Contest letterario gratuito di prosa e poesia “Legàmi”
“Le immagini turbinarono vorticose ancora una volta per ritrovarsi in una tenda illuminata da puzzolenti lanterne a olio, simili a quelle che infestavano la taverna, ma che non attenuavano il puzzo della carne in decomposizione dell’uomo ancora in vita.” – “Il tesoro di Alarico” in “Legàmi”
1. Il Contest letterario gratuito di prosa e poesia “Legàmi” è promosso dalla web-magazine Oubliette Magazine e dall’autore Pierluigi Curcio. Il Contest letterario è riservato ai maggiori di 16 anni. Il Contest è gratuito.
Il tema è per entrambe le sezioni: il mistero, l’horror, il fantasy, il thriller gotico.
2. Articolato in 2 sezioni:
A. Short Story in 150 parole (un racconto breve con tematica horror, mistery, avente come limite massimo di partecipazione 200 parole, e come limite minimo 30 parole)
B. Poesia (limite 80 versi)
3. Per la sezione A si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo di scrivere la short story in un documento word e cliccare in alto Revisione, e Conteggio parole in alto a sinistra.
Per la sezione B si partecipa inserendo la propria poesia sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con poesie edite ed inedite.
Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email ma nel modo sopra indicato.
Ogni concorrente può partecipare in entrambe le sezioni e con una sola opera per sezione.
4. Premio:
N° 1 copia del romanzo “Legàmi”, di Pierluigi Curcio. “Legàmi” è una raccolta di quattordici storie del mistero che indagano sul fenomeno del poltergeist, sulle sedute spiritiche, sulle case infestate da fantasmi inquieti, sui tetri cimiteri popolati da strane energie, su animali spaventosi ormai mitologici.
Saranno premiati i primi due classificati della sezione A, ed i primi due classificati della sezione B.
5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 9 giugno 2014 a mezzanotte.
6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta da:
Alessia Mocci (Dott. in Lettere, redattrice e critico letterario)
Pierluigi Curcio (Scrittore)
Rebecca Mais (Collaboratrice Oubliette)
Cristina Biolcati (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)
Rosario Tomarchio (Scrittore e Collaboratore Oubliette)
Bernadette Amante (Collaboratrice Oubliette)
Maila Daniela Tritto (Collaboratrice Oubliette)
7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.
8. Si esortano i concorrenti per un invio sollecito senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.
9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione per email: oubliettemagazine@hotmail.it indicando nell’oggetto “info gara poetica” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando), in alternativa all’email si può comunicare attraverso la pagina fan di Facebook:
https://www.facebook.com/OublietteMagazin
10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email tutte le notifiche con le nuove poesie e racconti brevi partecipanti alla Gara Letteraria; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.
11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.
Simone Turri, dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e allego il seguente racconto breve dal titolo “Morto”.
Nudo, mi risveglio in un ambiente completamente buio. Sono sdraiato su una superficie dura. Con le dita tasto qua e là e intuisco che mi trovo sui una barella d’acciaio, o qualcosa di simile. So di essere nudo perché sento il freddo del metallo invadermi per tutto il corpo. Cerco di alzarmi ma questo semplice movimento mi procura enorme dolore e grande fatica. Provo a guardarmi attorno, in cerca di un minimo spiraglio di luce che possa darmi conforto, ma tutto intorno è buio e silenzio. Scendo e, lentamente, avanzo di qualche passo per poi cozzare contro una dura parete, gemella delle successive tre alle quali mi appoggio proseguendo. Sono in trappola, ma non so il perché né immagino chi possa avermi rinchiuso qui dentro.
Mi auguro che questo silenzio duri ancora per poco e che la morte mi prenda in fretta, sempre che io non lo sia già, morto.
Emanuela Guttoriello, dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e allego la seguente poesia tratta dal mio libro RACCOLTA DI MACERIE
40
Non cresce una rosa nel deserto.
Quella che conosco io
è solo di vento e sabbia
e tale,
di sabbia,torna
e il vento la disperde.
Roberta De Tomi, dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e allego “La sindone di Lena” che partecipa alla sezione A (Short-Story)
La sindone di Lena
Estrassi il lenzuolo dall’ultimo cassetto del comò. Profumava di lavanda e di abbracci ancora vivi, che ravvisavo nelle impercettibili pieghe della stoffa, scolorita dai lavaggi. Stesi quel pezzo di passato sul letto, su cui vidi le forme appena accennate, che mi fecero battere il cuore. Nel lenzuolo in cui aveva scontato gli ultimi giorni di malattia, Lena aveva lasciato la sua impronta. Il cellulare squillò. “Dottor Rossi, buongiorno”. Fissai l’appuntamento con lo psichiatra, il quarto, a due mesi dal funerale. Mentre interrompevo la chiamata, il flacone di Sereupin cadeva dal comodino, andando in mille pezzi. “Amore mio!” gridai. Un soffio mi sfiorò le labbra tremanti. Lena odiava i medicinali, diceva che per certe cose, le cure erano dentro di noi. Ma Lena, la mia Lena, sole fatto donna, era morta. Mi aveva abbandonato, mi aveva… Mi fermai. Strinsi la sindone a me. No, non mi aveva abbandonato. Lena era con me, sarebbe stata il mio sorriso, la mia luce. Sarebbe stata la mia vera cura.
Molto particolare e ben scritto.
Mosca cieca
“Andreino? Siamo qui!”.
Le voci di quegli sciocchi mi fanno andare il sangue alla testa. Sono il più piccolo perciò mi fanno fare quello che vogliono. Sono il loro zimbello. Mi hanno messo una benda davanti agli occhi e dopo averla annodata mi hanno fatto girare su me stesso. Ora scappano e ridono. Non ne posso più di subire le loro angherie.
Lara e Angelica stranazzano come oche e Luigi le asseconda. Mi muovo a tentoni mentre mi sento toccare e prendere a spintoni.
Mi concentro su quelle mani, su quei corpi, su quelle parole di scherno. Li seguo con la mente e afferro l’uncino di metallo che ho nascosto nella cinta dei calzoni.
Sì, ecco! Ne ho arpionato uno. Odo le grida isteriche delle ragazze.
Fuggono tutti a gambe levate i vigliacchi.
Mi tolgo la benda e vedo Luigi steso a terra. L’ho preso al torace e rantola in un bagno di sangue. Già. Ora però non posso più stare qui. Devo andarmene al più presto.
Cercherò altri compagni di giochi.
Patrizia Benetti. Sezione A Racconti Brevi. Accetto il regolamento.
Ma chi provvede alla comunità?
Il paese ricorda
com’era, quando ancora c’era
qualcosa che restava
la sera sotto il cuore,
brace che sfiata lenta –
e non il taglio amaro
di traffico continuo che lo sventra
da mane a sera,
e poi lo butta a pezzi
nel sacco nero della notte,
nel cassonetto chiuso a chiave
della spazza-cultura:
ricorda quando era un’avventura
di verde intorno, tra le poche
case sfacciate come fiori in giro –
gli argini bambini a capriole,
i campi sotto il sole…
Ricorda… Ma l’alzehimer
avanza col cemento
e seppelisce il tempo
in attimi di statica antistoria;
perché il presente-niente
regni su di ogni assenza,
perché la gente torni
la sera, stanca, solo per crollare
nel sonno dismemorico
e scappi la mattina a lavorare
lontano, dove solo ci si sfianca
a fare cose che ci fanno male.
Ora il paese è tutto
in questa lotta per tenerlo vivo,
in questa scossa forte
di bene che gli diamo – ancora:
e intanto l’acqua passa,
ma a noi non passa mai – non va
mai a buon fine il gesto
pieno di chi lo ama: è contro-
corrente, oggi, aver cura
di ciò che è caro – è controproducente
stare dove la terra
ti trema nelle mani, a carezzarla.
Il paese ormai non si ricorda
più di niente e nessuno,
l’hanno messo a tacere
in un ospizio lontano lontano:
si va a trovarlo, a volte, come andare
in visita a un malato terminale;
eppure tocca a noi,
adesso, ricordare:
ricordarci di tutto,
di lui, di noi, di essere –
di essere la vita tra le case,
di andare più lontano delle strade:
di fare fuoco intorno al cuore, amarci
come legna che arde – a riscaldare.
Accetto il regolamento, sezione B
Tra reale e surreale
Rincasava sempre tardi quando il chiarore del giorno era un fioco ricordo. Al buio della notte i suoi occhi distinguevano meglio, i sensi coglievano ogni impercettibile movimento, ogni sospiro. Si muoveva senza destare rumore, le orecchie tese a captare se un’altra anima percorresse quella strada.
Uno scatto improvviso seguì alla vista di un’ombra, qualcosa di scuro che correva proprio verso casa sua.
Affrettò i passi, il cuore leggermente accelerato, i peli dritti dall’eccitazione. L’avrebbe finalmente affrontato, quell’essere abietto che si divertiva a sua insaputa imbrattando di feci lo zerbino di fronte la porta. Provava odio per quell’essere, immaginò di ficcargli i denti nel collo e affondarli finché il sangue non fosse sgorgato. Ma prima gli avrebbe chiesto con un sorriso beffardo il perché di quel gesto immondo. L’ombra era già corsa lungo le scale che separavano il cancello d’entrata dal portone. Ci siamo pensò e gonfiò la coda, pronto all’attacco.
Tania Scavolini – sezione A – accetto il regolamento
Paul s’accese una sigaretta. Il capo voleva i bozzetti horror per il mattino seguente e lui avrebbe dovuto lavorare fino a tardi quella notte.
Riprese la matita e proseguì.
Il killer era un uomo col volto deforme, rapiva le vittime, le torturava in boschi isolati e lasciava le loro carni straziate a lupi e cinghiali selvatici. Dei cadaveri restavano solo le ossa.
Paul disegnò le ultime vignette: il pazzo con lame e uncini incideva tatuaggi sul ventre di un uomo, poi andava a fondo, sempre di più, oltrepassando la pelle e arrivando alle interiora. Le tirava fuori nel lago di sangue, mentre la vittima in agonia stava perdendo i sensi, e con un taglio netto finiva il lavoro recidendo le cornee.
Paul era soddisfatto: il personaggio sembrava davvero realistico. Poi sentì grattare alla porta e andò a controllare.
Un uomo col viso deforme fu l’ultima cosa che vide.
accetto incondizionatamente il presente regolamento e autorizzoil trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003).
Sonia Tortora – sez. A
Daniela Giorgini – Sezione A – Accetto il regolamento
Quando i sogni si infrangono
Il suo sogno era uscire da quelle mura in cui si sentiva prigioniera.
Dove tutti non facevano altro che ricordarle chi era e, soprattutto, che non poteva essere diversa.
Le piaceva stare in mezzo agli alberi, vedere i fiori sbocciare, lasciarsi avvolgere dal loro profumo. Però aveva voglia di andare oltre.
Così decise di partire. Di nascosto da tutto e tutti, perché nessuno potesse privarla del suo desiderio.
Quando scoprirono la sua fuga, in molti andarono a cercarla, preoccupati.
La trovarono, appena fuori dal bosco, riversa sul ciglio della strada.
Sembrava addormentata, ma le sue ali non brillavano più.
Il resto del mondo non l’aveva accolta come sperava.
E nessun bambino era stato lì, a battere le mani per lei…
O.D.I.A.
Sangue porpora
cade su grigio asfalto
vita distrutta.
Il ragazzo sentì le unghie penetrare sotto lo sterno. Sperò di svenire nel momento in cui si sentì toccare il cuore dall’interno. Quando lo vide, pulsante, davanti agli occhi, lo sguardo si annebbiò.
Molli tenebre
senza gli occhi giovani
mi circondano.
L’uomo s’inginocchiò. Non sapeva chi lo avesse colpito alla nuca tanto forte. Portò le mani al viso. Le dita penetrarono, senza ostacoli, nelle orbite vuote.
Mani rapaci
scavano dentro il corpo,
tragica fine.
Distesa bocconi sul pavimento sentiva il peso dell’essere sulla sua schiena. Mentre pezzi della carne abbandonavano il corpo, strappati da quelle mani gelide, pregò di morire rapidamente.
Giustizia, cerco.
E mio riposo eterno
infine sarà.
Appoggio il rene vicino a quel cuore e quegli occhi. I miei. Marco 1996-2012. Il marmo striato mi riaccoglierà intero. Ancora il fegato. I miei organi non dovevano essere donati a nessuno.
Lodovico Ferrari – Sezione A – Accetto il regolamento
accetto il regolamento- sez. A
Il diavolo
Tutto intorno al letto c’erano dei coccodrilli, quattro o cinque, alzavano la testa minacciosi e pareva volessero assalirla: lei si alzò in piedi in quella camiciola striminzita e brandì un cuscino per cacciarli via, nonostante il terrore, ritta su quel materasso di crine, dato che il lenzuolo di sotto era tanto consunto e stracciato da non esserci quasi.
Poi nell’altra stanza dove tutto era in bianco e nero il diavolo la teneva spesso prigioniera, lui con le spalle contro la finestra, una sagoma nerastra le cui fattezze appena si intravedevano, e lei seduta sul pavimento schiacciata contro la parete di fronte.
Buio, luce.
Luce, buio.
Un movimento inaspettato, Umido su di me.
Fluido che scorre. Reagisco, invano.
La corda è stretta e comprime tutto il
corpo.
Arti fermi, congiunture immobilizzate.
Solo la mente è libera. Ma…. di
far cosa? Ricordare, creare, interrogarsi? Buio, luce. Luce, buio. Tutte
figure enigmatiche senza forma definita danzano incessantemente. nessuna
memoria o idea. Inutile farsi domande. Un odore acre investe le narici
mente il corpo è immobile. Chiuso, mancanza d’aria….un esserino piccolo
ed iridescente sta salendo sulla gamba…..lo percepisco ma non lo
sento.il sangue è fermo. Vita, morte, oblio. Qualcosa o qualcuno mi
tiene attaccata
al suolo, inutile divincolarsi. Ombre accompagnano il mio sogno onirico che
riflette la realtà. Nulla mi sovrasta ma sono consapevole che è solo
questioni di tempo. Ore, minuti, secondi non esistono quando tutto fermo,
immobile e solo l’anima può varcare la soglia. Sono solo un involucro che
verrà definito:” John Doe”. Nessuna famiglia, speranza, affetto. Solo io
nell’universo di morte
Accetto il regolamento, sez. A
Io sono
Io sono quella bambina. Io sono quella donna. Io sono quella vecchia. Io sono la vita e sono la morte. Guardami negli occhi e saprai tutto ciò che dall’alba dei tempi l’uomo ha amato, temuto. Sono la risposta alle domande eterne dell’uomo. Non sono Dio ma sono anche lui. Mi chiamano Destino, Fato. Sono donna, creatrice di vita e madre del mondo, della vita. Genero sogni e creature divine nell’universo onirico, sono colei che decide tutto. Ogni singola lacrima, ogni desiderio di amore carnale e spirituale, ogni impronta di vita passata presente e futura. Io sono io. Sono il canto delle sirene, il gioco di specchi nel quale cerchi la tua ridicola razionalità.
Non ti agitare, lo so che non vuoi soffrire. Ma per avere il soffio vitale mi hai donato le tue lacrime future, il sangue che verserai, i desideri delusi. E ciascuna concessione di gioia, amore, felicità sarà per mio esclusivo diletto, un’illusione meravigliosa per rendere ancora più netto il dolore, il sapore del sangue, il fetore della morte, che sono sempre io.
IO SONO. E tu non sei nulla.
Accetto il regolamento, sez. A
BIASOLI MARIA CRISTINA
accetto il regolamento- sez. B
IL TEMPO
Il suo sguardo è lampo che abbaglia,
che abbraccia;
le onde increspate
di un verde mare,
intenso profumo di sole.
Il mistero era tutto nei suoi occhi.
GBRIELLA PISON
Accetto il regolamento del concorso
VAMPIRI
Kuang Shi….Nachzehrer
Aswang
Baital…..al…al…
la notte dei non morti
il potere del nome
scuote le anime e le membra
Algul
Talamur… Danag Jaracas…as…as…
Bianche le facce
Invisibili alle anime mortali.
Ombre dalle unghie adunche
Dal ghigno feroce in cui si confondono
Zampilli di sangue e voci con cui nessuno parla
Un soffio di vento nei capelli
E poi l’abisso in cui non c’è solo dolore
Ma nomi occulti che nessuno possiede.
Vourdalak….ak…ak…
Cuori e ventricoli senza testa
Calpestano le tombe per farle risorgere
Dall’oblio infinito
Per trasformarle in fantasmi
Senza colori e senza paradisi.
Varacolaci… Langsuir…ir…ir…
notti in cui ombre si confondono nelle ombre
in cui vagano uomini dal colore di cenere
e specchi che non riflettono volti,
ma gelide memorie di bambole decapitate.
ACCETTO IL REGOLAMENTO SEZIONE B
FRANCESCA GHIRIBELLI
Rossa Calla
La mia storia è un po’ particolare
non cerca la verità nelle parole,
ma solo il dannato incantesimo
che il cuore fece di me una notte.
Ero abbandonata al dolore
che passava
tra i numerosi spifferi dell’amore,
decisi di uscire fuori
e combattere contro
le intemperie delle ombre,
ma nessuno mai mi accolse.
C’eri tu invece ad aspettarmi
esanime e tremante sull’umida terra
dove le mie lacrime
avrebbero urlato vendetta,
ma rimanesti lì fino al momento
il cui il tuo respiro cessò di battere
e le mie mani si macchiarono
di un vivo scarlatto
che sul tuo petto bianco
dava risalto.
Di me l’amore fece sortilegio
quando distrattamente sporcai
quella candida calla
che mi regalasti il giorno delle nozze.
L’avevo conservata fino a quella sera,
ma ora era stata dipinta dal tuo sangue
avvicinandomi disperata al tuo viso:
adesso quel fiore così puro
sempre appuntato al mio seno
si era trasformato
da un sentimento tanto aspettato
all’eterno amore
di un cuore appena spezzato.
Così chiesi all’oscurità
di prendermi con sé
per sempre
e ti lasciai per un attimo da solo,
ma fu soltanto un secondo rubato all’eternità:
il mio corpo scomparve insieme al tuo
e adesso ogni giorno da quella notte
potremo vivere senza dividerci mai.
Tu, anima in pace
sotto l’umida terra
ed io, rossa calla adagiata
sul tuo cuore,
infinita gabbia
del nostro amore.
AMABILE CIELO DI Gianfranco iSETTA
Ho provato a toccarlo
questo amabile cielo.
Oggi un po’ disadorno
senza nuvole e stelle.
Sollevandone il velo
per cercare tra i nidi
del cosmo, ciò che nutre
ogni forma del mondo
Ho guardato tra i fili
sottili di quei cesti
incurvati dal tempo
Coi miei occhi disposti
a rammendi di luce,
ho pensato a dei lampi
e, ascoltando il pulsare,
a un incontro di corpi
per meccanica legge
generati all’istante.
Ma suppongo che tracce
di silenzio iniziale
non permangano a lungo
se si spezza l’incanto
di un profumo celeste
in fragranza sospesa.
Accetto il Regolamento, sezione B
Si fa rampicare
Tanto mistero
freme la terra
scartoccia
si fa rampicare
poi dondola
come molecole di rose.
Arringa
nel cammino di meritevole
alpinista
crea brividi di morte,
corrode l’anima
e dipinge
con diplomazia il cielo
mentre
l’eco del tuo paradiso
che ci sta accanto
rompe il mistero
e canta sempre
dove una poesia
lampeggia
il cuore nei trilli d’armonia.
Elena Spataru
Accetto il regolamento. Sezzione B
Dichiaro di accettare il regolamento. Sez A
Massimo Alvau
Fu di nuovo notte.
Vento e pioggia, insistenti, bussarono alla finestra della camera di Piccolo Fantasma e lui oramai allo stremo si strinse ancora di più nel suo lenzuolo bianco fino a coprirsi interamente il capo. Sentì nel lettino vicino al suo il battere di denti del fratellino maggiore. Anche lui, impaurito, sperava che almeno quella notte il Bambino Del Buio li avrebbe lasciati in pace. In realtà non l’avevano mai visto, non ancora, ma tra gli spettri del vecchio castello c’era chi giurava di averlo incontrato almeno una volta. Malefico, pingue, con bocca bavosa e denti radi e ballerini. Sfrecciava per i lunghi corridoi del palazzo sul suo carro a tre ruote emettendo versi al limite della comprensione. Nessuno sapeva con quale logica scegliesse le sue vittime, ma si raccontava che la crudeltà usata per trucidare i piccoli fantasmi che infestavano quelle tetre stanze fosse inenarrabile. La porta della cameretta si spalancò all’improvviso, un’ombra deforme s’intravide.
“Eccolo. Addio mondo delle tenebr…”
Click. Non riuscì neanche a terminare la frase prima che il piccolo Claudio, allungando la mano, accese la luce della sua camera…
RIMPIANTI D’UN VAMPIRO
Dimostri veramente di aver posseduto un qualcosa solo quando lo cedi.
Pensi veramente
che un vampiro non abbia un cuore?
Ebbene, io, vampiro,
ho ceduto il mio cuore all’Inferno
per poter viaggiare nel tempo,
viaggiare fino al tuo per incontrarti.
Peccato che questo sordo baratto
mi abbia condotto fino a te
solo se trasformato nell’indifferenza più assoluta!
Pensi che il tempo avrebbe risparmiato il cuore?
Il cuore di carne? Un muscolo striato, involontario?
No, l’unica cosa che il tempo graffia solamente
è un animo pietrificato, indifferente;
solo divenendo vampiro sono arrivato da te.
Viaggiando nel tempo l’occhio
si è abituato alle sue cadute,
alle sue glorie, ai suoi epiloghi,
ai suoi inizi.
Ma la più grande prova d’amore
nei tuoi confronti, da parte mia,
è il semplice fatto che non ne provi più.
Ho solamente buttato via un cuore
perché ne desideravo un altro,
ma non ti auguro di vivere abbastanza
da poter vedere morire l’amato del tuo tempo
e amare le generazioni future.
Cosa vecchia è questo vampiro,
così prorompente, il guscio di un Casanova,
ma, ti dirò, la vera bellezza
è ciò che ha una fine e tu sei splendida,
ma per quanto mi riguarda, mia cara,
sono solo una pentola con un buco sul fondo
che prima o poi perde tutto ciò
che la riempiva, compresa la voglia di cucinare.
di Nicola Matteucci, Accetto il presente regolamento
La visita di Carla
Come tutti gli anni oggi Carla è venuta a trovarmi. Un tempo è stata la mia vicina di casa.
Tutto cominciò per un ingombrante carrello della spesa che trascinava affannosamente dietro di sé. L’avevo aiutata e mi aveva invitata per un tè da lei. Aveva tirato fuori il servizio di porcellana inglese e avevamo bevuto sui cuscini vittoriani come due personaggi usciti dai romanzi della Austen.
Per tutto l’autunno fummo amiche inseparabili. La sua presenza rianimava i tediosi pomeriggi passati a studiare nel misero monolocale di periferia. Ero una pessima studentessa che faticava a pagare l’affitto. Lavoravo in un enorme supermercato dai turni massacranti. Quando lasciai l’appartamento, Carla mi fece promettere di rivederci. Mi regalò il suo servizio di porcellana.
Adesso è sul divano in salotto, la testa rovesciata all’indietro. Un rigagnolo di bava scivola sul candido colletto inamidato. Riversa sul pavimento, la tazza di porcellana giace ai suoi piedi in frantumi, sul tappeto intriso di malefiche gocce di veleno. Raccolgo tutto con cura e mi dirigo in bagno verso la vasca ricolma di acido, dove fra un po’ trascinerò, come un ingombrante carrello della spesa, quel corpo esanime, frammento di un passato da dimenticare.
Domizia Moramarco – Sezione A – Dichiaro di accettare il regolamento e autorizzo al trattamento dei dati personali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003).
Nel castello della mente
la strega guarda sempre
nello specchio impazza
il vento nella notte
spalanca la finestra
la civetta vola
accende la lanterna nei suoi occhi
poi si appollaia sul tetto e aspetta
la Morte passa sempre a Mezzanotte.
I rami sono secchi
non c’è il Bosco
la civetta grida
non trova più
il suo
nido. Al chiuso del castello fa ritorno
rinserra la finestra della mente, dorme.
Il Tempo corre
a cento compie gli anni
la Bella addormentata si risveglia
si guarda nello specchio attenta
mente ♫ non sa se è bella o brutta
♫ non bacerà più rospi
♫ non vuole principini
nel suo regno vuole
solo girini
e gira la chiave nella toppa
spalanca la finestra. Di cartone
è fatta la foresta
la civetta sul ramo
ha spento gli occhi
aspetta che ritorni il Sole. È Notte
la Bella addormentata torna a letto.
Accetto il regolamento, sez B
Il parto
Vomitata dal ventre della terra matrigna
espando all’aria i miei polmoni
e lancio vagiti strozzati tutt’intorno
Mi aggrappo al seno materno e succhio linfa vitale.
Mi abbevero, mi sazio
e poi mi contorco le viscere
per espellere versi e resti
di una creatura me stessa che ero e che ora
un po’ lo sono ancora, un po’ ho oltrepassato.
Con occhi vispi mi osservo mani e piedi,
dita per afferrare, piedi per camminare
e che lasciano impronte nel mondo
assieme a parole che incespicano
ma che presto si articoleranno con suoni propri,
accenti posti sulla sillaba corretta,
virgole fra le giuste pause,
punti al momento opportuno.
E rinasco ancora
giorno dopo giorno.
Domizia Moramarco – Sezione B – Dichiaro di accettare il regolamento e autorizzo al trattamento dei dati personali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003)
SABRINA BALBINETTI 11/05/2014
DOLMEN
Tutti si chiedono
ed io solo so.
Potrei svelar ciò che vi attanaglia
ma non ho bocca per poter parlare.
Ho solo occhi
consunti
levigati
a far da specchio sull’altrui fardello,
custodi, fieri, della Creazione.
Mani sapienti di Giganti alieni
mi collocarono in questa posizione.
Sono il Pi greco
ed insieme ad altri
indichiamo la rotta nel mondo parallelo.
Accetto il regolamento del concorso, sezione B – poesia.
STORIA D’AMORE E DI SANGUE
Lui: «tesoro, tu mi ami?».
Lei: «che domande, certo che ti amo!».
Lui: «ma quanto?».
Lei: «tanto!».
Lui: «dici sul serio?».
Lei: «sì che dico sul serio! Non ti fidi più di me?».
Lui: «mi fido…e tu ti fidi di me?».
Lei: «sì che mi fido».
Lui: «in qualsiasi momento?».
Lei: «ma sì…».
Lui: «sicura sicura?».
Lei: «senti…se hai qualcosa da dire dilla!».
Lui: «no è che…».
Lei: «ora parla!».
Lui: «stavo pensando che, se tu morissi, io non mi risposerei mai».
Lei: «davvero? Come sei dolce amore!».
Lui: «sì, dico sul serio».
Lei: «sei un tesoro, quindi non andresti più con un’altra donna…».
Lui: «eh?».
Lei: «…».
Lui: «ho detto che non mi risposerei, non che non andrei con un’altra donna».
Lei: «ho capito!».
Lui: «non ci posso fare niente, sono pur sempre un uom…ehi, amore?».
Lei: «sì?».
Lui: «dove stai andando?».
Lei: «a prendere una cosa…».
Lui: «no, aspetta…metti giù quel coltello!».
Lei: «hai ragione, la penso esattamente come te!».
Lui: «nooo!!!».
Lei: «tranquillo amore mio, neanche io mi risposerò dopo la tua morte!».
Vittorio Tatti – Sezione A – accetto il regolamento
Luciano Gentiletti
Accetto il regolamento del concorso, sezione B poesia
ER DESTINO
Poteva nasce indo’ nun c’è la fame…
indove l’acqua viè dar rubbinetto…
invece cià du’ frasche come tetto
e già fatica pe ‘sto monno infame.
Poteva inzognà er principe o la fata
e poi da granne fasse ‘na famija,
invece è già sposata… pora fija:
cià dodicianni… un vecchio l’ha comprata.
Poteva avé li giochi attorno ar letto…
e ‘na carezza pe la bonanotte…
invece solo strilli poi… la notte:
pe lei nun ce sta amore ne rispetto.
Nun se ribbella ar dramma de ‘sto patto,
lei ce lo sa che c’è ‘sta tradizzione.
si nasci donna è ‘na maledizzione,
sei sortanto ‘na merce pe ‘n baratto!
Corrado Borrelli sez. B – accetto il regolamento
TEMPO
Tempo tu che ti sei fermato,
tempo che sei cambiato,
tempo dove strade ne ho cercate,
trovate, costruite, sognate, realizzate e allontanate,
ma di te non mi sono dimenticato.
Tempo di quest’ uomo incazzato
Di quel maledetto giorno
dove il tempo,tu, ti sei fermato.
Tempo dove mi sono forse innamorato,
odiato o forse di te mi sono abituato…
tempo dove l’amore ho cercato tra i gesti dei viventi,
tra l’immagine di un abbraccio,
di quel bacio mai più assaporato.
Tempo di questi anni
Ormai già passati,
volati,inaspettati,
anni che mi accompagnerai al tempo mio finale,
perché di te ho capito che sei fatale.
Tempo, si, tu tempo ormai di te son marchiato
Perché quel giorno mi hai travolto, spezzato,
nell’animo mi hai segnato,
mettendo fine al suo tempo.
Ed ora è il mio tempo ,
mentre il tuo lo guardo,ricordo,
ci vivo e sopravvivo.
Blog:
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Quanto mi fai schifo
Hai dimenticato a casa le chiavi
Sei chiusa fuori
Hai appeso il moschettone al gancio sopra lo specchio
È la tua sciarpa nera che lo copriva
E io allo specchio guardavo i tagli sulla mia schiena
Il sangue ha dato un tono a quel disegno
Che si forma fra le scapole e i colpi delle tavole
Le bruciature delle sigarette
Tu fumi solo morbide
Io prendo fuoco subito
Sono infiammabile
Io, il tuo fiammifero di legno
Come la mia pelle dopo un altro segno
Corteccia viva da cui estraggo l’ultimo respiro
Apro le labbra per sentirmi vivo
E sillabare quanto mi fai schifo
Adoro sentirti
E amo la tua voce
Mentre spiccica quattro parole in croce
Mi fermo concentrato nel mio non comprenderti
Cullato dalla tua raucedine
Mi chiedo ancora come mai tu non sia già furiosa
La birra l’hai finita ieri
E non l’ho ancora presa
Ti guardo sognante, in cucina
Mentre lavi i coltelli
Con cui mi hai ferito il giorno prima
Ci metti passione
Il sangue è uno sporco difficile da cancellare
Per questo Natale ti comprerò del Luminol
Così ti potrai sbizzarrire
Si sa quanto ci tieni che la casa sia perfetta
Faremo brillare il pavimento
E dopo insceneremo il mio rapimento
Un classico senza tracce da ritrovare
Come un giallo scritto male e senza mai il finale
Come un gatto a nove code e solo sette vite
Come un gatto giallo morto d’epatite
Apro le labbra per sentirmi vivo
E sillabare quanto mi fai schifo
Stefano Decandia. Dichiaro di accettare il regolamento. Sezione B.
Come un bandito
———————
E’ un bandito
e vuole impossessarsi di me.
Alcuna possibilità di ribellione
è consigliata,
pena infinita depressione,
malaugurata diagnosi di rimpianti
e infantili sconfitte
inutili.
E’ il prezzo da pagare
per il biglietto in prima fila.
E’ il lutto della possibilità di cambiare il mondo;
il semplice consenso a far esistere in me
l’esatto contrario
di tutt’i sogni impossibili
sempre perseguiti
ai tempi dell’innocenza puerile,
tralasciata e dimenticata.
Cara sorella oscura,
ti accetto e ti desidero,
portami a brillare di luce propria.
Giuseppe Carta sez. B – accetto il regolamento
http://giuseppecartablog.wordpress.com/
-Il vento canta a morte, i rami barcollano e lei vorrebbe trarre beneficio dalle circostanze sfavorevoli?
Della tempesta non è interessata. Vuole provarci prima che il popolo smetta di pulsare speranza, ma il periodo d’assenza è durato troppo a lungo, le informate malelingue hanno confermato che ha sfornato un poppante non gradito, e non l’ha ucciso!
Guardala, la smorfia sul viso confermerebbe le supposizioni delle cornacchie, ma nonostante il sorriso non sembri falso, i soldi per organizzare questa campagna elettorale, da qualche parte li ha pur tolti.
E’ vero, conosce mezzo mondo, ma prima di partire poteva permettersi solo un biglietto di sola andata…
Se sarà eletta, e sarà eletta, avrai l’ardimento di chiederle se veramente ha avuto il coraggio di venderlo, il bambino?
Comunque, se di un poppante non si tratta, i soldi non può che averli guadagnati andando a battere, che oltre a parlare, altro non sa fare.
Tanto vale stappare questa benedetta bottiglietta, magari se ci vede festeggiare, poi potremmo chiederle dei favori. In fondo noi ce lo meritiamo, l’abbiamo sempre supportata, noi la conosciamo davvero.
Speriamo che nessuno le faccia quella stupida domanda…-
Giuseppe Carta sez. A – accetto il regolamento
http://giuseppecartablog.wordpress.com/
Mariella Mulas
Sezione B – Dichiaro di accettare il regolamento e autorizzo al trattamento dei dati personali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003)
Mio tenero fantasma
Sosterà forse mistero di te
in quella voce che
mi sussurra….
La intendo in un barlume
soffuso
oltre dimensione
di realtà…
E vaga tra pareti
che pare animino
il ricordo.
Chiudo occhi
e mi lascio andare
in sfere galleggianti
il silenzio…
Ma ecco come ombra
sei con me,
sei parola sulle mie labbra,
esisti e convinci
che la felicità esiste.
Sei in un sorso d’acqua
dissetante,
sei in un riflesso solare
che danza il mio tempo,
sei presente
mio tenero fantasma
che non abbandona
voler consolare le mie paure.
Esisti mio mistero
nei particolari da te vestiti,
e che riconosco
viaggianti nelle mie abitudini.
E la tua voce è timbro caldo
in risuoni di tramonto fino alla aurora.
E tu, pur non più in questa realtà,
sei vita ancora palpitante
e solleciti alitando
la tua essenza avvertita
che la felicità esiste
anche quando piango
nominando te nella notte.
Esiste, mi dici ancora
se dimenticherò il dolore,
se guardando nubi
vedrò invece raggi,
se passi avanzerò oltre,
oltre te che accompagnerai
ugualmente i respiri in me.
Piano melodia pare
invitare risveglio…
E fissando quel barlume,
sempre più impercettibile,
ora so che ti sorrido
certa di rinascita,
oh mio mistero…
La sposa
La sposa nel suo vestito bianco raccoglieva tutti gli sguardi, era bella e giovane. Nessuno si accorse della donna in fondo alla chiesa, col bellissimo viso pieno di odio. Teresa camminava lieve verso l’altare dove l’aspettava il suo sposo. Egli era raggiante, una leggera ansia corrugava la sua fronte. Alcune suore intonarono l’Ave Maria. A un tratto passò veloce un bambino, nessuno si accorse di lui, raggiunta la sposa le diede un biglietto. Teresa con un sorriso lo aprì e lesse. C’era scritto: “Stai sposando il mio papà, egli ama mia madre”. Lo sposo, non notò nulla, Teresa lo guardò con gli occhi spalancati e le labbra tremanti. Il prete entrò con tutti i suoi paramenti. Teresa guardò in fondo alla chiesa e vide una ragazza mora e alta. La sposa si rigirò in fretta, amava colui che sarebbe diventato suo marito e non aveva mai dubitato del suo amore, ma non vide la ragazza mora pagare il bambino. Al culmine della messa la giovane bruna si avvicinò, alzò la mano con la quale serrava una piccola pistola, le suore ora cantavano forte, la sposa cadde, mentre sul suo vestito bianco si allargava un fiore di sangue rosso.
Emanuela Di Caprio Sezione A – Dichiaro di accettare il regolamento e autorizzo al trattamento dei dati personali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003)
Saula Astesano, dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e allego il seguente racconto breve dal titolo “L’eternità”. sez. A
Che io rammenti, la mia vita iniziò davanti a quel portone.
Pioveva, e i miei pugni chiusi battevano insignificanti sul legno di noce, vecchio, incerato, solcato dalle gocce spesse e crudeli che pareva accentuassero le sue venature: rughe ormai troppo visibili di un vecchio senza età.
La mia mano sinistra, protetta e così stretta nella mano di mia zia, riusciva a darmi fiducia.
Non ero sola lì, davanti a quel portone, dove tutto è cominciato. O almeno così credevo.
Come aperti gli occhi il portone si spalancò. Vidi chiaro forse, come la prima volta che vidi il mondo, oppure fu solo il lampadario che giaceva fermo sul soffitto. Stava ad osservarmi placido, sembrava sorridermi e in quel momento ricordai tutto: quello fu il segno che ero morta.
In quel luogo avrei probabilmente scoperto l’eternità.
Paralisi
di Rosa Coddura
Sognare leggeri,
affogando pensieri
rivelare alle stelle
i desideri.
Oscurità
Silenzio
assenzio
pesa l’incudine
della solitudine
Oscurità
illusione
o tremenda realtà?
Improvvisamente
ma consciamente
ansimare,
corpo in catene
dall’atonia:
non sa reagire
non riesco ad agire
non so più fuggire
le paure adesso
sanno governare,
sanno schiavizzare,
seviziare
in stato d’agonia
non le so fermare
aiuto non so domandare
chi mi può salvare
se nessuno mi sa ascoltare?
Debole voce intimidita
dal gelo investita
Angoscia, terrore,
intenso, vivido rumore
dietro un’anomala presenza
la paralisi dentro una sentenza
l’ansia, l’essenza,
tensione, brivido
che la pelle accarezza,
credersi persa
con l’anima tersa
ma qualcosa stringe in mano,
ma non parla più piano,
mi sento stringere la gola
con una robusta corda
sotto le lenzuola,
una dura accusa vola,
la paura sta ridendo
sadica, ingorda
demoniaca, mi sta uccidendo.
La sento ma non mi giro
la sento ma non la miro
temo ma non grido,
non la so affrontare,
nemmeno riesco a parlare,
soffoco sola,
paralisi che beffa il minuto,
è tutta la vita che chiedo aiuto,
soffocato, quasi muto
l’indifferenza del rifiuto,
perché le illusioni ipnagogiche
nella realtà trovano logiche
Accetto il regolamento, sez B
Ho pensato di parlare della “paralisi notturna-illusione ipnagogiche” , perché secondo me questa rappresenta meglio il concetto di paura e poi perché a volte come anche oggi mi è succede di avere questi tipi di disturbi del sonno. Senti una paura strana, non riesci a muoverti ma sei cosciente, non riesci a chiedere aiuto, ansimi,nessuno sente la tua debole voce, averti dietro una strana presenza che ti mette terrore o a volte immagini di sentire o vedere cose strane. Detto ciò ho pensato che è anche un discorso simile legato alla realtà, hai paura , non riesci a parlarne o se lo fai a volte nessuno ti sente, o non ti senti aiutata, non riesci ad affrontare ciò che ti spaventa, ti senti male, ti senti soffocare, semplicemente ti senti sola, lasciata a qualcosa più grande di te.
Furcas Anna Rita 15/05/2014
Silenzio
La Luna
mi impolvera di luce il viso
baciandolo
di un vento leggero
che respira nella notte.
Come una collana
appendo le stelle,
mi nutro dell’ineffabile bellezza
del silenzio.
Le ombre leggere
della malinconia
si allungano strisciando,
mi tengono compagnia
colorando di rubini
l’ora del tramonto…
Furcas Anna Rita-sezione B-accetto il regolamento.
MARIA TERESA MANTA 16/05/2014
Sez. B Accetto il regolamento
Il cielo dell’oblio.
Si,ci sarò un giorno
in quel cielo che illumini,luna,
ci sarò tra le macerie
del mio corpo finito,
attraverserò praterie
e mari sconfinati,
la luce infinita attraverserò,
salirò su vortici di stelle,
il mare dell’oblio bagnerà il mio corpo
etereo e leggero,
il sole calante cullerà
i miei sogni infiniti, finiti.
Sulla cima dei monti
cullerò la mia essenza,
bandiera sventolante di ciò che ora sono.
La strada immortale dell’eterna vita
mi abbraccerà,
la mia terra sarà ,ormai lontana,
io,oltre la luna infinita,
stella luminosissima sarò.
Trascorre in fretta il mio tempo,
terre lontane e suoni distanti,
paesaggi vissuti,erbe,
che mi abbracciano,
stesa a sentirne il profumo ancora,
ore sconfinate,bui luminosi,
cieli trasparenti come l’essenza
di ciò che ora sono.
Un tetto in cima al mondo
l’ultima dimora,
accarezzata dal profumo dei desideri
soffocati al mio tramonto
e al mio essere ormai ,troppo
distante e per sempre,
dal mondo che abitai,che amai .
La strada infinita finirà per me,
attraverserò sogni e desideri,
sola ormai e lontana
osserverò ciò che fui
e che più non sarò!
Altri cieli che non conosco mi terranno,
altre luci, altri saranno i sogni,
bagnata dal mare dell’infinito
cui apparterrò per sempre,
stringerò la mia voglia di voi,
vi cullerò nei miei sogni,
tempeste di desideri,forse,
o forse il nulla ….
Filippo Salvatore Ganci… accetto il regolamento – sez. “b”
poesia:-
La luce all’orizzonte
-.-.-.-.-.-.–.-.-.-.-.-.–.
E’ insonne la mia notte
vuole compagnia certa
spera nel mio conforto.
Vuole parlare della luna
e delle moltissime stelle
che la riempiono sempre.
Sono lì a scrutare l’uomo
lasciandolo fantasticare
oppure ascoltando sospiri.
Si allungano le ore sempre
il tempo è lento, sembra dare
spazio ai pensieri chiacchieroni.
Or stanca la notte di compagnia
mi ringrazia con un raggio di luna
sperando che accolga con amore
… la luce all’orizzonte!
Oscurità sezione B
Rovisto
fra i miei organi vitali
in cerca di suoni familiari.
Allungo dita, braccia e mani
nell’intento di toccarti
sotto la coltre dell’oscurità.
Calda coperta che mi avvolgi,
lana di pecora pregiata,
sinfisi morbida e suadente,
amami più che puoi
in questo buio dell’insonnia,
in queste crepe dell’esistere.
E se potessi
non ti lascerei
per nulla al mondo,
semplice pensiero dell’amore,
diafana figura
nei miei sensi avvinta,
feticcio evanescente della notte!
Accetto il regolamento
Accetto il regolamento, sezione A
“Al Paese”
Erano notti gelide al Paese. I più superstiziosi erano i vecchi, che si aggiravano per il cimitero in cerca di un segnale, di un cambiamento. Con il bastone solcavano le tombe fresche con la speranza che fossero i famosi vampiri la causa del loro malessere.
Erano notti incerte al Paese. Chi aveva un parente in città si trasferì, sopratutto le giovani famiglie con la prole. Non si voleva rischiare di finire distesi in una tomba come i vicini.
Al Paese restarono solo due uomini, si racconta. Divennero vecchi e morirono cercando nel cimitero qualche segnale, qualche cambiamento.
Accetto il regolamento. Sezione B.
“Viandanti”
Crebbero senza svilire la vita.
Erano in tre.
Rovinosi al passo
Distinti dalle catene nere
Con il sussulto nello sguardo
E lunghe chiome
Crebbero senza sapere leggere
Si racconta che non morirono mai.
Erano in tre
Giungevano da Israel
I loro doni
erano caldi e piacenti
Forti le catene nelle spalle
Forti le catene nelle carni
Crebbero mangiando carne umana.
Sez B
“Vivo”
Dove sono?
Sento freddo.
Il buio padroneggia.
Dove sono?
Non sento i piedi, le gambe.
Le mani.
Forse sono già morto.
L’oblio.
Una valanga di ricordi.
Ed ancora l’oblio.
La trama perfetta.
Il rivale occultato
Sepolto vivo.
Accetto il regolamento.
Bellissimo concorso, Grazie mille, vi seguo spesso e vorrei congratularmi per le vostre idee e passione. Continuerò a seguivi ed a partecipare alle vostre iniziative artistiche.
Sez A
Sono trascorsi ben cinque giorni dall’assalto alla scuola superiore. Ieri gli studenti affollavano le aule, cercavando di organizzare il razionamento del cibo e delle bevande. Io, il semplice bidello, sono l’addetto alle armi, rudimentali, ma pur sempre armi. Ci servono per le ore di luce. Figli del progresso siamo nati con pane e vampiri, potevamo contare su secoli di racconti e di stratagemmi per la sopravvivenza, eppure per ogni loro morto, tre dei nostri diventano loro.
Come se anche il loro sangue fosse infetto.
Questo è il sesto giorno. Il sole è alto in cielo. Il silenzio appartiene alle pareti, ed io appartengo al passato.
Accetto il regolamento.
Ancora complimenti, ho letto anche gli altri componimenti ed alcuni sono davvero interessati!
“Non è come sembra”
Lo sguardo si fece caldo e profondo. Non avevo mai visto Paolo così profondamente assopito nei suoi pensieri. Fissava il focolare da ore. Era una sua prerogativa esser affascinato dallo scintillio delle fiamme, ma solitamente proferiva parola a riguardo esaltando le pecularietà delle legna arsa. In silenzio mi alzai dalla poltrona per fumare una sigaretta in giardino, e guardare un po’ il cielo, la luna era alta.
Non ricordo quante fossero le sigarette fumate, ancora oggi me lo chiedo. Forse passarono venti minuti, forse due ore. Lo shock è stato forte. Paolo era carbonizzato all’interno del caminetto.
Oggi, dopo otto anni scontati per un delitto mai commesso, sono libera di iniziare il mio lutto da donna libera.
Sez A – accetto il regolamento
(posso lasciare un commento? mi sono permessa perché ho letto i commenti dell’ultimo partecipante, Augusto. A suo contrario vi ho conosciuto oggi tramite un post su facebook in un gruppo poetico. Ho subito pensato al componimento con cui partecipare, ed eccomi qui. Ora siete fra i miei siti artistici preferiti)
“Nella notte”
La musica fitta
Echeggio d’ambra
Due chiocche
Due zolle
Il passo alternato
Le membra umide
Due unghie
Due semi
Le mani in alto
La luna alta
Due pugnali
Due fiori
Sez B – accetto il regolamento
Accetto il regolamento. Sezione B
La più breve,
la più intensa.
Una luce, dovevo nascondermi.
Potevano vedermi.
Potevano prendere anche me.
La più intensa,
la più breve.
Una casa, potevo nascondermi.
Dovevano legarmi.
Dovevano prendere anche me.
La più leggera,
la meno ragionata.
Mi uccisi per la solitudine.
Accetto il regolamento. Sezione A
Eleaonor era solita spazzolare la sua lunga chioma la sera prima di andare a dormire. Quella notte si attardò in giardino con le sue amate rose, raccontava loro ogni dettaglio della giornata, quasi come fossero i suoi personali scrigni di ricordi.
Quella notte, mentre raccontava e danzava, scivolò. I suoi capelli, come fili, si attorcigliarono alle spine del suo amato roseto.
Quella notte Eleanor, non si spazzolò i capelli, morì sul colpo.
Un passo indietro.
Il bastardo non ha tardato. Sa che ho letto il suo messaggio e ha colpito subito dopo. Mi ha aspettato, vuole che segua i suoi passi, ma un passo dietro al suo. Questa volta la poverina era riversa sull’altare della chiesa di San Denis, braccia larghe e gambe unite, come in croce, mani e piedi trafitti e il costato ferito sul lato sinistro. Il nostro amico inizia ad usare simboli scontati. Il tovagliato era intriso di sangue. Avrà usato un anticoagulante, ma questa volta non sembra esserci stata nessuna violenza carnale. Il Kanji era disegnato su un’ostia inserita nella bocca aperta della vittima. Che blasfemia! Non gli è bastato compiere il delitto in chiesa, doveva rimarcare il gesto con un segno forte e quale gesto più simbolico poteva utilizzare, se non quello di colpire il simbolo del Cristianesimo per eccellenza? Ho impiegato quasi tutta la notte, ma alla fine ho scoperto che il simbolo sull’ostia vuol dire “dietro”. Dietro cosa?Dietro dove?
Mi scuote uno squillo di telefono.” Capo, abbiamo novità, ci raggiunga!” Mi fiondo al commissariato. “Ecco…vede…quando abbiamo sollevato la vittima per portarla in obitorio,abbiamo notato una cosa bianca che spuntava dal corpo. Abbiamo estratto questo nuovo reperto dal suo…posteriore.”
Fabiana Petozzi- Sezione A – Dichiaro di accettare il regolamento e autorizzo al trattamento dei dati personali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003).
Incubo o realtà
Mi squassa l’occhiata
di strega forsennata,
pupilla rossa nel nero
della notte,
in silenzio mi scruta
a perforarmi l’animo,
a progettare anatemi
e sortilegi mortali.
Si staglia la sua ombra
al chiarore infernale
della luna,
desidero un pertugio,
davanti al male indugio.
Dovrei fuggire ma
incantesimo fatale
m’incatena,
un lupo scaltro
mi osserva persistente.
Con astuzia attende
di conficcarmi i denti
e di spilli aguzzi
per il terrore già
trafiggermi mi sento.
È incubo forse
e non è reale,
oppure è tutto vero
e non è finzione.
Tra un istante lo saprò,
perché tutto finirà,
in qualunque modo,
avrò vissuto altro.
Tania Scavolini – sezione B – accetto il regolamento
Apnea
Soffoco.
Barbagli di luci vermiglie mi esplodono sulle retine, accecandole quanto l’oscurità che mi fagocita. Un ronzio che assume le frequenze di un tuono mi azzanna i timpani.
Spalanco la bocca in un urlo muto che implora aria. Invano. Neppure una molecola di ossigeno si incanala lungo una gola incartapecorita per raggiungere gli alveoli di polmoni che dilatano le costole sino a trafiggere con stilettate di dolore.
Scalcio per fuggire da questa oppressione mortale, ma una morsa mi imprigiona le gambe. Provo a trascinarmi via carponi. Anche le braccia non rispondono alla mia volontà: un bozzolo frusciante mi avvolge in un abbraccio senza scampo.
Un rantolo estremo e il corpo si contrae in un orribile spasmo tetanico che fulmina il cervello.
Precipito nell’oblio, sciogliendomi nel nulla.
L’urto mi riscuote.
Spalanco le palpebre. Sono caduto dal letto, in un viluppo di lenzuola e coperte.
Mai più “olive all’ascolana” per cena!
Marco Berttoli – Sezione A – Dichiaro di accettare il Regolamento.
Giovanna Fracassi 19 maggio 2014
Caccia
Il fiato si fa di vapor leggero
mentre il tuo passo veloce
percuote il suolo di pietra.
Sei a caccia della tua preda,
e forse sarà domani.
Ma ora il capo reclini
fra l’erica e il muschio profumato
ed il cuore martella
fra le bacche rosse,
gocce di sangue spruzzate,
ed ancora al tuo fianco
la spada riluce di rabbia
e l’odio non può dare tregua.
Vano è il riposo
e ben presto la corsa riprendi
fra i bagliori d’argento
della pallida luna
che sola a guida resta,
accanto al tuo viaggio.
Ma il suo volto ritorna
riluce
risplende
e tu ricordi
e speri
e tremi
e le sue mani
ancora premi sulle tempie.
Ma l’empio
alfine ti sommerge
e tu gridi vendetta,brandi la spada
fino a quando
cadi in ginocchio e preghi
perché nient’altro puoi fare
fra gli ululati dei lupi
ed i voli rapaci
specchiando la tua disperazione
nelle acque immobili del cielo.
Accetto il regolamento
Giovanna Fracassi
Stefano Spinuzza dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e pubblico questa mia poesia, sezione B
IL PIU’ SENTITO AUGURIO,AD UN’ AMICA SPECIALE
Nella Dolcezza e armonia
Del senso,
rischiari ogni tormento
d’ una sera funestata
dalla solitudine,
ed ogni sfumatura di buio
diviene Luce,
Amica così fragile
E poliedrica d’ intelletto,
con delicatissime mani
sfiori dolcissime e
sublimissime Note,
e sfiori tutte le venature
che si dipartono dal Cuore.
Con l’ inchiostro d’ una penna,
d’ Emozioni travolgi
le nostre menti e le nostre membra,
d’ un’ assoluta Limpidezza
e di profondo e percepibile spessore,
d’ ogni amabile Sentimento
tutto ristori.
La mia Felicità ti manifesto,
per ciò che di bellissimo
elabori ed esprimi,
tela d’ un Cielo stellato
e d’ un Mare sempre pacato
la Luna risplende,
seppur piange e geme
di tempesta.
Amica mia,
mi complimento
per ogni corso e vittoria raggiunta,
in una maratona senza tregua
e congiunta alla tua Sensibilità
ed Intelligenza,
gli avvoltoi rapaci t’ aggrediranno
per intralciare il tuo Limpido
e ossequioso tragitto,
molti s’ accecheranno d’ invidia,
così il loro cuore fuma
e il loro fegato in una pentola
ribolle.
Ma la Luce risplende
E le tue sagome folgora
insieme a noi,
atleti e nuotatori sinceri
d’ una vita Meravigliosa ed infame,
non t’ abbandoneremo
noi compagni di Vita e d’ avventura,
sperando che l’ amica irradiazione
d’ un chiarore sempre vivo
ed intenso,
sia nell’ orbita più propizia
di ciò che tanto meriti veramente.
Con Amicizia e affetto.
Luciano Tarasco. Dichiaro di accettare il regolamento. Sezione B
FRAGOLE AVULSE
Stavo nuotando nel letame
come di norma m’impone
il mio alto lignaggio
quando un brufolo luminescente
di ragguardevoli dimensioni
inzuppò il mio sacrosanto
grumo subcerebrale
come uno schiaffo mieloso
beccato tra gluteo e ganascia
si spalancarono le porte del Nirvana
con un cigolìo assorbente
e sfarfallarono per il liquame ambrato
due piccioni con una favella
mollando fragorosi guaiti
dal tipico afrore di fragole avulse
planarono mollemente
tra umide lingue di gatto
privo dei suoi stivali migliori
persi o rubati
nel marasma delle sette leghe
grazie, m’avanza ancora una sega
già confezionata con nastrino in chiffon
e carta a intrecci di orchidee
il boscaiolo di quartiere è soddisfatto
mentre maneggia la sua arma
quasi fosse un allungamento ideale
di inconfessabili aspirazioni.
Anche per l’inverno prossimo
qualche grosso ceppo
arderà nel caminetto di famiglia.
Luciano Tarasco.Dichiaro di accettare il regolamento. Sezione A
SINTESI GIORNALIERA DI UNA LAVORATRICE DEL QUARTO MILLENNIO
Lampeggiava con qualche manrovescio di clorofilla sulfurea
sulle entità che si apprestavano al risveglio in quel tardo mattino impregnato a scrosci irruenti di naftalina.
Le tarme si stavano divorando le rimanenti coscienze del pianeta
esattamente a quattro ganasce, più una quinta
venuta a formarsi con generazioni di mutamenti genitali.
Ella era una donna impregnata di frenetiche attività
ma tardiva nell’approssimarsi a stratificazioni d’uscite.
L’ultima volta dovette rimetterci la pettinatura da pantera controfirmata
in basso a sinistra con strascichi rilevanti in oro battuto col martelletto da orafo scaltro.
E nemmeno poteva, per contratto residenziale, tirare moccoli a cottimo.
Le stradine metropolitane ma soprattutto i crocevia, trascurando le sopraelevate e i sottotetti,
erano infestati di bitorzoli melliflui a impulsi teleradioattivi, per cui non veniva una spasmodica voglia
di approssimarsi sovente nei paraggi dei parcheggi.
Salì sul suo pachiderma atomico a pedale acustico digitale
sbuffando non poco per il ritardo che stava bellamente accumulando in nanosecondi giganti, e partì.
Partire è un po’ arrivare, lampeggiavano le scritte cubitali sulle catapecchie coniche degli ultimi saranno i primi.
Chiare allusioni pubblicitarie che si incrociavano ad ogni trapezio di torre eburnea.
Le scritture più anziane si staccavano sovente spiaccicando branchi furiosi di pescitopomo alla deriva.
Le acuminate grida di queste stramaledette entità miste di uomini, toporagni, e pescigatto
erano il risultato garantito ma imprevisto dell’esplosione simultanea di quattrocentoventiduemila
centrali ad energia trifasica decentrata al bromuro estinto di magnesio arrostito post-nucleico.
Ad ogni buon conto sapeva come gestire al meglio i rigurgiti oleofrenici che sputava il suo capufficio robotico:
gli versava direttamente nei circuiti prestampati una lattina di cocacola proveniente dal millennio appena sfinito.
Era infatti riuscita a procurarsi al mercato blu un intero scatolone di questo veleno
molto in voga nelle usanze omicide degli avi.
Gli erano costate due notti di sesso cerebrale a distanza virtuale, ma
ne era ben valsa la pena, dissertò, scansionando il pensiero residuo sul displosonoro rivelatore vocale:
Un marchingegno a fibrille spinali capace di trasformare scorregge pestilenziali in fiordalisi armonici.
Finalmente, dopo un’interminabile mignott’ora (equivalente circa alle 8 ore del lontano terzo millennio),
interamente trascorsa a strusciare i suoi glutei in lattice parzialmente appannato
sui fasci di onde simultanee che rispondevano mettendo in circolazione i marchingegni
per la costruzione molecolare del cibo SNPR ( schifezza neurolettica poco raccomandata),
unico nutrimento possibile per l’umanità del nuovo millennio, finalmente
un’altra giornata del cazzo era finita.
Ora poteva permettersi l’agognata e totale immersione nella vasca di liquido amniotico fossile
per tutto il finesettimana!
MARIA TERESA MANTA Sez.A
Accetto il regolamento
MISTERI
Avevo compiuto da poco i miei 11 anni , era ottobre e d eravamo a fine mese, come ogni anno i nostri contadini erano nei campi per la raccolta delle olive , prima di mezzogiorno mia mamma e mia nonna si erano recate in campagna per portare loro il pranzo e come sempre , mia nonna dava una mano.
Accadde in un momento , improvvisamente stramazzò al suolo tra la costernazione di tutti e nessuno capiva cosa fosse successo.
Mio padre , prontamente avvisato, la caricò in macchina e chiamò subito il nostro medico perché la visitasse.
Il responso fu “emorragia cerebrale” , niente da fare! Mio padre che era legatissimo a lei , chiamò al suo capezzale un professore da fuori , arrivò il pomeriggio in aereo e papà andò a prenderlo all’aeroporto.
Anche lui confermò la prognosi e non ci diede nessuna speranza di vita, mia nonna morì alcuni giorni dopo.
I o e mio fratello non ci rendevamo molto conto di quello che stava succedendo ma vedevamo tutti preoccupati e questo ci procurava un certo malessere, oltretutto erano arrivati anche gli zii che vivevano fuori, mia sorella era fortunata perché era così piccola da non rendersi conto della tragedia che si stava consumando …
Mia madre ,dopo la morte della nonna, si recò a casa sua per prendere i vestiti che avrebbe dovuto metterle, la nonna li aveva comprati da tanto: vestito,scarpe,velo …
In camera da letto rimase allibita, sulla spalliera del letto c’erano sette cravatte nere,TANTI ERANO TRA FIGLI E MARITO e il cappello nero del nonno!
Mia nonna , quella fatidica mattina, prima di venire da noi aveva tolto dal suo armadio e sistemato ai piedi del suo letto quelle cose .Perché lo aveva fatto ???
MARINELLA ROSIN BELTRAMINI sez. A
Accetto il regolamento
Chi sei?
Il sole,quel sole di maggio lo stava scaldando, nonostante il vento soffiasse gelido. Ricordava un’altra stagione in cui tutto era cominciato. Sembrava il film “Cime tempestose”, ma non lo era; in quella sera era finito tutto. Era bastata una parola di troppo e nel giro di pochi minuti le menti erano impazzite. Risultato due corpi in terra in un lago di sangue. Lui restava a guardare la scena senza muoversi, con le mani che stringevano quel coltello da cuoco da 200mm che aveva regalato all’amico, appassionato di cucina. Avevano vissuto assieme alcuni anni, finché l’altro l’aveva cacciato di casa per un altro amore. Anche ora non si muoveva. Qualcuno lo aveva ritrovato, legato ad un palo come una crocifissione. Ora non restava altro che attendere che quegli occhi che uscivano dal passamontagna smettessero di fissarlo. Invece no, non smettevano. Non che avesse paura, aveva sempre saputo che prima o poi ci sarebbe stata la resa dei conti. Almeno avesse potuto vedere chi compiva la vendetta. Un colpo preciso aprì il suo cuore, un fiotto di sangue e il pensiero si fermò su parole inespresse:” Ma tu chi sei?”
Mariella Mulas
Sezione A – Dichiaro di accettare il regolamento e autorizzo al trattamento dei dati personali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003)
In un raggio la libertà
In un mondo immaginario Mina aveva visioni di creature e conosciuto un altra lei, con un fisico più snello, un volto deciso e soprattutto di carattere coraggioso.
Mina era infelice poiché abbandonata in tenerissima età in un collegio.
Quanta infelicità, sensazione che ancora la teneva in ansia ricordando le violenze viste subire da chi come lei era in uno stato d’abbandono. L’adozione poi l’aveva spostata da un “carcere” ad un altro.. Infatti i suoi genitori adottivi erano freddi e severi e la tenevano chiusa in casa, senza mai possibilità di compagnia.. Presto rinnegò la sua realtà inventandone un’altra.
E la sua “avatar” faceva ciò che lei mai avrebbe potuto fare, viaggiava ovunque, giocava dovunque, parlava con chiunque.. Erano tutti insieme felici… sempre…
Una mattina cercò il suo diario intendendo aggiungere avventure… cercò in ogni angolo..niente. Chiese in giro per casa di un quadernetto. Fu derisa e accusata di perder tempo in stupidaggini… Capì… Pianse tanto… Ma ecco, misteriosamente, una bimba uguale a lei le fu accanto, e le sorrise e le disse:-Vieni, voliamo nel nostro mondo e rincorriamo giochi d’uccelli! – Mina aprì la finestra e con ali di fantasia arrivò al cielo fino a scomparire libera in un raggio di sole.
POSSEDUTO
Tu,
che brandisci nella mia mano
la lama scintillante
sospesa sul corpo di lei che dorme.
Tu,
che vibrerai il colpo fatale
che le violerà la pelle
e le infrangerà le coste
per raggiungere quel cuore
che non è più mio.
Tu,
che te ne ciberai
per farlo nostro per sempre.
Tu,
frena la tua brama
di sangue e di vendetta.
Blocca il mio braccio.
Tu,
Io.
Lodovico Ferrari – Sezione B – Accetto il regolamento
FRANCESCA LONGOBARDO 22/5/2014
Presenze
Sul soffitto della sala da pranzo era comparsa una grande macchia d’acqua gocciolante.Osservandola bene mi accorsi che aveva le sembianze di una orripilante
faccia demoniaca, con una bocca spalancata in una smorfia mostruosa e così mi
apparve davanti agli occhi una faccia gigantesca che nulla aveva di umano,
guardandomi attorno notai la somiglianza raccapricciante che aveva con il contorno
del fossile, raffigurato nel quadro con la cornice argentata appeso al muro accanto
alla tv, regalo di nozze, era un pesce dell’era preistorica inciso a bassorilievo su una
lamina in silver diventata verdastra con il passare del tempo. I contorni dell’orribile
viso erano incredibilmente uguali, mi vennero i brividi e lo fotografai. Il quadro finì
in cantina, chiamammo il padrone di casa che non riusciva ad individuare la perdita d’acqua, alla fine sostituì il pezzetto del tubo in ferro consumato, che aveva un minuscolo foro ed era posto sotto il pavimento all’ingresso della stanzetta al piano
superiore. Ogni notte alle tre si sentivano strani rumori provenienti dalla mansarda,
si sentivano bisbigli sommessi, nella casa c’era qualcosa d’inquietante, ci assalì la
paura, con gli occhi sbarrati e lucidi cominciammo a pregare.
Dichiaro di accettare il regolamento -racconto breve- sez. A
Francesca Longobardo
Ludovica Antonelli
sez A – accetto il regolamento
Soavemente si toccò la spalla con la mano destra, sentiva un leggere solletico appena dietro il collo. La mano sfiorò la spalla verso l’interno ma non incontrò nessuna superfice inusuale.
Continuò a scrivere il suo nuovo articolo, una recensione sul libro del momento. Routine lavorativa. Aveva letto il libro tre giorni prima, non era una grande storia.
Era a metà del lavoro quando nuovamente sentì qualcosa sulla spalla, la mano prontamente si mosse ed ancora non sentì nulla.
Sofia si girò di scatto e ciò che vide cambiò la sua vita. Morì due giorni dopo, sola, nel suo studio, seduta alla scrivania con il la mano sinistra sulla tastiera del suo portatile.
Accetto il regolamento
sez B
Buio
Era buio
– non per noi –
le vie sporche di mesi
non ricordavano i loro nomi
– noi sì –
Era buio e
camminavo con una spranga in mano
– anche noi –
Odori acri
Un forte rumore
– siamo noi –
Luisa Righetto – accetto il regolamento – sez B
Hotel
Pareti fresche
Color mandorlo
Ricoprono il sangue
della notte.
Accetto il regolamento sez A
Il campo
Luigi ed i suoi due figli erano soliti andare al campo almeno due volte al giorno. La mattina presto, verso le cinque sino all’ora di pranzo, e dal primo pomeriggio sino al tramonto. Luigi è stato sempre fedele a sua moglie ed alla famiglia e sempre aveva onorato la tavola. Annalisa, sua moglie, amava cucinare e pensava di essere una donna fortunata. Lo era. Lo era sino al primo martedì del mese di luglio del 1987. Luigi tornò a casa con il piccolo Luca fra le braccia. Era già morto.
Emily Dickinson II partecipa al Contest accettando il regolamento.
Sezione di partecipazione: B
“Nero”
Linea
ama lo stelo
Cielo
ride davvero
Lui
cammina breve
Nere
Mere
Il nero.
Sez A
La chiave del nulla
Ricevette quella chiave al suo sesto compleanno. Una ciondolo prezioso che portava sempre addosso. Un regalo di sua nonna Clara, che morì lasciando in eredità alla piccola Lille questa particolare chiave. Il padre di Lille non ricordava la storia della chiave e non poteva capirne dunque l’utilizzo.
Lille crebbe, arrivò ai venticinque anni, nella sua giovane vita aveva cambiato look ogni sei mesi circa ma non si era mai levata la chiave dal collo. Qualcosa nella sua mente le diceva di tenerla. Quell’anno Torino gelò, non si erano mai viste temperature così fredde, Lille aveva la lezione con i bimbi ed aprì il portone per uscire di casa. Ma, davanti alla porta c’era una scatola in metallo. Incuriosita la prese e con stupore notò che era chiusa a chiave.
Quasi spontaneamente provò ad aprire la scatola con la sua chiave del nulla. Lille scomparve, la scatola fu ritrovata aperta e vuota.
Strisciavano, sibilando, verso una pozza poco distante. Strisciavano lenti, a stento, digrignando i denti. Strisciavano piano e già guardavano oltre, sarebbero andati lontano.
Strisciando soffrivano, di un atroce tormento, ma sempre avanzavano. Strisciando smaniavano, di una vile cattiveria, ma sempre speravano. Strisciano schiumavano, di un’amara rabbia, ma sempre fremevano.
Come vermi avevano la pancia a terra, come feccia nessuno li avvicinava, come cadaveri nessuno li voleva.
Strisciavano sibilando e strisciando soffrivano e come vermi a pancia a terra morivano i bastardi al pari dei santi.
Silvia Borghi
Dichiaro di accettare il regolamento – sez A
Francesca Longobardo 22/5/2014
Fantasmi
Affamati lupi ululanti
con il muso rivolto
al misterioso chiaror della luna
si udivano nell’oscurità
dove immaginarie danze
di streghe apparivano
Quei rumori ci stavano a lacerar
l’anima a torturar la mente
Arrivavano quasi ogni notte puntualmente
Passi lesti attraversavan la stanza
ci seguivan anche in vacanza
Rotolanti palline sul pavimento
sul soffitto insieme all’accelerato battito
del tuo cuor li potevi sentire
Ma quale anima in pena
ci faceva vivere codesta pena
Sentivo parlar straniero
una lingua sconosciuta
fuggenti ombre nere
al calar della sera sentivi
“Odor di zolfo e zoccoli”
Quanta agghiacciante paura vissuta
ti attraversava la pelle
Ma chi erano? cosa volevano?
Spiriti erano di uomini
di bimbi o damigelle?
forse vivevano qui, era la loro casa
e l’avevano di nuovo invasa, facemmo
Il segno della croce per non sentire
più quelle voci
Attenzione niente spiritiche sedute
sul tavolo fan volar le lettere
e comparir fanno sui muri
orribili serpenti disegnati
con lingua biforcuta e aguzzi denti
Un mostruoso nome in arabo compare
Alleluia!! non ci abbandonare mai mio Dio!
Francesca Longobardo
Accetto il regolamento-poesia- sez.B
accetto il regolamento Sez.B
Giovane vecchio
Parlavi con voce stanca,
anche se gli occhi sorridevano.
Dicevi cose di altri tempi,
con il peso del rimpianto nel cuore.
Eri giovane,ma avevi lo stesso,
quel vecchio dolore da portare
e tutto era divenuto in un lampo
pesante e senza gioia.
Cercavi ugualmente negli occhi dei bimbi
quel domani che tu non avresti più avuto.
Aspettavi ancora qualcosa da questa vita,
anche se a te,giovane uomo,
era stata già tolta.
E non una sola volta,più volte,
A chi ti incontrava dicevi:
mi hanno ucciso tre volte.
Danio Mariani. Accetto il regolamento in tutte le sue parti. Sez A
Il Bastardo
Buio e freddo. Solo una lama di luce, laggiù in fondo, mi permette d’intravedere qualcosa. Non avverto dolore, solo stanchezza. Eppure ci ha dato dentro il bastardo. La mia mano, con fatica, riesce a toccare qualcosa. Stoffa. Forse si tratta della mia gonna strappata, oppure del reggiseno o le mutandine. Cose normali per una donna, riuscirò a indossarle ancora? Sembrava così garbato e gentile il bastardo, mi aveva inspirato fiducia. Oh mamma, quanto avevi ragione. “Gli uomini danno il meglio di loro stessi quando vogliono ottenere qualcosa, quella cosa. Diffida ragazza mia.” Ora sento caldo. Il mio ventre è insensibile e qualcosa di viscido sembra colare lungo la coscia. Con la stessa mano, mi sfioro e porto le dita dinanzi agli occhi. Sarà sangue? L’oscurità mi impedisce di vedere e non avverto alcun odore, ma sono certa che si tratti di sangue. Non ha fatto proprio tutto da solo il bastardo, e non oso pensare quale orrendo arnese possa aver violato il mio corpo, la mia anima.
Poi la porta si apre e il bastardo mi raggiunge. Stavolta avverto il suo odore di marcio, nauseabondo. Chiudo gli occhi e ricaccio indietro il vomito. Avevi ragione mamma.
Accetto il regolamento, sezione A
“Rovi”
Erano stati i rovi a graffiare la pelle della giovane Luisetta. Due giorni di febbre e nessun’altra soluzione dal medico del villaggio vicino. Luisetta peggiorava ed il suo corpo si dilatava in spaventose forme. Lo stregone urlava alla maledizione, ed i genitori della giovane vollero pagare ogni cifra per salvarle la vita.
Erano stati i rovi di Valle Verde ad uccidere la bella Luisetta.
Maria Cossu, accetto il regolamento, sezione B
Corro, correvo.
Nessuno poteva raggiungermi
Correvo veloce.
Un albero ed il buio,
sensazioni connosciute
amate
bramate
Corro, mi fermo.
Il ricordo.
La sibilla guardava all’indietro
mentre nascevo.
Il lupo della valle.
Correvo da lupo.
La presente Chiara Bianchi accetta il regolamento e partecipa alla sezione B con la poesia “Vampiri”
Era l’alba.
Nessuno era rincasato.
Le bare vuote splendevano
di merletti e stoffe pregiate.
In tredici avevano fatto razzia.
Villaggi ricoperti di ossa
e
chiese profanate.
Non era più il tempo per il vampiro.
Maura Lavini all’attenti, felicissima di partecipare!
Accetto il regolamento, sezione A
Le leggende di Palermo si perdono oltre il confine del mare, antichissime immagini che raffigurano donne dilaniate da demoni e sangue che, come bolle di sapone, esplode nell’immaginario collettivo. Ricordo che quando ancora non riuscivo a camminare, mia madre e mia nonna non smettevano di allontanare i demoni dal mio corpo. Io non li ho mai sentiti parlare questi demoni, ma hanno sempre cercato di “prendermi”, come diceva mia nonna. Entrambe queste bellissime donne sono ormai morte, e mi sento perso. I demoni si stanno impadronendo di me, del mio essere.
Sogno o son desto?
Non fu una serata come tante in quel bar malfamato e puzzolente.
La mattina mi alzai con un leggero mal di gola e un gran fastidio al petto:
“Mi ammalerò”, dissi, ma non ne diedi importanza.
Nell’uscire da quel posto maleodorante sentivo ancora lo sporco del sangue coagulato dentro le narici.
Ritornando a casa feci il tragitto di sempre, anche li non ci badai, venivo additata dalla gente con sguardi pieni di orrore: pensai ” Devo smetterla di piangere in questo modo”.
Entrai in casa e andai in bagno, mi lavai mani e denti e dissi:” sangue dalle gengive? Devo decidermi ad andare dal dentista”.
Spensi la luce e andai a dormire, ma continuavo ad attraversare il corridoio ripetutamente come se lo attraversassi mille volte,senza mai arrivare alla camera da letto, il cuore si gonfiava, pompava dalla fatica, cazzo, ma è un sogno?
In un baleno attraversai il corridoio ad una velocità che sentii la spinta e rimasi appiccicata alla porta: merda! Aprii la porta
e tutto quello che vidi era me stessa in quel bar puzzolente, pieno di sangue con la pelle a brandelli scuoiata viva sino alle ossa.
Oddiooooo, cosa mi avete fatto bastardi???
Sobbalzai dal letto e aprii gli occhi con il cuore in gola; Dio, ho solo sognato.
Andai a prendere un bicchiere d’acqua, avevo la gola in fiamme.
Mi ammalerò, ne sono certa, dissi, andai in bagno per lavarmi il viso e mi vidi allo specchio…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
Urania Scarpa
Sezione A
Accetto il regolamento
Dichiaro di accettare il regolamento del bando e partecipo alla sezione B con il mio testo inedito. Vincenzo Lubrano
IN TE RINASCERA’
E’ riflessione ,
Trovare un istante per guardare dentro di me , scoprire per poi credere anche in ciò che non c’è , …
E’ un ossessione ,
contare i giorni ed il tempo che va, chiedendomi se per caso o fortuna la vita un po’ cambierà ..
E sono qui ,
complice dei tramonti e le idee, seduto sul confine tra la realtà e le mie fantasie…
Sorriderò ,
le mie lacrime con il vento asciugherò, così ci riuscirò… Io ce la farò !
Alza le mani , puntale al cielo , egli ti accarezzerà : la tua esistenza grida forte “Libertà !” E l’anima in me esploderà …
La luce acceca , nel cuore brucia perché teme ogni verità , accetta la natura che il giorno ti donerà … e in te rinascerà .
Allontanando ogni se , la soluzione prende forma in mezzo a tanti perché …
Sono confuso,
La mia speranza chiusa nel pensiero che va , senza pretendere che chiunque l’ascolti prima o poi capirà…
Sarà esperienza,
calcolare ogni distanza per la sola premura , è un mio diritto far valere anche la mia paura…
Realizzerò ,
i miei sogni … così forte sarò e per sempre amerò !
Alza le mani , puntale al cielo che nei tuoi occhi brillerà , la luce del risveglio una vita nuova ti darà … “e l’anima in me griderà!”
La luce illumina , nel cuore brucia e dissolve ogni oscurità , ama la tua natura che il giorno ti donerà … e in te rinascerà .
Non mi arrenderò , ogni momento è sacro e sempre lotterò …
Non fermatemi , abbatterò il giudizio di chi mi ha voltato le spalle , si !
Ho fiducia in me e in ciò che più credo mi ha portato fino a qui , ovvero a scegliere di tornare a vivere…
cammino
mi adagio nella notte vestita di stelle di ombre maliziose dove la mia anima tormentata indugia alta tra le ombre cammino lentamente e poi mi fermo voglio sentire il mio cuore battere ancora lo sento spento vestito di ghiaccio nell’aria gelida che mi avvolge tutto attorno tace ulula il vento tra le fronde e i miei sogni volano con lui lontano nella notte
paola belloni, accetto il regolamento, sez A
Dichiaro di accettare il regolamento e partecipo alla sezione B.
– La notte arcana –
E’ notte, fresca notte autunnale
di brezza quasi timida, leggera
è da poco cessato il maestrale
il firmamento è una distesa nera
Odori salmastri spande l’aria
già presenti sul fare della sera
e la pallida luna, quasi seria
rischiara appena questa notte scura
Sul viale intravedo, al fioco lume
muoversi una figura in lontananza
d’un tratto mi è vicina, non so come
e di un uomo ha vaga somiglianza
Con la mano mi indica, ad oriente
un sentiero impervio e misterioso
avverto già qualcosa d’inquietante
mentre l’osservo, quasi timoroso
Questo tale io non lo conosco
e nemmeno ricordo quel sentiero
che pare snodarsi verso il bosco…
che voglia dire, non lo so davvero!
Alzo la mano in gesto di saluto
e riprendo i miei passi alla dimora
non voglio trascurare un sol minuto
poichè mi sento stanco e tarda è l’ora
Ma il tempo sembra essersi fermato
o, forse, l’orologio non funziona…
mi accorgo pure, attonito e stupito
di non conoscer proprio quella zona!
Mi volto indietro a riveder quel tale
e gli occhi miei non vedono nessuno
comprendo che non è cosa normale
e spero solo d’incontrar qualcuno
Sento forte i palpiti del cuore
e avanzo, confuso ed ansimante
… cerco di frenare un po’ il terrore
pensando: casa mia non è distante!
Mi giro e mi rigiro e guardo avanti
ma stento a ritrovar la via di casa
non bastano altri guai, e sono tanti
ci vuole pure la notte misteriosa
Madido in fronte di gelido sudore
corro, ormai sconvolto da paura
non odo nell’intorno alcun rumore
quasi tacesse anche la natura
Freno di colpo la mia corsa pazza
poichè la scena, d’improvviso, muta:
mi trovo, per incanto, in una piazza
con tanto spazio attorno… pare vuota!
Gira su strana giostra l’esistenza
… visioni del passato, della storia…
è qualcosa che sfugge alla coscienza
ed a stento sovvien nella memoria
Seduto là, con fare tracotante
sta quel figuro e scruta il mio stupore…
or che lo vedo meglio è assai sprezzante
e ride, anche di gusto, al mio terrore!
Mi fissa assiduo senza adoprar riguardo
non so proprio chi sia e che cosa vuole
mi pervade l’orrore del suo sguardo
e non capisco perchè vuol farmi male
Vorrei sfuggirne il ghigno e l’arroganza
non indugiare ancora in quell’arcano
ma sono attanagliato da impotenza
e forza e volontà vengono meno
Ma ecco che ora è lì, davanti a me
è stanco di burlarmi e si pronuncia:
è, questa, notte magica e spettrale…
ma tu non puoi capir perchè sei ignaro!
E smetti di tremar, non tutto è male…
sappi che ti ho concesso il dono raro
di guardar nell’occulto… nel mistero!
Il mio primo incarico come educatrice, assistere un ragazzino problematico allontanato dalla famiglia e ricoverato in pediatria. Poco più di un guardiano notturno. Certo, l’idea di trovarmi davanti un elemento con problemi psichici non era piacevole; anche perché non avevo idea dell’entità di questi disturbi.
Entrai con circospezione nella stanza singola, illuminata solo dal neon sopra il letto.
“Francesco” chiamai, cercando di non far tremare la voce. “Sono Sonia, la tua educatrice. È permesso?”
Avanzai nella camera deserta, provando sollievo nel non trovare il ragazzo.
Il letto era intatto, come se nessuno ci si fosse sdraiato.
“Francesco” chiamai ancora. Era assurdo, doveva esserci.
Sentii una risatina sommessa sopra la mia testa. Alzai lo sguardo al soffitto.
Il ragazzino era lì, adeso alla superficie, con un’espressione sadica sul volto. Gli occhi totalmente neri rendevano il viso ancora più pauroso.
Mi sentii schiacciare e sparii lentamente sotto il peso di quello sguardo diabolico.
Accetto il regolamento, sezione A
Un poco di orrore, quasi fatiscente.
Vedi la suola di una scarpa graziosa un po logora esondare una pozzanghera che riflette la luce rossa di un lampione stradale. Piove, e la scarpa è di Camille che si affretta verso la sua lezione di danza. Il tombino era sempre lo stesso, ed infatti Camille non avrebbe mai potuto pensare prima la sua evenienza, eccetto quel giorno. E dire che era la strada da casa al mondo, una viuzza di sassolini bianchi come una seta, lastricata dal grigio per puro accidente degli uomini. Quando il cinema diventa realtà hai un sussulto tremendo, sopratutto se vedi lacerarsi la terra e il cielo al centro esatto della nuca e i piedi, consegnati alle fauci fraudolente di un tombino maltenuto. Urla Camille, e ha dolore in tutto il corpo mentre cade e cade follemente presa dai pezzi dell’anima a lacrimare sangue lungo le pareti, con la verità sotto i piedi e gli occhi esplosi nel nulla. E’ il rumore di un martello piantato ovunque, qualcosa che le entra dal naso e le arde in gola fino ad abbandonarla, e le sue scarpette indesiderate nella trappola di un bambino a caccia di rane lungo i putrescenti fianchi di uno dei nostri laghi.
Paola Greco
Sez A
Accetto il regolamento.
Accetto regolamento sezione A
autore Paola Pittalis
Non sono pronto per uscire
Son qui da poco, devo dire che ci sto quasi bene, non vedo niente ma sento rumori lontani che mi cullano, mi sembra di nuotare su una nuvola calda e limpida.
Aiutooo … che succede?
C’è qualcosa che mi afferra, mi stringe, mi sta strappando via da qua, io provo ad allontanarmi e rimanere fermo in un angolino ma quella cosa gelida mi trova.
Ma chi siete? Che volete? Io non voglio uscire, non sono ancora pronto, vi prego lasciatemi, ho paura, ancora non è tempo per me.
Fino a poco fa stavo bene, ora sento una puzza tremenda, non mi piace stare qui in mezzo all’ immondizia…
mai nato.
Passi incerti Accetto il regolamento – Sez.B
Conosco della nebbia
La sordida luce
D’offuscato dire
Forzato e lacerante
Perdurare
D’inariditi rivoli
Di parole…
Passi incerti
Fra sgomitar di idee
Discontinuo pulsare
Sul viale del dubbio
L’errabondo
Esacerbare…
Autore: Eloisa Gattuso
Marisela Moreno Pérez
Sezione B
Accetto il regolamento.
FEROCIA INAUDITA
E mentre aspettavo,
nemmeno mi aspettavo
di dover affrontare tale bestia.
Una belva implacabile,
che si scaglia, si avventa.
Un’altra volta e un altra volta ancora.
Come un giaguaro feroce che mostra
le sue lunghissime e affilate zanne,
e apre la sua enorme bocca, e infine,
fa vedere la sua profonda e interminabile gola.
Un aspro sapore scorre lungo
la mi glottide,
che si chiude.
Potrà essere tutta colpa del suo passato travagliato?
Chi lo sa?
Forse si!
Me l’aveva sussurrato tempo fa:
“E stata molto cruda,
e non riesco a dimenticare ancora”
;)
Gobbo Stauble Nicoletta. Dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e allego la seguente poesia (sez B)
Mai più
e tutto il tempo
spazi inalterabili
conservati in trasparenti pensieri.
Inviolabili gesti che permangono a memoria di battiti sospesi
per riconoscersi vivi, mantenersi veri,
cullare le notti, ringraziare la Luce.
E guardare fuori
così da conservare intatti i colori di dentro.
Danze senza melodia
come fosse spartito scritto nel vento
che riconosci autentico.
E lì, quietarsi,
in un antro che, sterile consola.
Domenico Pace – Accetto il regolamento, partecipo alla sez.B con la seguente poesia:
CRONACA NERA
Ero un fiore
appena sbocciato dalla pubertà.
Riccioli d’oro, viso d’angelo
mi chiamavano.
Io mi fidavo.
La gioia era fonte
del sentimento, ancora di bambina
che nasceva e cresceva in me.
Un’onda d’orrore
quel dì mi ha investito
nessuno ascoltò il mio singhiozzo
la paura, il silenzio mi hanno imprigionata.
Mi è stata rubata l’adolescenza
per sempre strappato la gioia.
Della mia integrità
violata è la giustizia.
Come teneri rami d’albero in fiore
strappati da furibonda tempesta
le ali del mio volo
son rimaste per sempre sciancate.
Beatrice Landriscina
Accetto il regolamento
Sez. B
Titolo. CERTEZZA E RETTITUDINE.
Muta il destino lentamente,
nulla mai cambia per la gente?
Vuol esser cieca…
vuol esser sorda…
Lui beato tra i beati in rettitudine
uomo giunto alla certezza che non giunga nel suo cuore alcuna breccia.
Che illusione la certezza!
Uomo conciliatore d’ardui progetti
compreso il suo castello
irto nei ghetti,
ammirare lui può l’immenso mare
ed il planare lento
dei gabbiani,
oggi lo può…
ignaro del domani!
Domani, potrà non reggere il suo tetto
dallo svegliarsi brusco
nel suo letto.
Una breccia
assai più enorme s’ aprirà, e colpirà la testa
e il petto di quest’uomo
certo e retto.
UN’AVVENTURA PERICOLOSA
Come altre volte, quella mattina, nel boschetto vicino casa, lei e le sue amiche presero a correre in mezzo all’erba, traboccanti di euforia giovanile.
Ma, più di tutto, lei amava arrampicarsi sugli alberi e arrivare in un baleno alla sommità. Da lassù rimaneva incantata ad ammirare i funghi prataioli che biancheggiavano nella distesa di erba verde; le coccinelle dalle vivaci livree, disegnate dallo stesso artista che tinteggiava i prati; con il giallo dei ranuncoli slanciati, con il rosa dei modesti fiori di timo, con il rosso dei papaveri sussiegosi, con le chiazze bianche dei veli da sposa.
Ad un tratto, però, mentre, risaliva su per un fusto, una mano gigantesca scosse violentemente la pianta e la sradicò. Scaraventata nel fondo buio di un involucro, lei ripensò amaramente alle tante volte che nel formicaio le avevano sconsigliato di arrampicarsi sugli asparagi selvatici in primavera.
Accetto il regolamento Sezione A Pantalemme
IN TE
Sempre ti accompagno.
Tu collezioni persone, parole, suoni, rumori, strade, finestre estranee
riempi il vuoto che ho creato aggiungendo inconsapevole altro dolore
Soffochi il mio grido, il rantolo, il rumore di denti putridi
mentre mastico incessante il sudario
della tua mente.
Non c’è luogo che ti sia rifugio
che tutto inaridisco
in te mi porti.
Ti striscio nel ventre
sarò lama che ti squarta.
Mi avvolgo attorno alle tue ossa
abbraccio perverso dalle spire laceranti.
Rodo i tuoi pensieri, i tuoi gesti, i tuoi attimi
tarlo brulicante nel marciume del legno.
Ti accarezzo con dita avvizzite che ripugnano
ma brami per il sollievo di segreta giustizia.
Il mio odore è la tua misura.
Zampe d’insetto risalgono membra paralizzate, madide, gelide
insinuandosi ovunque pertugio lo permetta.
Teschio cieco, coppa traboccante veleno
color rimorso e rimpianto.
Parole lamette accarezzano labbra morbide
vermiglio morte
mentre suggi il tuo stesso ferroso sangue grondante.
Rubo al sonno il tuo respiro,
fiato di schegge vitree incuneate
alito muto che non può raccontare,
gola strozzata da mani avide
unghie stritolanti nel tuo petto schiacciato.
Sipario lacero calato su uno spettacolo consumato
tetra giostra di fantasmi che girano all’infinito
clessidra di pietra dall’istante imprigionato.
Fame incessante, implacabile ripetere di me,
mi cerchi e nutri inconsapevole con ogni sussulto,
perché sei il mio cibo e nel pasto immondo ti consumo.
Ombre si apprestano accanto al tuo volto
ragnatele di ieri, cappio di domani.
Altri individui davanti a te
specchi come pozzi senza fondo davanti ai tuoi occhi
Temili!
Potrebbero guardare nel tuo buio e trovarmi.
Incapaci di vedermi e riconoscermi in loro stessi
assolvendosi
ti offriranno il veleno del giudizio, dell’accusa, del disprezzo.
Indossa quindi la tua lapide,
maschera ipocrita sul volto
seppellisci l’Anima, rinnega l’Essenza.
Tu mi sei madre e padre.
Padrone e schiavo.
Gabbia e chiave.
Tu esisti, vivi.
È la tua condanna
non c’è perdono né lacrima che possa purificarti davvero
lo sai.
Sentimi! Vedimi! Consumami! Trasformami! Lasciami andare!
Ti urlo il mio nome
aghi negli occhi
sparo di fucile
‘Colpa’!
Maria Antonietta Milia – sez. B – accetto il regolamento
:D
:*
C’è tanta poesia
C’è tanta poesia in chi soffre,
in chi porge una mano e non trova risposta,
ma anche in chi offre quella stessa mano
e non trova ugualmente risposta.
C’è tanta poesia in chi dorme nudo
e al risveglio si ritrova ancora più nudo.
C’è tanta poesia in chi sorseggia la trasparenza del cielo,
in chi ondeggia in libertà
sulle creste delle onde del mare,
in chi si nutre della madre terra sotto il sole
o sotto le intemperie,
in chi sogna l’idea di una verità mai accertata.
C’è tanta poesia in chi respira le ore,
percorre e vive in pieno ogni momento,
in chi non lascia le notti all’incessante tocco del tempo.
C’è tanta poesia in chi non dorme
per uno sguardo segnato da sbarre di ferro incrociate;
c’è poesia tra quelle pareti scrostate e,
quelle, sono poesie scritte con occhi bendati
e la febbre nel cuore.
C’è anche tanta poesia in quella libertà persa per sempre
come in tutte le libertà mai trovate!
C’è tanta poesia nel silenzio,
nel disagio dell’immigrato,
nella sua stessa disperazione
e nel suo sguardo spento.
C’è tanta poesia nel pianto di un bambino affamato,
nella mortificazione di un disoccupato,
nello strazio di un padre e di una madre
per un figlio morto sulla strada.
C’è poesia sui cartoni dei clochard
bagnati di piscia e di pioggia
e sui morti di freddo e di stenti
nell’assoluto silenzio,
c’è poesia nei fuochi sotto i ponti
a scaldar le puttane,
c’è poesia nello sguardo di chi soffre l’astinenza,
nel discriminato, nel seviziato,
ma anche c’è poesia nei freddi corridoi degli ospedali,
nelle gabbie dei manicomi giudiziari,
come anche nelle sale d’attesa
di una stazione per un viaggio senza ritorno.
C’è poesia nei corpi martoriati dalle bombe,
o per droga, o per alcool, o per gioco
ed anche nelle menti perverse d’ogni genere e modo.
C’è tanta poesia in tutto ciò che si guarda,
in tutto ciò che si tocca e in ciò che si ascolta.
C’è poesia nella musica, nel canto,
nelle voci delle mondine d’altri tempi
e nei canti folk degli afroamericani
che ancora oggi echeggiano nei campi
di canna da zucchero,
ma ancora oggi nelle voci di chi,
ugualmente schiavo per vivere,
trova la morte sepolto nella miniera
delle viscere della terra.
C’è tanta poesia nella bellezza delle donne,
nelle rotondità dei loro corpi plasmati,
nel calore e nel profumo della pelle vellutata.
C’è tanta poesia nella regina delle poesie,
la poesia dell’amore,
dove passione e perdono,
scelta e visione,
uno e l’altro di me, di voi, di noi tutti,
lasciano il dolore alla porta,
incantano i giorni in colori,
concedono il sogno e la vita.
E poi… c’è tanta poesia nelle pagine
di un libro ingiallito dal tempo,
dove la stessa poesia può con un solo sorriso,
cambiare il mondo!
Francesco Paolo Dellaquila
Sezione B – Accetto regolamento.
FOLLIA
Edera maligna
soffoca la ragione.
E’ tarlo, ossessione
asfissia del pensiero.
E’ amaro veleno
assedio costante
prigione della mente.
Subdola s’insinua
e inquina l’anima.
E’ schock cerebrale
padrona del male.
Sei bella ragazza
ma algidae austera.
Mi fissi con occhi
di puro ghiaccio.
Sei bella fanciulla
così bella che voglio
farti un’ultima foro.
Quando la guarderò
mi ricorderò di te
e del tuo ultimo
disperato no.
Sezione B. Patrizia Benetti. Accetto il regolamento.
Alestear Cromwell
Sezione A
Accetto il Regolamento
Mollo! Ho deciso! Non mi importa se devo camminare ore nel deserto. Non mi importa se nel deserto ci lascerò la pelle. Non mi importa se mi ingoierà, sarò pasto per gli avvoltoi. Forse. Avere l’incertezza di farcela o meno è la stessa che ho nello stare qui a fare questo schifo di lavoro da Agente Federale. “ Deve sorvegliare i civili, Agente Coordinatore Cromwell, vanno protetti. Sempre che rientrino nelle regole. Altrimenti non si faccia scrupoli, non siamo delle balie.” Un po’ come dire: prendi il cane e rinchiudilo. Se poi scappa che si fotta. Fascio la mano destra che gronda sangue, non muovo le dita, sembrano dei wurstel passati alla griglia e tolti poco prima di bruciare. Manca il mignolo e l’anulare. Fanculo. Persi…e lo dico mentre ci piango sopra. I capelli sporchi di sangue mi scendono sul viso mentre sorrido nevrotica. Bè posso ancora sparare, non ho perso mica il pollice o l’indice. Quel fottuto zombie ha goduto l’ultimo dolcetto prima di avere il suo collo sotto le mie mani. Ho sentito quel ‘’crack’’. Dio… sembrava un cracker spezzato giusto sulla parte tratteggiata. Ho fame. Si fottano tutti. Ashe molla!
Casey Cromwell
Sezione A
Accetto il regolamento.
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Ahahi keki—ah…
Ahahi keki—
ah…
La Valle dei Re era tanto silenziosa che il vento era ridotto ad un flebile sussurro. Dopo aver assicurato il sarcofago in un’altra stanza, l’archeologo Linden Graham si dedicò all’esaminazione dei reperti che gli stavano attorno, come i quattro vasi canopi poco distanti da lui. A seguito di bizzarri avvenimenti che ebbero luogo durante la spedizione, registrava e filmava ogni singola perizia per riprendere i fenomeni che lo perseguitavano. Afferrò uno degli involucri rivestiti d’oro, aggiustandosi gli occhiali sul naso nel mentre che osservava quella testa di cane ricambiare il suo sguardo.
– Anubi… proteggimi… – mormorò quando sentì il vento che serpeggiava nella notte, portando alle sue orecchie parole oscure mentre le ombre si levarono danzando alla luce fioca della lampada, e come lo raggiunsero si sentì soffocare. Non sapeva cosa lo disturbava di quel posto, c’era un’energia che non lo voleva lì, un’energia che si sarebbe mostrata di lì a poco.
– BUH! – una voce squillante lo fece sobbalzare – Anche gli spiriti hanno bisogno di dormire, smettila di rovistare nei loro affari! – disse la figura femminile della collega dietro di lui, sventagliando i lunghi capelli ramati.
Ahahi keki—ah…
Ahahi keki—
ah…
Domenico Galluzzi 30/5/2014
KIKO
Claudio, era un ragazzo molto dolce, nonostante fosse cresciuto in un orfanotrofio.
Era biondo, occhi chiari ed un físico gracile. Aveva 17 anni era cosi magro da sembrare malato, ma cosi’ non era.
I suoi genitori morirono carbonizzati in un incidente stradale quando aveva 10 anni, lui si salvo’ miracolosamente, il bambino, venne sbalzato fuori dall’abitacolo.
La sua psiche non era stabile, fu affidato in una struttura alle cure del dottor Marti.
Le auto della polizia invasero il parcheggio . Il dottore, venne ritrovato nel suo alloggio privato, in un lago di sangue, trafitto da venti coltellate. Tutti avevano un alibi, Claudio no. Venne portato via a forza e piangendo urlava la sua innocenza. Gli fu assegnato un avvocato d’ufficio.
Durante l’interrogatorio l’avvocato si convinse della sua innocenza, ma Claudio incalzato dalle domande del poliziotto, cambio’ il tono della voce, inizio’ un lento mutamento, da dolce disperata e pacata, divenne dura, prepotente e pérfida, il suo sguardo ti penetrava come una lama di scure nelle viscere. Guardando i due gli urlo’ in faccia: “ Chi pensate abbia ucciso i miei ed il dottore Claudio? Ahaha, no sono stato io, Kiko suo fratello.
La psiche di Claudio soffriva di doppia personalita’.
Patrizia Delucchi 30 Maggio 2014 – sez A
Nel silenzio
Era buio nella camera, tutta la famiglia dormiva, solo le cicale e le rane chiacchieravano, unico rumore a cui ormai, i 4 cani erano abituati.
Un sabato qualunque, Roger il cane piu’ piccolo, il piu’ bisbetico di tutti, inizia a brontolare, gli altri a ringhiare sempre piu’ forte, dopo, un flebile mugolio come se si fossero addormentati, gli intrusi avevano spruzzato un gas che li aveva addormentati.
Dei passi nel giardino, il frusciare delle foglie, Francesco sveglia Laura, le dice “ prendi i bambini, chiuditi in bagno, chiamare la polizia”.
Ma il cellulare non prende, la paura sale, i battiti cardiaci aumentano, calmandosi solo, quando Laura racconta ai bimbi che e’ una messa in scena per giocare, loro ridono ma lei dice di fare silenzio.
Un vetro si rompe, un urlo atroce rompe il silenzio , frantumandosi un vetro si conficca nell’occhio del ladro, il sangue sgorga zampillando, lui con la mano sulla ferita, cercava di farsi spazio nella cucina, ma il dolore lancinante lo bloccava, trovo’ un bicchiere appoggiato sulla credenza dal quale bevve, dopo avere ingoiato il primo sorso inizio’ a stramazzare al suolo scuotendosi fortemente, la pelle iniziava a cambiare colore a sciogliersi, era acido muriatico.
VANESCENS
Esiliante
all’ora inutile del nulla
divagai
tra le remore dell’anima.
impalpabile
fu sfumarsi
al respiro delle rose.
Candida ombra
schiumò
infine.
(FERNANDO MANCA 2013) ACCETTO IL REGOLAMENTO sezione B
Sergio Messere dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e allego la seguente poesia che a breve sarà inserita in un’antologia dal titolo Nostra Signora. Sez B
Nostra Signora
Nostra Signora
degli uomini,
santa e profana;
depositaria
delle Scienze, delle Arti
e d’ogni culto e fede;
sovrana dei mari,
dei cieli
e delle terre:
a Te or ora
leviamo in alto
il nostro canto
disadorno
di speranza consapevole
e devozione.
Tu che consoli
gli afflitti
e sorreggi gli audaci
e ispiri i giusti;
Tu che ci proteggi
silente
e sanguini
affianco a noi,
sempre
e da sempre.
O Madre pietosa
del buon cammino,
medesima sostanza,
carne nella carne
spirito nello spirito,
illuminaci
di grazia,
potenza
e giustizia
sino alla Notte dei popoli
che verrà.
Un ultimo inchino,
mentre eretta
t’inabissi,
a poco a poco,
bagnata di luce,
ardente d’amore,
gravida di conoscenza.
Nelle acque
di cera viva
sul tuo guscio nuziale.
Sognare leggeri,
affogando pensieri
rivelare alle stelle
i desideri.
Oscurità
Silenzio
assenzio
pesa l’incudine
della solitudine
Oscurità
illusione
o tremenda realtà?
Improvvisamente
ma consciamente
ansimare,
corpo in catene
dall’atonia
che non sa reagire
non riesco ad agire
non so più fuggire
le paure adesso
sanno governare,
sanno schiavizzare,
seviziare
in stato d’agonia
non le so fermare
aiuto non so domandare
chi mi può salvare
se nessuno mi sa ascoltare?
Debole voce intimidita
dal gelo investita
Angoscia, terrore,
intenso, vivido rumore
dietro un’anomala presenza
la paralisi dentro una sentenza
l’ansia, l’essenza,
tensione, brivido
che la pelle accarezza,
credersi persa
con l’anima tersa
ma qualcosa stringe in mano,
ma non parla più piano,
mi sento stringere la gola
con una robusta corda
sotto le lenzuola,
una dura accusa vola,
la paura sta ridendo
sadica, ingorda
demoniaca, mi sta uccidendo.
La sento ma non mi giro
la sento ma non la miro
temo ma non grido,
non la so affrontare,
nemmeno riesco a parlare,
soffoco sola,
paralisi che beffa il minuto,
è tutta la vita che chiedo aiuto,
soffocato, quasi muto
l’indifferenza del rifiuto,
perché le illusioni ipnagogiche
nella realtà trovano logiche
Accetto il regolemanto, sezione B
FURCAS ANNA RITA
SEZ.A
ANIMA SPETTINATA.
Al mattino si alzava sempre con l’anima spettinata
Generalmente gliela risistemava il vento ma capitavano i giorni in cui neanche
una leggera brezza arrivava a pettinarla.Allora restava così;con i pensieri in disordine
e i desideri in subbuglio.Ma erano quelle le giornate migliori perché vedeva il mondo in
una dimensione astratta,tutto sottosopra…come un quadro surreale,come un universo
parallelo.La luce assumeva colori irridescenti,la natura scopriva la parte palpitante del
suo essere.Quando ciò accadeva riusciva a percepire battiti d’ali,scrosciare di acque limpide,sinfonie segrete,allegri sussurri tra le fronde.Un ridondante chiacchiericcio la travolgeva ,trascinandola nel cuore delle bellezze della vita. Poi però capitava che una folata di vento improvvisa le sistemasse l’anima e tutto tornava normale..ma poco
importava;sapere che vi è un universo di suoni e colori dietro l’apparente normalità delle cose,la rendeva felice anche con l’anima pettinata.
ACCETTO IL REGOLAMENTO.
Luigi Gatti
Dichiaro di accettare il regolamento. Sez. A
The Seeker
RicTheSeeker l’aveva incontrata sul sito di foto: nella polla sorgiva del bosco amico, vestita in turchese, sguardo d’acqua che ti vede, poi travalica all’orizzonte, oltre il folto delle foglie.
SeventhKahlan sapeva ascoltare il ruscello, dal fragore delle cascatelle agl’intimi pensieri avviluppati tra le gole dei gorghi e trasportati lontano.
A piedi scalzi calpestava le foglie, nella stagione della riflessione, per raggiungere il posto dei pensieri profondi.
Poesia e metafora per molto tempo dimorarono nei loro messaggi come riflessi di stagno, idrometre e lobi di quercia: la natura segnava gli spazi coi ritmi leggeri del respiro.
Fata delle sorgenti, inconsistente fantasia… per anni Ric ne indago’ l’identita’, ma lei sempre risvaniva alla sua convinzione, presente e irraggiungibile.
Finche’ un giorno, verso Westland, Ric svolta d’istinto per una strada isolata, dove riconosce, di un bosco, luci e atmosfere…
Seguendo il rumore dell’acque ritrova il luogo degli incontri, le radici dell’abete sovrastanti la roccia col muso di coniglio e le altre forme, magiche, che la luce vivifica al cambiare angolazione.
Dietro le felci una piccola grotta; spostata una pietra, un biglietto di carta logora, una scritta: “Ho sussurrato il tuo nome alle acque che gorgogliano, poi a lungo ho aspettato.” Elisabeth – novembre 1875.
RAZZA MARZIA accetto le condizioni sezione B
Ti ho visto all’alba
tenero amante
scuotermi l’anima
incalzar il fuoco in me
con mani sapienti
con bocca arrogante,
il giorno accolse i nostri gèmiti
il pavimento gioire al nostro contatto
orizzonti fulgidi assistettero alle nostre oscenità
ai nostri sguardi carichi di passione malcontenuta
esplosa in mille colori peccaminosi
in un intreccio indiavolato misto di frasi sconnesse
e avvolgimenti viziosi
da cui piu non uscimmo.
Ti vidi all’alba,
mostrare il tuo dolore
la tua insofferenza mentre scivolavo via
i miei passi lungo l’asfalto,svanire come il sole all’orizzonte….
RAZZA MARZIA accetto le condizioni sezione A
Ero sola e la mia storia da qui cominciò.
lungo il fiume abbandonata raccolsi i cocci della mia fragile esistenza
andai oltremare,oltre gli orizzonti del vasto oceano dove ritrovarmi.
Mi misi a scrivere per sopravvivere,senza piu fermarmi
senza piu indugiare camminai a lungo per strade imperverse e tortuose
mitigando i dolori e trasformandoli in emozioni a cui mi sarei venduta….
Sviluppai la mia cultura trasformandola in una sorta di trincea
disarmante ed incuriosita proseguii in questo cammino
di deserti malcelati,di opinioni sconosciute,di ogni tipo di premesse a cui io
mi tenni salda.
Perche scrivo? per sopravvivere,sopravvivere a questo mondo di illazioni,di maldicenze
di terreni contaminati stracolmi di pregiudizi e dicerie.
Perche scrivo? per amarmi,per indurmi al domani.
Sharon Minchella. Dichiaro di accettare il regolamento. Sezione A.
A distorglierla dai suoi puoi pensieri è il bussare alla porta, sapeva che questo momento sarebbe arrivato “Caleb…” Sussurra, guardando quel viso sempre calmo, non è cambiato affatto “Cosa ci fai qui? Mi sembrava avessimo un accordo” “Accordo saltato, Erin, i Vaganti si stanno radunando, e servono tutti gli Arcadi in circolazione” la guarda dritta negli occhi “Credimi, non sarei qui se non fosse per un motivo serio.” “Ero libera, Caleb! Non puoi presentarti qui e dirmi che l’accordo è saltato!” “Sei un’Arcade, abbiamo lo scopo di mantenere l’equilibrio tra gli universi, non potrai mai essere libera da ciò che sei.” Sa benissimo di non avere scelta, essere un’Arcade è la sua condanna, non potrà mai essere un’umana, non potrà mai essere libera. “L’Ultima volta che c’è stata una guerra è durata duecento anni, vediamo di metterci meno stavolta.” “Sinceramente, Erin, spero di evitarla, i Vaganti sono un popolo strano, ma non per questo poco intelligente…” “Prendo le armi.” “In duemila anni non sei mai cambiata” “Toglimi questo peso e diventerò più simpatica” “Spiacente, mi piaci così”.
HYPNOTIC GAME?
Sto correndo nel giardino della nostra casa. Nonostante i divieti di mia madre, mi avvicino al pozzo. Mi sporgo. Da quella cavità nera e profonda, all’improvviso, due mani adunche, con unghie affilatissime, mi afferrano e mi graffiano il volto.
La donna ha un viso orribile e tenta di tirarmi giù. Mamma! Mamma! Aiutami, non voglio morire. Ma la mia voce si spegne. La donna ormai mi tiene stretto e mi mostra la sua bocca sdentata. Precipito in un buio senza fine…
Accendo la luce e mi asciugo il sudore freddo di cui è ricoperto tutto il mio corpo.Mi alzo e vado in bagno a lavarmi il viso. Per fortuna, mi dico, è stato solo un incubo.
Mi guardo allo specchio e trasecolo. Ho strani graffi sulla fronte e il mio pigiama è sporco di fango…
Sezione A – Accetto il regolamento
Davide Rocco Colacrai
Sezione B
Accetto il regolamento
“Il ragazzo dall’anima color degli specchi”
Era la sospesa immobilità della penombra che delinea
il confine tra il giorno e la notte molto lentamente e
senza fretta
e nel suo procedere a piedi scalzi era lo sguardo di costui
che nello specchio dinanzi eludeva se stesso
erano lame di vetro che fendevano come dita orizzontali
di fulmini il cielo già svestito di costui
e ne facevano tacere il solfeggio nel tempo come una
preghiera custodita nel sussurro del cuore
le mani di lacrime di costui tremavano nel tentativo di
afferrare la sembianza che dinanzi gli negava il proprio
sguardo
erano scintilli senza luna di una carne a cui costui non
era in grado di dare un nome né un viso
erano linee senza origine di un uomo che si incontravano
in due punti interrogativi a se stesso
dov’erano quegli occhi di nuvola che mutavano colore
al soffio del vento?
e dov’era quell’anima che pazientava in fondo agli occhi
per mostrarsi nella immortalità sua?
Erano a se stesso due punti interrogativi senza le piume
adamitiche del fato.
E con le mani deposte sulle lame dello specchio e arrese
a se stesse
e labbra a labbra e l’alito di vita contro di sé
pelle su vetri di pelle, calore e polvere e l’oblio
costui pianse lacrime di pioggia d’estate nel respiro che
urlava per lenire il dolore di un cielo nudo.
Era la immobilità dell’istante di un uomo con se stesso
in bilico tra sogno e realtà
senza giorno senza notte, senza confine
e senza fretta.
Misteri del lago
Il lago Fibreno dall’indole docile, in passato ha fatto anche le sue vittime e si diceva che alcuni punti delle sue rive fossero infestati da fantasmi che si manifestavano nottetempo con fuochi fatui, bianche figure che si volatizzavano ghignando e tonfi rumorosi nell’acqua, la presunta presenza di fantasmi era avvertita ancor più nei pressi del vecchio mulino laddove durante la seconda guerra mondiale vi furono bombardamenti aerei che uccisero dei civili e dove persero la vita anche alcuni soldati tedeschi che erano a bordo di un mezzo militare che si ribaltò. Vi erano pescatori che sostenevano che passando solitari nottetempo da quelle parti fossero stati spaventati da strani rumori quali macigni che rotolavano lungo la china della collina e si abbattevano al suolo nei loro pressi o suoni di oggetti metallici che piovevano dall’alto, qualcuno asseriva anche di aver udito gemiti e profondi sospiri: tanti paesani credevano ciecamente a tali storie e dopo il tramonto evitavano di avventurarsi nei luoghi ritenuti dominio degli spiriti del lago.
Gerardo Canini accetto il regolamento del contest letterario e per la sezione A vi invio questo mio brano “Misteri del lago” tratto dal mio libro “Racconti del Fibreno”.
Misteriosi legami
Sembrerebbe mera fandonia
quella che di un noce è la storia;
a mezzogiorno esposta
la località detta Posta
giace in cima alla collina
a ridosso della “Prece” dolina,
affacciata al lago Fibreno
che di meraviglie è pieno:
prima fra tutte un’isoletta
in gergo locale “Rota” detta
per la sua forma circolare
che molto di se fa parlare
nel suo perenne roteare
sulle onde di un allagato
tra canne e giunchi sistemato.
In particolari situazioni
par che ci siano relazioni
fra l’esteso allagato
e il pedemontano baratro:
della “Prece” a fondo scarpata
maestoso un noce si stagliava
che da secoli lottava
come solida struttura
con le forze di natura,
ma fu all’ultima battaglia
che al suol si aprì una faglia
e del noce il tronco inghiottì
che per lunghi mesi svanì.
Un bel giorno all’improvviso
il grande tronco inavvertito,
quasi fosse per portento,
tornò alla luce riemergendo
dal laghetto circolare
in cui la “Rota” sta a vagare
spinta dai capricci dei venti
e dai vortici delle sorgenti.
Gerardo Canini accetto il regolamento del contest letterario e per la sezione B vi invio questa mia poesia “Misteriosi legami” tratta dalla mia silloge di poesia “Sogna bambino!”.
Accetto il regolamento-sezione B
EFFIMERO PARADISO
Ho attraversato l’ignoto oltre,
udendo il greve pianto degli angeli
arsi dalle fiamme degl’inferi
tempeste mai placcate dal tempo
rompono argini di cristallo,
schegge dilanianti mi perforano l’anima
calde gocce di dolore e delirio
avvelenano il cuore
notte oscura di mute tenebre,
effimera utopia il paradiso
per chi ancora respira all’inferno.
Pinocchio e Mister Ciliegio
Un giorno Pinocchio fa una passeggiata nella foresta dietro casa. Passo dopo passo si ritrova di fronte ad un mastodontico ciliegio. Pinocchio resta senza parole nello ammirarlo, finché il ciliegio li chiede: “Cosa c’è da guardare? Cosa vuoi?”, Pinocchio li racconta che in origine era un burattino di ciliegio. All’albero mancano alcuni rami. Uno dei rami era stato tagliato da Mastro Ciliegia, un vicino di casa Geppetto. Così Pinocchio scopre con gioia il padre biologico. Dal giorno Pinocchio andrà a trovare l’albero tutti i giorni nella foresta.
Accetto il regolamento – sez A
Loriana Lucciarini, dichiaro di accettare il regolamento del presente bando e allego il seguente racconto breve dal titolo “Il sussurro della morte”.
IL SUSSURRO DELLA MORTE
Ricognizione e irruzione da manuale. L’agente speciale Rose Wylard è ora davanti allo stanzino, dove il pazzo seviziava le sue vittime.
L’agente sa già che oltre la porta troverà l’orrore ma è addestrata, sa controllare la paura… eppure questa volta c’è un sussurro di presagio indistinto che però dura solo un attimo. Lei esita appena, infine entra.
Nel ripostiglio silenzio e buio denso gessoso, che le calano viscidi dentro l’anima ad ogni passo. Rose accende la torcia per vedere oltre quel nero: pareti macchiate da colori di morte, impregnate dall’odore acre di liquami. Tutto è ancora lì, presente, come lo spettro delle vittime dal grido inascoltato, intriso di pianto.
Un leggero movimento oltre il cono di luce e l’agente Wylard è percorsa da un brivido. L’assassino le è di fronte, gli occhi spiritati sono una pozza nell’abisso della pazzia, la pistola puntata verso di lei. Spara. Bastano così brevi attimi per arrivar all’inferno, senza neanche la cortesia di un preavviso. Forse, si rimprovera Rose nel suo ultimo pensiero, avrei dovuto ascoltar l’avvertimento di quel sussurro di morte, pochi istanti prima di varcare quella porta.
Morte che invece ora la trascina con sé nell’abisso, spietata e inesorabile.
Accetto il presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003) Sezione A
Seduti in fila senza fine, gli spiriti parlottavano sottovoce di quello che era successo durante il vissuto. I nuovi, appena entrati, correvano verso i prati fioriti buttandosi nell’erba. Sotto l’ombra profumata degli alberi godevano del riposo tanto atteso. Ma dopo qualche giorno di rilasso si mettevano anche loro in coda.
-La volta scorsa io sono stato nero. Vorrei essere donna.
-Lo sai che se rifiuti prendi il divieto per un centinaio di anni.
-Mah, lo dicevo tanto per dirlo. M’annoio a morte qui. E queste vite passano troppo veloce! Mi dimentico sempre di sperimentare e mi accontento di campare.
-L’hanno fatto bene questo gioco. Quando siamo giu’ pensiamo di essere solo cittadini. Dai che mancano solo tre esseri!
-Mi piacerebbe tanto avere una carne delicata questa volta… diamine! Pure senza una mano! Sarà interessante!
-Non lo rifiuti?
-Ma stai scherzando?!? Vado a vivere! In bocca al luppo! Che ti venga la carne che desideri!
Fabio D’Alessio, dichiaro di accettare il regolamento del presente bando di concorso per partecipare con la seguente poesia:
Il principe e il drago
Eccolo.
Lo sento arrivare.
Vuole portarmela via,
ma io non voglio separarmi da lei.
Lui è solo una bestia,
la tratterà male,
la chiuderà in una torre,
impedendole la fuga.
Combatterò!
Con le unghie
e con i denti,
non può portarmela via.
Le armi son affilate,
son pronto.
Anche se,
tutti saranno dalla sua,
nessuno sta dalla parte del drago…
dichiaro di accettare il regolamento del presente bando di concorso per partecipare con la seguente poesia:
Memorie
Ti vedo nuda tra i capelli
mentre la luna veste la notte,
come rugiada colmi gli ormeggi
e ti lasci trasportare nei sogni.
Disegni una nuvola di sospiri
e nell’ardore nascosto tra le coperte
sembra che tu fugga, silenziosa,
tra i roveti del tuo cielo.
Quando risveglio lo sguardo
ascolto le follie della pelle,
quel calore di lucciole nei borghi.
Evade la tua brama di carne
e il desiderio si spegne tra lacrime,
mentre guarisce il tuo ricordo
divento spuma di memorie.
Dichiaro di accettare il regolamento del presente bando di concorso per partecipare con la seguente poesia:
La guerra vista dall’albero
Era li
stava li
portato dal vento cresceva li,
vedeva gli uomini passare e lui sempre li
da solo li
imprigionato dai suoi tentacoli,
passano le stagioni,cambiano le situazioni
e lui fermo quasi immobile
sempre e solo li
posseduto da quel posto li.
Vedeva gli uomini lottare, guerreggiare
sempre a contendersi quel posto li,
prima i fanti ed i cavalieri
ora soldati e guerriglieri
sempre ad uccidersi per quel posto li,
chissà quanti ne ha visto morire
ha finito le foglie per continuare a contare
e lui che se ne voleva andare…..
non riusciva a capire….
lui che sognava di potersi spostare di poter partire
ma avvinghiato alla terra dai suoi tentacoli
sempre più grandi e profondi
lo bloccavano li.
Son cambiate le generazioni
le facce delle persone
ma il resto no……
è rimasto così
continuano ad uccidersi per quel posto li.
Quando era arbusto voleva cambiare
li voleva imitare
vedendoli camminare pensava fossero liberi
ora con i rami spalancati al vento come per arrendersi
lui inchiodato
sempre e solo li
ma più libero degli uomini….
che posson camminare
si posson spostare
ma con dei pensieri immobili
così radicati ed insabbiati
le loro radici come fili invisibili
manovrati,
sfruttati
abituati ad odiare da quando son nati…..
poveri….
…..uomini…
meno liberi degli alberi,
non voleva crederci
adesso si
non voleva crederci….ma è così
Sandra Rotondo
accetto i termini del regolamento sezione B
Tu sarai il mio schiavo e il mio seguace,
mi odierai e ti inginocchierai al mio passare,
mi ucciderai e piangerai per la mia morte e solo allora io avrò rubato completamente
la tua vita.
Le mie unghie arpioneranno sadicamente il tuo corpo,
lacereranno la tua pelle, e il tuo sangue sazierà la mia sete di morte,
e quando tu mi pregherai di fermarmi,
le mie labbra aspireranno la tua anima, perché io possa accrescere la mia potenza.
Brucerò le tue ossa inermi, e la loro polvere sarà la mia strada, il tuo nome sarà un lontano ricordo,e tutti avranno paura di nominarti,
perché tu
appartieni a Satana.
Dichiaro di accettare il regolamento del presente bando di concorso per partecipare con la seguente poesia: “Paisà”.
Bevevano pale di fichi d’india
come gli antichi “indiani” i cactus
ma non ricordavano
i miei eroi dei fumetti
non avevano cappelli di cowboy’s
né montavano cavalli
dalle froge fumanti
ma portavano elmetti slacciati
e fibbie che pendevano sul collo.
Erano uomini “normali”
vestiti da soldati
parlavano una lingua straniera
dicevano “paisà”.
Noi ragazzi ridevamo
e a segni d’intesa senza parole
ci chiedevamo
“che soldati sono mai questi…
senza cannoni senza cavalli
senza pistole che pendono dai fianchi”
non ci sembravano veri
perché non rassomigliavano ai “nostri”
che arrivavano sul filo del tramonto
vincevano ostacoli e nemici
e scomparivano in dissolvenza
prima della parola “fine”.
Sudavano come persone “normali”
sotto il sole di luglio
che incendiava le stoppie.
Non avevano trombe né fanfare
solo mostrine variamente colorate
e gradi cuciti sulle maniche.
Avevano ucciso altri uomini
e altri ne avrebbero ucciso
e forse anche loro
la morte, avrebbe ghermito
prima della fine della guerra
ma sulla spianata
dopo il ponte delle ferrovia
erano solo scolari in gita fuori porta
in attesa del richiamo della maestra
a rientrare in classe
per la fine delle lezioni.
Ridevano ridevano sempre
e ogni tanto dicevano “paisà …”
in ansia di amicizia
venuti a liberarci
anche dal peso della guerra
stavano accanto alla fontana
che da tempo non mesceva acqua
come persone capitate per caso
nel pieno della festa senza invito.
Accetto il regolamento Sezione B
LA REALTA’ NEI SOGNI
Una strada ampia che il cielo,
popolato di sole e celeste,
vi riposa dentro.
Passano nubi morbide e qualche
stormo di uccelli che rendono
autunnale, ai miei occhi, lo spazio
che mi avvolge e dintorno mi stringe.
Se penso ai mostri nella mia mente
i movimenti ed i pensieri fluttuano,
le mani sono uccelli irrequieti.
L’aria, filo d’argento, s’insinua
leggera tra le stanze,
accanto al letto rimane soltanto
la realtà.
Poiché nei sogni
ho consumato ogni energia,
ogni secondo si esaurisce
rapido ed eterno
Un’illusione da prendere per vera,
striscia argentata di speranza,
che polla impedita,
alla fin zampilla.
Maggio 2013
Gianni Calamassi
(tutti i diritti riservati)
Dichiaro di accettare il regolamento del presente bando di concorso per partecipare con la seguente poesia:
IL MISTERO DEL BAMBINO CON FATA E VAMPIRO
sono inzuppato di mistero
fino al collo: puoi prosciugarmi?
A forza di baci, a forza di morsi:
se mi stacchi un orecchio è fatta, forse
e uno spiraglio avrò per il mondo
che in te vuole scrutarmi curioso
di sapere come si scavino rifugi
tra cuore e spina dorsale, già, lì,
proprio lì, frusciante angelo sbiadito
in un lavaggio d’anime a tradimento,
ché lo so che t’hanno colto di sorpresa,
i soliti assassini del primo amore d’ognuno
che ci costringono a strofinare la noia
in attesa del genio della lampada fulminata,
tre desideri: volere, volare e avvincere
gli altri, il tempo, te e le muse stralunate;
ecco, finisco sempre che mi metto in mezzo.
Prima o poi mi investiranno, e non sarà porpora
ma sangue rappreso di un cuore spianato
sull’asfalto che ho solcato sin da bambino
e camminavo e camminavo e camminavo
ma quell’ombra alle spalle non si staccava
mi perseguitava e voleva il suo buio dentro me.
Se non che il sole di un’alba sorda e malferma
mi trafisse la carotide e un canto sgolato ne uscì
e da allora ho un compagno di sangue a sorvolarmi
e sorvegliarmi che l’ombra non m’aggredisca.
Sono fortunato ad avere un alleato nelle notti insonni
il bipede, la fata, il vampiro e l’alata veglia diuturna:
siamo noi il festino perenne che svernicia l’angoscia
e di bianco e sfingeo non resta che il tuo pallore
ma so come sanguinarne la gioia, e così inizio a farlo.
Mi chiamo Sonia Soave ed accetto le condizioni del regolamento: aderisco alla sezione B.
LUNA
Scroscii di cui nulla so
invadono spazi silenti
nell’ignoto della notte che ci attraversa.
Ululano i bimbi miei
ad una luna che di mistero narra
splendente nella sua total pienezza,
ma segreta all’occhio umano.
Scavi e crateri sconosciuti all’uomo
di qual storia saprebbero parlar,
mentre, col naso all’insù,
tra le sfumature del buio,
voi cantate a lei ululanti nenie.
Qual segreto comunicare
è nel vostro misterioso vivere
che nulla a noi dir potrà
colei che impera tra il nero del cielo
ed il dorato di piccoli lumi.
Sol ci resta il canto vostro,
amici miei,
e l’immaginar di antiche storie
che l’uomo di un dì a noi lasciò.
Oh, Luna!
Luigi Gatti
Dichiaro di accettare le condizioni del regolamento.
Sez. B
Onde sull’Abisso –
Ci ascolta questo mare: nei lenti respiri
della risacca inesorabile inviluppa
e assorbe al più profondo suo sentire
gli ansimi dei nostri affanni, i brontolii
delle volontà inespresse, i logoramenti
per le intricate scelte.
Rimesta e agglomera, immerge a vortice
nel pieno del suo abisso, in apparente oblio,
poi insuffla di potere immane
e restituisce, al pelo sferzante di un orizzonte
rasato dai venti e bruciato, tra lame di sole
brulicante, di vivide energie.
Parla questo mare, schiumati i dubbi rombanti
ai più remoti lidi e rifluite energetiche correnti,
all’anime scoperte a parole di sale,
con enfasi di scirocco, di semplici verità,
pur se bagnate d’alghe, macerate tra conchiglie,
riofferte stille, ora chiare e conosciute.
Sara odiava il suo patrigno. Era malvagio e ultimamente la guardava in modo strano, con occhi da rapace. Nonostante tutto però, lo aveva avvisato di non andare dall’uomo nero e della sua tribù armato di fucile. Ma lui non aveva voluto saperne. Si era fatto calare con il verricello elettrico nel pozzo. Aveva preso la sua decisione ed era sceso.
Voleva tutte le loro ricchezze. A nulla era valso spiegare che bastava barattarlo con del cibo per averne. Bisognava calarlo nel pozzo, e loro, in cambio, mandavano su il corrispettivo.
Il verricello era tornato in superficie traboccante di pietre preziose.
– Veramente buono! Squisito! Il cibo migliore che tu ci abbia mai mandato, anche se non sappiamo cosa sia. Se ne hai altro mandacelo pure. Abbiamo ancora molti sassi e molta fame! –
Il messaggio, scritto su pergamena, era appeso in bella vista sul sacco colmo. Lo aveva portato il patrigno proprio per quello scopo….
In fin dei conti, pensò Sara, l’uomo nero e la sua tribù non erano poi tanto male.
sez A. accetto il regolamento
Mi chiamo aurora stella , dichiaro di accettare il regolamento.
Sara odiava il suo patrigno. Era malvagio e ultimamente la guardava in modo strano, con occhi da rapace. Nonostante tutto però, lo aveva avvisato di non andare dall’uomo nero e della sua tribù armato di fucile. Ma lui non aveva voluto saperne. Si era fatto calare con il verricello elettrico nel pozzo. Aveva preso la sua decisione ed era sceso.
Voleva tutte le loro ricchezze. A nulla era valso spiegare che bastava barattarlo con del cibo per averne. Bisognava calarlo nel pozzo, e loro, in cambio, mandavano su il corrispettivo.
Il verricello era tornato in superficie traboccante di pietre preziose.
– Veramente buono! Squisito! Il cibo migliore che tu ci abbia mai mandato, anche se non sappiamo cosa sia. Se ne hai altro mandacelo pure. Abbiamo ancora molti sassi e molta fame! –
Il messaggio, scritto su pergamena, era appeso in bella vista sul sacco colmo. Lo aveva portato il patrigno proprio per quello scopo….
In fin dei conti, pensò Sara, l’uomo nero e la sua tribù non erano poi tanto male.
CONTEST TERMINATO
A BREVE SARANNO PUBBLICATI I FINALISTI DEL CONTEST SUI NOSTRI CANALI FACEBOOK E SUCCESSIVAMENTE I VINCITORI CON UN ARTICOLO DI CONGRATULAZIONI PER LA POSIZIONE RAGGIUNTA.
IN BOCCA ALLA GIURIA
ECCO I FINALISTI DEL CONTEST
FRA QUALCHE GIORNO SARANNO PUBBLICATI I VINCITORI
Sezione A
Luigi Gatti con “The Seeker”
Roberta De Tomi con “La sindone di Lena”
Simone Turri con “Morto”
Ludovico Ferrari con “O.D.I.A.”
Massimo Alvau con “Fu di nuovo notte.”
Loriana Lucciarini con “Il sussurro della morte”
Sharon Minchella con “Caleb”
Sezione B
Gabriella Pison con “Vampiri”
Tania Scavolini con “Incubo o realtà”
Elena Spataru con “Si fa rampicare”
Carmelo Loddo con “Memorie”
Augusto Leonelli con “Vivo”
Maria Antonietta Milia con “In Te”
Davide Rocco Colacrai con “Il ragazzo dall’anima color degli specchi”
I VINCITORI DEL CONTEST:
http://oubliettemagazine.com/2014/06/25/vincitori-e-finalisti-del-contest-letterario-legami/
CONGRATULAZIONI AI PARTECIPANTI, FINALISTI E VINCITORI.
Vi ricordo che sino al 2 luglio è possibile partecipare al Contest Letterario “Amare oltre l’oceano”, qui il bando:
http://oubliettemagazine.com/2014/06/02/contest-letterario-gratuito-di-prosa-e-poesia-amare-oltre-loceano/