Oscar 2017: L’aria che tira – Predizioni sulle future nomination #3

Mancano 59 giorni all’89a Notte degli Oscar. Ultima stazione prima dell’approdo alle nomination, note dal prossimo 24 gennaio. Riprendendo la scia tracciata esattamente un mese fa, aggiorniamo i dati forniti dalle fonti “attendibili, specializzate e autorevoli” che c’hanno sin qui accompagnati, parallelamente a una ricca messe di siti dai più vari profili, da stile.it a il Fatto Quotidiano, che pure si stanno interrogando su chi si rivelerà protagonista al Dolby Theatre di Hollywood.

Oscar 2017

Per il contributo decembrino torna nel bacino presuntivo Indiewire.com, nonostante non abbia smesso di tardare nell’aggiornarsi in alcune sue parti di fronte i mutamenti dell’attuale panorama cinematografico e, oltretutto, di fronte le altre fonti di fiducia sussidiarie, vale a dire Awardscircuit.com, la pagina a cura di Scott Feinberg sull’Hollywood Reporter e gli “odds” degli esperti di Goldderby.

Entrati da settimane nel pieno della stagione dei premi dedicati alla settima arte, grazie ai Golden Globe ma anche in virtù di un buon numero di altre competizioni di rilievo che a seguire saranno puntualmente segnalate, mettiamo piede nell’ultimo campo (prima dell’attesissimo turning point del mese venturo) della consueta “suscettibilità di sviluppi futuri” cui sottostanno le liste a seguire, continuando ad illuminare i nomi e i titoli sulle cui plurime nomination varrebbe la pena di scommettere.

Muoviamo dunque dall’imprescindibile elenco di lungometraggi caratterizzati da preannunciate copiose candidature (si tenga sempre presente che una “categoria” la si intende sdoppiata qualora vi siano due distinte nomination coinvolte, in presenza ad esempio di due attori entrambi pronosticati recitanti nello stesso film), i cui elementi sono stati selezionati esclusivamente dai cosiddetti “frontrunners”, i “capilista” scelti da ognuna delle fonti sopracitate. Unicamente a questo riferiremo, nell’interesse di mettere alla prova l’affidabilità degli informatori prescelti, a un passo dall’annuncio dei giocatori rimasti in schiera.

  • 14 potenziali categorie – La La Land” (di Damien Chazelle);
  • 10 potenziali categorie – “Arrival” (di Denis Villeneuve) e “La battaglia di Hacksaw Ridge” (di Mel Gibson);
  • 9 potenziali categorie – “Silence” (di Martin Scorsese);
  • 8 potenziali categorie – “Moonlight” (di Barry Jenkins);
  • 7 potenziali categorie – “Jackie” (di Pablo Larraín);
  • 6 potenziali categorie – “Manchester by the Sea” (di Kenneth Lonergan) e “Rogue One: A Star Wars Story” (di Gareth Edwards);
  • 5 potenziali categorie – “Barriere” (di Denzel Washington), “Florence” (di Stephen Frears), “Hell or High Water” (di David Mackenzie) e “Lion – La strada verso casa” (di Garth Davis);
  • 4 potenziali categorie – “Il diritto di contare” (di Theodore Melfi), “Il libro della giungla” (di Jon Favreau) e “Loving” (di Jeff Nichols).
Oscar 2017

Dicembre è il mese del ridimensionamento: “Silence” da 12 categorie passa a 9, “Barriere” da 8 a 5, “Il diritto di contare” da 8 a 4, “Sully” da 6 a solo 2 (peraltro l’una opposta all’altra, miglior film e miglior montaggio sonoro), “La legge della notte” da 5 a 0. Raro che un lungometraggio venga nominato alla categoria più prestigiosa e ad un’unica altra, magari di nicchia: nel 2015 “Selma – La strada per la libertà” ebbe la meglio semplicemente con una propria canzone, nel 2012 “Molto forte, incredibilmente vicino” si ritrovò rappresentato anche da un Max von Sydow non protagonista, nel 2010 “The Blind Side” vide trionfare Sandra Bullock primattrice; procedendo oltre bisogna scavalcare il confine fra un millennio e l’altro per riscontrare un nuovo caso.

Si noti inoltre come in ottobre “Il libro della giungla” potesse scommettere su ben 8 categorie, “20th Century Women” su 5 (ora 2), “A Monster Calls” su 4 (ora 0), “Billy Lynn – Un giorno da eroe” su 7 (ora 0). Viceversa, non sfugga, su tutte, l’ascesa irrefrenabile de “La battaglia di Hacksaw Ridge” (da 5 a 10), solido specialmente nel multiforme apparato tecnico assieme ad “Arrival”, “La La Land” e “Silence” (6), “Rogue One: A Star Wars Story” (5), “Il libro della giungla” e “Jackie” (4).

Concluso questo doveroso preambolo, se ne esce agevolati all’ingresso di un’analisi più dettagliata che enucleerà una per una le peculiarità di ogni categoria. Un’ultima istanza: è utile sapere che alcune fra le opere citate non sono ancora state distribuite in Italia: si auspica non dovremo attendere molto per poterne apprezzarne appieno il rilievo.

Miglior film

Fra i 336 i titoli eleggibili (tutti, come da regolamento, di durata superiore ai 40 minuti, proiettati in una sala cinematografica nella contea di Los Angeles per almeno 7 giorni consecutivi a partire dalla mezzanotte del 1° gennaio 2016), resiste inscalfibile quello che si preannuncia il vero triumvirato di quest’edizione, composto da “La La Land” (distribuito dalla Lionsgate attraverso la Summit Entertainment; produttori Fred Berger, Gary Gilbert, Jordan Horowitz e Marc Platt), mattatore ai Golden Globe con ben 7 nomination, miglior film ai Critics’ Choice Awards e per la WAFCA (Washington DC Area Film Critics Association), “Manchester by the Sea” (distribuito da Amazon Studios e Roadside Attractions; produttori Lauren Beck, Matt Damon, Chris Moore, Kimberly Steward e Kevin J. Walsh), 5 nomination ai Golden Globe, miglior film dell’anno secondo la National Board Film Review, e “Moonlight” (distribuito dalla A24; produttori Dede Gardner, Jeremy Kleiner e Adele Romanski), 6 nomination ai Golden Globe, miglior film ai Gotham Independent Film Awards, ai Toronto Film Critics Awards, ai Los Angeles Film Critics Awards.

Non meno risorse possiedono ad ogni modo “Arrival” (distribuito dalla Paramount Pictures; produttori Dan Levine, Shawn Levy, David Linde e Aaron Ryder) e “Hell or High Water” (distribuito dalla CBS Films; produttori Peter Berg, Carla Hacken, Sidney Kimmel e Julie Yorn). Seguono immediatamente “Barriere” (altro titolo della Paramount; produttori Todd Black, Scott Rudin e Denzel Washington), “Lion – La strada verso casa” (distribuito dalla Weinstein Co.; produttori Iain Canning, Angie Fielder ed Emile Sherman) e “La battaglia di Hacksaw Ridge” (altro titolo della Lionsgate, diffuso attraverso la Summit Entertainment; produttori Terry Benedict, Paul Currie, Bruce Davey, William D. Johnson, Bill Mechanic, Brian Oliver, David Permut e Tyler Thompson).

Stando a questo conteggio arriviamo già a 8, il numero cui l’Academy dal 2015 si è fermata (vergognosamente, data la messe indiscutibilmente nutrita di prodotti eminenti) per quanto riguarda la categoria règia, la quale com’è noto può ospitare fino a 10 titoli in competizione. Due fonti su quattro appoggiano poi “Il diritto di contare” (distribuito dalla 20th Century Fox; produttori Peter Chernin, Donna Gigliotti, il regista Theodore Melfi, Jenno Topping e Pharrell Williams) e “Silence” (terza pedina della Paramount; produttori il nostro Vittorio Cecchi Gori, Barbara De Fina, Randall Emmett, il regista Martin Scorsese ed Emma Tillinger Koskoff).

Loving

Indiewire non molla “Loving” (distribuito dalla Focus Features; produttori Nacy Buirski, Ged Doherty, Colin Firth, Sarah Green, Peter Saraf e Marc Turtletaub), mentre l’Hollywood Reporter continua a credere in “Jackie” (distribuito dalla Fox Searchlight Pictures; produttori Darren Aronofsky, Pascal Caucheteux, Scott Franklin, Ari Handel, Juan de Dios Larraín e Mickey Liddell) e in “Sully” (distribuito dalla Warner Bros. Pictures; produttori il regista Clint Eastwood, Frank Marshall e Allyn Stewart).

Conseguentemente, non può che decadere l’attenzione rivolta a “20th Century Women” (altro titolo della A24, nominato al Golden Globe in qualità di commedia), “L’eccezione alla regola” (altro titolo della 20th Century Fox attraverso la New Regency), “Florence” (ennesimo titolo della Paramount, nominato al Golden Globe in qualità di commedia), “La legge della notte” (altro titolo della Warner Bros.), “Il libro della giungla” (distribuito dalla Walt Disney Studios Motion Pictures), “Passengers” (distribuito negli USA dalla Columbia Pictures) e “Patriots Day” (terza pedina della Lionsgate).

Spulciando fra le classifiche della National Board Film Review, dell’American Film Institute, di Sight and Sound e di Rotten Tomatoes, c’è da interrogarsi sul vero destino di “Amore e inganni”, “Ave, Cesare!”, “Io, Daniel Blake”, “Il diritto di uccidere”, “Paterson”, “Patriots Day”, “Sing Street”, pure “Elle”, “Vi presento Toni Erdmann” e “Zootropolis (rivangando con ciò le polemiche sorte attorno a titoli come “Il figlio di Saul” da un lato, “Up”, “Toy Story 3 – La grande fuga” e “Inside Out” dall’altro), In tutti questi mesi neppure un accenno ad “American Honey” (vincitore di 3 British Independent Film Awards di rilievo), “Certain Women”, “Hunt for the Wilderpeople”, “Little Men”?

Miglior regista

Il 31enne Damien Chazelle si conferma l’ultra-favorito protagonista dell’anno cinematografico grazie al suo “La La Land” (ha trionfato ai Critics’ Choice Awards e per la WAFCA), assieme al Kenneth Lonergan di “Manchester by the Sea” e al Barry Jenkins di “Moonlight” (il migliore dell’anno per la National Board Review e i Los Angeles Film Critics). Elementi di sano disturbo li ritroviamo anzitutto in Denis Villeneuve (“Arrival”), e Denzel Washington (“Barriere”) e Martin Scorsese (“Silence”) subito dopo; l’Hollywood Reporter scommette anche sul solido ritorno di Mel Gibson (“La battaglia di Hacksaw Ridge”), autore dal profilo problematico giunto ormai alla sua terza stagione registica. Volendoci dilungare sull’interessante topic che rappresenta, la prima di queste brevissime parabole vide la luce de “L’uomo senza volto”, 1993, e il successo di “Braveheart – Cuore impavido”, 1995; la seconda lo scandalo de “La passione di Cristo”, 2004, e il generalmente tiepido consenso su “Apocalypto”, 2006.

Quest’ultimo a ben vedere, accantonando per un momento il qui presente iniziatore del terzo periodo, probabilmente rappresenta oggigiorno il titolo su cui la critica si è meno scontrata, registrando sulla piattaforma di Metacritic voti da 38 a 100, che stridono se messi a confronto con i 10 e i 100 assegnati contemporaneamente a “La passione di Cristo”, giudizi rispecchiati pure in suolo italico all’interno dei famosi dizionari di cinema, con Morandini e Mereghetti aborritori da 1 stella su 5 e Farinotti apologeta da 5 su 5. Quello che emerge, avvicinandosi con pazienza ai diversi poli recensori, è la singolare (per quanto non troppo bizzarra) condizione di maestria e mediocrità, azzardo e visionarietà, consapevolezza ed ingenuità apparenti in cui versa costantemente Gibson, il cui film migliore può essere allo stesso tempo il più ordinario (è il caso di “Braveheart – Cuore impavido”, che nei sopracitati dizionari oscilla fra una valutazione di 3 e 3, 13 stelle su 5, aggiustando le medie) e il cui prodotto più infimo può rivelarsi il più illuminato e coraggioso (si veda “La passione di Cristo”, come s’è appurato lungometraggio scarso ma capolavoro, e viceversa).

Tornando alla materia principale, individuiamo apparentemente fuori dai giochi Peter Berg (“Patriots Day”), Garth Davis (“Lion – La strada verso casa”), Pablo Larraín (“Jackie”), Ken Loach (“Io, Daniel Blake”), David Mackenzie (“Hell or High Water”) e Jeff Nichols (“Loving”). Si noti che Tom Ford (“Animali notturni”) ha ricevuto la candidatura al Golden Globe.

Miglior attore protagonista

Viggo Mortensen - Captain Fantastic

La schiera infrangibile si compone dell’osannato Casey Affleck (“Manchester by the Sea”, Gotham Independent Film Award, National Board Film Review Award, Critics’ Choice Award, WAFCA Award), di Denzel Washington (“Barriere”), Ryan Gosling (“La La Land”) ed Andrew Garfield (“La battaglia di Hacksaw Ridge”), che supera i contendenti del mese passato con uno sprint inaspettato. Completerebbe la cinquina Viggo Mortensen (“Captain Fantastic”, e fin qui il panorama rispecchia le nomination agli Screen Actors Guild Awards), incluso da tutte le fonti all’infuori di Indiewire, che preferisce Joel Edgerton (“Loving”).

Distanti dalla statuetta si pongono conseguentemente Tom Hanks (“Sully”), Warren Beatty (“L’eccezione alla regola”), Michael Keaton (“The Founder”) e Mark Wahlberg (“Patriots Day”). Da notare le vittorie dello screditatissimo Adam Driver (“Paterson”) ai Toronto Film Critics Awards e ai Los Angeles Film Critics.

Miglior attrice protagonista

Lo zoccolo duro resta formato da Natalie Portman (“Jackie”, Critics’ Choice Award e WAFCA Award) ed Emma Stone (“La La Land”, Coppa Volpi a Venezia); tallonano il duo Amy Adams (“Arrival”, National Board Film Review Award), Annette Bening (“20th Century Women”) ed Isabelle Huppert (“Elle”, Gotham Independent Film Award e Los Angeles Film Critics Award). Meryl Streep (“Florence”) risulta spalleggiata da due fonti, Ruth Negga (“Loving”) da una sola.

Si spengono le già flebili speranze di Jessica Chastain (“Miss Sloane”, pure candidata al Golden Globe), Marion Cotillard (“Allied – Un’ombra nascosta”), Rebecca Hall (“Christine”), Taraji P. Henson (“Il diritto di contare”) e Jennifer Lawrence (“Passengers”). Si noti la nomination di Emily Blunt (“La ragazza del treno”) agli Screen Actors Guild Awards.

Miglior attore non protagonista

Mahershala Ali (“Moonlight”, Critics’ Choice Award, Los Angeles Film Critics Award, Toronto Film Critics Award e WAFCA Award) resiste in qualità di maggior favorito, al pari di Jeff Bridges (“Hell or High Water”, National Board Film Review Award) e Dev Patel (“Lion – La strada verso casa”); seguono l’inneggiato esordiente Lucas Hedges (“Manchester by the Sea”) e l’ormai prediletto Hugh Grant (“Florence”), candidato al Golden Globe come protagonista. Per la prima volta Awards Circuit avanza Issey Ogata (“Silence”) e l’Hollywood Reporter Ben Foster (ancora “Hell or High Water”).

Passano in secondo piano Simon Helberg (“Florence”, nominato al Golden Globe), Stephen Henderson (“Barriere”), Kevin Kostner (“Il diritto di contare”), Chris Messina (“La legge della notte”), Liam Neeson (“Silence”), Peter Sarsgaard (“Jackie”), Michael Shannon (“Animali notturni”, surclassato dal collega Aaron Taylor-Johnson ai Golden Globe) e Mykelti Williamson (“Barriere”).

Miglior attrice non protagonista

Octavia Spencer - Il diritto di contare

Qui un caso eccezionale: tutte e quattro le fonti concordano sulla cinquina pronosticata, corrispondente a quelle in competizione ai Golden Globe e agli Screen Actors Guild Awards, e composta da Viola Davis (“Barriere”, Critics’ Choice Award e WAFCA Award), Naomie Harris (“Moonlight”, National Board Film Review Award), Nicole Kidman (“Lion – La strada verso casa”), Octavia Spencer (“Il diritto di contare”) e Michelle Williams (“Manchester by the Sea”, Toronto Film Critics Award).

Unanimemente screditate Greta Gerwig (“20th Century Women”), Margo Martindale (“The Hollars”), Sienna Miller (“La legge della notte”), Helen Mirren (“Il diritto di uccidere”), Janelle Monáe (“Il diritto di contare”) e Molly Shannon (“Other People”). Da notare la vittoria del Los Angeles Film Critics Award da parte di Lily Gladstone (“Certain Women”).

Miglior sceneggiatura originale

Non v’è alcun dubbio sulla valenza di “La La Land (Damien Chazelle, Critics’ Choice Award e WAFCA Award) e “Manchester by the Sea” (Kenneth Lonergan, insuperabile per la National Board Film Review, i Toronto Film Critics Awards, i Critics’ Choice Awards), accanto ai quali si pone “Hell or High Water” (Taylor Sheridan), che prende il posto di “Moonlight”, riconsiderato frutto di una sceneggiatura adattata (benché deliberatamente ispirata ad un prodotto mai ufficialmente realizzato), similmente a “Loving”, una buona parte dei dialoghi del quale si rifa alla sceneggiatura del documentario “The Loving Story” (2011): l’accaduto mostra chiaramente una divergenza d’intenti fra l’Academy e la WGA (Writers Guild of America). Appresso si pone “The Lobster” (Efthymis Filippou e Yorgos Lanthimos, Los Angeles Film Critics Award), assai rinforzatosi nelle ultime settimane, inseguito da “Captain Fantastic” (Matt Ross); “20th Century Women” (Mike Mills) e “Vi presento Toni Erdmann” (Maren Ade) continuano la loro corsa sotto l’egida di Indiewire, mentre “Jackie” (Noah Oppenheim) prosegue nell’affidarsi a Goldderby.

Confermati alle retrovie “Florence” (Nicholas Martin), “The Founder” (Robert D. Siegel) e “Patriots Day” (Peter Berg, Matt Cook e Joshua Zetumer).

Miglior sceneggiatura non originale

Tenendo conto del fatto Indiewire a riguardo non si è ri-espresso da due mesi or sono, constatiamo che tre fonti supportano “Moonlight” (Barry Jenkins, vincitore del Gotham Independent Film Award), “Barriere” (August Wilson), “Lion – La strada verso casa” (Luke Davies) e “Arrival” (Eric Heisserer, trionfatore ai Critics’ Choice Awards e alla WAFCA). La cinquina verrebbe saturata o da “Loving” (Jeff Nichols, Awards Circuit), o “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Andrew Knight e Robert Schenkkan, Hollywood Reporter), o “Animali notturni” (Tom Ford, Goldderby).

Più deboli “Il diritto di contare” (Theodore Melfi e Allison Schroeder), “La legge della notte” (Ben Affleck), “Silence” (Jay Cocks e Martin Scorsese, pure vincitori del National Board Film Review Award) e “Sully” (Todd Komarnicki), e ancor di più “Amore e inganni” (Whit Stillman), “Elle” (David Birke) e “Il libro della giungla” (Justin Marks).

Miglior film d’animazione

Kubo e la spada magica

Di nuovo in assenza di rinnovate ipotesi da parte di Indiewire, si configura anzitutto un corpo tricefalo costituito da Zootropolis (di Byron Howard, già nominato nel 2009 per “Bolt – Un eroe a quattro zampe”, e Rich Moore, candidato nel 2013 per “Ralph Spaccatutto”, produttore Clark Spencer; Disney; Critics’ Choice Award e Toronto Film Critics Award, nonché, con 222 recensioni positive contro 5 negative, opera cinematografica dell’anno prediletta da Rotten Tomatoes), Kubo e la spada magica (Travis Knight, produttori Travis Knight e Arianne Sutner; Laika/Focus Features; National Board Film Review Award e WAFCA Award) e “La tartaruga rossa” (di Michael Dudok de Wit, Oscar nel 2001 per il corto d’animazione “Father and Daughter” e già nominato nel 1995, produttori Toshio Suzuki, Vincent Maraval, Pascal Caucheteux e Grégoire Sorlat; Studio Ghibli/Wild Bunch/Sony Pictures); gli arti del busto vengono abitati da “La mia vita da zucchina” (di Claude Barras, produttori Marc Bonny, Armelle Glorennec, Pauline Gygax, Max Karli, Kate e Michel Merkt; Gébéka Films/GKIDS; European Film Award) e “Oceania” (di Ron Clements e John Musker, entrambi candidati nel 2010 per “La principessa e il ranocchio”, il primo anche nel 2003 per “Il pianeta del tesoro”, produttrice Osnat Shurer; Disney).

La parte bassa di questa struttura è affidata ai confermati incomodi “Miss Hokusai” (di Keiichi Hara, produttori Keiko Matsushita e Asako Nishikawa; Productions I.G/GKIDS), sempre secondo Awards Circuit, e “Alla ricerca di Dory” (di Andrew Stanton, due vittorie per “Alla ricerca di Nemo”, 2003, e “Wall•E”, 2008, più altre quattro nomination in veste di sceneggiatore, e Angus MacLane, produttrice Lindsey Collins; Pixar/Disney), sempre secondo Goldderby.

Com’era facilmente prevedibile, su tutti ne esce sfavorito “Il piccolo principe”, assieme a “Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia, “Avril et le Monde Truqué” (aka “April and the Extraordinary World”), e ancora “Trolls”. Da notare la vittoria del Los Angeles Film Critics Award da parte del nipponico “Your Name.” e la nomination di “Sing” al Golden Globe. Ricordiamo ancora una volta che, stando all’ultimo regolamento redatto nel 2016, la maggior parte dei nomi sopraelencati (sempre impossibile stabilire quali) non potranno essere uditi alla proclamazione delle nomination in quanto, per i lungometraggi animati, oltre al regista (o ai due registi) l’Academy ammette una sola altra personalità eleggibile in qualità di produttore.

Miglior film straniero

Indiewire insiste su quanto siamo inciampati incontrando la categoria inerente la miglior sceneggiatura non originale; quello che emerge, resa nota la shortlist di 9 titoli, è perciò la netta predominanza di “Vi presento Toni Erdmann” (Maren Ade; Germania; gigante agli European Film Awards con 5 premi incassati, più altri 3 ai Toronto Film Critics Awards), “Il cliente” (Asghar Farhadi, candidato per la sceneggiatura di “Una separazione”, 2011, premiato con l’Oscar; Iran; National Board Film Review Award) e “Land of Mine – Sotto la sabbia” (Martin Zandvliet; Danimarca). Si accodano “En man som heter Ove” (aka “A Man Called Ove”, Hannes Holm; Svezia) e l’inaspettatamente sopravvissuto “Tanna” (Martin Butler e Bentley Dean; Australia). Awards Circuit spera in “La mia vita da zucchina” (Claude Barras; Svizzera), altra sorpresa portata con sé dalla shortlist, mentre Goldderby punta più su “Paradise” (Andrej Končalovskij; Russia; Leone d’argento a Venezia), terzo scacco di rilievo alle predizioni. Dalla shortlist provengono altri due titoli che in merito alla corsa alla statuetta dorata sono sulla bocca di ben pochi redattori: “È solo la fine del mondo” di Xavier Dolan e “Kongens nei” (aka “The King’s Choice”, Erik Poppe; Norvegia).

Delusioni per “Le Ardenne” (Robin Pront; Belgio), “Elle” (Paul Verhoeven; Francia; pure vincitore del Critics’ Choice Award e del WAFCA Award), il nostro meraviglioso “Fuocoammare (Gianfranco Rosi; Italia), “Hymyilevä mies” (aka “The Happiest Day in the Life of Olli Maki”, Juho Kuosmanen; Finlandia), “The Idol” (Hany Abu-Hassad; Palestina), “Julieta” (Pedro Almodóvar; Spagna), “Ma’ Rosa” (Brillante Mendoza; Filippine), “Neruda” (Pablo Larraín; Cile; nominato invece ai Golden Globe) e “Sand Storm” (Elite Zexer; Israele). Da notare la candidatura al Golden Globe della coproduzione Francia-Qatar “Divines”, ammesso come titolo francese, e la vittoria del Los Angeles Film Critics Award da parte di “Ah-ga-ssi” (aka “The Handmaiden”), titolo sud-coreano (si badi però che la Sud Corea ha presentato agli Oscar “The Age of Shadows”).

Miglior film documentario

O.J. Made in America

A proposito di Indiewire si veda quanto asserito pocanzi; i lunghi dal vero più gettonati, stilata la shortlist ufficiale di 15 titoli, restano “13th” (di Ava DuVernay, produttori Spencer Averick, Howard Barish e Ava DuVernay; WAFCA Award), “I Am Not Your Negro” (di Raoul Peck, produttori Rémi Grellety, Hébert e Raoul Peck; Los Angeles Film Critics Award) e “O.J.: Made in America” (di Ezra Edelman, produttori Ezra Edelman, Deirdre Fenton, Libby Geist, Nina Krstic, Erin Leyden, Tamara Rosenberg, Connor Schell e Caroline Waterlow; National Board Film Review Award, Gotham Independent Film Award), incalzati da “Cameraperson” (di Kirsten Johnson, produttrici Kirsten Johnson e Marilyn Ness). Awards Circuit punta poi su “Gleason” (di Clay Tweel, produttori Kimi Culp, Scott Fujita, Seth Gordon, Kevin Lake e Mary Rohlich) e “La principessa e l’aquila” (di Otto Bell, produttori Otto Bell, Sharon Chang e Stacey Reiss); Hollywood Reporter su “Life, Animated” (di Roger Ross Williams, vincitore dell’Oscar nel 2010 per il corto documentario “Music by Prudence”, produttori Julie Goldman e Roger Ross Williams); Goldderby su “The Ivory Game” (di Kief Davidson, candidato nel 2013 per il corto documentario “Open Heart”, e Richard Ladkani, produttori Kief Davidson, Wolfgang Knöpfler e Walter Kohler).

Ancora attingibili dalla shortlist si rivelano “Command and Control” (una sorpresa imprevista firmata Robert Kenner, produttori Robert Kenner, Melissa Robledo, Mark Samels e Eric Schlosser), Fuocoammare (di Gianfranco Rosi, produttori Donatella Palermo e Gianfranco Rosi), “Hooligan Sparrow” (di Nanfu Wang, anche produttore), “Tower” (di Keith Maitland, produttori Megan Gilbride, Keith Maitland, Susan Thomson e Susan P. Thomson), “Weiner” (di Josh Kriegman e Elyse Sternberg, anche produttori), “The Witness” (di James D. Solomon, anche produttore) e “Zero Days” (di Alex Gibney, produttori Alex Gibney, Olga Kuchmenko e Marc Shmuger), tornato improvvisamente alla ribalta.

Delusioni per “The Beatles – Eight Days a Week”, “The First Monday in May”, “Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi”, “Miss Sharon Jones!”, “Norman Lear: Just Another Version of You”, “Off the Rails”, “Punto di non ritorno – Before the Flood”. Inoltre, mai nessun accenno a “De Palma”, fra i 5 migliori documentari della stagione secondo la National Board Film Review? Ultima postilla (lo ricordiamo nuovamente), resta in vigore anche per i documentari la restrizione in merito al numero di personalità eleggibili: un solo regista e, se debitamente segnalato, un solo produttore.

Miglior colonna sonora

Cambia finalmente il panorama, non più nebuloso come in precedenza: si profilano robustissimi (fra i 145 concorrenti ancora eleggibili) “La La Land” (Justin Hurwitz, vincitore del Critics’ Choice Award, del Los Angeles Film Critics Award e del WAFCA Award) e tutto d’un tratto “Moonlight” (Nicholas Britell), soggetto ad una notevole escalation; s’inframezza “Lion – La strada verso casa” (Dustin O’Halloran e Volker Bertelmann aka Hauschka), cui seguono “Jackie” (Mica Levi) e “Rogue One: A Star Wars Story” (Michael Giacchino, il primo della lista ad aver fatto la conoscenza della statuetta, premiato nel 2010 per “Up” e nominato nel 2008 per “Ratatouille”). Se i cinque maggiori candidati andassero a costituire la rosa effettiva, verrebbero esclusi primi fra tutti “Florence” (Alexandre Desplat, trionfatore nel 2015 per “Gran Budapest Hotel”, dopo sette nomination a vuoto) e “Zootropolis” (ancora Michael Giacchino, pure new entry a dirla tutta) stando a Indiewire, “Animali notturni” (Abel Korzeniowski) secondo Awards Circuit, “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Rupert Gregson-Williams) e “Il diritto di contare” (Benjamin Wallfisch, Pharrell Williams, nominato nel 2014 per “Happy”, da “Cattivissimo Me 2, e Hans Zimmer, vincitore nel lontano 1995 per “Il re leone”, con alle spalle altre 9 nomination, trio candidato al Golden Globe) nella visione dell’Hollywood Reporter.

Precipita l’inossidabile John Williams de “Il GGG – Il Grande Gigante Gentile, seguito dal fenomenale Jóhann Jóhannsson (“Arrival”, nomination al Golden Globe), John Debney (“Il libro della giungla”), il trio Opetaia Foa’i, Mark Mancina e Lin-Manuel Miranda (“Oceania”), Kathryn e Kim Allen Kluge (“Silence”, come entrato nelle grazie di Goldderby presto ufficialmente, forse a torto, escluso dalla competizione per via dell’eccessiva “naturalità” della partitura, indubbiamente non convenzionale, influenzata dagli stilemi zen come desiderato dallo stesso regista), quindi Lesley Barber (“Manchester by the Sea”), Mychael Danna e Jeff Danna (“Billy Lynn – Un giorno da eroe” e infine nuovamente Alexandre Desplat (“La luce sugli oceani”).

Miglior canzone

Oceania

Il top delle composizioni brevi (91 rimaste in concorso) è il binomio “City of Stars” (da “La La Land”, musica di Justin Hurwitz, testo di Benj Pasek e Justin Paul; Critics’ Choice Award), e “How Far I’ll Go” (da “Oceania”, musica e testo di Lin-Manuel Miranda), entrambi novelli cavalli di battaglia dei rispettivi film; la lista prosegue comprendendo “Audition (The Fools Who Dream)” (ancora da “La La Land”, musica di Justin Hurwitz, testo di Benj Pasek e Justin Paul) e “Can’t Stop the Feeling!” (da “Trolls”, musica e testo di Max Martin, Shellback e Justin Timberlake). A questo punto Indiewire suggerisce “Flicker” (dal documentario “Audrie & Daisy”, musica e testo di Tori Amos); Awards Circuit “Just Like Fire” (da “Alice attraverso lo specchio”, musica e testo di Oscar Holter, Max Martin, Pink e Shellback) e “A Minute to Breathe” (da “Punto di non ritorno – Before the Flood”, musica di Trent Reznor e Atticus Ross, vincitori dell’Oscar nel 2011 per “The Social Network”, testo di Trent Reznor); l’Hollywood Reporter “Dancing with Your Shadow” (da “Po”, musica di Burt Bacharach, tre nomination dal 1966 al 1968, tre trionfi divisi fra 1970 e 1982) e “A Letter to the Free” (da “13th”, musica e testo di Common, vincitore nel 2015 per “Glory”, da “Selma – La strada per la libertà”); infine Goldderby “Runnin” (da “Il diritto di contare”, musica di Pharrell Williams).

D’improvviso precipitano “We Know the Way” da “Oceania”, fino al mese scorso uno dei maggiori favoriti, “I See Victory” da “Il diritto di contare” e “I’m Still Here” da “Miss Sharon Jones!”; similmente screditate “The Great Beyond” da “Sausage Party”, “Start a Fire” da “La La Land”, “Angel by the Wings” da “La principessa e l’aquila”, “Go Now” da “Sing Street”, “The Empty Chair” da “Jim: The James Foley Story”. Da notare le nomination ai Golden Globe di “Faith” (da “Sing”) e “Gold” (dal film omonimo).

Migliori effetti speciali

Rimasti in 10 nella shortlist, in prima linea si dispongono “Arrival” (Louis Morin), “Il libro della giungla” (Andrew R. Jones, Oscar nel 2010 per “Avatar” e già nominato nel 2005, Robert Legato, Oscar nel 1998 per “Titanic” e nel 2012 per “Hugo Cabret”, candidato inoltre nel 1996, Dan Lemmon, due nomination alle spalle, e Adam Valdez; Critics’ Choice Award) e “Rogue One: A Star Wars Story”, tallonati da “Animali fantastici e dove trovarli” e “Doctor Strange”. Awards Circuit punta poi su “Captain America: Civil War” (Dan DeLeeuw, nomination nel 2015 per “Captain America: The Winter Soldier”, Russell Earl, tre nomination incassate, Greg Steele e Daniel Sudick, 7 nomination tutte insoddisfatte) e “Kubo e la spada magica”, il quale nel caso entrasse in cinquina diverrebbe il secondo film d’animazione a ricevere una nomination nella presente categoria dopo “Nightmare Before Christmas” (1993).

Adombrati “Billy Lynn – Un giorno da eroe”, “Deadpool”, “Il GGG – Il Grande Gigante Gentile”, “A Monster Calls”, “Passengers”, “Star Trek Beyond” e “Sully”.

Miglior montaggio

Moonlight

Perduto nuovamente Indiewire (di qui in avanti, finché non incontreremo la categoria dei migliori trucco e acconciatura), Tom Cross di “La La Land” (fresco dell’Oscar del 2015 per “Whiplash”, del Critics’ Choice Award e del WAFCA Award) e Joi McMillon e Nat Sanders (“Moonlight”) mantengono il loro status dominante, affiancati quest’oggi da John Gilbert (“La battaglia di Hacksaw Ridge”, nominato nel 2002 per “Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello”); li bracca ancora la leggendaria Thelma Schoonmaker di “Silence”, con due fonti a sostegno, 3 Oscar e altre 4 nomination alle spalle. Restano apprezzamenti singoli ad “Arrival” (Joe Walker, candidato nel 2014 per “12 Anni Schiavo”) ed “Hell or High Water” (Jake Roberts) da parte di Awards Circuit, “Rogue One: A Star Wars Story” (Colin Goudie, John Gilroy e Jabez Olssen), riconsiderato dopo le prime corrive esclusioni, da parte dell’Hollywood Reporter, infine “Jackie” (Sebastián Sepúlveda) da parte di Goldderby.

Meno incisivi i montaggi di “Barriere”, “La legge della notte”, “Lion – La strada verso casa” e “Sully”; quindi “Il libro della giungla”, “Manchester by the Sea” e “Passengers”. Da notare la vittoria del Los Angeles Film Critics Award da parte del documentario “O.J.: Made in America”.

Miglior fotografia

Coronano la lista Linus Sandgren (“La La Land”; Critics’ Choice Award e WAFCA Award) e Rodrigo Prieto (“Silence”, nominato nel 2006 per “I segreti di Brokeback Mountain”), seguiti da Bradford Young (“Arrival”) e James Laxton (“Moonlight”, Los Angeles Film Critics Award). Awards Circuit propone Simon Duggan (“La battaglia di Hacksaw Ridge”), Hollywood Reporter Seamus McGarvey (“Animali notturni”, due candidature alle spalle) e Goldderby Stéphane Fontaine (“Jackie”).

Esulano dalla rosa dei frontrunners “Ave, Cesare!”, “Il libro della giungla”, “La legge della notte” e “Billy Lynn – Un giorno da eroe”, quindi “Lion – La strada verso casa”, “Hell or High Water”, “Hymyilevä mies” aka “The Happiest Day in the Life of Olli Maki” e “Passengers”.

Miglior scenografia

In pole position accanto all’inscalfibile David Wasco accompagnato dalla set decorator Sandy Reynolds-Wasco (“La La Land”; Critics’ Choice Award e WAFCA Award) ecco profilarsi non più “La legge della notte”, tagliato su due piedi dalla top 5, bensì la Jean Rabasse di “Jackie” (nominata nel 2001 per “Vatel”), cui seguono, con due fonti su tre a sostegno, le colonne italiche Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo (“Silence”, la seconda ostinatamente esclusa dalle fonti, entrambi vincitori di tre statuette, collezionate rispettivamente altre 6 e 5 nomination) e Patrice Vermette (“Arrival”, candidato nel 2010 per “The Young Victoria”). Il posto vacante nella cinquina se lo contendono Jeannine Oppewall (“L’eccezione alla regola”, 4 nomination alle spalle) per Awards Circuit, Barry Robison (“La battaglia di Hacksaw Ridge”) e Doug Chiang (Oscar nel 1993 per “La morte ti fa bella”) e Neil Lamont (“Rogue One: A Star Wars Story”) per l’Hollywood Reporter, Stuart Craig (“Animali fantastici e dove trovarli”, 3 statuette e altre 7 nomination guadagnate) e Christopher Glass (“Il libro della giungla”) per Goldderby.

Si accodano con scarse speranze “Allied – Un’ombra nascosta”, “Barriere”, “Amore e inganni”, “Il diritto di contare”. Da notare la vittoria del Los Angeles Film Critics Award da parte di “Ah-ga-ssi” (aka “The Handmaiden”).

Migliori costumi

Madeline Fontaine (“Jackie”; Critics’ Choice Award) sembra destinata a vincere, osteggiata da Mary Zophres (“La La Land”, candidata nel 2011 per “Il Grinta”) e Colleen Atwood (“Animali fantastici e dove trovarli”, 3 Oscar e altre 8 nomination alle spalle), a loro volta insidiate da Joanna Johnston (“Allied – Un’ombra nascosta”, nominata nel 2013 per “Lincoln”) e Consolata Boyle (“Florence”, candidata nel 2007 per “The Queen – La regina”). La non più così temibile Eimer Ni Mhaoldomhnaigh (“Amore e inganni”) parrebbe una buona scelta secondo l’Hollywod Reporter, similmente al Dante Ferretti (“Silence”) di Goldderby.

È salito e anche prontamente ridisceso “La legge della notte”, che ora si ritrova nelle retrovie con “Barriere”, “Captain Fantastic”, “Il diritto di contare”, “L’eccezione alla regola” e “Ave, Cesare!”.

Migliori trucco e acconciatura

Doctor Strange

Prima che venisse resa nota la shortlist dei film rimasti ancora in piedi, l’Hollywood Reporter ne aveva stilato una personale che si è rivelata totalmente fuorviante, fatta eccezione per un singolo titolo. Sostituiscono di conseguenza “Jackie” (pure Critics’ Choice Award), “Animali fantastici e dove trovarli”,Doctor Strange”, “Rogue One: A Star Wars Story” e “La battaglia di Hacksaw Ridge”, innanzitutto “Deadpool”, “Florence” e “Star Trek Beyond”, sostenuti da due fonti su tre; quindi “Ave, Cesare!”, preposto da Indiewire, “En man som heter Ove” (aka “A Man Called Ove”) e “The Dressmaker” evidenziati da Awards Circuit; completa la shortlist “Suicide Squad”, il lungo più distante dalla competizione.

Si separano dai beniamini “A Monster Calls”, “Animali notturni”, “Il diritto di contare”, “Il GGG – Il Grande Gigante Gentile” e “Silence”.

Miglior sonoro

Riacquisito il supporto di Indiewire, notiamo la netta predominanza de “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Robert Mackenzie, Kevin O’Connell, ben 20 volte a un passo dalla statuetta fra il 1984 e il 2008 e Andy Wright), “La La Land” (Ai-Ling Lee, Steve A. Morrow ed Andy Nelson, 2 Oscar e altre 18 nomination collezionate) e “Rogue One: A Star Wars Story”, che formano il trio della condivisione, cui ne segue un altro costituito da “Arrival”, “Deepwater – Inferno sull’Oceano” e “Il libro della giungla”. Awards Circuit suggerisce quindi “Patriots Day”, quando Goldderby punta piuttosto su “Silence”.

Fuori gioco “13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi”, “Allied – Un’ombra nascosta”, “Billy Lynn – Un giorno da eroe”, “La legge della notte”, “Passengers” e “Sully”.

Miglior montaggio sonoro

Panorama pressoché immutato: come pocanzi ritroviamo “La battaglia di Hacksaw Ridge” (Robert Mackenzie) che resta in testa affiancato da “Rogue One: A Star Wars Story”, dominando su “La La Land” (Mildred Iatrou e Ai-Ling Lee), e ancora “Arrival”, “Deepwater – Inferno sull’Oceano” e “Il libro della giungla”. Awards Circuit propone “Patriots Day” e “Sully”, mentre Goldderby resta fedele a “Silence”.

Medesimi gli esclusi “13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi”, “Allied – Un’ombra nascosta”, “Billy Lynn – Un giorno da eroe”, “La legge della notte”, “Passengers”, fatta eccezione per il titolo diretto da Eastwood.

Miglior cortometraggio

“Les Frémissements du Thé” di Marc Fouchard (Matthieu Devillers, produttore; Francia), “Mindenki” di Kristóf Deák (Ungheria), “Nocturne in Black” di Jimmy Keyrouz (Libano) e “Timecode” di Juanjo Giménez Peña (Spagna) i quattro titoli condivisi da Awards Circuit e Goldderby; il primo nelle propria top 5 comprende “Bon Voyage” di Marc Wilkins (Joël Jent, produttore; Svizzera/Turchia), il secondo “The Rifle, the Jackal, the Wolf and the Boy” di Oualid Mouaness (Libano).

Ancora pescabili dalla shortlist “Ennemis Intériueurs” di Sélim Azzazi (Francia), “La Femme et le TGV” di Timo von Gunten (Svizzera), “Graffiti” di Lluís Quilez (Spagna/Ucraina) e “Silent Nights” di Aske Bang (Danimarca).

Miglior cortometraggio d’animazione

Tre fonti gettano luce primariamente su “Piper” di Alan Barillaro (Marc Sondheimer, produttore; Pixar Animation Studios, USA) e “Inner Workings” di Leonardo Matsuda (Sean Lurie, produttore, Walt Disney Animation Studios, USA), cui seguono “Once Upon a Line” di Alicja Jasina (University of Southern California, USA) e “Sous tes doigts” di Marie-Christine Courtès (Ludivine Berthouloux, art director; Vivement Lundi, Francia). Awards Circuit sceglie ancora “Blind Vaysha” di Theodore Ushev (National Film Board of Canada, Canada) e “Borrowed Time” di Andrew Coats e Lou Hamou-Lhadj (Quorum Films, USA); l’Hollywood Reporter “The Head Vanishes” di Franck Dion (National Board of Canada e Papy3D Productions, Canada/Francia) ed “Happy End” di Jan Saska (FAMU – Film and TV School of the Academy of Performing Arts in Prague e True Lovers, Repubblica Ceca); Goldderby “Pearl” del trionfatore nel 2015 per “Winston” Patrick Osborne (Evil Eye Pictures, Google Spotlight Stories e Passion Pictures, USA).

Sempre valido all’interno della shortlist “Pear Cider and Cigarettes” di Robert Valley (Massive Swerve Studios e Passion Pictures Animation, Canada/UK).

Miglior cortometraggio documentario

Primi posti riservati a “Joe’s Violin” di Kahane Cooperman (USA) e “The White Helmets” di Orlando von Einsiedel, nominato nel 2015 per il lungo documentario “Virunga” (UK), seconde file a “Beit Ha’llemet” di Tamar Kay (Israele), “Extremis” di Dan Krauss, candidato nel 2006 per “The Life of Kevin Carter” (USA) e “Więzi” di Zofia Kowalewska (Polonia); Awards Circuit auspica “Brillo Box (3 ₵ off)” di Lisanne Skyler (USA), l’Hollywood Reporter “4.1 Miles” di Daphne Matziaraki (Grecia) e Goldderby “Watani: My Homeland” di Marcel Mettelsiefen (Germania/Spagna).

Resistono e sperano all’interno della shortlist “Frame 394” di Rich Williamson (Canada/USA) e “The Other Side of Home” di Nare Mkrtchyan (Armenia).

Chiudiamo con il consueto celere riepilogo dei cineasti italiani in lizza, almeno sulla carta: abbiamo ancora la facoltà di puntare su Vittorio Cecchi Gori, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, il primo produttore, il secondo scenografo e costumista, la terza arredatrice di set di “Silence”, e su Donatella Palermo e Gianfranco Rosi, produttori (il secondo anche regista) del documentario “Fuocoammare”.

La rubrica si rinnoverà grazie ad un aggiornamento fra un mese esatto, con l’intento di commentare le annunciate candidature.

Oscar 2017 - Tabella 3a
Oscar 2017 - Tabella 3b

 

Written by Raffaele Lazzaroni

 

 

Info

Oscar 2017: L’aria che tira – Pronostici sulle future nomination #1

Oscar 2017 – L’aria che tira: Previsioni sulle future nomination #2

Oscar 2017: L’aria che tira – Riflessioni, pronostici, statistiche e curiosità sulle nomination #4

 

5 pensieri su “Oscar 2017: L’aria che tira – Predizioni sulle future nomination #3

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