“Se tu avessi parlato… Emilia”, drammaturgia e regia di Marinella Anaclerio: commozione e rigore con Carla Guido

«Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esiste potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse la mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che chiede d’essere ascoltata». Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato, Rizzoli, 1975

Se tu avessi parlato... Emilia

Spesso quando si pensa a come descrivere cosa significa essere donna non si trovano parole abbastanza precise e adeguate. Quelle di Oriana Fallaci sono parole di una disillusione amara, ma sono parole, seppur nella loro naturale inadeguatezza, precise, dirette, che descrivono tutta la fatica di essere donna. È vero che essere donna è affascinante, è vero che è un’avventura, una sfida, una lotta continua. È vero, soprattutto, che essere donna significa morire assassinate dagli uomini. È vero, esistono molti modi per uccidere una creatura.

Quando Marinella Anaclerio scrive e dirige il monologo “Se tu avessi parlato… Emilia lo fa con una eleganza ed una delicatezza davvero speciali: da donna, non è mai facile scrivere per le donne e sulle donne, perché a leggere e ad ascoltare e a guardare come si muove il personaggio sulla scena saranno e dovrebbero essere soprattutto gli uomini.

Se tu avessi parlato… Emilia” conserva la suggestione del monologo che ha consacrato Christine Brückner come drammaturga, Wenn du geredet hättest, Desdemona. Ungehaltene Reden ungehaltener Frauen (1983). Sulla scena la Brückner lasciava sola Desdemona, ma nell’operazione della Anaclerio, dare voce ad Emilia, personaggio secondario come si suol dire, della tragedia shakespeareana, è un progetto ambizioso per due ragioni: Emilia è un personaggio poco visitato sebbene cruciale nell’economia della vicenda e soprattutto è un personaggio pericolosamente in bilico tra il Bene ed il Male.

Emilia, la moglie di Iago. Emilia la damigella di Desdemona. Emilia che tradisce la sua dolce amica rubando per Iago il famoso pegno d’amore, il fazzoletto che il Moro ha donato alla sposa. Quello che viene definito il dramma della gelosia è in realtà il dramma della ricerca del potere. Ad essere usate in questo intrigo macchinoso sono proprio le donne che ne rimangono, ben più degli uomini, vittime. Ingiuriate, vilipese, umiliate e uccise.

Marinella Anaclerio costruisce in forma di sogno l’apologia di Emilia che Carla Guido rende con commozione e rigore. L’attrice si destreggia, modifica con chiarezza voce e postura e si fa uomo e donna diverse volte. Ora è Iago, ora di nuovo Emilia, ora Desdemona, ora Otello.

Se tu avessi parlato... Emilia

Attraverso gli occhi del personaggio che rimette ordine districando la fitta trama dell’intrigo, lo spettatore rimane legato all’amara consapevolezza di quanto spesso il femminicidio nasca da una matrice culturale e sociale ben precisa: la moglie altro non è che un ruolo, la donna deve ricoprire quel ruolo come da contratto, senza chiedere per sé autonomia e libertà.

L’egoismo di Emilia che desiderava soltanto essere amata da Iago ha permesso l’assassinio di Desdemona: non è difficile comprendere che il peso dell’intera vicenda si regge sulle spalle delle donne. Non esiste amore che possa essere merce o che debba ottemperare ad un patto sociale.

Nella nostra epoca pensiamo di essere emancipate, crediamo di avere finalmente conquistato la nostra libertà di esistere in quanto donne, ma la vicenda di Emilia ci ricorda che non è così: gli uomini continuano a manipolare il desiderio e la passione delle donne a proprio piacimento.

Nella nostra epoca crediamo di avere imparato ad amare senza convenzioni, di essere libere nel corpo e nello spirito, ma la morte di Desdemona e della sua dama dimostrano il contrario: il corpo e lo spirito non sono altro che mezzi per essere dominate. La violenza non è solo quella fisica, ma è soprattutto ed in primo luogo la lacerazione psicologica, l’umiliazione costante. Chiunque ancora insista nel dire di avere ucciso per amore non solo mente, ma rende la violenza perpetua.

Il percorso intenso dal ritmo serrato della drammaturgia limpida della Anaclerio si realizza attraverso la estrema raffinatezza di Carla Guido che riesce a trasformarsi in  uno spirito parlante e si impone con una presenza scenica forte. La voce dell’attrice si fa strumento perfettamente intonato al coro che in scena è affidato alle musiche originali suonate dal vivo da Christian Pezzuto.

Se tu avessi parlato... Emilia

La scenografia essenziale (Marta Marrone) e le luci (Giuseppe Calabrò) calde e fredde scandiscono e supportano l’umoralità della protagonista, la avvolgono nella sua ossessione e ne evidenziano la solitudine profondamente tragica.

La citazione pasoliniana nel finale si inserisce nel quadro come il colpo di pennello più efficace. In Capriccio italiano, Pasolini mise problematicamente in scena l’Otello shakespeareano nell’episodio Cosa sono le nuvole. Le marionette che interpretavano Otello (Ninetto D’Avoli), Iago (Totò) e Desdemona (Laura Betti) venivano distrutte dal pubblico e gettate in una discarica.

Tutto il suo folle amore, Emilia lo canta proprio come un cigno nel finale onirico ed evanescente, soffiato negli occhi del pubblico che viene poi colpito dal buio.

Lo spettacolo “Se tu avessi parlato… Emilia” è andato in scena nell’ambito del mese shakespeareano (Teatro Pubblico Pugliese) il 16 e il 17 novembre 2016 a Bari presso l’ex Cinema Teatro Royal, oggi AncheCinema Royal.

 

Written by Irene Gianeselli

 

 

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