Oscar 2017: L’aria che tira – Riflessioni, pronostici, statistiche e curiosità sulle nomination #4

Mancano 27 giorni all’89a Notte degli Oscar. Le nomination sono state annunciate lo scorso 24 gennaio, e s’è fatta la storia per diverse ragioni.

 

Oscar 2017

L’Italia c’è, con un’onorevole totale di 4 nominati in 2 sezioni competitive: Gianfranco Rosi (regista) e Donatella Palermo (assieme a Rosi uno dei 7 produttori) del documentario Fuocoammare”, Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini truccatori di “Suicide Squad. Due brevi approfondimenti saranno loro dedicati qualche riga più avanti, nei paragrafi riservati alle categorie di riferimento.

Ecco l’elenco dei lungometraggi caratterizzati da plurime candidature.

  • 14 nomination – “La La Land”;
  • 8 nomination – “Arrival” e “Moonlight”;
  • 6 nomination – “La battaglia di Hacksaw Ridge”, “Lion – La strada verso casa” e “Manchester by the Sea”;
  • 4 nomination – “Barriere” e “Hell or High Water”;
  • 3 nomination – “Il diritto di contare” e “Jackie”;
  • 2 nomination – “Animali fantastici e dove trovarli”, “Deepwater – Inferno sull’Oceano”, “Florence”, “Kubo e la spada magica”, “En man som heter Ove”, “Oceania”, “Passengers” e “Rogue One: A Star Wars Story”.

Conseguentemente, gli appuntamenti da non perdere nelle nostre sale sono fissati con “La battaglia di Hacksaw Ridge” (dal 2 febbraio), “Manchester by the Sea”“Moonlight” (dal 16 febbraio), “Barriere” e “Jackie” (dal 23 febbraio), “Il diritto di contare” (dall’8 marzo, purtroppo a cerimonia da un pezzo conclusa). “Hell or High Water” probabilmente non arriverà mai nei cinema, essendo stato distribuito lo scorso novembre su Netflix.

Stando al semplice ammontare delle candidature predette lo scorso mese, si può osservare la perfetta coincidenza riscontrata in merito a “La La Land”, “Moonlight” e “Manchester by the Sea”; leggermente sottostimato è risultato “Lion – La strada verso casa” (6 categorie contro le 5 mediamente quotate), sovrastimati invece “Arrival” (8 contro 10), “Barriere” (4 contro 5), “Il diritto di contare” (3 contro 4), “Hell or High Water” (4 contro 5) e “Sully” (1 contro 2, fino allo scorso dicembre invece stabile a 6); più ampio il divario registrato da “La battaglia di Hacksaw Ridge” (6 contro 10), “Florence” (2 contro 5), “Jackie” (3 contro 7), “Il libro della giungla” (1 contro 4, ma 3 mesi fa si librava a quota 8), “Loving” (1 contro 4) e “Rogue One: A Star Wars Story” (2 contro 6).

Il “Silence” di Martin Scorsese probabilmente è la più consistente sorpresa negativa: una sola nomination (peraltro di carattere tecnico) quando il mese scorso se ne prospettavano 9 e quello precedente addirittura 12. Nessuna gara per “Billy Lynn – Un giorno da eroe” di Ang Lee, “La legge della notte” di Ben Affleck e “A Monster Calls” di J. A. Bayona (e su tutti e tre infatti ci si era espressi non a sproposito).

Miglior film

La La Land

Dopo il 2015 e il 2016, anni degli ottetti, l’Academy riallaccia il 2017 ai nonetti del 2012, del 2013 e del 2014, rose ingiustificatamente incomplete dato che dal 2010 v’è una saggia regola che ha ampliato da 5 a 10 il numero dei lungometraggi nominabili come migliori produzioni dell’anno. Possibile che fra 336 titoli riconosciuti eleggibili non se ne sia trovato un decimo che accompagnasse l’annunciato triumvirato costituito dal mattatore ai Golden Globe, trionfatore anche ai London Critics’ Awards, “La La Land” (Fred Berger, Jordan Horowitz e Marc Platt, quest’ultimo alla seconda candidatura nel giro di due edizioni consecutive), “Manchester by the Sea” (Lauren Beck, Matt Damon, che alla quinta nomination della carriera, la prima in veste di produttore, diviene dopo Warren Beatty e George Clooney il terzo artista ad aver esplorato le categorie inerenti la recitazione, la sceneggiatura e la produzione, Chris Moore, Kimberly Steward e Kevin J. Walsh) e il prediletto della National Society of Film Critics “Moonlight” (Dede Gardner, a quota 5 candidature, Jeremy Kleiner, fermo a 4, divenuto il primo duo a risultare in lizza per 4 anni consecutivi, a partire dal 2014, e Adele Romanski), oltre ad “Arrival” (Dan Levine, Shawn Levy, David Linde e Aaron Ryder), “Barriere” (Todd Black, Scott Rudin, giunto all’ottava nomination, e Denzel Washington, idem, ma alla prima occasione nei panni di produttore), “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Bill Mechanic e David Permut), “Hell or High Water” (Carla Hacken e Julie Yorn), “Lion – La strada verso casa” (Iain Canning ed Emile Sherman, entrambi due candidature in saccoccia, e Angie Fielder) e l’ultimo titolo, il meno solido fra quelli sin qui auspicati, ossia “Il diritto di contare” (Peter Chernin, Donna Gigliotti, alla quarta nomination, il regista Theodore Melfi, Jenno Topping e Pharrell Williams, per la prima volta nominato come produttore e non come musicista)?

Almeno due i film che potevano riempire il posto vacante, e magari anche sostituire i buonismi di facile presa di “Lion”, prodotto esotico confezionato alla perfezione per il pubblico americano in cerca di commozioni lungi da zavorre estetizzanti, filosofismi o altre macchinazioni di spessore: parliamo del coraggioso e indimenticabile “Silence” (fra i cui produttori figurava peraltro il nostro Vittorio Cecchi Gori) e dell’onestissimo “Sully”, firmato, lo ricordiamo, da uno dei miti hollywodiani dallo stile più asciutto e senza fronzoli degli ultimi decenni, l’inossidabile Clint Eastwood.

Esclusi dalla competizione anche “Loving” di Jeff Nichols e “Jackie” di Pablo Larraín (“che l’Academy continua inspiegabilmente a fingere che non esista”, lamentava coerentemente Federico Boni di Cineblog), quindi le commedie nominate ai Golden Globe “20th Century Women”, il fortunato dei PGA “Deadpool” (per la delusione di Ryan Reynolds e dei suoi fan, i quali perciò si suppone non riceveranno mai il regalo promesso dal protagonista in caso il blockbuster l’avesse spuntata), “Florence” e “Sing Street”; nessuna traccia (qui come altrove) anche di “Io, Daniel Blake” (nominato ai BAFTA), o di “The Birth of a Nation – Il risveglio di un popolo”, ma in fondo la lista potrebbe a lungo continuare includendo una serie di titoli consistenti raramente o per nulla inclusi nei mesi trascorsi dai siti presuntivi. Alla scorsa cerimonia, lo ricordiamo, ha trionfato “Il caso Spotlight”; gli esperti di Goldderby puntano sicurissimi su “La La Land”.

Miglior regista

Kenneth Lonergan

Il trio inscalfibile composto da Damien Chazelle (“La La Land”, vincitore del Golden Globe, innalzatosi a quota 3 candidature ad appena il terzo film, terzo peraltro a ricevere consecutivamente almeno un giudizio pari a 100 su Metacritic), Kenneth Lonergan (“Manchester by the Sea”, 4 nomination a partire dal 2001) e Barry Jenkins (“Moonlight”, premiato alla National Society of Film Critics) è accompagnato dal telefonato Denis Villeneuve (“Arrival”), mentre a sorpresa Mel Gibson (“La battaglia di Hacksaw Ridge”) è riuscito a tornare agli Oscar 21 anni dopo il duplice trionfo di “Braveheart – Cuore impavido” (1995), scavalcando in ultima battuta (similmente al Tom Ford di “Animali notturni” ai Golden Globe, nominato anche ai BAFTA) gli speranzosi Denzel Washington (“Barriere”) e Martin Scorsese (“Silence”), oltre al Garth Davis di “Lion – La strada verso casa” (presente ai DGA). Goldderby attribuisce il ruolo di probabilissimo successore di Alejandro González Iñárritu (trionfante l’anno scorso grazie a Revenant – Redivivo) a Chazelle: se questi risultasse il prediletto dell’anno, diverrebbe il più giovane regista a vincere la statuetta, battendo Norman Taurog, trionfatore grazie a “Skippy” (1931) a 32 anni e 260 giorni.

Miglior attore protagonista

Troviamo una cinquina identica a quella degli Screen Actors Guild Awards: Casey Affleck (“Manchester by the Sea”, alla seconda occasione, premiato alla National Society of Film Critics e ai London Critics’ Awards), Andrew Garfield (“La battaglia di Hacksaw Ridge”), Ryan Gosling (“La La Land”, vincitore del Golden Globe, anch’egli alla seconda opportunità), Viggo Mortensen (“Captain Fantastic”, idem, il quale alla fin fine ha scalzato Joel Edgerton, “Loving”) e Denzel Washington (“Barriere”, il settimo a ricevere due nomination come attore e produttore dello stesso film, alla stessa maniera di Warren Beatty, Kevin Costner, Clint Eastwood, Brad Pitt, Leonardo DiCaprio e Bradley Cooper).

Adam Driver (“Paterson”) e, preferenza del sottoscritto, Tom Hanks (“Sully”, scelta condivisa anche ai People’s Choice Awards) puntualmente radiati dalla sfida, così come Jake Gyllenhaal (“Animali notturni”, incluso dai BAFTA) e i commedianti dei Golden Globe Colin Farrell (“The Lobster”), Hugh Grant (“Florence”, protagonista o meno che fosse riconosciuto), Jonah Hill (“Trafficanti”) e Ryan Reynolds (“Deadpool”, trionfante ai People’s Choice Awards). Chi eguaglierà il Leonardo Di Caprio di “Revenant – Redivivo”? Molto Probabilmente Affleck, stando alle scommesse di Goldderby.

Miglior attrice protagonista

Confermato lo zoccolo duro formato da Natalie Portman (“Jackie”, raggiunta quota 3 candidature) ed Emma Stone (“La La Land”, vincitrice del Golden Globe, quota 2), tallonate ora da Isabelle Huppert (“Elle”, premiata alla National Society of Film Critics), Ruth Negga (“Loving”) e l’imprescindibile (a ragione) Meryl Streep (“Florence”, regina ineguagliabile delle nomination, 20 a partire dal 1979), le quali prendono il posto delle promesse rappresentate da Amy Adams (“Arrival”, ricordata dai Golden Globe e i BAFTA, a proposito della quale il regista Denis Villeneuve, festeggiando e rattristandosi allo stesso tempo, si è espresso senza nascondere la propria delusione, attribuendole lo status di “anima di questo film”) e Annette Bening (“20th Century Women”).

Nulla da fare per Emily Blunt (“La ragazza del treno”, accettata dai BAFTA), Jennifer Lawrence (premiata ai People’s Choice Awards) e le candidate ai Golden Globe Jessica Chastain (“Miss Sloane”), Lily Collins (“L’eccezione alla regola”) e Hailee Steinfeld (“The Edge of Seventeen”). L’anno scorso il premio è andato a Brie Larson per “Room”; questo giro per gli esperti di Goldderby toccherà ad Emma Stone, di gran lunga preferita, su tutte, a Natalie Portman.

Miglior attore non protagonista

Jeff Bridges

Mahershala Ali (“Moonlight”, premiato alla National Society of Film Critics e ai London Critics’ Awards), Jeff Bridges (“Hell or High Water”, nominato per la settima volta a partire dal 1972), Dev Patel (“Lion – La strada verso casa”) e Lucas Hedges (“Manchester by the Sea”) hanno prevalso come da manuale; regala una sorpresa parziale Michael Shannon (“Animali notturni”, al secondo tentativo), escluso ai Golden Globe e ai BAFTA ma resuscitato (non a torto) in casa Academy, spingendo fuori dalla gara Ben Foster (ancora “Hell or High Water”) e Issey Ogata (“Silence”), accanto ai meravigliosi candidati al Golden Globe Hugh Grant e Simon Helberg (“Florence”, il primo in qualità di protagonista), oltre ad Aaron Taylor-Johnson (ancora “Animali notturni”, nomination ai BAFTA). Mark Rylance (eletto 12 mesi or sono per “Il ponte delle spie”) cederà il posto a Mahershala Ali: così la pensa in Goldderby.

Miglior attrice non protagonista

Caso eccezionale confermato: la cinquina composta da Viola Davis (“Barriere”, terza chance), Naomie Harris (“Moonlight”, vincitrice ai London Critics’ Awards), Nicole Kidman (“Lion – La strada verso casa”, nominata per la quarta volta), Octavia Spencer (“Il diritto di contare”, per la seconda volta in gara) e Michelle Williams (“Manchester by the Sea”, giunta alla quarta occasione, premiata alla National Society of Film Critics), annunciata unanimemente da tutti gli scommettitori, oltre che nominata ai Golden Globe e agli Screen Actors Guild Awards, è salita sul podio degli Oscar. Nessuna speranza per Lily Gladstone, speciale in un film di livello (“Certain Women”) totalmente escluso da ogni considerazione. E dopo Alicia Vikander (Oscar per “The Danish Girl”), sarà il turno di Viola Davis: gli esperti di Goldderby lo danno per assodato.

Miglior sceneggiatura originale

Come non v’era dubbio sulla valenza di “Hell or High Water” (Taylor Sheridan), “La La Land” (Damien Chazelle, vincitore del Golden Globe), “The Lobster” (Efthymis Filippou e Yorgos Lanthimos) e “Manchester by the Sea” (Kenneth Lonergan, premiato alla National Society of Film Critics e ai London Critics’ Awards), non mancavano i dubbi su “20th Century Women” (Mike Mills), che ha sorpassato il favorito “Captain Fantastic” (Matt Ross). Anche l’avventura di “Jackie” (Noah Oppenheim) e “Vi presento Toni Erdmann” (Maren Ade) termina qui. Dopo “Il caso Spotlight”, probabilmente giungerà Lonergan, anche se Goldderby riporrebbe ancora qualche speranza in Chazelle.

Miglior sceneggiatura non originale

Accanto ai risaputi “Arrival” (Eric Heisserer), “Barriere” (August Wilson, Premio Pulitzer e Tony Award per l’originaria opera teatrale, il quale, fatto forse non a tutti noto, riceve la sua prima ed unica candidatura a più di 11 anni dalla sua dipartita, emulando la sorte che interessò Larry Russell, vincitore dell’Oscar per la colonna sonora di “Luci della ribalta”, 1952, 19 anni dopo la propria morte, avvenuta nel 1954), “Lion – La strada verso casa” (Luke Davies) e “Moonlight” (Barry Jenkins, alla sua prima doppia nomination), satura la cinquina non “Loving” (nominato ai WGA), non “La battaglia di Hacksaw Ridge” (presente invece ai BAFTA), nemmeno “Animali notturni” (Tom Ford, pure incluso dai Golden Globe, dai BAFTA e dai WGA, che non suddividono fra sceneggiature originali e adattate, mantenendo però a 5 il numero massimo di candidati), né infine tantomeno “Deadpool” (incluso dai WGA), bensì “Il diritto di contare” (Theodore Melfi, anch’egli alla sua prima doppia nomination, e Allison Schroeder). Sconfitti anche “La legge della notte”, “Silence” e “Sully”. Chi si conquisterà la statuetta attribuita a “La grande scommessa” nella scorsa Notte degli Oscar? Se lo meriterebbe “Moonlight”, a detta degli esperti di Goldderby.

Miglior film d’animazione

La mia vita da zucchina

Anche la cinquina dei lunghi animati è stato un centro perfetto: la sfida è assai accesa fra Kubo e la spada magica (di Travis Knight, produttore alla seconda candidatura assieme ad Arianne Sutner; Laika), La mia vita da zucchina (di Claude Barras, produttore Max Karli; Blue Spirit Animation, Gébéka Films, KNM, Rita Productions), “Oceania” (di Ron Clements e John Musker, rispettivamente alla terza e seconda nomination, produttrice Osnat Shurer; Disney), “La tartaruga rossa” (di Michael Dudok de Wit, candidato per la terza volta, produttore Toshio Suzuki, già concorrente grazie al nipponico “Si alza il vento”; coproduzione che coinvolge 7 case fra cui lo Studio Ghibli) e Zootropolis (di Byron Howard e Rich Moore, entrambi alla seconda nomination, produttore Clark Spencer; Disney). Non ce l’ha fatta il godibilissimo “Sing” della Illumination Entertainment (che, si noti, da titolo di gran lunga più intelligente di “Pets – Vita da animali”, l’altro capitolo sfornato dalla casa nel 2016, non è riuscito a raggiungerne la metà degli incassi).

Disney e Pixar dal 2014 continuano ad alternarsi, sostituendosi alla direzione del film vincitore (perché vincerà, e a buon diritto anche secondo i periti di Goldderby, Zootropolis, la vicenda all-animals fortunata di questa stagione, a discredito del cugino modesto “Sing”): non c’è “Alla ricerca di Dory” (mentre l’anno scorso ha vinto “Inside Out” senza alcun classico del canone d’intralcio, nel 2015 “Big Hero 6” e nel 2014 “Frozen – Il regno di ghiaccio”, in entrambi i casi senza alcun gioiello allestito dallo Studio di Emeryville). Nessuna traccia neppure di “Miss Hokusai”, figuriamoci de “Il piccolo principe”, protagonista di un autentico assassinio distributivo come già si è avuta occasione di constatare; esclusi pure il sozzissimo “Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia” e il delicato “your name.”, “Avril et le Monde Truqué” (aka “April and the Extraordinary World”) e ancora “Trolls”.

Miglior film straniero

Dalla shortlist sono stati salvati “Il cliente” (di Asghar Farhadi, candidato per la sceneggiatura di “Una separazione”, 2011, premiato con l’Oscar; Iran), “Land of Mine – Sotto la sabbia” (di Martin Zandvliet; Danimarca), “En man som heter Ove” (aka “A Man Called Ove”, di Hannes Holm; Svezia), “Tanna” (di Martin Butler e Bentley Dean; Australia, per la prima volta in competizione nella categoria) e “Vi presento Toni Erdmann” (di Maren Ade; Germania).

Tagliati fuori “La mia vita da zucchina (di Claude Barras, nominato nella sezione dei film animati; Svizzera), “Paradise” (del maestro Andrej Končalovskij; Russia), “È solo la fine del mondo” (del fuoriclasse Xavier Dolan, che già era stato ingiustamente escluso nel 2015 per “Mommy”, recentemente candidato senza riserve ai César) e “Kongens nei” (aka “The King’s Choice”, di Erik Poppe; Norvegia). Segnaliamo le candidature ai Golden Globe di “Divines” (di Houda Benyamina; Francia) e “Neruda” (dell’immenso Pablo Larraín; Cile), oltre alla vittoria di “Elle” (di Paul Verhoeven; Francia). Dopo l’exploit memorabile de “Il figlio di Saul”, fra meno di un mese potrebbe conquistarsi l’ambita statuetta “Vi presento Toni Erdmann” (premiato peraltro alla National Society of Film Critics e ai London Critics’ Awards), stando alle scommesse di Goldderby.

Miglior film documentario

L’indimenticabile “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi, prodotto dallo stesso assieme a Donatella Palermo, è dentro la competizione, fatto già di per sé tutt’altro che scontato. Nei mesi scorsi scoraggiato ma non abbattuto dalle previsioni negative ed ora sostenuto dal recente London Critics’ Award e dalla nomination ai César, ma soprattutto dal “grido di 3000 persone” in attesa a Lampedusa, soddisfatto di aver portato le vicende dell’isola a Hollywood, Rosi ha prontamente dedicato il riconoscimento alla terra italiana, sottolineando che “la cinquina di nominati, che parla solo di temi come gli afroamericani e l’Africa [a eccezione, aggiungiamo, di “Life, Animated”], è anche una risposta dell’Academy a Trump che vuole costruire i muri”.

Ce l’hanno fatta, per l’appunto, anche “13th” (di Ava DuVernay, produttori Spencer Averick, Howard Barish e Ava DuVernay), “I Am Not Your Negro” (di Raoul Peck, produttori Rémi Grellety, Hébert e Raoul Peck), “Life, Animated” (di Roger Ross Williams, alla seconda nomination, produttori Julie Goldman e Roger Ross Williams) e “O.J.: Made in America” (di Ezra Edelman, produttori Ezra Edelman e Caroline Waterlow). Scartati invece “Cameraperson”, “Command and Control”, “Gleason”, “Hooligan Sparrow”, “The Ivory Game”, “La principessa e l’aquila”, “Tower”, “Weiner”, “The Witness” e “Zero Days”.

“Amy” vinceva un anno fa; ora, per gli esperti di Goldderby parrebbe inarrestabile “O.J.: Made in America”, premiato anche alla National Society of Film Critics nonostante i suoi 467 minuti (7 ore e 47), che lo rendono il film più lungo mai candidato agli Oscar; dal 24 gennaio scorso gli s’è appressato “Natascia – L’incendio di Mosca” (più propriamente “Voyna i mir”, ossia la versione originale integrale, URSS, 1966, 7 ore e 7). Il record del lungometraggio più “ingombrante” che sia stato premiato come miglior film resta invece a “Via col vento” (3 ore e 58). (Postilla per i cinefili puntigliosi: la versione estesa di “Fanny e Alexander” di Ingmar Bergman, 1982, non è stata presentata come film in lingua straniera e perciò non può essere presa in considerazione.)

Postilla di rilievo: va detto che l’ultima volta che una produzione italiana ha partecipato in qualità di documentario è effettivamente stata anche l’unica fino ad oggi, ossia nel 1962 grazie a Romolo Marcellini e alla sua “Grande olimpiade”. Se invece si vuole parlare di “italiani nel mondo”, allora si devono includere anche “Speaking in Strings” (USA, 1999) di Paola di Florio e “La storia del cammello che piange” (Germania/Mongolia, 2003) di Luigi Falorni.

Miglior colonna sonora

Lion – La strada verso casa

Quattro dei titoli ampiamente pronosticati hanno avuto accesso alla cinquina, vale a dire “Jackie” (Mica Levi, l’ottava donna della storia degli Oscar ad essere nominata in una categoria musicale), La La Land (Justin Hurwitz), “Lion – La strada verso casa” (Dustin O’Halloran e Volker Bertelmann aka Hauschka) e “Moonlight” (Nicholas Britell). Saltano “Arrival” (Jóhann Jóhannsson, accolto dai BAFTA) e “Il diritto di contare” (Benjamin Wallfisch, Pharrell Williams e Hans Zimmer), nominati ai Golden Globe, così come “Animali notturni” (Abel Korzeniowski, presente ai BAFTA), “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Rupert Gregson-Williams), “Florence” (Alexandre Desplat), “Rogue One: A Star Wars Story” e “Zootropolis” (Michael Giacchino x2); al loro posto compare un nome su cui pochi hanno scommesso, ossia l’ostinato Thomas Newman di “Passengers”, la cui partitura si classifica 13esima fra quelle da lui firmate ad entrare nella contesa, 90esima composizione musicale ammessa alla sfida ad essere stata plasmata dalla dinastia di compositori cui Thomas appartiene (gli altri sono il leggendario patriarca Alfred, Lionel, Emil, David e il noto cugino Randy).

Si noti l’improvvisa assenza di John Williams (“Il GGG – Il Grande Gigante Gentile”), il quale, composte 5 colonne sonore fra il 2011 e il 2015, era risultato 5 volte nominato. Ciò non intacca affatto la leggendarietà del suo genio artistico, pleonastico a dirsi. Come dimenticarlo? 12 mesi fa riceveva una splendida standing ovation il nostro amato Ennio Morricone; ne seguirà le tracce “La La Land”, non c’è altra sentenza per Goldderby.

Miglior canzone

Sia “Audition (The Fools Who Dream)” che “City of Stars” (da “La La Land”, musiche di Justin Hurwitz, in un solo colpo approdato a quota 3 candidature, testi di Benj Pasek e Justin Paul) sono arrivati in testa alla competizione, seguiti da “Can’t Stop the Feeling!” (da “Trolls”, musica e testo di Max Martin, Shellback e Justin Timberlake), “How Far I’ll Go” (da “Oceania”, musica e testo di Lin-Manuel Miranda) e, a sorpresa, “The Empty Chair”, settima canzone (la quinta negli ultimi 5 anni) scritta per un documentario ad essere ammessa nella categoria (da “Jim: The James Foley Story”, musica e testo di Sting, alla quarta canzone nominata, e J. Ralph, alla terza).

Restano escluse “Faith” (da “Sing”) e “Gold” (dall’omonimo film), nominate ai Golden Globe, e a seguire “Dancing with Your Shadow” (da “Po”, composta dalla vecchia gloria Burt Bacharach), “Flicker” (da “Audrie & Daisy”), “Just Like Fire” (da “Alice attraverso lo specchio”), “A Letter to the Free” (da “13th”, musica e testo di Common, un tempo uno dei maggiori favoriti), “A Minute to Breathe” (da “Punto di non ritorno – Before the Flood”) e “Runnin’” (da “Il diritto di contare”, scritta da Pharrell Williams). Dopo i titoli di testa di “Spectre” (“Writing’s on the Wall”), dovrebbe raggiungere la vetta “La La Land” con “City of Stars”, appena minacciato da “Oceania” e la sua “How Far I’ll Go”.

Migliori effetti speciali

Doctor Strange (Stephane Ceretti e Paul Corbould, alla seconda candidatura, Richard Bluff e Vincent Cirelli), Il libro della giungla (Andrew R. Jones e Dan Lemmon, alla terza nomination, Robert Legato, alla quarta, e Adam Valdez) e “Rogue One: A Star Wars Story” (John Knoll, alla sesta candidatura, Neil Corbould, alla quinta, Hal T. Hickel, alla quarta e Mohen Leo) come previsto dalla shortlist sono passati in cinquina, accompagnati da “Deepwater – Inferno sull’Oceano” (Burton Dalton, alla quarta nomination, Craig Hammack, Jason H. Snell e Jason Bullington) e, fatto d’indubbio rilievo, da “Kubo e la spada magica” (Steve Emerson, Oliver Jones, Brian McLean e Brad Schiff), che è divenuto il secondo film d’animazione a ricevere una nomination nella presente categoria dopo “Nightmare Before Christmas” (1993).

Screditati invece “Animali fantastici e dove trovarli”, “Arrival” e “Captain America: Civil War”. Chi supererà la tecnologia raggiunta recentemente da “Ex Machina”? Gli esperti di Goldderby individuano il titolo più appropriato ne “Il libro della giungla”.

Miglior montaggio

Hell or High Water

Tom Cross (“La La Land”), fresco dell’Oscar del 2015 per “Whiplash”, Joi McMillon e Nat Sanders (“Moonlight”) e John Gilbert (“La battaglia di Hacksaw Ridge”), alla sua seconda occasione, confermati secondo le aspettative generali, con Joe Walker (“Arrival”) alla seconda candidatura e Jake Roberts (“Hell or High Water”) trionfatori innanzitutto sulla leggendaria Thelma Schoonmaker (“Silence”), quindi su “Ave, Cesare!”, “Deadpool”, “Il libro della giungla”, “The Lobster” e “Manchester by the Sea” (nominati agli ACE “Eddie” Awards), “Jackie” e “Rogue One: A Star Wars Story”; infine, volendo allargarci anche ai documentari, su “O.J.: Made in America”. “La La Land”, affidato alle briglie del suo dinamicissimo curatore, seguirà la sorte dell’indiavolato “Mad Max: Fury Road”? Goldderby lo auspica.

Miglior fotografia

James Laxton (“Moonlight”), Rodrigo Prieto (“Silence”, alla seconda nomination), Linus Sandgren (“La La Land”) e Bradford Young (“Arrival”) sono i nominati su cui quasi non si nutrivano dubbi; a loro si affianca non Simon Duggan (“La battaglia di Hacksaw Ridge”), non Seamus McGarvey (“Animali notturni”), neppure Stéphane Fontaine (“Jackie”), bensì Greig Fraser (“Lion – La strada verso casa”). Restano a bocca asciutta “Ave, Cesare!”, “Billy Lynn – Un giorno da eroe”, “Hell or High Water”, “Hymyilevä mies” aka “The Happiest Day in the Life of Olli Maki”, “Il libro della giungla”, “La legge della notte” e “Passengers”. L’anno scorso, lo ricordiamo, veniva premiato il leggendario Emmanuel Lubezki per “Revenant – Redivivo”; il 2017 sarà il giro fortunato di “La La Land” secondo Goldderby.

Miglior scenografia

Patrice Vermette e Paul Hotte (“Arrival”, il primo alla seconda nomination), Stuart Craig e Anna Pinnock (“Animali fantastici e dove trovarli”, 11 candidature totali l’uno, il che lo rende lo scenografo vivente col maggior numero di nomination, 6 l’altra), Nancy Haigh e Jess Gonchor (Ave, Cesare!, 7 nomination totali l’una, 2 l’altro), Sandy Reynolds-Wasco e David Wasco (“La La Land”), Guy Hendrix Dyas e Gene Serdena (“Passengers”, entrambi a quota 2 candidature).

Addio primi fra tutti alle colonne italiche Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo (“Silence”), quindi a Barry Robison (“La battaglia di Hacksaw Ridge”), Jeannine Oppewall (“L’eccezione alla regola”), Jean Rabasse (“Jackie”), Christopher Glass (“Il libro della giungla”), Doug Chiang e Neil Lamont (“Rogue One: A Star Wars Story”); scavalcando i confini nazionali, anche ad “Ah-ga-ssi” (aka “The Handmaiden”). “La La Land” avrà saputo ricreare ambientazioni affascinanti come quelle di “Mad Max: Fury Road”? La risposta è sì per gli esperti di Goldderby.

Migliori costumi

Madeline Fontaine (“Jackie”) sembra destinata a vincere secondo Goldderby, osteggiata solo da Mary Zophres (“La La Land”, alla seconda nomination), cui si accodano Colleen Atwood (“Animali fantastici e dove trovarli”, 12 candidature incassate), Consolata Boyle (“Florence”, idem) e Joanna Johnston (“Allied – Un’ombra nascosta”, alla seconda nomination). Occasione mancata per Eimer Ni Mhaoldomhnaigh (“Amore e inganni”) e il nostro amato Dante Ferretti (“Silence”). Saranno i costumi di “Jackie” o quelli di “La La Land” a succedere quelli di “Mad Max: Fury Road”? In Goldderby si discute non poco al riguardo…

Migliori trucco e acconciatura

Suicide Squad

L’hanno spuntata “En man som heter Ove” (aka “A Man Called Ove”, Eva Von Bahr e Love Larson, entrambi alla seconda nomination), “Star Trek Beyond” (Joel Harlow, 3 candidature alle spalle, e Richard Alonzo) e infine Suicide Squad, che vede accanto a Christopher Allen Nelson per la prima volta i nostri Alessandro Bertolazzi (attivo come truccatore fin dal 1988) e Giorgio Gregorini (attivo come acconciatore fin dal 1983), peraltro apparentemente sfavoriti prima e dopo l’annuncio della shortlist, nella quale sono rimasti “Ave, Cesare!”, “Deadpool”, “The Dressmaker” e “Florence”. Chi seguirà le orme lasciate da “Mad Max: Fury Road”? Le previsioni di Goldderby per ora sono ancora troppo nebulose per rivelarlo.

Miglior sonoro

La netta predominanza de “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Robert Mackenzie, Kevin O’Connell, per la 21esima volta a un passo dalla statuetta, Peter Grace e Andy Wright), “La La Land” (Ai-Ling Lee, Steven Morrow ed Andy Nelson, anch’egli con 21 nomination collezionate, assieme con Kevin O’Connell l’artista con più nomination in seno alla categoria) e “Rogue One: A Star Wars Story” (David Parker, all’ottava candidatura, Stuart Wilson, alla quarta, e Christopher Scarabosio, alla terza) farà da contraltare alle mire di “Arrival” (Bernard Gariépy Strobl e Claude La Haye) e a quelle del resuscitato “13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi” (Greg P. Russell, nominato 17 volte senza mai risultare vincitore, Gary Summers, 11 volte in competizione, Jeffrey J. Haboush, 4, e Mac Ruth, 2). Non hanno risalito la china né “Deepwater – Inferno sull’Oceano”, né “Il libro della giungla”, né “Patriots Day”, né “Silence”. Chi raggiungerà la qualità di “Mad Max: Fury Road”? Senza dubbio “La La Land”, nell’opinione di Goldderby.

Miglior montaggio sonoro

Come pocanzi ritroviamo “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Robert Mackenzie e Andy Wright, alla loro prima doppia nomination) e “La La Land” (Mildred Iatrou e Ai-Ling Lee, anche quest’ultima alla sua prima doppia candidatura; il duo costituisce il primo team femminile ad essere nominato nella categoria, seguendo la scia tracciata da altre 6 donne candidate in passato); reggono “Arrival” (Sylvain Bellemare), “Deepwater – Inferno sull’Oceano” (Wylie Stateman, all’ottava nomination, e Renee Tondelli) e “Sully” (Alan Robert Murray, alla nona candidatura, e Bub Asman, alla sesta). Fuori gioco “Il libro della giungla”, “Patriots Day”, “Rogue One: A Star Wars Story” e “Silence”. E qui riproponiamo la stessa domanda: Goldderby punta su “La battaglia di Hacksaw Ridge”.

Miglior cortometraggio

Solo “Mindenki” (di Kristóf Deák, produttori Kristóf Deák e Anna Udvardy; Ungheria) e “Timecode” (di Juanjo Giménez Peña; Spagna) erano un mese fa realmente al centro dei dibattiti; ad essi si sono ora affiancati i meno discussi “Ennemis Intériueurs” (di Sélim Azzazi; Francia), “La Femme et le TGV” (di Timo von Gunten, produttore Giacun Caduff; Svizzera) e “Silent Nights” (di Aske Bang, produttore Kim Magnusson, il quale detiene il record del maggior numero di nomination nella categoria, ben 6; Danimarca). Rifiutati “Bon Voyage”, “Les Frémissements du Thé”, “Graffiti”, “Nocturne in Black” e “The Rifle, the Jackal, the Wolf and the Boy”. “Stutterer”, lo ricordiamo, trionfava l’anno passato; le previsioni di Goldderby al momento non vengono in nostro aiuto per la questione odierna.

Miglior cortometraggio d’animazione

“Blind Vaysha” (di Theodore Ushev; National Film Board of Canada, Canada), “Borrowed Time” (di Andrew Coats e Lou Hamou-Lhadj; Quorum Films, USA), “Pearl” (di Patrick Osborne, alla sua seconda occasione; Evil Eye Pictures, Google Spotlight Stories e Passion Pictures, USA) e “Piper” (di Alan Barillaro, produttore Marc Sondheimer; Pixar Animation Studios, USA) sono stati pienamente azzeccati; chiude la rosa “Pear Cider and Cigarettes” (di Robert Valley; Massive Swerve Studios e Passion Pictures Animation, Canada/UK), il meno promettente dei titoli nella shortlist. Scartato il simpatico “Inner Workings” (Walt Disney Animation Studios, USA), così come “Happy End”, “The Head Vanishes”, “Once Upon a Line” e “Sous tes doigts”. Rimembriamo, 12 mesi or sono la spuntava “Bear Story”; Goldderby quest’anno scommette sull’adorabile “Piper”.

Miglior cortometraggio documentario

Watani My Homeland

Primi posti mantenuti per “Joe’s Violin” (di Kahane Cooperman, produttrice Raphaela Neihausen; USA) e “The White Helmets” (di Orlando von Einsiedel, che ottiene perciò la sua seconda candidatura; produttrice Joanna Natasegara; UK), accanto ai quali si posizionano “4.1 Miles” (di Daphne Matziaraki; Grecia), “Extremis” (di Dan Krauss, anch’egli alla seconda nomination; USA) e “Watani: My Homeland” (di Marcel Mettelsiefen, produttore Stephen Ellis; Germania/Spagna). Scarsi risultati hanno riscosso “Beit Ha’llemet”, “Brillo Box (3 ₵ off)”, “Frame 394”, “The Other Side of Home” e “Więzi”. “A Girl in the River: Price of Forgiveness” si è conquistato il podio della scorsa edizione: a chi sorriderà la sorte quest’oggi? Magari a “Joe’s Violin”, che però risulta osteggiato nei disegni di Goldderby da “The White Helmets”.

Prospetto dei vincitori secondo Goldderby

  • Miglior film: “La La Land”;
  • Miglior regista: “La La Land” (Damien Chazelle);
  • Miglior attore protagonista: “Manchester by the Sea” (Casey Affleck);
  • Miglior attrice protagonista: “La La Land” (Emma Stone);
  • Miglior attore non protagonista: “Moonlight” (Mahershala Ali);
  • Miglior attrice non protagonista: “Barriere” (Viola Davis);
  • Miglior sceneggiatura originale: “Manchester by the Sea”;
  • Miglior sceneggiatura non originale: “Moonlight”;
  • Miglior film d’animazione: “Zootropolis”;
  • Miglior film straniero: “Vi presento Toni Erdmann” (Germania);
  • Miglior film documentario: “O.J.: Made in America”;
  • Miglior colonna sonora: “La La Land”;
  • Miglior canzone: “La La Land”;
  • Migliori effetti speciali: “Il libro della giungla”;
  • Miglior montaggio: “La La Land”;
  • Miglior fotografia: “La La Land”;
  • Miglior scenografia: “La La Land”;
  • Migliori costumi: “Jackie”;
  • Miglior sonoro: “La La Land”;
  • Miglior montaggio sonoro: “La battaglia di Hacksaw Ridge”;
  • Miglior cortometraggio d’animazione: “Piper”;
  • Miglior cortometraggio documentario: “Joe’s Violin”.

Classificando i dati riportati, si ottiene il seguente prospetto:

  • 9 statuette per “La La Land”;
  • 2 statuette per “Manchester by the Sea” e “Moonlight”;
  • 1 statuetta per “Barriere”, “La battaglia di Hacksaw Ridge”, “Jackie”, “Il libro della giungla”, “O.J.: Made in America”, “Vi presento Toni Erdmann” e “Zootropolis”.

(Altre) statistiche e curiosità

  • Ormai notizia di pubblico dominio, “La La Land”, dopo essere divenuto qualche settimana fa il primo film a vincere 7 Golden Globe, è stato eletto terza produzione della storia a salire sul podio dei detentori del numero maggiore di nomination, un leggendario 14, andando ad affiancare “Eva contro Eva” (1950) e “Titanic” (1997); si tenga presente che in seno all’edizione del 1951 ancora non esistevano gli Oscar per il miglior trucco e per il miglior montaggio sonoro, il che rende a suo modo ancora più affascinante un record simile.
  • Digerite le polemiche “#OscarsSoWhite” dell’anno passato, la prossima Notte del 26 febbraio si sfideranno nella corsa al premio più ambito 3 film “total black”, ovvero “Moonlight”, “Barriere” e “Il diritto di contare”, così come altri 3, “13th”, “I Am Not Your Negro” e “O.J.: Made in America”, si scontreranno per ottenere la statuetta al miglior documentario.
  • Dalla selezione ufficiale dello scorso Festival di Venezia arrivano “Animali notturni”, “Arrival”, “La La Land” e “Jackie” (26 nomination totali agli Oscar); da quella della Festa del Cinema di Roma “Florence”, “Lion – La strada verso casa”, “Manchester by the Sea”, “Moonlight” (22 nomination totali agli Oscar).
  • “La La Land” è il primo musical con colonna sonora e soggetto originali ad essere nominato come miglior film dai tempi di “All That Jazz – Lo spettacolo continua” di Bob Fosse (1979) e, precedentemente, di “Due marinari e una ragazza” di George Sidney (1945); potrebbe comunque diventare il primo a vincere l’ambito riconoscimento. I musical tout-court che hanno invece scalato la vetta sono “La canzone di Broadway” (1929), “Un americano a Parigi” (1951), “Gigi” (1958), “West Side Story” (1961), “My Fair Lady” (1964), “Tutti insieme appassionatamente” (1965), “Oliver!” (1968) e “Chicago” (2002).
  • Il 2017 è il primo anno in cui due film prodotti in Australia (“Lion – La strada verso casa” e “La battaglia di Hacksaw Ridge”) sono risultati candidati nella categoria régia.
  • 7 dei 20 attori coinvolti sono candidati per la prima volta, precisamente Mahershala Ali, Andrew Garfield, Naomie Harris, Lucas Hedges, Isabelle Huppert, Ruth Negga e Dev Patel. 6 attori hanno invece già ottenuto una vittoria, vale a dire Jeff Bridges, Nicole Kidman, Natalie Portman, Octavia Spencer, Meryl Streep e Denzel Washington.
  • Di seguito è riportata la lista degli studios di distribuzione, partendo da coloro che hanno fatto maggior incetta di nomination: troviamo la Lionsgate (26, grazie a “La La Land”, “La battaglia di Hacksaw Ridge”, “Hell or High Water” e “Deepwater – Inferno sull’Oceano”), la Paramount (18, grazie ad “Arrival”, “Barriere”, “Florence”, “13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi”, “Allied – Un’ombra nascosta”, “Silence” e “Star Trek Beyond”), la A24 (10, grazie a “Moonlight”, “20th Century Women” e “The Lobster”), la Disney (7, grazie a “Rogue One: A Star Wars Story”, “Oceania”, “Doctor Strange”, “Il libro della giungla” e “Zootropolis”), gli Amazon Studios (6, grazie esclusivamente a “Manchester by the Sea”), la Weinstein (6, grazie esclusivamente a “Lion – La strada verso casa”), la Focus (4, grazie a “Kubo e la spada magica”, “Animali notturni” e “Loving”), la Warner Bros. (4, grazie ad “Animali fantastici e dove trovarli”, “Suicide Squad” e “Sully”), la 20th Century Fox (3, grazie esclusivamente a “Il diritto di contare”), la Fox Searchlight (3, grazie esclusivamente a “Jackie”), la Sony (2, grazie essenzialmente a “Passengers”), la Universal (1 grazie esclusivamente ad “Ave, Cesare!”).
  • A discredito di chi (probabilmente senza cognizione di causa) afferma che gli Oscar premiano solo i film che “fanno cassetta”, eccovi la lista (aggiornata al 28 gennaio) dei 9 lungometraggi inseriti nella categoria règia ordinati per incassi su suolo americano: “Arrival” (95 milioni di dollari), “La La Land” (94 milioni), “Il diritto di contare” (90 milioni), “La battaglia di Hacksaw Ridge” (65 milioni), “Barriere” (49 milioni), “Manchester by the Sea” (39 milioni), “Hell or High Water” (27 milioni), “Lion – La strada verso casa” (17 milioni), “Moonlight” (16 milioni). Per contro, i maggiori incassi americani della stagione che non partecipano in alcun modo all’edizione di quest’anno, neppure in seno a qualche categoria “minore”, sono “Alla ricerca di Dory” (486 milioni), “Captain America: Civil War” (408 milioni), “Pets –Vita da animali” (368 milioni), “Deadpool” (363 milioni), “Batman v Superman: Dawn of Justice” (330 milioni), “Sing” (251 milioni), “Jason Bourne” (162 milioni), “X-Men – Apocalisse” (155 milioni).
  • C’è un solo film candidato a 2 Razzie Awards (peggior attore non protagonista, Jared Leto, e peggior sceneggiatura) nominato anche ad un Academy Award: si tratta del bistrattatissimo “Suicide Squad”.

Detto ciò, forza Donatella Palermo e Gianfranco Rosi, forza “Fuocoammare”! Forza Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini!

La rubrica si rinnoverà grazie ad un aggiornamento il 1° marzo 2017, con l’intento di commentare l’avvenuta premiazione.

 

Written by Raffaele Lazzaroni

 

 

Info

Oscar 2017: L’aria che tira – Pronostici sulle future nomination #1

Oscar 2017 – L’aria che tira: Previsioni sulle future nomination #2

Oscar 2017: L’aria che tira – Predizioni sulle future nomination #3

 

5 pensieri su “Oscar 2017: L’aria che tira – Riflessioni, pronostici, statistiche e curiosità sulle nomination #4

  1. Sono d’accordo quasi con tutte le tue previsioni ma secondo me Arrival si porta a casa almeno la sceneggiatura non originale e La la land fa un 10 tondo aggiudicandosi anche l’Oscar ai migliori costumi .

    1. Più probabile che “La La Land” faccia l’en plein piuttosto che un film fantascientifico si aggiudichi il premio per la sceneggiatura… Aspettiamo “Barriere”, “Moonlight” e (retroattivamente) “Il diritto di contare”, poi si potrà dire con più sicurezza ;)

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