Intervista di Raffaele Lazzaroni al regista Marco Bonfanti ed al suo nuovo film “Bozzetto non troppo”

Nel novembre 2014, non ancora trascorsi due mesi dall’inizio del primo anno accademico al DAMS patavino, ho avuto la fortuna di partecipare ad un incontro, promosso dal corso di “History of Animation”, con il più noto regista italiano del settore, offertosi di raccontare a studenti e docenti la sua decennale esperienza.

Marco Bonfanti

Avevo a pochi metri una delle leggende che hanno segnato la mia infanzia e giovinezza: Bruno Bozzetto e il suo mondo surreale e seducente sono entrati in casa mia in due occasioni, prima attraverso un cofanetto dvd coi tre lungometraggi universalmente conosciuti (“West and Soda”, 1965, “Vip – Mio fratello superuomo”, 1968, “Allegro non troppo”, 1976) accompagnati da diversi corti di pregio, poi grazie ad un’altra compilation dedicata al suo più celebre personaggio, il Signor Rossi, protagonista dei film “Il Signor Rossi cerca la felicità” (1976), “I sogni del Signor Rossi” (1977), “Le vacanze del Signor Rossi” (1978) e di altre numerose opere di breve durata.

La mia personale esperienza conferma il suo carattere schivo, tutt’altro che autocelebrativo, la parlantina ironica, il calore paterno, tratti che emergono tutti con limpidezza nel secondo, piacevolissimo lungo documentario di Marco Bonfanti, “Bozzetto non troppo, di cui Oubliette Magazine ha già trattato in una fresca recensione.

È ora il momento di una conversazione con l’autore, generosamente prestatosi ad un soddisfacente incontro telematico, ricco di aneddoti e riflessioni sull’uomo, l’artista, la sagoma derivante, posta al centro di un contributo atteso da anni e finora largamente apprezzato.

 

R. L.: Che opinione avevi di Bruno Bozzetto prima di conoscerlo?

Marco Bonfanti: Mi aspettavo fosse un uomo pieno di fantasia, un cantastorie, una specie di bambino in un corpo di adulto, anche perché sono sempre stato un suo fan, fin da piccolo. Ricordo quando a Natale attendevo con entusiasmo i suoi film, che all’epoca venivano ancora trasmessi in televisione. Uno in particolare, “Vip – Mio Fratello Superuomo”, valeva per me come un regalo ed è a tutt’oggi il mio film d’animazione preferito.

 

R. L.: Come l’hai incontrato?

Bozzetto non troppo

Marco Bonfanti: L’ho incontrato qualche anno fa nel suo studio, proponendogli proprio “Bozzetto non troppo”. Poi il progetto si è arenato per diverso tempo, perché frattanto mi avevano proposto di partecipare a un film collettivo dal titolo “9×10 Novanta”. Dopodiché mi sono ripresentato e posso dirti che Bruno non era affatto convinto di voler realizzare un film su di lui. Credo temesse la solita intervista annichilente ed era spaventato dal fatto che il prodotto finale potesse annoiare gli spettatori. La mia fortuna è stata che nel frattempo aveva visto il mio film precedente, “L’Ultimo Pastore”, e gli era piaciuto moltissimo. C’è anche un aneddoto divertente sulla questione. Doveva andare al cinema a vederlo, ma si è presentato con un paio di settimane di anticipo e c’era un film su delle balinesi (non ho mai scoperto che film fosse). Mi ha telefonato il giorno dopo dicendomi che si era annoiato mortalmente. Poi, per fortuna, è riuscito a vederlo e mi ha fatto un disegno bellissimo che conservo ancora gelosamente appeso in casa. Grazie a “L’Ultimo Pastore” aveva capito cosa volessi fare e piano piano si è fidato di me e mi ha completamente aperto le porte della sua intimità.

 

R. L.: Com’è nata l’idea di realizzare un intero documentario su di lui?

Marco Bonfanti: Come ti dicevo, oltre al fatto di essere un suo fan, mi è parso assurdo che nessuno avesse realizzato nulla su di lui, anche se poi ho scoperto che era Bruno stesso a non dare la possibilità ai diversi registi che si erano presentati nel corso degli anni. Bozzetto è una persona molto riservata e il fatto che si sia aperto così tanto con me mi rende molto felice. Alla fine ho deciso di colmare questo strano e paradossale vuoto culturale, anche perché parliamo di un uomo che è tra i pochissimi veri italiani da esportazione, uno che è considerato tra i venti registi d’animazione più influenti di tutti i tempi. Basti dire che John Lasseter si ispira dichiaratamente a lui per i film targati Disney e Pixar, che Matt Groening dei Simpson è un suo ammiratore e che i creatori della serie de “L’Era Glaciale” hanno guardato con molta attenzione ad “Allegro non troppo”. Inoltre, con lui ho ritrovato la possibilità di mescolare il mondo del reale con il mondo della fantasia, peculiarità che sino a oggi ha caratterizzato la mia ricerca stilistica.

 

R. L.: Quanti mesi sono occorsi per ideare, girare e montare il film? Come è stata strutturata la produzione?

Marco Bonfanti: Il film è prodotto da Anna Godano, in associazione con Istituto Luce Cinecittà ed in collaborazione con Sky Arte HD. Anzi, ci tengo a ringraziarli perché hanno creduto subito nel mio progetto e mi hanno fatto lavorare senza pressioni e in totale tranquillità. Il film è stato un lampo: tra l’ideazione e la chiusura della post-produzione sono passati appena cinque mesi. Ho sempre avuto molto chiara nella mente la struttura finale del film, sia sul set dove non c’è praticamente stato spazio per l’improvvisazione, sia in montaggio e nelle fase finali. Questo ci ha permesso di essere molto rapidi e precisi. Inoltre, cosa di non poco conto, la troupe era la stessa del mio film precedente (Marco Ferri, Claudio Bagni per esempio) e questo ha aiutato moltissimo.

 

R. L.: Come definiresti il taglio stilistico attribuito a “Bozzetto non troppo”?

Bozzetto non troppo

Marco Bonfanti: Mi riesce difficile tentare di dare una definizione stilistica univoca di un mio film. Posso dirti che mi interessava creare continuità tra la vita di Bruno e la sua arte e trasformarlo così in un personaggio, anzi nel papà dei suoi leggendari cartoni animati. Volevo evitare la trappola del documentario televisivo. Al cinema si cercano emozioni, pensieri, riflessioni, sentimenti, mentre in televisione esiste solo l’informazione. Non credo molto nel documentarismo cosiddetto “vérité”, che vorrebbe essere oggettivo, ma secondo me si limita solo a cogliere l’attimo rimanendo in superficie. Credo invece che solo con la contaminazione si possa raggiungere una verità più intima, più profonda del soggetto e del suo mondo. In questo caso a Bruno il film è piaciuto moltissimo e si è interamente rivisto al suo interno; è quindi probabile che questa stilizzazione abbia funzionato sullo schermo. Poi sarà naturalmente il pubblico a decidere.

 

R. L.: Per quale motivo hai preferito concentrarti sull’autore piuttosto che sui suoi lavori? Cosa ti ha spinto a queste scelte?

Marco Bonfanti: Mi interessava cogliere l’uomo che sta dietro l’artista, ché la creazione, l’ispirazione penso discendano più da ciò che ci circonda, da dove ci muoviamo, da cosa facciamo, dalle persone con cui viviamo, piuttosto che dal lavoro effettivo. L’atto di creare è solo l’ultimo tassello di un percorso che parte dalla quotidianità. Ciò che Bozzetto ha in casa intorno a sé, nel suo studio, quello che dice in montagna, al lago, a Milano, penso conti molto di più di quello che fa davanti a un pc.

 

R. L.: Quali i sentimenti scaturiti dalla collaborazione con un maestro riconosciuto a livello internazionale?

Marco Bonfanti: Sono davvero contento della possibilità che Bruno mi ha concesso, ma soprattutto del fatto di essere diventato suo amico. Da bambino non avrei mai immaginato una cosa del genere. Mentre oggi sono qui e lo posso raccontare. È la magia del cinema.

 

R. L.: L’aspetto più divertente di quest’avventura?

Marco Bonfanti: Basta il fatto che Bruno viva con una pecora di taglia XXXL?

 

R. L.: Una considerazione: personalmente mi sono sentito invaso da un autentico stato di malinconia assistendo agli estratti animati commentati dalla colonna sonora di Danilo Caposeno…

Marco Bonfanti

Marco Bonfanti: Permettimi di dirti che per me la musica è fondamentale e l’alchimia con Danilo è pressoché totale. Lavoriamo insieme in maniera molto particolare: lui mi manda diversi pezzi prima ancora che io faccia le riprese. Io seleziono quello che credo sia giusto per il film e quando vado sul set giro avendo già in mente le sue musiche. In questo modo, in montaggio attacco le immagini a quel determinato pezzo. Lui è bravissimo. Sa cogliere gli stati emotivi dei miei lavori ancora prima che questi vengano realizzati, semplicemente mettendosi in ascolto di quanto gli comunico a parole. Lo considero una specie di co-sceneggiatore.

 

R. L.: Come hai indotto Venezia a selezionare il tuo film per il Festival?

Marco Bonfanti: I produttori l’hanno mandato al Festival e il film è stato invitato. Tutto qui. Per me è stata la seconda volta nel giro di due anni, perché c’ero già stato con il mio film “Tubiolo e la Luna”, episodio contenuto appunto in “9×10 Novanta”.

 

R. L.: Quale destino attende ora “Bozzetto non troppo”?

Marco Bonfanti: “Bozzetto non troppo” uscirà in sala il 14 ottobre e fortunatamente è molto richiesto dalle sale e dai festival. Sarà poi trasmesso da Sky Arte HD a Natale e uscirà successivamente in home video, in un cofanetto ricco di contenuti extra. Il percorso ha preso avvio con grandissimo entusiasmo da parte di critica e pubblico, quindi abbiamo molta fiducia che possa procedere bene. Mi accontenterei di avere la metà del successo avuto con “L’Ultimo Pastore”, sarebbe già moltissimo.

 

R. L.: In che rapporto ti poni con il cinema d’animazione?

Marco Bonfanti: Mi piace molto, soprattutto quello di ricerca come il cinema poetico e magico di Jurij Norštejn. Credo sia uno dei più fertili terreni di sperimentazione esistenti insieme a quello delle forme del doc, che sono oggi quelle artisticamente più coinvolgenti e accattivanti.

 

R. L.: Qualche considerazione sulle tue opere precedenti?

Marco Bonfanti: Come ti dicevo, cerco continuamente di mischiare fantasia e realtà nelle mie opere: cercare di essere semplice e immediato nel visibile, per riuscire ad essere intenso e riflessivo dietro la superficie. Parrebbe che per ora questo mio approccio funzioni. Spero perciò che questa incredibile dose di fortuna possa durare ancora per molto tempo.

 

R. L.: Hai già in lavorazione qualche altro progetto? Pensi di rimanere nell’ambito della documentaristica o rimetterai piede nel campo della fiction?

Marco Bonfanti: Sì, ho molti progetti per la testa, ma per ora non dico nulla. Non so che tipo di lavoro sarà, non mi pongo mai questi tipi di problemi, anche perché credo non esista sostanziale differenza tra documentario e finzione, almeno nel mio modo di lavorare. Per me la linea di demarcazione tra finzione e documentario non esiste, è solo una categorizzazione voluta dall’industria. È sempre Cinema e quindi attinge dalle medesime cose.

 

Written by Raffaele Lazzaroni

 

 

Info

Pagina Facebook di “Bozzetto non troppo”

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *