“La piramide di fango”, libro di Andrea Camilleri: Montalbano indaga nel campo dell’edilizia

“Il botto del trono fu accussì forti che Montalbano non sulo vinni arrisbigliato scantatizzo di colpo, ma per picca non cadì dal letto per il gran sàvuto che aviva fatto”.

È l’ultima indagine in ordine di tempo del commissario Montalbano, quella descritta da Andrea Camilleri ne “La piramide di fango”, Sellerio Editore, uscita nel maggio 2014 per celebrare il ventennio dalla creazione di questo personaggio così amato.

Su Vigata, paese della costa siciliana, si sta abbattendo una pioggia torrenziale e martellante che toglie il sonno a Salvo Montalbano, inducendolo a fare un sogno che si rivelerà premonitore. Una telefonata di Fazio, uno dei principali collaboratori del commissario, interrompe la notte angosciosa per annunciare il ritrovamento di un cadavere in un cantiere.

L’uomo, Giugiù Nicotra, giace riverso e mezzo svestito all’interno di una galleria formata da grossi tubi che dovrebbero servire, a lavori ultimati, per le condotte dell’acqua. La faccia affondata nella melma, fra le scapole una pallottola. L’acqua sembra aver travolto tutto, e aver lasciato dietro di sé soltanto un mare di fango.

Questa si presenta come un’indagine che parte in maniera lenta, e vede un Montalbano preoccupato per la donna che ama ed incapace di concentrarsi. Livia è a Boccadasse, ed è sconvolta per la morte di un ragazzino che avrebbe voluto adottare e che avevamo conosciuto in un’indagine precedente. Molto presto si scopre che tutti gli indizi portano al mondo degli appalti pubblici dove regna sovrana una grande corruzione.

Un misfatto di mafia viene fatto passare per un delitto d’onore, con tutti i depistaggi che ne conseguono. Il morto, andando proprio a porre fine alla sua vita in quella galleria, ha voluto comunicare qualcosa, ne è convinto Montalbano. E ben presto capisce anche che se vuol tornare da Livia, deve risolvere presto questo mistero, utilizzando mezzi anche non proprio “ortodossi”. La malavita si è creata una sorta di “piramide”, fatta di viscido fango, come quello che circonda la zona in quei giorni, alla quale bisogna spezzare la sommità. Come è stato per le piramidi degli antichi egizi, occorre aprire a forza una breccia sul lato, se non si riesce a trovare l’ingresso.

Dalla sua uscita, “La piramide di fango” ha scalato le vette dei libri più venduti, collocandosi al primo posto. Complici l’amore nei confronti di Andrea Camilleri e del personaggio Montalbano che, insieme, creano un evento catalizzatore. Lo stile di Camilleri è come al solito coinvolgente, lineare nonostante i tanti termini siciliani di cui è composta la sua prosa.

Salvo Montalbano domina ogni scena, come se il narratore si annullasse e a lui venisse affidato il compito di dirigere l’intera storia. È allo stesso tempo il deus ex machina, il regista, la mente, il personaggio principale e quello maggiormente carismatico. I personaggi che lo circondano, che ormai abbiamo imparato a conoscere, sono caratterizzazioni fondamentali e servono ad infondere sicurezza nel lettore.

L’ironia e il senso dell’umorismo che appartengono a Montalbano, così come a Mimì e a Fazio, rendono piacevole lo svolgimento delle indagini. Il linguaggio vernacolare di Catarella, che puntualmente non azzecca un nome e si muove in modo maldestro, arricchisce la storia di elementi surreali.

Camilleri è abile nell’offrire al lettore uno spaccato di Sicilia, ma al tempo stesso di Italia, in senso più generale, toccando temi, come questo della speculazione edilizia, che in realtà si allargano e diventano una vera e propria piaga sociale. L’ennesimo racconto ben riuscito del maestro siciliano e noi siamo qui, ad attendere altre indagini di quello che è il commissario più amato della nostra penisola.

 

Written by Cristina Biolcati

 

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