
Dic 22, 2013
Dio in fasce
E così, Dio scomparso, che voglio averti.
Piccolo cembalo di farina per il neonato.
Brezza e materia unite nell’espressione esatta
per amor della carne che non sa il tuo nome.
E così, forma breve d’inafferrabile rumore,
Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,
mille volte ripetuto, morto, crocifisso,
dall’impura parola dell’uomo che suda.
Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca, (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936), è stato un poeta e drammaturgo spagnolo appartenente alla cosiddetta generazione del ’27, un gruppo di scrittori che affrontò le Avanguardie europee con risultati eccellenti, tanto che la prima metà del Novecento viene definita la Edad de Plata della letteratura spagnola. Omosessuale ed apertamente a favore delle forze repubblicane.
Nel giro di pochi anni, García Lorca sa ribaltare questi iniziali insuccessi, divenendo membro di spicco dell’avanguardia artistica del proprio Paese: pubblica ulteriori raccolte di poesie, tra le quali Canciones e Romancero Gitano, forse il suo libro più conosciuto. Sul fronte teatrale, Mariana Pineda, con fondali disegnati da Dalí, debutta con grande successo a Barcellona.
Scoppiata la Guerra civile spagnola: García Lorca lascia Madrid per Granada, con l’intenzione di salutare il padre. García Lorca e suo cognato, che era anche sindaco socialista di Granada, sono effettivamente arrestati mentre si trovano a casa dei Rosales, loro amici falangisti. García Lorca viene fucilato da militanti del movimento politico CEDA all’alba del 19 agosto 1936 perché disinistra e omosessuale e gettato in una tomba senza nome a Fuentegrande de Alfacar nei dintorni di Víznar, vicino Granada.
Non mi piaci, Garcia. Sei stato grande in tante opere, ma qui no. C’è un’inutile complicatezza, che non riesce a smuovere nulla nel cuore, nei sensi, nella fantasia, nella memoria di chi legge, tranne forse “l’impura parola dell’uomo che suda”, in cui si squaderna la pochezza affaticata e maleodorante dell’essere umano a fronte della immensa purità di Dio. E basta. E chiunque dica il contrario lo dice solo perché ammagato dall’altisonanza del tuo nome, laddove bisogna esser liberi di dire la verità, nelle cose dell’arte come nella scienza e nella filosofia e nel marnero della politica verminosa. A chi si sente offeso offro, sempre sul Natale, questi miei versi perché vi possa scagliare il suo rancore, e far così la sua giustizia:
MINUTE ALCHIMIE
Noi siamo qui a far le storie
e viene lui con le sue mani colme
di sementi
di storie
di galassie dimentiche
lietamente distendentisi in minute alchimie
in un piccolo sorriso
di Dio padre
dove
tutto l’universo
si rimette a luce
tenue
nel cuore degli uomini
atroci.
Domenico Alvino
Grazie Domenico! Buon Natale
la poesia sa permettersi,nella sua profondità, il sacro e il profano,libera,lei,di legarne ogni intimo significato …