“Scandal” di Shonda Rhimes: Olivia Pope come la donna che mosse cento navi

Sentendo nominare le parole Scandal e Shonda Rhimes è probabile che “rimandi all’epica” non sia la prima cosa che viene in mente.

Scandal

Scandal è una serie televisiva la cui trama gira tutta intorno a Olivia Pope, una spesso formidabile e sempre elegantissima Kerry Washington che per guadagnarsi da vivere si occupa di indagare, sistemare e ripulire i più disastrosi guai delle alte sfere di Washington e qualche volta anche di personaggi con posizioni decisamente meno prestigiose.

È una figura grigia nel senso migliore del termine, quello che definisce i personaggi come né santi né malvagi, e nel corso della serie Olivia si muove agilmente dalle gradazioni più abbaglianti a quelle più vicine al carbone.

Proprio in mezzo a tutte queste sfumature si trova il grande amore della sua vita: Fitz Grant, il Presidente degli Stati Uniti nell’universo di Scandal, interpretato qui da Anthony Goldwin (che in Italia sembra ricordato più che altro per il ruolo del cattivo in Ghost). Molto più vicino alle sfumature torbide si trova il padre di Olivia, uno degli uomini più potenti del mondo, a insaputa del mondo stesso, e un’ombra immensa con la quale Olivia convive tutti i giorni.

Nel corso delle sue quattro stagioni, Scandal ha conquistato un ampio pubblico e ha tratto la sua forza dall’indistruttibile, grande protagonista e dai colpi di scena che si susseguono a un ritmo incredibile e trascinante, mixati a una colonna sonora piena di musica soul anni ’70 che accompagna splendidamente gli episodi, donando loro un’energia che magari di primo acchito non ci si aspetterebbe.

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Oltre ai ritmi narrativi letteralmente mozzafiato e la colonna sonora indovinatissima, però, la vita di Olivia Pope intrattiene lo spettatore anche grazie a tutto quello che accade nella sfera più personale della sua vita: ed è proprio qui, più che mai nella quarta e presente stagione, che i paralleli con l’epica di origine greca si fanno sentire a gran voce e vengono infine citati esplicitamente dagli autori. In realtà, forse quei momenti in cui la citazione è tanto diretta sono tra i più intensi della serie. Non gli unici, ma sicuramente al di sopra della norma, capaci di emozionare e colpire a fondo; colpire forte, se nel proprio bagaglio culturale ed emotivo l’epica ha un posto tutto per sé.

La prima volta che c’imbattiamo in una citazione esplicita siamo nell’ufficio di una prigione, con una sedia al centro della stanza e un’ex-guardia del corpo del Presidente lì seduta, con le mani legate. Ha davanti un’Olivia Pope presa da minacce e domande e tutto quello che lui riesce a fare è guardarla (You’re usually in the corner of my eye, I had never… seen you. And you are beautiful.):

“You are beautiful. But really it’s what is behind your eyes. I can see it. And you know they all love you. My president, Jake, Command, they all love you, and I can see it, I can see why Elen of Troy; the face that moved a thousand ships.

She didn’t have a father neither. her father was a god.”

Sei bellissima. Ma in realtà è per è ciò che si trova dietro i tuoi occhi. Riesco a vederlo. E tu sai che tutti loro ti amano. Il mio Presidente, Jake, Commando, tutti loro ti amano, e io riesco a capirlo, posso capirlo Elena di Troia. Il volto che mosse un centinaio di navi.

Nemmeno lei aveva un padre, suo padre era un dio.”

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Non è cosa di tutti i giorni che un parallelo sia così perfetto e calzante da mozzarti il fiato. Non dura tre minuti interi, ma si prende il suo tempo e riesce a dire quello che gli preme con una potenza e una precisione che faticano ad andarsene.

Olivia Pope non è solo intelligente, astuta, impavida e – tanto per non farci mancare niente – con un gusto nel vestire che reclama odi alla sua costumista: è anche una leggenda, in più modi e a più livelli, e arriva a scomodare, senza rischiare di cadere nel grottesco per un paragone così alto, l’epica greca.

La stoccata finale arriva nel nono episodio della quarta stagione: Olivia decide di non scegliere proprio nessun uomo, nessuno spasimante rispetto all’altro, ma di scegliere Olivia, quella stessa Olivia che nell’arco di pochi giorni ha vissuto esperienze terribili e che minerebbero la sanità mentale di molte persone.

I’m not choosing. I’m not choosing Jake. I’m not choosing Fitz. I choose me. I’m choosing Olivia. Right not Olivia is dancing.

I’m dancing Jake, I’m free!

Now you can dance with me or you can leave my dance floor. I’m fine dancing alone.

Nel momento in cui riesce a trovare un equilibrio, a dire “Se volete che scelga, scelgo di stare bene io per prima”, l’uomo con cui sta parlando (uno di quei pretendenti) si allontana un attimo. È abbastanza per farci capire che le cose possono solo peggiorare, dopo averci illuso di un miglioramento, l’inizio di qualcosa che non è pace ma ci si avvicina.

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E invece, mentre il pretendente numero due è occupato a raccattare coperte, la telecamera si sposta nell’Ufficio Ovale. 

Tell me Mr President, what’s the one thing in the world you can’t live without?

The one thing that if taken away from you, you’d do everything in your power to get back?

What did you do to her?

What. Did. You. Do?

Aint’ like a war now, Sir?

Cosa ne dice adesso di una Guerra, signore?

Un gruppo all’interno del Governo voleva uno scontro con l’Angola, uno scontro che questo Presidente non aveva intenzione di creare.

Risultato? Rapiamo la persona a cui tiene di più e stiamo a vedere cosa succede. Per ottenere una guerra, l’ultima volta ha funzionato.

 

Written by Giulia Magagnini

 

 

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