“Noah”, il nuovo film di Darren Aronofsky: una libera interpretazione della Bibbia ed elementi fantascientici

“<Noi siamo stati scelti per salvare gli innocenti.> <Gli innocenti?> <Sì, gli animali.>”

 

Noah è l’unico sopravvissuto della stirpe di Seth e ha deciso di costruirsi una famiglia lontano dal resto degli altri individui, tutte appartenenti alla stirpe di Caino.

La sua vita si svolge tranquilla fino a quando Noah non comincia a fare strani sogni presagio di una terribile sciagura che incomberà sulla Terra.

Così, dopo aver chiesto consiglio al nonno Matusalemme comincia a costruire, con l’aiuto della propria famiglia e dei vigilanti, l’enorme arca che ospiterà tutte le creature innocenti del creato. Ma non tutti possiedono una fede profonda come quella di Noah ed egli sarà turbato anche da costoro i quali tenteranno di condurre il suo progetto verso il fallimento.

Il tanto atteso “Noah”, con un sempre magistrale Russell Crowe, primo per due settimane nella classifica dei film più visti in Italia, lascia lo spettatore interdetto, in bilico tra compiacimento e delusione.

Ma c’era da aspettarselo, ogni film di Darren Aronofsky porta critiche ed opinioni controverse. Se infatti qualcuno si aspettava, spinti anche dal trailer ingannatorio, un film fedele alle Sacre Scritture, allora ha scelto il film e/o il regista sbagliati.

Quello che poteva essere un film da ricordare nel tempo, un po’ come i grandi kolossal dei tempi passati, o come anche “Il gladiatore”, con lo stesso Russell Crowe, può essere considerato, è invece risultato una libera interpretazione di un fatto biblico con l’aggiunta di elementi fantastici, quasi fantascientifici.

Come definire altrimenti l’introduzione dei cosiddetti vigilanti sotto forma di creature di pietra animate che ricordano i Mordiroccia de “La storia infinita” o ancora meglio i robot di “Transformers”?

Per non parlare poi degli elementi metafisici e trascendentali  inseriti un po’ a casaccio probabilmente come un qualcosa di superiore che avrebbe dovuto dare un senso di impotenza e di superiorità del tutto nei confronti dello spettatore che non può che rimanere basito.

Il cast, di tutto riguardo, è ciò che non può essere contestato, a parte una Emma Watson che si fatica a riconoscere in un ruolo differente da quello di Ermione Granger.

Ciò che si ritrova è una metafora della vita presente con l’inserimento di parabole ecologiste e pacifiste. Religione e scienza si fondono creando un mix piuttosto ben riuscito.

Il film, alquanto coinvolgente, non è del tutto negativo, la storia si svolge comunque con linearità e nonostante le divagazioni la vicenda è quella nota. Anche la costruzione dell’arca e l’arrivo degli animali creano scenari interessanti, nonostante la poca realisticità degli animali stessi.

Speranza, redenzione, amore sono i sentimenti che scaturiscono alla conclusione della pellicola ma chissà che il pubblico non preferisse un qualcosa di più fedele alla tradizione o se non altro senza aggiunte escogitate ad hoc dall’estroso regista e con una colonna sonora (del musicista e compositore britannico Clint Mansell) più adeguata e meno ansiolitica.

(Noah, USA, 2014)

Regia: Darren Aronofsky

Interpreti: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Ray Winstone, Emma Watson, Anthony Hopkins, Logan Lerman, Douglas Booth, Julianne Moore, Martin Csokas, Jóhannes Haukur Jóhannesson, Arnar Dan, Kevin Durand, Dakota Goyo, Mark Margolis, Madison Davenport, Nick Nolte

Durata: 138 min.

 

Written by Rebecca Mais

 

 

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