“Imparare ad essere felici”: il seminario di Paolo Crepet sulla felicità a Taranto

Imparare ad essere felici”, lagnarsi è più che un vezzo, una difesa: è ciò che sanno fare meglio perché lo hanno imparato fin dall’infanzia. Combattere questo atteggiamento vuol dire elaborare una nuova grammatica quotidiana, avviare una piccola rivoluzione. E, lo psichiatra, dimostra come educare alla felicità, quella autentica – da non confondere con la gioia effimera – dovrebbe essere il compito primario di ogni adulto e di ogni insegnante. Un modo efficace per far si che i bambini possano crescere più forti e meno ricattabili, e i ragazzi, gli adulti di domani, più liberi.”

Paolo Crepet - Taranto

L’otto marzo 2017 si è svolto presso il salone della provincia di Taranto, un incontro seminario con Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, scrittore, sul tema della “Felicità”.

A rendere fattibile l’incontro, Gina Lupo, Consigliere di Parità della Provincia di Taranto e Assessore alla Cultura al Comune e Deborah Giorgi presidente del Soroptimist International Club di Taranto. Crepet ha esordito dicendo:

“Buona sera a tutti, grazie, io sono uno psichiatra vagante errante… cos’è la felicità?… io forse non lo so, ma una cosa è certa,… ad una certa età ti fai delle domande! E una di queste è: come parlare a un giovane di felicità? In un mondo in cui ciò che conta è il sadismo di visioni negative e io non mi ritrovo nelle parole della gente che afferma che il mondo va a rotoli… sono molto orgoglioso di mia figlia che ha avuto il coraggio di vivere sola in una città lontano da me…ma questo cosa vuol dire? … sicuramente che lei va nella direzione giusta! … non vi nego inoltre che io parlo con le persone trapassate, tra cui mio padre…”

Non nego che questa sua premessa mi ha molto colpito, trasmettendomi una visione più ampia dell’uomo Crepet. La felicità e i luoghi in cui viviamo. Di fronte al caos e alla fatica del nostro vivere, ripensare dove e come poter essere felici può sembrare un’utopia, ma può divenire reale attraverso una riflessione che attraversa e reinterpreta la mappa della nostra anima e della nostra coscienza introducendo l’individuo alla interpretazione della felicità interconnessa alla libertà: “… la felicità non è per tutti, ma la felicità è nella libertà di scegliere…”

Ogni giorno ognuno di noi è alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che possa rendere più felice la propria giornata. Ricerchiamo costantemente di essere gratificati, di essere appagati per sentirci vivi. Eppure la realizzazione dei nostri desideri non potrà mai appagarci completamente, non potrà mai renderci completamente felici.

In India ho imparato che la felicità senza un motivo è reale beatitudine. La felicità interiore procura, a chi la prova, una gioia reale, che è dissociata dai fattori esterni, dalle persone che ci circondano o dagli oggetti che possediamo. Chi sperimenta la vera felicità interiore è completamente appagato, non è posseduto dalle cose che possiede. Chi è davvero felice è una persona libera.Questo tipo di felicità è uno stato di consapevolezza, che ha il potere di ancorarci nel momento presente, che permette di riconoscere nell’istante, il dono della contentezza. Dopotutto essere felici è una scelta.

Paolo Crepet

Il mondo esterno influenza notevolmente il nostro mondo interiore e non sempre in maniera positiva. Come esseri umani siamo arrivati ad un momento critico della nostra esistenza, ad un punto di irreversibilità. Siamo tutti iper-connessi, grazie alla tecnologia che non smette mai di stupirci. Se guardiamo in faccia la nostra realtà, riconosciamo che siamo completamente disconnessi dalla realtà interiore. Non riusciamo più a riconoscere in chi ci vive accanto l’altra parte di noi stessi. Non ci sentiamo più parte della stessa comunità. Ci siamo condannati ad essere schiavi di abitudini negative, di pensieri deliranti, che hanno spento completamente i nostri sorrisi. Abbiamo scelto l’infelicità senza esserne consapevoli. Spesso non sappiamo neppure dove stiamo andando e quale strada abbiamo intrapreso. “… libertà è anche accettare che i figli facciano qualcosa che tu non comprendi…”

Crepet ha anche evidenziato la schiavitù moderna dei social. In cui ad esempio si possono avere centinaia di conoscenti evidenziati con la parola “amici”.

In questa sua ultima affermazione mi è sembrato di rileggere Orwell e l’ideologia dominante dello stato immaginario di Oceania, uno dei tre paesi in cui è diviso il mondo nel romanzo “1984”, “La libertà è schiavitù”, “La guerra è pace”, “L’ignoranza è forza”.

Parlando, inoltre, di come noi oggi viviamo in funzione degli altri, Crepet, ha citato anche D. Bowie: “… non suonate mai per la gente, un artista vero non fa mai ciò che la gente li chiede…”  

Ha citato anche A. Modigliani: “… Il tuo dovere è preservare il tuo sogno…,l’educare non ha nulla di materiale…”

Continuando: “… La felicità è una certezza posata su fondamenta invisibili. Per questo devi continuare a cercarla, e appena penserai di averla raggiunta, già sarà sfumata e dovrai inseguire la prossima. Non arrenderti mai all’idea che la felicità non possa esserci per te da qualche parte, nel mondo. Non farlo neppure l’ultimo giorno della tua vita, perché ci sarà sempre, vicino a te, qualcuno che avrà bisogno di intravederla nei tuoi occhi… molto spesso si tende a confondere la felicità con qualcosa che potremmo definire come “gioia effimera”. Ma la gioia effimera non ha nulla a che vedere con la felicità; altrimenti, se così fosse, potremmo arrivare ad affermare che anche una striscia di cocaina potrebbe dare la felicità… mentre così non è. Il concetto di felicità è qualcosa di più complicato. Ha a che vedere con una visione sentimentale della vita e assai poco materiale. Oggi, purtroppo, molta gente pensa che per essere felici basti comprare un vestito nuovo al supermercato. Va bene anche questo, ma non chiamiamolo felicità. Sarebbe come considerare amicizia vera quella che oggi si raccoglie su Facebook. Cos’è allora la felicità? In definitiva, è una ricerca. Non è avere qualcosa, e nemmeno essere felici in senso stretto… semmai è tentare di esserlo tenendo presente il fatto che, nel momento stesso in cui siamo riusciti a essere felici, abbiamo già cessato di esserlo. Ecco, la felicità è una ricerca continua. È un anelito. È qualcosa che ha a che vedere con la filosofia, più che con il materialismo.”

Ho apprezzato molto questo seminario e ho cercato di cogliere il lato occulto (nascosto) attraverso le sue parole, i suoi sguardi, le sue espressioni.

Paolo Crepet - Gina Lupo

Nel finale la mia mente si è illuminata quando lo psichiatra ha citato l’importanza del silenzio:

“Il silenzio è d’oro” “Silentium est aureum”

“Di oro fu generato, fin dunque al nero mutato. Di altri tanti colori fu nel mezzo pervaso, affinché nella sfumatura comprendesse la bellezza, sì tale e profondo movimento, sì caldo e rincuorante sapore, dagli occhi fu celato e quasi completamente perduto. Or bene, guardate i colori, percepite il sapore, vibrate come un violino, respirate la vita, e quando io ritornerò ve ne accorgerete in voi. Silenzio dunque, ascoltate lo spazio, percepite le ombre, amate il momento. Che gli sciocchi siano avvisati, tale scienza non punta al danaro, allontanatevi dunque, poiché le insidie spaventose saranno.”

“Il silenzio è d’oro”, citato più volte da Arturo Perez Reverte, nel “Club Dumas” attraverso il libro “Le nove porte”. “Il Club Dumas” (1993) è un caso letterario piuttosto interessante.

Formalmente è una volgarizzazione del concetto de “Il Pendolo di Foucault” (1988) di Umberto Eco.

Il protagonista, il mercante di libri Lucas Corso, mentre indaga sulla sparizione di un prezioso manoscritto dei Tre Moschettieri di Dumas si imbatte in un libro dal valore inestimabile, il Delomelanicon o Le Nove Porte del Regno delle Ombre, per il cui controllo si battono i vari occultisti. Corso scopre la chiave di lettura di tale opera e alla fine è lui stesso a percorrere il cammino delle Nove Porte del Regno delle Ombre. Il mito del Novem Portis è elaborato su fonti rinascimentali. L’idea di un volume dove le incisioni custodiscono il vero senso ermetico è presente nell’Hypnerotomachia Poliphili di Leon Battista Alberti, del 1499, dove il vero testo è formato dalle incisioni di Andrea Mantegna. Un nuovo percorso iniziatico, rinascimentale e visuale, che si sostituisce a quello medioevale e letterario della Commedia dantesca. Le Porte, invece, sono nella tradizione cabalistica le Sefiroth, i passaggi tramite i quali si giunge alla Sapienza.

Il “Portae Lucis” è una delle due fonti dell’immaginario pseudobiblion “Le Nove Porte”, divulgato da Perez Reverte e da Roman Polanski. Il volume, uscito nel 1516, è un compendio della Cabala ebraica; le porte della Luce, in questo caso Dieci, sono le dieci sfere planetarie nella Cabala ebraica, che formano l’albero delle Sefiroth tenuto in mano dal sapiente, formando una grande “Lanterna”. Ebbene, senza dilungarmi troppo il fulcro centrale e finale di queste opere è proprio la frase pronunciata al termine del seminario da Crepet: “Il silenzio è d’oro”.

Poiché non solo io, ma anche grandi personaggi storici come Oscar Wilde e C. G. Jung, affermano che il caso non esiste, sicuramente anche l’ultima frase di Crepet non è casuale.

Silenzio.

 

Written by Vito Ditaranto

… a mia figlia Miriam con infinito amore…

 

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