altissima è una bella signora affascinate ed elegante e che soprattutto si annoia a morte. Proprio come il signore molto piccolo di Salò. Il cielo stellato è sempre lì.

  7. Per amore della linfa

    Potevo dirti che non esistevo
    Ci avresti creduto perché l’estasi
    non è mai stata tangibile
    Ma ho finito col mostrarmi viva
    sulla tua terra
    per amore della linfa
    Poi ci ho messo la grazia
    per viaggiarti di spirito ancora più
    una sola con te
    Mai brillato così tanto
    in verità
    pur non vedendomi
    se non quando il tuo sguardo
    mi puntava dritta

    Accetto il regolamento. Sezione B – poesia
    Rita Stanzione

  8. Partecipo alla sezione B, poesia. Accetto il regolamento del bando.

    Cielo

    Stavamo distanti
    sulla Terra
    a guardare il cielo.
    I pensieri
    si elevavano nell’immenso
    celeste.
    Le emozioni ci esiliavano
    dalla vita comune.
    Le nuvole,
    disegni divini,
    crollavano in immagini
    a noi familiari.
    E solo il vento
    ci ricordava del corpo
    lambendoci i confini.
    Dalla terra
    il cielo pare senza tempo
    e lo spazio è senza confini.
    Ho scorto l’infinito.

  9. Partecipo alla sezione A, breve racconto. Accetto il regolamento.

    “Cielo”

    Io e lei ci siamo amati sin dal primo sguardo. Entrambi stavamo scrutando il cielo al parco, camminando senza tener conto della via o delle altre persone presenti. Ci sono fili invisibili che ci tengono stretti sin dalla nascita ma non sempre questi fili vengono percepiti.
    Non fu il nostro caso. Un attimo e poi l’amore giunse a noi.
    Son trascorsi tre anni da quell’incontro ed ancora i nostri occhi puntano in alto, ad osservare l’immenso che sovrasta le nostre teste, i nostri corpi. La nostra è una ricerca di infinito esterno, la nostra è semplicemente una ricerca.

  10. Paola Pittalis -Sez. A SHORT STORY – Accetto il regolamento del concorso. Conflitti (titolo) Ma gli eventi della vita sono imprevedibili e ad un certo punto ti trovi ad un bivio. E ti rendi conto che tutto quello in cui credevi è senza fondamenta e crolla. Quando attraversi la strada del dolore e non vedi via d’uscita, quando ti rendi conto che il tuo Dio non ascolta le tue preghiere ti senti sola, abbandonata al tuo destino. Ti fai mille domande e tutte rimangono senza risposta, sì perché non ci sarà mai una risposta al dolore che vedi negli occhi di un bimbo ammalato di tumore, non c’è una risposta al dolore che tocchi con mano quando lo vedi negli occhi di tuo figlio. Ed è allora che la rabbia esplode con tutta la sua violenza, una rabbia interiore, una rabbia che chiude lo stomaco e ti piega. Te la prendi con te stessa perché non riesci a proteggere tuo figlio, a difenderlo dal male e la tua impotenza ti svuota di linfa vitale lasciandoti l’amaro in bocca. La tua fede che fino ad allora pensavi fosse Invulnerabile vacilla.

  11. IL VIZIO

    Quando il vizio entra,
    tutta la vita lo adora
    e lo ricerca
    e lo assorbe
    e lo dilata
    e lo gode
    e lo ringrazia.

    Quando il vizio entra,
    mutando te stesso
    diventerà Natura,
    impadronendosi del “Passato”
    lo farà diventare tempo perso,
    di un futuro
    ammaestrato all’eterno suo ritorno.

    Quando il vizio entra,
    è difficile da ripudiare.

    Quando il vizio entra,
    le emozioni sono in suo nome.
    Quando il vizio entra.

    Sezione B Accetto il regolamento

  12. Marco Bertoli – Sezione A. Short Story – Accetto il regolamento del concorso.

    Sguardi
    Quanti sentimenti contrastanti sanno esprimere gli sguardi di una donna! Basta il solo ravvivarsi o affievolirsi delle fiamme che li animano ed ecco che appare la pazienza nei confronti di un bambino chiacchierone o l’insofferenza per un semaforo ostinato a non concedere il via libera. Il fastidio per un vaso che sgocciola dal terrazzo di sopra oppure il sollievo per la sufficienza conquistata nel compito in classe di matematica. La speranza che un’amicizia nasconda qualcosa di più profondo o la delusione per un colloquio di lavoro annullato. La tranquillità nell’ascoltare il complesso preferito o il nervosismo che accompagna l’attesa di una punizione. L’aggressività contro un impiegato lento a scrivere o la dolcezza verso un cucciolo abbandonato.
    Amore come quello di cui mi abbeveravo e saziavo e godevo sino a poco prima dell’altro ieri oppure… Odio ci si aspetterebbe a logica, invece fu di semplice e crudele indifferenza l’espressione che suggellò la morte del nostro rapporto.
    Adesso è un terrore di purezza cristallina che congela le sfumature viola delle tue iridi. Nelle mie, al contrario, so che trionfa il fulgore dell’onnipotenza divina.
    Assaporo ogni attimo mentre premo il grilletto.

  13. SAPERE DI TE

    Curioso sapere di te
    da due strisce decise, un rosso acceso
    su uno stick di plastica bianca
    cartina di tornasole, alchimia
    di non so quale imprevisto demiurgo.
    Sei attesa, radice di silenzio
    principio di ogni possibile giorno
    ma breve è la misura del tuo esistere
    già strappi istanti al corso del tuo tempo,
    oggi solo una fitta impercettibile
    poi trepido sfarfallio d’ecografo
    polline di fiato, quieta distanza
    che attimo su attimo si colma.
    Io ti crescerò battito su battito
    con la perizia attenta d’un orefice
    a mani nude ti consegnerò
    quell’ingombrante vita che pretendi.

    Non avere fretta di essere mondo
    nulla andrà perduto, ti tratterrò
    l’effimero d’un fiore
    l’angusto spazio d’una neve.
    Non avere fretta, qui tutto scalcia
    conoscerai astio, menzogne d’uomini
    impietoso linciaggio d’anni, tu
    fanne limo profondo di sapienza
    verità, come di provvida pioggia
    rettitudine e inalterato amore.

    Sezione B – accetto il regolamento del concorso
    Fabrizio Bregoli

  14. sez. B accetto il regolamento Tania Scavolini

    UN FILO D’ERBA SOLTANTO

    Un filo d’erba tra i sassi
    o al ciglio di una strada
    rinuncia al verde d’un prato
    nel rigoglio della primavera,
    standosene in disparte fiero
    come un albero maturo

    Un filo d’erba soltanto
    a creare primavera
    sull’asfalto della vita
    che passa e si consuma.

    Basta guardarlo un attimo
    che gli sorridi a denti stretti
    tra i capitomboli dell’animo
    al bivio tra forza e debolezza,
    tra rabbia e delusione…

    E stringi i pugni e attingi
    alla sua determinazione

    Di essere grande nella sua esiguità.

  15. LA COPERTA A SCACCHI ROSA E BLU

    Un sottopassaggio sporco che puzza di latrina, bottiglie dimenticate anche dall’ultimo sorso per sopravvivere. Cartoni che nascondono un fagotto a forma umana, avvoltolato in una coperta a scacchi rosa e blu.
    Ilaria anche questa mattina attraversa quel sottopassaggio e non può fare a meno di notarla.
    Quella coperta!
    Uguale alla sua che serve la sera a riscaldare lei e il fidanzato e che avvolge quell’amore al dolce riparo dal mondo esterno, una coperta quasi magica che capisce e conosce i loro reciproci umori, le loro reciproche attenzioni.
    Una riflessione colpisce profondamente la ragazza:
    “Ma che contraddizione è la vita?
    Due stesse coperte forse acquistate in quei negozi che si trovano ormai un po’ dappertutto: una però più fortunata, profumata di tenere promesse avvolge l’amore che nasce e si rinnova, l’altra puzzolente di emarginazione, avvolge la morte di un barbone nell’alba nascente di un ordinario giorno di città.”

    Tania Scavolini
    Sezione A accetto il regolamento

  16. Sez. B – accetto il regolamento

    Felice Serino
    Conosco le voci

    conosco le voci che muoiono
    agli angoli delle sere

    conosco le braccia appoggiate
    sui tavoli nel risucchio
    delle ore piccole
    l’aria densa e le luci
    che lacrimano fumo

    e lo sferragliare dell’ultimo tram
    la nebbia che mura le strade

    conosco
    i lampi intermittenti della mente
    i singulti che accompagnano
    quel salire pesante le scale
    la morsa che afferra e non sai
    risponderti se la vita ti scava

    e il freddo letto poi fuori
    dal tunnel
    un altro mattino

    per risorgere o morire

  17. Lodovico Ferrari – Sezione A – Accetto il regolamento

    Lei non sa cos’è il dolore.

    Lei non sa cos’è il dolore.
    Non è quel male cupo della solitudine, nemmeno la depressione per un amore finito. Quello passa com’è venuto, se ne va, lo si ricorda quasi con nostalgia, ma non è quello il dolore.
    Lei non sa.
    Il vero dolore scorre sotto la pelle, scivola sullo stomaco, striscia sulle circonvoluzioni del cervello.
    Non ne ricordi l’inizio, pare non avere fine. Il dolore è l’attesa, l’attesa di qualcosa che, forse, mai accadrà.
    È quello che ti bacia di notte e ti taglia il respiro. Che ti accompagna di giorno, tutto il giorno. E cerchi di velarlo di lavoro e di chiacchiere. Ma lui si attorciglia su di te come una serpe. Non ti morde, ma ti opprime. È quello che pensi di sciogliere con le lacrime, ma proprio di lacrime si disseta.
    A volte fa gridare, altre fissare il muro bianco per ore.
    È quello che maledici ogni singolo minuto e lui ride di te.
    No, lei non sa cos’è il dolore, signor dentista della ASL.
    Altrimenti non avrebbe fissato il mio appuntamento tra tre settimane.

  18. Anna Paola Lacatena- Sezione A Short story- accetto il regolamento del concorso

    Titolo: Apelle figlio… di Apollo
    Aveva cinque anni Enea il giorno che a suo padre diedero quarantasei giorni da scontare in carcere.
    La guerra fredda aveva inculcato nel padre la convinzione che ciò che apparteneva allo Stato era ricchezza da dividere tra il popolo.
    Era stato sorpreso a rubare poco meno di due chili di pesche da un’area sotto il controllo della Marina Militare.
    «Mamma! Dov’è papà?»
    Non doveva sapere Enea quale disgraziato fosse suo padre.
    È fuori per lavoro… Quale lavoro, però?! Giovanni faticava solo per riuscire a non fare nulla tutto il giorno.
    Tutto ciò che riuscì a dire fu: «Se fai il buono, stasera, ti porto dalla zia Maria a guardare la televisione.»
    Mentre assistevano con altre dieci persone a quello spettacolo storico, la donna ebbe un’idea.
    «Eccolo tuo padre!»
    Trasalì Enea.
    Si avvicinò allo schermo con scientifica curiosità, cercando di cogliere dettagli familiari in quell’uomo che si muoveva lento, infagottato in una tuta bianca.
    Rimosso a furor di popolo dalla zia Maria e riconsegnato nelle braccia della madre, il piccolo gridò cercando l’approvazione dei presenti: «È papà mio! È andato sulla luna! È nello spazio!»
    Sorrisero i presenti, sorrise per giorni Enea.
    Era il 20 luglio del 1969.

  19. Gabriella Pison sezione B- Accetto il presente regolamento

    MAREA

    Con pazienza ho accolto i miei anni
    la salsedine che divora speranze e sogni
    tutto appeso a un filo di fumo
    perché quando il tramonto lambisce i tuoi fianchi
    e i tuoi occhi si riempiono di fuoco
    a nulla serve la voglia di futuro
    l’amarcord di ciò che sei stato.
    Mi affido alla luna
    seducente custode della galassia
    offrendo scampo al profumo della paura
    all’incertezza del buio
    all’oscillare di un’altra me
    che si fa accarezzare dal vento e dagli aquiloni.
    La corrente vuol portarmi lontana
    ricoprirmi della sua schiuma che si arrende alla marea
    il passato rimbomba nel mio sangue
    nei miei mostri marini
    rosario di notti e giorni affacciata alla vita.
    Non so cosa mi aspetti oltre l’orizzonte.
    E intanto l’onda lambisce il mio cuore da bambina.

  20. Un uccellino sbatte le ali contro le grate della sua bella gabbia dorata. Stringe le zampe contro il freddo metallo, ed urla.
    La gente gli gironzola attorno e non sa far altro che dire- ” Ma di cosa si lamenterà mai questo uccelino? Ha una bella dimora e del cibo. Dovrebbe ringraziare di non ritrovarsi all’aperto, di morir di fare. Che ingrato!”
    Dovrei ringraziare il cibo che mi viene lanciato e poi rinfacciato dalla donna che mi costringe a reprimere i miei istinti. Mi tappa la bocca, quando mi ribello, mi lega le zampe.
    Ancora l’uccellino urla di dolore. Il cuore è straziato dal pensiero che lo ha appena attraversato. Sbatte ancora una volta le ali contro le sbarre, fino a quando il buio non lo pervade. Di nuovo, gli hanno accecato la vista con una stuoia.- ” Così la smette quella bestiaccia di cantare.”
    Non sto cantanto! Sto urlando! Come fate a non capirlo?
    SBAM! Un colpo scuote la gabbia.
    Non gli rimane che mettersi in un angolo, piegare la testa, accomodarla su se stesso, ed assopirsi, sognando di volare libero, in cieli azzurri e prati colorati con i suoi compagni al suo fianco.

    Serena Carlucci – sezione A – accetto il regolamento

  21. Andrea Cipriano – sezione B – accetto il regolamento del concorso

    Martin H.

    Immacolato foglio
    Sempre mi accogli
    L’anima piano mi sfogli
    Sentore di qualcosa di immenso
    Poi immerso mi lasci
    Nel mio sangue
    Dove la coscienza langue
    In isolamento
    Senza più il tuo lento discorrere
    Senza più suono alcuno
    Da percorrere…

    Ma ecco di nuovo
    Mani impreziosite dal tuo sangue.

  22. Amina

    Ha il vento del deserto negli occhi di gazzella
    ha il cuore è raggelato da lacrime trattenute
    e collane di conchiglie strette ai polsi.
    Le sue ore si rincorrono su righi scomposti,
    scorrendo il dito su giorni scaduti.
    Amina è schiava nella città di metallo.
    Fiore venduto sull’asfalto amaro.
    Fiore calpestato dalla linfa avvelenata,
    tesse fili di notte
    e li allunga all’infinito
    per agganciare un cielo straniero .
    Sarà per destino avverso o per fato contrario
    trafitta come in croce e poi abbandonata
    su un letto estraneo che la chiama “Puttana”

    Lucyen 28 __Accetto il regolamento

  23. Amina

    Ha il vento del deserto negli occhi di gazzella
    ha il cuore è raggelato da lacrime trattenute
    e collane di conchiglie strette ai polsi.
    Le sue ore si rincorrono su righi scomposti,
    scorrendo il dito su giorni scaduti.
    Amina è schiava nella città di metallo.
    Fiore venduto sull’asfalto amaro.
    Fiore calpestato dalla linfa avvelenata,
    tesse fili di notte
    e li allunga all’infinito
    per agganciare un cielo straniero .
    Sarà per destino avverso o per fato contrario
    trafitta come in croce e poi abbandonata
    su un letto estraneo che la chiama “Puttana”

    Luciana Esposito __Accetto il regolamento

  24. IL SEME DELLA BONTÁ
    (La Via Crucis vista con gli occhi di un bambino ai tempi di Gesú)
    (sez B) – accetto il regolamento
    —————————-
    Il fanciullo gioca felice nel cortil della sua casetta,
    quando vede all’improvviso tanta gente andar di fretta :
    donne, uomini, bambini… tutti corrono veloci
    verso una direzione… urla, pianti e tante voci
    l’una sull’altra… tante grida… “Cosa mai sarà successo?”,
    dice il pargolo al papà… “Dai, anche noi andiamo… adesso,
    centinaia di persone stanno andando ‘per di là’…
    …raggiungiamole veloci!”. Così il bimbo e il suo papà
    arrivan nella via dove tanta e tanta gente
    arriva incuriosita. “Ehi, voi ! Sapete niente?”
    dice il piccolo a due donne con in braccio una bambina.
    “Come mai tante persone in questa piccola stradina?
    Cosa c’è? Cosa aspettate? Chi dovrà passar di qua?
    Una persona importante? C’è nessuno che lo sa?”

    Gli rispondono in fretta : “Un uomo condannato…
    lo porteran lassù, in collina… il suo peccato
    è stato di proclamarsi ‘nuovo Re’,
    e la giustizia non può attendere, perché
    tutto il popolo ha già decretato
    che venisse crocefisso e non salvato!”.

    Il bambino allora vede da lontano
    salir per quella via un uomo… piano piano…
    cammina stanco… molto lentamente…
    portando a braccia la sua Croce, sofferente.
    Quando arriva dinanzi a lui, cade per terra
    ed un soldato la sua frusta afferra
    scagliando un colpo forte nella schiena
    così forte e violento che l’uomo a terra, appena
    riesce a gemere, così esausto e provato
    per la fatica, e per quel colpo ricevuto.

    Il bambin gli si avvicina… lo guarda in viso.
    L’uomo gli accenna un tenero sorriso
    anche se il fisico non lo sostiene più.
    Allora il bimbo si accovaccia in terra, giù,
    e gli dice : “Perché ti fanno questo? Ma perché ?
    Perché ti sei proclamato Nuovo Re
    quando sapevi che la giustizia, e non il fato 
    a morte ti avrebbe condannato ?”

    “Vedi bambino”, disse l’uomo con un fil di voce,
    “Io non voglio comandare…. la mia fine sarà atroce
    ma il destino si deve compier fino in fondo…
    Il mio regno ? No, non è di questo mondo.
    E’ il Regno di Dio che io sto predicando
    Un regno dove anch’io, ora, sto andando.
    Ma prima si deve compiere il destino :
    lassù, quella collina… vedi bambino ?
    Non sarà un tragitto fatto invano,
    perché Dio, là, mi prenderà per mano
    e mi riporterà da Lui, da dove son venuto…
    lassù in ciel, nel Regno Suo!” Il bimbo resta muto
    a queste parole, così forti e soavi insieme.

    L’uomo lo guarda : nella sua mano, un seme
    compare all’improvviso. “Tieni questo seme, bel bambino,
    vai adesso… e piantalo in giardino :
    questo è il seme di Dio, per l’umanità,
    da cui nasce il fiore azzurro della bontà.
    Quando fra tre giorni il fiore sboccerà,
    soffiaci sopra… e il vento porterà
    i petali in ogni angolo del mondo, anche il più lontano,
    … così saprò che non sarò morto invano!” 

    L’uomo si rialzò a fatica, rimettendosi in cammino
    andando verso la collina… verso quel tragico destino,
    guardando in volto quel bambin con un sorriso
    mentre una lacrima scendeva piano nel suo viso.
    Il bambino lo guardò allontanarsi, finché non lo vide più.

    Era un uomo speciale… un uomo chiamato Gesù.

  25. IL SEME DELLA BONTÁ
    (La Via Crucis vista con gli occhi di un bambino ai tempi di Gesú)
    (sez B) – accetto il regolamento
    —————————-
    Il fanciullo gioca felice nel cortil della sua casetta,
    quando vede all’improvviso tanta gente andar di fretta :
    donne, uomini, bambini… tutti corrono veloci
    verso una direzione… urla, pianti e tante voci
    l’una sull’altra… tante grida… “Cosa mai sarà successo?”,
    dice il pargolo al papà… “Dai, anche noi andiamo… adesso,
    centinaia di persone stanno andando ‘per di là’…
    …raggiungiamole veloci!”. Così il bimbo e il suo papà
    arrivan nella via dove tanta e tanta gente
    arriva incuriosita. “Ehi, voi ! Sapete niente?”
    dice il piccolo a due donne con in braccio una bambina.
    “Come mai tante persone in questa piccola stradina?
    Cosa c’è? Cosa aspettate? Chi dovrà passar di qua?
    Una persona importante? C’è nessuno che lo sa?”

    Gli rispondono in fretta : “Un uomo condannato…
    lo porteran lassù, in collina… il suo peccato
    è stato di proclamarsi ‘nuovo Re’,
    e la giustizia non può attendere, perché
    tutto il popolo ha già decretato
    che venisse crocefisso e non salvato!”.

    Il bambino allora vede da lontano
    salir per quella via un uomo… piano piano…
    cammina stanco… molto lentamente…
    portando a braccia la sua Croce, sofferente.
    Quando arriva dinanzi a lui, cade per terra
    ed un soldato la sua frusta afferra
    scagliando un colpo forte nella schiena
    così forte e violento che l’uomo a terra, appena
    riesce a gemere, così esausto e provato
    per la fatica, e per quel colpo ricevuto.

    Il bambin gli si avvicina… lo guarda in viso.
    L’uomo gli accenna un tenero sorriso
    anche se il fisico non lo sostiene più.
    Allora il bimbo si accovaccia in terra, giù,
    e gli dice : “Perché ti fanno questo? Ma perché ?
    Perché ti sei proclamato Nuovo Re
    quando sapevi che la giustizia, e non il fato 
    a morte ti avrebbe condannato ?”

    “Vedi bambino”, disse l’uomo con un fil di voce,
    “Io non voglio comandare…. la mia fine sarà atroce
    ma il destino si deve compier fino in fondo…
    Il mio regno ? No, non è di questo mondo.
    E’ il Regno di Dio che io sto predicando
    Un regno dove anch’io, ora, sto andando.
    Ma prima si deve compiere il destino :
    lassù, quella collina… vedi bambino ?
    Non sarà un tragitto fatto invano,
    perché Dio, là, mi prenderà per mano
    e mi riporterà da Lui, da dove son venuto…
    lassù in ciel, nel Regno Suo!” Il bimbo resta muto
    a queste parole, così forti e soavi insieme.

    L’uomo lo guarda : nella sua mano, un seme
    compare all’improvviso. “Tieni questo seme, bel bambino,
    vai adesso… e piantalo in giardino :
    questo è il seme di Dio, per l’umanità,
    da cui nasce il fiore azzurro della bontà.
    Quando fra tre giorni il fiore sboccerà,
    soffiaci sopra… e il vento porterà
    i petali in ogni angolo del mondo, anche il più lontano,
    … così saprò che non sarò morto invano!” 

    L’uomo si rialzò a fatica, rimettendosi in cammino
    andando verso la collina… verso quel tragico destino,
    guardando in volto quel bambin con un sorriso
    mentre una lacrima scendeva piano nel suo viso.
    Il bambino lo guardò allontanarsi, finché non lo vide più.

    Era un uomo speciale… un uomo chiamato Gesù.

  26. Giovanni Monopoli – Sezione B – Accetto il regolamento

    Il soffitto di vetro

    Soffi di vento a due passi dal cielo,
    una invisibile barriera che avvolge l’animo
    un orizzonte a scrutare lontano, laggiù
    tra i volteggi di smarriti gabbiani
    sul mare ondeggia una lontana vela
    e il suo allontanare sempre più.

    Un sogno nell’arcobaleno della vita
    un soffitto di vetro oscurato alla vista
    un arido giardino nella steppa dei cuori
    una scala da demolire nel cammino.

    Scalare il gradino,
    scala irta e impervia, una mestizia
    all’ombra di tutto, scegliere il volo
    nella incertezza del destino
    per aprire quel cancello all’amore
    lasciando fuori il nemico, acerrimo dolo.

    Invalicabili mura, tinte di ingiustizia
    colonne di fumo ad ottenebrare lo sguardo
    son lì all’osservo inconscio d’ognuno,
    ma quel soffio di vento carezza ancora
    e sfonda quel soffitto di vetro della viltà
    relegato a mero fato,
    per quell’aria in respiro
    per quel profumo di libertà.

  27. Accetto il regolamento. sezione B

    PICCOLO GUERRIERO

    Come ogni mattina il mio risveglio sarà colmo di speranza
    quella di avere la forza di impressionare sul mio viso
    quel sorriso che nasconda la verità che nel cuore porto.
    Quando aprirai quegli occhi sarò ancora accanto a te
    ti terrò la mano
    mi inventerò la carezza più dolce
    mi emozionerò come la prima volta
    starò li con te per far dimenticare
    quel lettino cosi asettico e bianco
    che accoglie la tua vita
    e che accompagna le ore per viaggiare
    in quel mondo che non ti ho fatto vedere ancora.
    E quando la luce del sole entrerà nei tuoi occhi
    ti racconterò del mare
    di quando è grande il mare,il mio mare.
    Parlerò di quanto sia bello sentire il profumo dell’erba appena tagliata
    dei colori che questi fiori di vita sanno dare
    del dolore che rafforza il futuro
    di quando ti cresceranno lunghi capelli
    che accarezzerò pettinandoli con tutto l’amore
    di quella speranza che la TUA forza mi dà
    di vederti correre con me
    in quel bellissimo girotondo che è il mondo
    Dipingerò il più bel tramonto da fermare in quella voglia di vita
    che sta lottando in quel piccolo corpo e
    che ti aiuterà a vincere anche questa battaglia.
    Mio piccolo guerriero che insegni a me la forza
    vinci questo demone moderno
    che non sa altro che donare il dolore.
    E non ti racconterò delle mie paure,
    dei miei momenti affiancati dallo sconforto
    dalla mia voglia di scambiare la mia vita con la tua.
    Non posso farlo anche se
    la notte mi vedrà ancora parlare a chi ha inventato il mondo
    cercando nell’invocazione la speranza
    che presto questo demone verrà sconfitto definitivamente.
    Anche questa notte sarà lunga
    ed io continuerò in questa preghiera,
    che non so recitare,
    la certezza che ancora non so darti.
    Quando riaprirai quegli occhi sarò al tuo fianco
    e ti racconterò la vita
    quella vita piena d’amore che solo tu sai darmi
    Vita che avrai voglia di conoscere
    viaggiando sulla strada maestra dell’anima.
    Ed io sarò ancora al tuo fianco,piccolo guerriero.

  28. Domenico Di Stefano – Sezione B Poesia – accetto il regolamento

    IL PENDOLARE

    Sorge il sole col suo primo raggio
    il canto del gallo annuncia il mattino,
    e Lui comincia il Suo solito viaggio
    col riflesso del volto sul finestrino.

    Il Suo sguardo fisso percorre l’orizzonte
    accarezza prati in fiore e balle di fieno,
    sorvola un lago poi attraversa un ponte
    e scorre finché corre sui binari il treno;

    poi si dissolve su quel vetro appannato
    dal malinconico respiro dei Suoi pensieri,
    e lì col dito ci scrive i ricordi del passato
    i rimpianti di oggi e le speranze di ieri.

    Tramonta il sole col suo ultimo raggio
    la luna splende annunciando la sera,
    e Lui rientra dal Suo solito viaggio
    con lo sguardo celato dalla visiera.

  29. Quanto dura

    Quanto dura
    il sorriso d’un bimbo
    dopo l’urlo del primo lamento
    nella mente di un padre che arde
    di leggere carezze sospese?

    Quanto dura
    è la gioia che taglia
    il parziale
    universo che esclude
    e ti relega in limbo d’attese.

    Quanto dura
    la mano che stringe
    un frammento scrostato di scafo
    al riparo dal mare crudele
    e dall’onda feroce di fame?

    Quanto dura
    è la morte lontana
    dalla terra schernita dall’odio
    e divisa in polvere offesa
    nella notte incupita del mondo.

    Quanto dura
    la terra che trema
    dalle viscere ardenti di brace
    e la neve che ghiaccia le crepe
    degli altari in carenza di pace?

    Quanto dura
    è la foglia che s’apre
    al silenzio dell’ora d’autunno,
    s’abbandona in brandelli nel vento
    che le insinua una danza di voce.

    Quanto dura la mia solitudine?
    Dura quanto un amore che tace.

    Diego Bello – Se. B Poesia – Accetto il regolamento

  30. Sez A Accetto il regolamento Teresa Anna Rita De Salvatore

    Tu sei di Dio

    Il fatto che sto per raccontare è accaduto a me.
    Colloquiavo con Dio, quando mi accorsi che, poco distante, c’era il solito tappetino per terra con le solite cianfrusaglie in vendita e, dalla parte del muro, il solito vu’ cumprà, come si diceva allora. Era un uomo giovane.
    Come al solito entrai in crisi: comprare comunque qualcosa o dar retta al buon senso, che, quando vince, mi lascia sempre infelice?
    In ogni caso, quella volta, il conflitto si svolgeva alla presenza di Dio.
    Decisi, con sereno rammarico, che non avrei acquistato e dovetti risolvermi a non alzare lo sguardo quando sarei passata accanto al tappetino, per evitare di essere interpellata e dover rispondere di no.
    Così feci, essendo ormai arrivata al punto di incontro, e senza parlare chiedevo scusa e perdono a quell’uomo.
    Non avevo del tutto oltrepassato il tappetino, quando mi sentii dire con serena fermezza: “Tu sei di Dio”.
    Voltai di poco la testa verso di lui, per fargli sapere che avevo sentito e accennai un lievissimo cenno affermativo, per fargli capire che avevo colto e accolto la sintonia.
    Non so che viso avesse.

  31. Mauro Bompadre-Sez.B- Accetto il regolamento

    DOVE IL SOGNO SEI TU

    Dipingi orizzonti
    con delicati sorrisi,
    raccogli le spoglie
    di un cuore morente
    e con magico bacio
    riaccendi l’amore.

    Disegni speranze
    su pagine bianche
    racconti di vita
    e razioni di cuore,
    frammenti di sogni,
    dove il sogno sei tu.

  32. INTIMA VECCHIAIA

    Perso nel silenzio del colle
    affondo le mie radici
    nelle arse zolle della terra
    e come la forza del vitigno
    resto aggrappato ai lontani ricordi.

    Le mie mani affusolate tremano
    nello spazio breve di un respiro.

    Tra le rughe asimettriche
    (scavate sul mio volto
    dal logorio del tempo remoto)
    vedo l’intima vecchiaia nascere
    passo dopo passo nella giravolta
    di lacrime e rimpianti.

    Tutto tace nel perimetro dell’anima,
    mentre riaffiorano sillabe e consonanti
    sciolte nelle confidenze del vento.

    Questa notte sarà speciale.

    Anche la luna si metterà all’ascolto
    e potrà sentire nel silenzio
    il palpito dissonante del tuo cuore
    incessante battito che vibra
    nell’eterno colloquio d’amore…

    *accetto il regolamento sez. B poesie

  33. La follia di Omero

    Ho incontrato Itaca
    nei lunghi viaggi
    che mi condussero all’amore.
    Pellegrino inquieto come Ulisse,
    fui re per una notte sola
    nell’alcova discutibile di Circe,
    fra flebili richiami di sirene
    e il caldo abbraccio di Nausicaa.
    Avrei voluto mangiare la mia terra,
    nutrirmi di cibi prelibati
    e non soffrire per guerre e sotterfugi
    che furon dagli Dei organizzati.
    Ma il fato, si sa, non è mai probo,
    riserva dolori e pentimenti
    voltandoti la schiena all’improvviso
    per riportarti indietro di vent’anni.
    Seguii la mia sorte, con coraggio,
    solcando mari impraticabili
    e calpestando terre menzognere.
    Infine ti trovai, isola mia,
    stanco distrutto e amareggiato
    per ricomporre le tessere di un sogno
    che il folle Omero
    aveva programmato.

    Sezione B

    Accetto il regolamento

  34. per la A. Short Story – accetto il regolamento

    titolo del racconto :”Sospeso”

    Rabbrividisco, mi tocco gli occhi, non riesco a vedere nulla, come un drappo nero sulle mie pupille. Non mi era mai successo prima. Trema la stanza, le pareti oscillano, cadono pezzi d’intonaco. Il capezzale si stacca rovinandosi sulla testiera del letto. I vetri vanno in frantumi mentre vere crepe si approfondano sui
    muri, fino a quando con un tonfo pauroso si tramutano in macerie. Il mio piccolo mondo è distrutto, io non ho ferite, sono ancora carne ammalata però.
    Mi sveglio madido di sudore per la febbre alta nel pieno della notte, il crollo delle mia casa era solo un sogno, un incubo tremendo. Mi è ritornato il mal di testa forse per questo risveglio improvviso e angosciante. Ho pure difficoltà a respirare, cerco in cassetto del comodino lo spry da inalare. Scendo dal letto a fatica, la tv è ancora accesa col volume quasi azzerato. Guardo l’orologio, sono quasi le cinque del mattino, vacillo nell’atto di alzarmi dal letto ed ho una fitta al fianco destro, la mia vista è affaticata. Raggiungo l’altra saletta bagno adiacente alla camera da letto e accendo la lucetta dello specchio, il mio occhio destro è una pozza di sangue, mal sopporto guardare il mio viso sempre più inumano.

  35. Che confusione

    Io, un piccolo quanto d’energia di questo universo.
    Parole!…nient’altro per evocare le emozioni vissute.
    La mente le richiama e rivivi le immagini.
    Si susseguono piacevoli o spiacevoli, buie o colorate.
    I sapori, gli odori, i sorrisi e poi…un bacio…,
    quello che è lì a fermare il tempo
    all’istante del primo o unico amore.
    Cos’altro desiderare poi dall’esistenza.
    E’ tanto! se consideri che nulla di ciò che conosci è reale
    L’elettrone è una particella, vero, ma è anche un’onda di energia.
    Il tempo si misura ma non esiste.
    La gravità si misura anch’essa, ma non si conosce.
    La Teoria delle Stringhe dice che esistono dieci dimensioni più il tempo.
    Persino ciò che vedi non è reale ma solo una informazione elettromagnetica
    che il tuo cervello organizza in immagine.
    L’universo è formato da miliardi di galassie,
    ognuna con miliardi di soli ed ognuno coi propri pianeti.
    La materia oscura costituisce il 70% della massa e dell’energia
    dell’universo e non si conosce, ma invece di attrarre respinge.
    L’universo si espande ad una velocità maggiore di quella della luce.
    La fisica quantistica parla dell’Entaglement
    dice che ciascuna particella è legata all’altra e la variazione
    dell’una induce variazione nell’altra anche se a distanza di anni luce.
    Dio esiste, Dio non esiste, e se esistesse
    ha assistito alla nascita dell’universo 14,5 miliardi di anni fa?
    L’amore esiste o non esiste!
    E’ l’amore il piacere o è il piacere l’amore?
    Oppure l’esistenza è piacere ed amore?
    Il piacere è il sesso o il sesso da il piacere?
    La poesia… un’emozione vissuta o sperata, o non vissuta?
    Unica realtà l’esistenza!
    L’incertezza ! è l’esistenza,
    i ricordi le uniche realtà vere, vissute, reali.
    Che confusione!!!!!

    Accetto il regolamento

  36. Partecipo alla sezione A, accetto il seguente regolamento

    Grandinando sangue

    La notte la gatta rovistava per strada cercando di saziare la sua panica. Io la guardavo dalla mia finestra senza proferir rumore, perché allettante era l’idea di osservarla nascostamente. La gatta sinuosa si muoveva guardinga ma mai aveva gettato lo sguardo nella mia direzione. Ero un osservatore privilegiato della sua dannazione. Ed intanto grandinava sangue sulla città e per un attimo il mio pensiero si perse nell’assoluto che compone ogni cosa. Un attimo e persi di vista la gatta per me stesso.

  37. Francesco Anversa – Partecipo alla sezione Poesia (B) – Accetto il regolamento

    Direzione

    Investe.
    Veste
    la veste.
    Le note
    calme
    inoltrano
    l’aria.
    La veste
    si scosta.
    L’equilibrio
    cede.
    Investe.
    Veste
    la veste.
    Cadenza mimica
    ritmica.
    Il silenzio.
    La preghiera.
    Si scosta la veste.
    Cade.

  38. Con la seguente poesia partecipo alla sezione B del contest “Il trono del padre”. Complimenti per l’iniziativa.
    Accetto il regolamento.

    Donna

    Sinuosa figura
    Carezza della sera
    Amante della Luna
    dalla soleggiata criniera.
    Tu sola, oh Donna,
    rivesti le stagioni
    e la vita.
    Donna,
    a te le mie mani
    in preghiera
    giungono meste.
    Donna perdona
    coloro che lesti tramano
    e rimuovono voci bianche.
    Le dita affusolate
    sul granito incurante
    Le membra stanche
    curano ferite antiche.
    Il ricordo nasconde
    la rinascita del Narciso.

  39. Con il seguente breve racconto partecipo alla sezione A del contest “Il trono del padre”. Complimenti per l’iniziativa.
    Accetto il regolamento.

    La morte fatale

    Lucia era solita recarsi a lavoro venti minuti prima, le piaceva osservare i suoi colleghi giungere assonnati e con un’evidente emicrania data dalla svogliatezza che curavano ogni giorno. Ma lei no, non Lucia. Lei amava il suo lavoro, ogni giorno nuove idee le balenavano nella mente e con molta modestia le regalava al mondo. I colleghi non concepivano il suo entusiasmo, quei colleghi per lo meno. Ma ogni giorno lei arrivava venti minuti prima ed i suoi colleghi non erano da meno con il rito quotidiano della stanchezza. Una mattina però, Lucia non si presentò a lavoro. La notizia arrivò verso mezzogiorno. Era stata uccisa dall’ex compagno.

  40. vito ditaranto – Sez. A SHORT STORY – Accetto il regolamento del concorso.

    “Nero” –vito ditaranto-

    NERO. Aprì gli occhi. Nero. Il letto. Le coperte. La pelle umida di sudore. Non poteva muoversi. Nero. Trattenuta. Mani che non poteva distinguere. Sentì le braccia inchiodate alle sue. Non un grido. Non un sibilo. La gola muta. Nero. Flebili lamenti. Nero. Scalciò. Le gambe bloccate dalla presenza o dal terrore. Una lacrima scavò un sentiero nella paura. Immobile immersa nel nero. Mosse la testa, solo inutili dinieghi scomposti. Mosse le braccia. Sfiorò qualcosa nel nero. Sollevò la testa. Le labbra colpirono una massa ignota, richiuse la bocca e affondò i denti. Mosse le pesantissime e deboli gambe. Nella mente un naso ferito. Sempre più nero. Gli occhi aperti. Nero. Gli occhi chiusi. Nero. Un incubo. Nella sua veglia onirica, il respiro tornò a riempirle i polmoni. Aprì gli occhi. La perfida figura dal muso sanguinante la osservò con avversione. Le coprì la bocca. Smise di dibattersi. Sentì gli artigli sul volto e la gola perforata dai canini. Il suono della sveglia. La luce. BIANCO.

    1. ” CREDO IN UN SOLO DIO…”
      …facili abbandoni
      in quei ricordi
      di innocenti mattutine
      in chiese ormai spoglie
      noi mani innocenti
      invasi dall’odore
      di incenso
      ci raccontavamo
      solo storie di purezza
      a volte lontane
      dalla nostra vita
      di un paradiso
      un inferno e un purgatorio
      li ad attenderci
      in ogni momento
      vissute paure
      rinunce solo rinunce
      di un Dio solo
      per innocenti martiri
      ogni giorno una battaglia
      tra il bene ed il male
      sempre a domandarmi
      quale la via
      io solo testimone di
      di un credo…
      credo in un solo Dio…Padre onnipotente…

      (IL POETA DELLA PENNA VERDE) GRAZIO PELLEGRINO
      Con la seguente poesia partecipo alla sezione B del contesto ”Il trono del padre”

  41. INNOVAZIONI

    Diabolici giudizi
    e la seconda fase di Schopenhauer
    solo perché qualcuno un’idea ce l’aveva.

    Troppo sale in questa terra
    a destrutturare gli aggregati
    e poco zolfo a risolvere il problema.

    Mestieri morti in tempo reale
    sotto i nostri folli occhi
    e cenci sporchi sul grembo
    di meccanici addormentati sulle scranne.

    Noi a circolare
    per evitare di essere qualcuno
    Per diventarlo casomai.

    Nessuno che capiva
    Bene così: tutto da fare
    e niente da perdere.

    NICOLA MATTEUCCI, ACCETTO IL REGOLAMENTO

  42. Emma Dioadato.
    Accetto il regolamento.
    Partecipo alla sezione B (poesia)

    “Grado zero”

    Babilonia si stendeva
    tra sangue e parole.
    Anime colte da stupore.
    Rivelazioni colme di terrore.

    Il Cairo rivelava la storia
    Monumenti alteri
    sparivano tra le sabbie.
    Il deserto avanzava.

    Roma splendeva d’oro
    Alloro nelle vie
    Incenso indiano nell’aria
    Libertà di culto.

    Atene discorreva di umanità
    La comprensione della vita
    La celebrazione del pensiero
    Le navi governavano i mari.

    Grado zero. Dove siamo ora?

  43. L’inverno degli stolti

    C’era una volta un regno e un re. C’era una volta un luogo remoto chiamato “Conasse”. Per cento anni Conasse fu abitato da storici e filosofi, poeti ed alchimisti. Fu un secolo nel quale il progresso del pensiero salì vertiginosamente sino a toccare le più alte vette della psiche. La comunione e l’integrazione sociale garantiva il rispetto e le leggi odoravano di obsoleto. Giunse per l’equinozio primaverile del 33 d.C. un uomo che portò con sé la figlia sedicenne. Lei, amante delle lettere, si lasciò sedurre da ogni angolo di Conasse e perse ben presto l’ingenuità femminea. Conasse splendeva al sole ogni mattina, anche quando il re morì, anche quando il reame fu distrutto dal popolo degli stolti, in un inverno seducente quanto il mercurio.

    Maurizio Cella. Accetto il seguente regolamento. Partecipo alla sezione A.

  44. Canto del cigno

    Cessa il vento impetuoso e immobili
    le spire intorno alle membra lasciano posto
    all’aria statica di fuoco che pare bruciare
    le palpebre chiuse come lamine di leggiadre ali,

    stanche di compiere voli inutili in vuoti feroci e brutali,
    come inferni per anime ottuse, orme rimaste
    di vita che forse fu, oppure mai.
    In questo limbo mi spoglio delle mie vendette,

    mi stringo i seni, impura traccia di gesti spezzati,
    di riti d’amore mai nati, aborti di cieli mai azzurri,
    colpevole di essermi tuffata nel travaglio
    del sarcasmo che non perdona.

    Come nell’ultimo canto del cigno resto in attesa
    della mia punizione che già mi assale
    e mi stringe fino a torturarmi per aver amato,
    eppur fosti pago per giorni e giorni

    di donarmi parole spietate e dolci,
    di arrotolarmi intorno catene di miele
    e petali di rose. Giaci nel tuo gioco sporco
    mentre io abbraccio il tormento, giusta pena,

    per avere giocato coi tuoi fiori velenosi
    e perfidi, cauta mi inginocchio mesta,
    conto i petali marci a terra insieme
    ai miei lembi di pelle unta di angoscia.

    Emanuela Di Caprio Accetto il regolamento – Partecipo alla sezione B

  45. SCRIVI IL TUO NOME

    Scrivi il senso della tua bocca
    Cancella la rabbia delle tue parole
    Libera lo spazio del tuo tempo
    Soffia la polvere del tuo passato
    Respira l’ossigeno del tuo cuore
    Solleva le palpebre del tuo fiato
    Apri l’anima alla vibrazione del tuo nome
    Divora ogni istante come fosse l’ultimo
    Nel disegno infinito dell’ennesima vita.

    Sezione B) – Maurizio Alberto Molinari (c)
    Accetto il regolamento del concorso

  46. Laura Vargiu – Partecipo alla sezione A, SHORT STORY, e accetto il Regolamento.

    titolo: COME LE RONDINI

    Nella mia terra l’infanzia ha l’amaro sapore della guerra.
    Non ricordo giorno, dacché sono nato, senza spari, esplosioni, sangue per le strade.
    Qui anche i bambini si abituano presto alla morte che, come un’ombra infida, passa loro accanto a ogni istante. La musica dei fucili culla le loro notti insonni; i crateri delle bombe ospitano i loro giochi.
    “Sei figlio della guerra, piccolo mio” mi diceva mia madre, stringendomi forte a sé come per scusarsi d’avermi messo al mondo tra le rovine di un’esistenza dove la parola pace è soltanto una preghiera inascoltata. Quando lei e i miei fratelli rimasero sepolti sotto le macerie era primavera, ma sembrava fosse iniziato un nuovo, lunghissimo, interminabile inverno.
    Persino le rondini hanno paura di questo cielo che vomita morte e da troppo tempo non le si vede più in volo; chissà, la guerra infinita avrà fatto perdere loro le ali oppure la strada che le conduceva ai profumi delle rose siriane. Ho desiderato tanto rivedere le rondini, pure adesso che giaccio nella polvere accanto ad altri bambini; agonizzanti, fissiamo le nuvole lassù, soffici sogni che vorremmo ancora inseguire. Ma siamo ormai come le rondini che non voleranno più a primavera.

    (Laura Vargiu)

  47. Laura Vargiu – Partecipo alla sezione B, POESIA, e accetto il Regolamento

    Bataclan*

    Note recise
    d’improvviso disperse
    tra le fauci stridule e accese
    d’una notte di morte
    che l’uomo e il suo dio
    afona inghiotte.

    * Locale storico di Parigi, uno dei teatri degli attentati del 13 novembre 2015.

    (Laura Vargiu)

  48. Lacrima scura

    Pronuncerò il tuo nome e tu …
    rivivrai,
    nel profumo d’un deserto
    scosso dal vento freddo,
    tra i veli e le folate
    d’un sole nero che traspare.
    In melodie di luna nuova,
    in salita proterva all’orizzonte,
    m’accascio pula di grano secco,
    piuma di verità pesante al cuore,
    ombra di raggi in solitaria.
    Dentro,
    trascino un carico scuro
    che su strapiombi di roccia echeggia,
    con ritmo riflesso di luce morente,
    nel tintinnio di silenzio
    accampato in ogni paura.
    M’accalco
    bocciolo di terra umida,
    tra i chiarori nello stagno delle ninfee,
    nella pioggia a scintillare di gocce,
    col brivido che staffila il tempo.
    Foglia ustionata
    appendo sguardi sull’acqua
    e la cera d’argento cola d’amore,
    svapora sull’anima asciutta,
    sulla pietra che scotta.
    Nel tramestio il pianto,
    che non dirada e non asciuga,
    stilla su ghiaie di silenzio,
    polline di sfera rasata di luna storta
    galleggia con la voce muta
    d’un battito arso di lacrima scura.

    Sandra Ludovici

    Sezione B (Poesia) – Accetto il regolamento

  49. Fiori

    Son senza tempo
    eppure li vediamo.
    Crescono per confonderci
    con profumi.
    Bramosia delle api
    Delizie per le mogli.
    Sono rose, tulipani,
    margherite, orchidee.
    Prati verdi
    e colori d’istanti.
    Chi siamo noi per coglierli?
    Chi siamo noi per coltivarli?
    I fiori siamo noi.
    Polverosi nelle strade.
    I fiori siamo noi
    che le api osservano.
    Polline interno
    mi espando.
    Ti espandi.

    Accetto il regolamento. Sezione B.

  50. “Non tornerò”

    Quando Emily si girò per l’ultima volta sapeva che non sarebbe tornata dal suo amore. L’istante in cui lo vide per l’ultima volta, quella scogliera a ricordarle il pianto giornaliero. Ma non poteva ancora vivere in questo modo uggioso. Chi era lui per rubarle il sorriso? Chi era? E così lei partì lontano, perché lontano era il suo pensiero. Lui, non capì subito, pensò fosse solo uno scherzo, e dopo tre mesi si uccide lanciandosi dalla stessa scogliera che li aveva visti pregni d’amore e di orrore.

    Partecipo alla sezione A ed accetto il regolamento in ogni suo punto

  51. Disperato

    Il tuo addio
    mi lasciò disperato
    Non potrò mentire
    Non potrò dimenticare
    Vengo da un mondo raro
    nella magia del pensiero
    nella magia del dolore
    Non potrò mentire
    solo sussurrare
    alle genti del mio amore dorato
    del mio amore congelato.
    Non ti cercherò…
    Il tuo amore
    mi lasciò disperato
    Nuoto nell’oblio.
    L’estasi si congiunge
    alla realtà.
    Muoio.

    Partecipo con la poesia “Disperato” alla sezione B.
    Accetto il regolamento

  52. Accetto il regolamento. Sezione B. Titolo poesia: “Non c’è”
    Non c’è più la risposta
    Non c’è più aria
    Non andrò più nel parco
    Non c’è più sole
    Non c’è più amore
    Non c’è più devozione
    NOn c’è più alcuna nuvola
    Non c’è più pensiero di noi
    Non c’è più erba
    Non c’è alcun fiore
    Non c’è più acqua
    Non c’è più nausea
    Non c’è più sentimento
    Non c’è più prosa
    Non c’è piùpoesia
    Non c’è più ricordo
    Non c’è più immaginazione
    Non c’è più comprensione
    Non c’è più Luca.
    Non c’è.
    Non c’è.

  53. AMARE è LA NOSTRA BENEDIZIONE

    Il tempo è stato il nostro lungo prezioso compagno di avventure.
    Il nostro esordio è stato il nostro pilastro di partenza.
    Tanti angeli hanno assistito al nostro amore giurato eterno.
    Testimonianze celestiali e terrene hanno applaudito il lavoro Divino,
    l’amore!
    Tanti cori angelici intonavano l’inno di un amore che era destinato ad essere la luce del mondo.

    Il mondo piange per questa mancanza.
    Noi siamo i prediletti del disegno Divino.
    Per diffondere al mondo che l’amore è….di Dio.
    Noi l’abbiamo solamente meritato,
    perché tu sei sempre stato il mio primo vero amore.
    Perché tu sei stato speciale dal primo istante che ho incrociato i tuoi occhi.
    Pur se sono trascorsi anni, i battiti del mio cuore non smettono quando incrocio il tuo sguardo.
    Ti amo come il primo giorno.
    ti amo perché più il tempo passa più ho la consapevolezza di essere l’essere più fortunata.
    Allorché ogni volta che intreccio i tuoi occhi,
    una luce che avvolge dolcemente i nostri abbracci, i nostri baci.
    Tutto appare splendidamente Divino col il nostro avvicinar i nostri corpi.

    Accetto il regolamento – Partecipo alla sezione B

  54. BENTORNATO SOLE

    L’ultima volta che vidi il sole calar, non rimembro più quanto tempo è passato.
    L’ enorme stella che stava conservando i miei più intimi pensieri,
    mi sorrideva promettendo qualcosa.
    Ma come una magia, voleva riservare.
    Avevo confidato di voler vedere il mio amore nascente.
    Crescere e… assaporare la felicità che sognavamo.
    Fino all’ultimo raggio la gigante stella mi salutava promettente.
    Vidi il suo sorriso che emanava tanto calore.
    Non mi faceva sentire freddo.
    Poi… solo il buio della profonda notte.
    A farmi compagnia c’erano solo le stelle.
    Ed io avevo confessato loro le mie speranze per rivedere il mio sole.
    Il tempo era divenuto il mio nemico.
    La speranza mi accarezzava.
    Rincuorandomi che quella grande luce che aspettavo era di ritorno.
    Tutto quello che avevo riposto al mio sole,
    somigliavano a una nebbia fitta, senza via di uscita.
    Le porte del mio cuore avevano chiuso al miraggio.
    La voce della mia anima ripeteva che la speranza aveva ragione.
    Essa sprigionava quel barlume di desiderio celato,
    Postandolo davanti all’obbiettivo del mio cuore, di cui ormai si era distaccato.
    Non volevo più credere, sentivo la malinconia che si aggrappava al mio profondo “io”.
    Ma la voce dell’anima faceva il contrario; ogni passo nel mio cammino,
    vedevo come una scia di stelle passar davanti ai miei occhi,
    il volto del mio sole.
    Ero in perenne conflitto con l’emozione,
    la mia razionalità sviava coprendo la verità.
    Il volto del mio sole era in realtà presente ovunque andavo,
    ma io non ci facevo caso.
    Credevo che era solo una parte di me che voleva solo il suo ricordo.
    Un bel mezzo di un giorno, un di razzo di luce attraversò il cielo,
    La voce della mia anima vinse.
    Quel lampo che discese sul mio cuore, suscitò un calore mai provato fino all’ora.
    La voce della mia anima vinse sulla razionalità.
    Che, voleva solo seppellire i miei desideri più profondi.
    Si risvegliò in me la brama di rivedere il mio sole,
    di riabbracciarlo e… dirgli che non volevo più perderlo.
    Riabbracciarlo e…. sentire il mio sole, solo mio, sempre.
    Quel sole sei tu.

    Accetto il regolamento – partecipo alla sezione A

  55. Purgatorio

    All anime purganti che furon in parte fallaci e arroganti che dell umano han ancor intatto il pensier io in versi a voi mi verto
    Fuggite dalla fucina ardente che miete come il grano dal campo si senton salve han già abbracciato la salda riva e mai vorrebbero tornar nel gorgo di incerta
    Fatica.
    Solinghe a viso basso rammentan i focosi giorni d una vita non sempre retta
    E stretta dal desiderio aversa all insegnamento
    Come un affamato che agogna il pane ma vuol pur vesti calde e lusso voi foste combattute da due verbi
    Sontuosa veste o carità a chi la chiese ?
    Quando vedeste in terra il derelitto pietà vi colse o un beffardo sorriso certe d aver un allegro focolare ?
    Quanto dolore avete dato padri figli mogli
    Or tutto uno nel branco nel silenzio , un lungo letargo !
    Sonno della coscienza che fiacca e rende lassi che ottunde il ben dell intelletto
    E ci meni nel deserto dei morti sensi
    Lontani dalla fonte del bello e del vero
    Vedete or voi anime in bilico tra i due mondi
    Il vostro peccato l occasion della vita sprecato per giungere ai santi cancelli
    Dovete lesinar chieder un amen e Attender ceri ,sollievo dei viventi
    Che il vostro nome risuoni sugli altari
    In nomine domini!
    Ah cattivi anni vissuti nel disagio
    A digrignar chi vi porse mano
    Calpestar patti santi ma in Ver
    Vi fu dolce andar contro comando
    Sul viso un velo che copriva la luce
    Del bel sentiero
    Preferitsti digiunar che pranzare con chi ti
    Apri il cor
    Or benedici quel pane vorresti
    Un certo posto da commensale
    Ma son i giochi ormai finiti e tu pellegrino
    Vai per il tuo cammino a passo lento e riflettendo
    Sul giorno che fu’ indi non si torna indietro
    un tramonto che non vede l alba
    Un dolor che vi pungola a cercar rimedio
    Del malfatto questa la vostra pena
    Finché non sia pura
    i bei vermigli fior i ruscelletti
    Timidi e allegri l’aroma dei germogli vedrete ancor ma prima pigerete il calcagno tra fango e roccia !
    Vi dà la somma somma speranza
    la certa grazia che vi attende
    Dopo aver pagato lo scotto del vostro
    Debito
    Non pianti e lamenti come nel fatal asilo
    Ma in coro mormoran gloria al padre e santa fede
    Orsu ‘Cingi la vita di docile giunco
    Sii come lei piegati ai voler
    Pia e monda salirai
    La scala per l eterna gioia

    Corrado cioci . partecipo alla sezione B – accetto il regolamento

  56. Accetto il regolamento. Partecipo alla sezione A.
    LA PELLE SPORCA
    E’ nelle ore del pomeriggio che i fantasmi del passato tornano a farmi visita affollando i sogni del mio breve riposo pomeridiano.
    Si presentano nell’aspetto e nelle movenze assolutamente reali, com’erano o come potrebbero essere, provocando in me reazioni di sentimenti contrastanti e soprattutto, al risveglio, l’amara constatazione che sì, io ci sono, loro non più.
    Ecco la mamma, vestita con la divisa da crocerossina!
    Mi abbraccia e mi dice di non preoccuparmi: andrà tutto bene. E io mi domando: “Ma non era morta?”
    Certo che no, altrimenti non sarebbe qui, ora, a sfiorarmi i fianchi con lievi, delicate carezze!
    Ferma le mani sulle mie spalle e, accorata, mi sollecita a lavarmi la pelle sporca: «Lavati, figlia mia, lavati!»
    Sento nitida la sua voce e il gelo delle sue mani; un brivido mi pervade tutto il corpo.
    Mi sveglio con il bisogno irrefrenabile di spogliarmi, tutta nuda.
    Mi guardo allo specchio. Passo e ripasso le mie mani, anch’esse gelide, dalle ascelle ai fianchi. Sento al tatto dei noduli, numerosi noduli, mai notati prima.

    Lei non c’è. Ho sognato o forse no.
    Il chirurgo mi opera e l’esame istologico è confortante. Appena in tempo!

    Mery Carol

    ccetto il regolamento. Partecipo alla sezione A.

  57. ADOLESCENTI

    Cielo e Gianni si incontrarono quella mattina nel campo dove erano andati a lavorare. Entrambi erano molto giovani. Lei bella, con un visino piccolo e ovale su cui ricadevano splendidi capelli biondi che illuminavano gli occhi celestini chiari,lui bruno e massiccio,di quei ragazzi che infondono fiducia. Uno sguardo e fra loro fu amore. Si scambiarono i numeri di telefono e chattarono su whatsapp. Si confidavano i loro pensieri di adolescenti. Facevano in modo di essere sullo stesso pullman che li portava al lavoro. Lei indossava sempre un vestito colorato, come voleva fosse il suo amore. Lui raccoglieva il fiore più profumato per il suo tesoro. Se lo dissero una mattina di ottobre che si amavano, mentre andavano a raccogliere le olive. Si diedero appuntamento in piazza la domenica a Bitonto,dove abitava Cielo. Si sedettero insieme sul sedile posteriore del pullman che li riportava a casa. Lungo il tragitto si scambiarono occhiate languide e teneri sorrisi. Il sabato sarebbe stato lungo, ma la domenica li avrebbe visti insieme. Stringendo al cuore il bigliettino che le aveva dato Gianni, la ragazza si girò. Il pullman fece una brusca frenata,catapultandosi. Li ritrovarono abbracciati sul sedile posteriore.

    – Accetto il regolamento. Sezione A

  58. Ho dimenticato

    Notte, illumina
    il percorso del viandante.
    Notte, che io e lei fossimo
    una stella
    si sapeva da millenni.
    Notte, qualcosa nell’aria
    muta costantemente.
    La mia mente.
    La mia mente.
    Rovinosi gli istanti
    Rovinose le membra.
    Notte, ho dimenticato
    i profumi.
    Notte, ho dimenticato
    lo sguardo algido.
    Ho dimenticato
    il calore
    dell’abbraccio proibito.
    Nulla si manifesta
    chiaro e
    dolce.
    Notte,
    che tu sia la mia sposa
    mentre lei è lontana.
    Notte, a te il mio cuore
    mentre lei è lontana.

    – Accetto il regolamento. Sezione B, poesia.
    Distinti saluti.

  59. Nel treno dei ricordi due personaggi viaggiavano senza bagagli. Erano estranei ma condividevano lo stesso vagone. Il più alto era un noto scienziato di Stoccolma, non aveva figli né si era mai sposato. Era diretto ad una conferenza in Austria, invitato per illustrare i poteri della mente. Il più basso era un operaio, lasciava la moglie e figli per un lavoro che non poté rifiutare e con l’angoscia nel cuore partiva dalla medesima città del più alto. Per tutto il viaggio i due guardarono fuori dalla finestra l’immensa natura che li vedeva piccoli ed insignificanti, sino al grande incendio che imperò nel vagane ristorante. Non si accorsero della fine sino a che non furono avvolti nelle fiamme. Solo in quell’istante si guardarono e si videro identici.

    Accetto il regolamento. Partecipo alla sezione A, prosa.

  60. Lasciami ancora un momento

    Lasciami ancora un momento per poterti sognare.
    Lasciami ancora un momento per poterti sentire.
    Lasciami ancora un momento per restare incantato dinanzi a te.
    Lasciami ancora un momento per tutti questi motivi;
    oppure per quel che vuoi tu
    ma non lasciarmi solo
    e se non potrai portarmi nella tua vita
    almeno portami nella tua mente
    nel ricordo di quel nostro
    ultimo incontro.

    – accetto il regolamento, sezione B

  61. Primavera 2310.
    Eravamo rimasti in pochi a Forland. Quasi tutti avevano lasciato la città per trovar fortuna altrove, avevano portato poche cose con loro, e le case ancora avevano mobili ed oggetti che ricordavano istanti di vita. La mia famiglia non voleva abbandonare la terra, pensava ad una rinascita, ma io e mio fratello eravamo dubbiosi. Guardavo dal cortile mia madre innaffiare le rose, non erano mai state così belle. Mio padre, la notte, parlava con le stelle, non era mai stato così desolato. Sì, eravamo rimasti in pochi a Forland e anche io sarei andata via a breve, magari in estate con la bella stagione, magari senza dir nulla a nessuno, magari lasciando questa lettera sul tavolo della cucina.

    – maria cossu – partecipo alla sezione A, racconto. Accetto il regolamento in ogni suo punto.

  62. Accetto il regolamento – Partecipo alla sezione B

    HO CONOSCIUTO LA BELLEZZA

    Frequenti il liceo classico, nel tuo futuro
    non troverai mai un lavoro duraturo.
    Studi miti antichi e lingue morte,
    sei consapevole di quale sarà la tua sorte?
    Dopo tutte le fatiche che hai sopportato
    ti ritroverai ad essere disoccupato.
    Mi domando ciò a che serve
    se alla fine non ti rimane niente?

    O stolta persona a cui piacciono le critiche
    ti spiegherò la bellezza di quel che tu definisci fatiche:
    banchettai con i Numi, così simili agli uomini
    eppure padroni del cielo;
    ascoltai l’armonioso suono della lira di Orfeo e piansi con lui
    lacrime amare per quell’amore così simile a primavera
    che non poté sopravvivere al gelido inverno.
    Vissi con Ettore la divina illusione di avere un fratello vicino
    in quel duello che gli dei resero fatale
    contro il Pelide Achille affrontai il mio destino.
    Viaggiai per i mari sulla nave di Odisseo
    avendo come bussola l’amore
    e indossando nostalgia come un panno sporco di navigazione.
    Dialogai con Socrate per trovar la verità
    ma alla fine scoprimmo che il sapere è già qua:
    non bisogna scrutare il cielo lontano
    risiede in noi stessi, appartiene all’umano.
    Conobbi Cesare, Virgilio, Cicerone
    appresi da Policleto l’arte della precisione.
    Condussi l’impero all’età dell’oro al fianco di Traiano
    cavalcai la dimensione del sacro e del profano.
    Ammirai la bellezza delle lingue antiche
    e la melodia delle parole ripagò le fatiche.

    Ebbene, o stolta persona a cui piace criticare
    spero ti sia giunto ciò che volevo comunicare:
    ho conosciuto la bellezza
    è penetrata nel mio cuore
    ho vissuto quell’ebbrezza
    di imparare con stupore.

  63. Padre

    Un fiore nella testa
    due mani giunte
    La preghiera
    La preghiera
    che mani su pronunciata.
    Il fiore cadde.
    Non lo raccolsi.
    Le mani giunte
    Le labbra socchiuse
    Fremiti
    Ingenui
    La bambina bionda
    non raccolse il fiore.
    Le porte si aprono.
    Il Padre è alla destra.
    Io al centro.
    La bambina a sinistra.
    Padre, ricordaci chi siamo.
    Padre, rinnovaci l’astro.
    Padre, sono tue le mie labbra.
    Padre, invitami a te.

    Partecipo allasezione B e accetto il regolamento del bando

  64. Sezione B. Poesia

    – Brivido di Te –

    Mi sei entrato dentro
    come un brivido
    lungo la spina dorsale,
    battiti incessanti
    hai riportato
    in questo cuore
    privo d’amore
    per troppo tempo.

    Ogni tua voce
    è un tocco di magia
    per la mia anima,
    ma distanze
    insormontabili
    e silenziose
    non possono impedirmi
    di sognare,
    di immaginarti
    sorridente
    e spensierato,
    di cercarti
    da qualunque sogno
    mi sveglio.

    Le notti
    diventano vuote,
    stesa in un letto
    senza quel profumo
    di infinito
    che riesci a donare,
    qualunque sogno
    portasse il mio sonno.

    Sei un sogno,
    un’incertezza di bellezza,
    infinita emozione
    hai portato
    in me.

    Caleidoscopi di stelle
    vivono in me,
    e ogni speranza
    di poterti vivere
    rimane viva
    ogni giorno,
    se nessun demone
    spezzerà l’incanto
    che hai donato
    a questo cuore.

    26 gennaio 2017

    Accetto il regolamento del concorso.

  65. Roma

    Le metropoli sono le metropoli. Le strade ci mostrano la storia dell’umanità, i vaganti ci mostrano le volgarità che rappresentano la società. Semafori, rosso, giallo, verde. Le ferite profonde che la vita regala. Queste cicatrici sono presenti in ogni animo. Il rosso si manifesta nel cuore, nel sangue e nel non attraversare la strada. Che il sangue sia dunque un divieto, che l’amore sia precluso. Le metropoli sono la solitudine.
    Roma è la solitudine, la città eterna che eternamente addormenta la coscienza dei suoi vaganti. Vaganti. Sì vaganti. Perché si vaga nelle strade senza presenza. Perché io vago senza meta in questa metropoli senza sentimenti.

    Accetto il regolamento – partecipo alla sezione A

  66. Partecipo alla sezione B, accetto il regolamento

    Flamenco

    Gli occhi socchiusi
    d’una madre addolorata
    lacrimano sangue;

    inanime il bimbo
    stringe al petto
    mentre s’ode in lontananza
    il brusio del mare
    e dell’onda il lamento.

    Ritmo eterno,
    dolorosa nenia
    sempre più intensa,
    sempre più tormentata
    a divenire un Flamenco
    cupo e martoriato;
    cupo e martoriato
    come un tonfo del cuore
    che sfinito s’arresta.

    Lacera l’anima
    quest’incubo crudele
    eco di nacchere e danze
    urlanti il dolore atroce
    d’una madre impazzita.

    Ed io sento questo grido
    sin nelle più minute ossa,
    sin nell’ombra mia proiettata
    sul muro di casa
    ove i versi miei sparpagliano
    perdendosi nel nulla.

    Rita Donatini 22-04-2017

  67. CLARA CHIARIELLO 22-04-2017
    SEZIONE B POESIA ACCETTO IL REGOLAMENTO
    HO DANZATO L’INVERNO

    Vai via
    dopo aver reso gelate le zolle
    Fermato calore nei pori della pelle
    Guardi verso di me
    Non chiedo niente
    Sono triste un anno dopo
    Le chiese piangono
    Non si vede più un dio
    Si vomitano falsi idoli
    A chi stringo mani
    Alito verso il lago
    Sono velo di vita
    Seguo voli di uccelli di mare
    per fare meno triste la mente
    Il fruscio dolce degli alberi
    attira i miei sensi assopiti
    Mi hai fatto male
    nell’assenza forzata del corpo
    Non parlando
    hai murato le case dei pescatori
    Aspettavano l’alba guardando
    il cielo
    il confine con il mare
    il tempo sopra le rughe
    Tutti abbiamo qualcuno
    che protegge i nostri passi
    La natura si risveglia per ricordarcelo
    I mattini e le notti sono uguali
    se bussa alla tua porta la follia
    Se segui un morire ininterrotto
    Si nasce con l’inverno
    nella carne
    nelle ossa
    nel sangue
    Vite spezzate fanno ossigeno
    a quelle che camminano
    come sagome lungo i margini
    Devi dire tutta la verità
    Posso capirti
    Ho tanti cicli di spettri colorati
    La nebbia
    la neve
    la grandine
    non conoscono le mura di casa mia
    Ora sono appagata
    Posso dire con orgoglio …
    Ho danzato l’inverno!
    CLARA CHIARIELLO

  68. LA MIA SCRIVANIA
    ( Per non dimenticare Marina Cvetaeva)

    La mia scrivania
    è l’infinito,
    inchiodata
    con punte
    di cielo
    e di sangue.
    Navighi controvento
    nel vento
    dell’alienazione,
    mi avveleni di sole
    come una Rondine
    nel cielo blue.
    Sei fiore
    nascosto
    e forza
    ruggente.
    Sei il mio vestito
    più bello
    e il mio scettro
    d’amore
    coronato
    dalle viole.
    Il mio corredo
    prezioso
    di bisso
    d’Oriente.
    Ho sguainato
    la spada
    dal tuo legno
    di cuore,
    con la tua voce
    non m’inchino
    al potere.
    Sei il mio sacrario,
    sei mare
    più azzurro
    del mare.
    Mi avveno nel segreto
    del tuo, del mio sudario.
    Viva è la tua linfa
    come terra
    ebbra d’infinito
    con le radici nel cielo,
    nel cuore.
    Hai trafitto
    i miei passi
    di stelle.

    Sezione B accetto il regolamento
    Filomena Ciavarella

  69. Accetto il regolamento. Sezione B

    In metropolitana

    La sera,
    le metropolitane delle grandi città
    precipitano abbagliate solitudini
    in neri, doloranti intestini.
    I finestrini dipingono sulle pareti mute
    i grigi profili
    di padri stremati
    e di luminose ragazze dai lunghi capelli.
    I pensieri
    scivolano fuori dalle porte illuminate
    e si depositano sul fondo dei tunnel
    come scheletri di foglie invisibili.
    Ogni treno li risolleva
    e li disperde
    in nuvole fuligginose.
    Sento i lamenti
    di migliaia di insetti ciechi
    che ronzano e sbattono nella mia testa
    mentre, come ogni sera,
    sto rassegnato
    dentro la sporca e assordante rappresentazione
    del fine giornata.
    Ogni tramonto si muore.
    Le superfici
    si ricongiungono con i profili di tutte le albe.
    Ma in metropolitana non esiste il tramonto.
    La ragazza seduta accanto
    ride al telefono
    nella profumata speranza d’amore.
    Splende
    con la pelle morbida, odorosa
    e i brillantini sulle unghie colorate.
    Abita i suoi sogni
    e non sente
    il fragore ottuso delle ruote d’acciaio,
    aspetta la sua promessa di vita.
    La sera,
    nelle metropolitane delle grandi città
    tutti trattengono il respiro,
    aspettando che accada qualcosa
    lassù in superficie
    dove, forse,
    il sole tramonta ancora.
    E si fanno trafiggere
    dal dolore della speranza.

  70. Sezione A – Prosa –

    – Sognami –

    Seduta in silenzio, osservi l’andirivieni del tempo e pensi. Sei sul punto di piangere a causa di un brivido di emozioni.
    Qualcuno ti osserva da lontano. È con amici. Si avvicina e si siede vicino a te. “Ciao”, ti saluta. Rispondi con un “Ciao”. Ti giri verso di lui, lo osservi e un tuffo al cuore. Non vuoi crederci.
    È lui. Lui che tanto sogni… Sei sorpresa e incredula. Ti dai un pizzicotto sulla guancia per svegliarti.
    Ti chiede come stai, come mai li sola. Gli rispondi e parlate. Parlate, senza interruzione, di tante cose, ricordate certi momenti e ridete.
    I vostri occhi sono fissi gli uni sugli altri. Non riescono a staccarsi. Si sfiorano, si cercano, come le mani che giocherellano: quasi una carezza.
    “Cosa c’è?” ti chiede. Non riesci a rispondere. Lui capisce e ti guarda ancora più a fondo. I vostri sguardi sono vicini. I suoi occhi, continuano a posarsi sui tuoi, e i tuoi, fissi sui suoi, dicono tanto, ma non hanno il coraggio di esprimersi.
    Continuano a sfiorarsi, a cercarsi, a non cercarsi. A dirsi tutto.
    All’improvviso una folata di vento ti scompiglia i capelli, portandoteli in faccia. Le sue mani, mentre ti scosta i capelli, sfiorano i tuoi occhi, le tue labbra. Qualcosa lo blocca, interrompendo quel momento. Continuate a parlare, a giocare con gli occhi.
    Tu, dopo un po’, ti alzi.
    “Devo andare,” dici. E lo guardi intensamente negli occhi. Lui ti guarda e ti chiede di restare. Ma tu non riesci a stare ferma.
    Cerca di fermarti, ma tu ti allontani. Corri, corri.
    Ti segue, finché non riesce a raggiungerti. Ti prende la mano e ti ferma. Ti prende a se, stringendoti, e sussurrandoti qualcosa. Fino a quel bacio che vi cinge in un abbraccio infinito.
    Un’ebbrezza di vive emozioni. Un tutt’uno di immensità.

    … ti svegli e un brivido ti assale la spina dorsale. Ti lasci trasportare dall’aurora del mattino verso l’ebbrezza di quel momento, di quel sogno. Verso quel lui che ti ha preso il cuore.
    “È solo un sogno,” pensi. “Impossibile si realizzi.”
    Senti il telefono vibrare. Sarà la sveglia. No, è un messaggio.
    Un suo messaggio. “Buongiorno! Ti ho sognato stanotte.”
    […]

    Accetto il regolamento del concorso.

  71. Sezione B-poesia Accetto il regolamento

    -Primavera 1976-

    Tu non lo guardi il mare,
    lo abbracci ad occhi chiusi in un impeto di vento,
    pescando quel ricordo di carta velina e conchiglie,
    in cui hai avvolto sorridendo le tue labbra generose.
    Sul palmo lieve
    la fragilità degli anni in dono,
    mentre scosto dal viso una ciocca grigia
    che vedi e taci in un lungo sguardo.
    Di primavera si sopravvive.

  72. Sezione A accetto il regolamento

    Che viola tenue hanno sbocciato le ortensie, quel violetto arricciolato che ricorda i capelli di nonna, sotto a un fazzoletto con quattro nodi, uno per ogni angolo, a mo’ di cappello.
    Mi pareva così ridicola, china su un’erbaccia a litigare con la lunga radice, il lurido grembiule e i gambali di gomma verde.
    Ero giovane e me ne vergognavo, non era la nonna elegante che sognavo.
    Era la nonna con un fazzoletto in testa, un fazzoletto chiazzato di muco, sudore ed erba.
    Al mio arrivo si sollevava piano, tenendo le mani sulle reni, sorrideva sdentata tra una ragnatela fitta di rughe e mi baciava scostando la frangia.
    Com’era lieve quella mano ruvida, ancor più lieve del bacio.
    -Diventerai strabica-diceva.
    E la sua voce sfuggiva via veloce come un fruscio d’ali di farfalla.

  73. Marta Di Leo – Sezione B Poesia – Accetto il regolamento

    “Un senso”

    E’ difficile trovare un senso
    a questa vita
    a volte armoniosa come le corde di un pianoforte.
    A volte questa vita corre troppo forte inarrestabile
    come un treno che non conosce stazioni.
    A volte quando sei imprigionato dalle sofferenze
    questa vita ti attanaglia e ti chiede uno sforzo
    per spingerle dietro di te.
    A volte la vita si manifesta in tutta la sua bellezza
    e si catapulta nella tua esistenza.
    La vita non dorme mai
    insegue sempre una nuova alba
    o un nuovo tramonto.
    La notte si sposa con un nuovo giorno,
    in attesa della nostra corale partecipazione.
    La vita non è mai refrattaria di emozioni
    o di sensazioni,aspetta solo di essere vissuta.
    La vita soffia su di noi
    come un vento e decide essa,
    quando spegnere le sue candele.

  74. La strada

    Le nuvole coprivano la via, ma Gino non ne ebbe timore. Aspettava con fiducia il sole, e era certo che lei fosse alla finestra guardando l’orizzonte ed aspettando la sua figura avanzare. Sì ne era certo, dunque procedeva passo passo con dei fiori in mano ed un cappello in testa. Non l’aveva mai vista di persona, era stato uno scambio epistolare di un anno, era stato un amore improvviso nato dalla passione comune per la poesia. Ma Gino era certo che lei fosse la metà della sua anima. Le nuvole si diradarono quando vide da lontano casa sua. Avvicinandosi scorse la sua figura alla finestra proprio come aveva immaginato. Iniziò a correre. Il cuore sobbalzava, i pensieri correvano più veloci di lui. Ed arrivò. Arrivò da lei. E tutto fu proprio come aveva immaginato. Non si lasciarono mai.

    Accetto il seguente regolamento. Partecipo alla sezione A (short story)

  75. Sezione B- Accetto il regolamento

    The painter’s soul*** (impressioni su una mostra d’arte sul mare. Salerno 3 aprile 2017)

    Conobbi l’arte
    in feritoie dell’anima
    seguendo la mia mente
    con la sola vista orizzontale.
    Oltre non andai.
    Strappai dagli occhi
    sguardi appassionati
    e cancellai i volti
    per poterli assaporare.
    Come d’incanto, bloccai la vita
    in spazi ortogonali, strutture di cemento armato
    sopra il mare.
    Sognai di vivere in eterno,
    mostrando l’immagine scrostata del mio cuore
    nell’angiporto delle pulsioni occasionali.

  76. I nostri sogni

    Cascate di luce sul viale trapunto di rugiada
    la voce del tempo scandisce i suoi rintocchi
    volti e suoni di mille stagioni
    concerti di note nell’aria in fermento

    Con le tue mani gioca l’autunno tra i miei capelli
    si risvegliano i nostri ricordi
    antichi profumi di miele e vino novello
    mandorli, melograni e canti di fisarmoniche

    I filari spogli e un tappeto di foglie
    scricchiolanti che il pittore mondo
    ha colorato coi suoi pennelli dipinti di sole

    La voce degli ulivi ci scuote dai nostri abbracci
    siamo noi il presente e il futuro di queste terre
    rifiorite al battito nuovo del giorno

    Riconosco la mia anima in volo
    il respiro delle tue carezze in un lieve sussulto
    i nostri sogni ci tengono di nuovo per mano

    sezione B – accetto il regolamento

  77. Angelo mio
    Adoro immaginarti in punta di piedi, danzante su specchi d’acqua, con addosso una semplice veste bianca di lino, lunga oltre le ginocchia. Con le mani spalancate per mantenere l’equilibrio, i capelli biondi al vento. Ti immagino felice, finalmente lontana dal dolore che hai provato prima di chiudere per sempre gli occhi alla vita. Nonostante non lo volessi: non lo meritassi. Mi affaccio alla finestra e ti aspetto ancora, con il tuo passo veloce, la tua camminata leggera. Aspetto ancora che tu mi dica:” Buongiorno, vado di fretta ci vediamo in questi giorni”. Di tempo non né avevi mai abbastanza, il marito, i figli, i pensieri, i problemi. Amavo sorriderti sempre, baciarti le gote in segno di rispetto quando ti vedevo . Sapevo che se non lo facevi era solo per pudore, perché ti vergognavi dell’affetto. E abbassavo quelle barriere, sfioravo la tua pelle e ti donavo un bacio leggero. Lo stesso che la penultima notte, tra le lacrime ti regalai di nuovo, prima che la carne divenisse fretta e il cuore muto. Quando la febbre si era alzata e scottavi, ti dibattevi perché volevi vivere, ma non hai potuto.
    Marika Addolorata Carolla sez. A SHORT STORY – ACCETTO IL REGOLAMENTO

  78. In un giorno di donna

    Consegna l’alba al nascere del giorno le sue vele
    porta con sé ancora qualche ricordo
    di faccende prossime, rimandati sospiri;
    nudo il cielo tra le case non nasconde la sua bellezza.
    È donna, mamma e sposa, pensiero, amore e gioia
    colei che conta le ultime ancore di sonno
    mentre il bimbo adorato nell’altra stanza
    astuto già ripassa il suo programma
    di richieste giornaliere.
    Recide la virgola dell’ora un trillo ispido, impietoso.
    È un gioco di frontiera questa nuova partita,
    mai t’abbandona il sorriso
    che dolce si ripara nella conchiglia del tuo viso.
    Strattona la fretta ringhiante del traffico
    auto, clacson, centimetri da conquistare
    nel giornaliero porto vorticoso
    che però non riesce a scolorare
    la luce che ti danza sulla pelle;
    né ti velano gli angolosi tracciati del lavoro
    a braccetto con mani e occhi e voci
    che spesso del mare non hanno il colore vero.
    Ancora voli tra le spiagge disallineate del tempo
    palestra, catechismo, compiti da verificare
    fino a quando si nasconde l’orizzonte della fatica.
    Stemperano le prime rughe giovani
    una carezza calda amica, un palpito, un fermento.
    Domani germoglierà un altro passo di destino.
    Resterai multiforme incanto. Donna.
    Muliebre eco di vento.

    Sezione B
    Giuseppe Mandia
    Accetto il regolamento

  79. MICHELA MILANI – SEZ. B – ACCETTO IL REGOLAMENTO

    QUALCOSA DI MAGICO
    Quando gli occhi parlano senza sosta,
    la bocca pensa cose nuove,
    la mente si muove senza controllo
    e le mani guardano curiose…
    qualcosa di magico sta già avvenendo…

  80. LA FUGA

    Me ne stavo sdraiata sulla spiaggia vestita di un abito bianco, con un libro tra le mani. In lontananza, su un mare leggermente increspato, le barche scivolavano leggere con le vele candide gonfiate dal vento.
    Ero impaziente di vederlo arrivare ma mi angosciava il suo sguardo triste. Tra le lacrime mormorava che i miei occhi bucavano la tela.
    Non sapevo cosa fosse l’amore ma mi convinsi che l’amore erano le sue lacrime. Non si stancava di accarezzarmi il viso e i capelli e le sue dita mi sfioravano le labbra.
    Una sera lui non uscì dal museo e io presi la decisione più sconsiderata della mia vita. Gli tesi la mano e scesi dal quadro per stare qualche ora tra le sue braccia e consolarlo.
    Fui felice di vedere finalmente il sorriso nei suoi occhi ma la notte, rapida, volò via.
    Alle prime luci dell’alba quando i raggi del sole, dalle vetrate, cominciarono ad inondare la galleria, cercai di riprendere il mio posto nel quadro ma tutto era scomparso. Il mare, la spiaggia, le vele, il cielo, non c’erano più.
    Sulla tela bianca, solo una piccola figura umana caricaturale.

    Accetto il regolamento- Partecipo alla sezione A-

  81. Io resto

    Il granito ed il ginepro
    un cielo di tutti e di nessuno
    sabbie e mare che si coccolano
    si abbracciano
    si amano.
    Un volo di fenicotteri
    sopra le nostre teste dure
    la voglia di essere nudi
    di essere noi
    e la speranza di restare.
    Sei sempre stata così
    di una bellezza che fa piangere
    di una solitudine amica
    e ti guardo
    tutte le mattine
    sino alla notte
    per cercare ancora
    qualcosa
    che non mi faccia andare.

    Antonello Meazza

    Sezione B Poesia – Accetto il regolamento

  82. Frequenti il liceo classico, nel tuo futuro
    non troverai mai un lavoro duraturo.
    Studi miti antichi e lingue morte
    sei consapevole di quale sarà la tua sorte?
    Dopo tutte le fatiche che hai sopportato
    ti ritroverai ad essere disoccupato.
    Mi domando ciò a che serve
    se alla fine non ti rimane niente?

    O stolta persona a cui piacciono le critiche
    ti spiegherò la bellezza di quel che tu definisci fatiche:
    banchettai con i Numi, così simili agli uomini
    eppure padroni del cielo.
    Ascoltai l’armonioso suono della lira di Orfeo e piansi con lui
    lacrime amare per quell’amore così simile a primavera
    che non poté sopravvivere al gelido inverno.
    Vissi con Ettore la divina illusione di avere un fratello vicino
    in quel duello che gli dei resero fatale
    contro il Pelide Achille affrontai il mio destino.
    Viaggiai per i navi sulla nave di Odisseo
    avendo come bussola l’amore
    e indossando nostalgia come un panno sporco di navigazione.
    Dialogai con Socrate per trovar la verità
    ma alla fine scoprimmo che il sapere è già qua:
    non bisogna scrutare nel cielo lontano
    risiede in noi stessi, appartiene all’umano.
    Conobbi Cesare, Virgilio, Cicerone
    appresi da Policleto l’arte della precisione.
    Condussi l’impero all’età dell’oro al fianco di Traiano
    cavalcai la dimensione del sacro e del profano.
    Ammirai la bellezza delle lingue antiche
    e la melodia delle parole ripagò le fatiche.

    Ebbene, o stolta persona a cui piace criticare
    spero ti sia giunto ciò che volevo comunicare:
    ho conosciuto la bellezza
    è penetrata nel mio cuore,
    ho vissuto quell’ebbrezza
    di imparare con stupore.

    Sezione B poesia – accetto il regolamento

  83. COME FOGLIA

    Seguendo a volte il mutare del vento
    rivedo d’esser stato come foglia.
    Ora che tocco a terra lento, e spenta
    ogni ragione per puntare al cielo,
    m’ accovaccio al caldo delle mie sere
    disteso sulle membra rugginose.

    Se sembra irraggiungibile l’interno
    di un tempo che si pensa sogno eterno
    é buona solitudine da accogliere
    quella che mi accompagna ad una soglia
    dove c’è sempre un ramo che mi invita
    ad un ritorno che metta germogli.

    Sezione B poesia- accetto il regolamento

  84. Loria Orsato

    VENEZIA

    Si può sentire la trasformazione
    che avviene dentro di sé,
    man mano che cresce fino a sentirsi,
    così felici,
    mentre due cuori diventano uno,
    in cerca, tra il fragore delle onde,
    della limpidezza dei desideri,
    dei sorrisi che illuminano la notte,
    come fa la luna.

    Si può far finta di non ascoltare,
    il risveglio,
    il traboccare delle emozioni,
    degli sguardi che si intrecciano sospesi
    tra ponti solitari e campi brillanti,
    dove le fragranze di miele e di salsedine
    si mescolano
    per lasciar posto al nuovo.

    Si può anche,
    allontanarsi da tutto ciò,
    non osservare,
    quello che palpiti pulsanti colgono,
    in assenza di occhi che cercano
    bellezze intramontabili nel tempo,
    fino a dimenticarsi di respirare
    per guardare i sogni leggeri salire al cielo
    e perdersi tra la brezza e le nubi sopra la laguna.

    Si deve attendere,
    un’altra notte a Venezia,
    dove le gondole,
    di ieri e di oggi,
    vagano per i canali,
    per incontrare quegli occhi che parlano ad altri occhi,
    quando le ombre si allungano sulle calli,
    quando i rumori si fanno silenziosi
    e lo sciabordio delle acque prende fiato
    portando l’odore del mare
    sulle mani che lontane,
    ora,
    si cercano.

    Sezione B Posia. Accetto il regolamento.

    1. Ahhhh Sebastiano, ci siam scordati di inserire qui i nomi dei finalisti!!!
      Grazie per il tuo commento! Ora inseriamo!!!

      ED IN BOCCA ALLA GIURIA… SPERANDO CHE NON CREPI!

  85. — FINALISTI CONTEST “IL TRONO DEL PADRE”

    SEZIONE A
    Anna Paola Lacatena con “Apelle figlio… di Apollo”
    Laura Vargiu con “Come le rondini”
    Enrico James Scano con “Profumo”
    Vito Ditaranto con “Nero”
    Antonio Bianchi con “Cielo”
    Maria Teresa Dotti con “Che viola tenue”
    Paola Pittalis con “Conflitti”

    SEZIONE B
    Corrado Cioci con “Purgatorio”
    Fabrizio Bregoli con “Sapere di te”
    Gianfranco Isetta con “Come Foglia”
    Sebastiano Impalà con “La follia di Omero”
    Luca Garbatella con “Fiori”
    Grazio Pellegrino con “Credo in un solo Dio”
    Nicola Matteucci con “Innovazioni”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *