“World War Z” di Marc Forster con Brad Pitt: una minestra riscaldata senza grande inventiva

Un film fortemente atteso che ha creato grandi aspettative ma che forse, proprio per questo, non riesce a reggerne il peso e a soddisfare le esigenze di un pubblico che forse si aspettava qualcosa di più.

World War Z è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Max Brooks, dal quale però prende abbondantemente le distanze concedendosi molte libertà. Lungi da me discutere questa operazione di trasposizione e giudicare il film sulla base della sua fedeltà (o infedeltà) al libro. Non mi interessa e non lo ritengo importante… se un film è bello, la sceneggiatura è scritta bene e la regia è funzionale al racconto va benissimo lo stesso. Quindi bando alle solite sterili polemiche ed agli accostamenti forzati e procediamo con un’analisi più obiettiva di questo film.

Il film di Marc Forster (Quantum of Solace – Il cacciatore di aquiloni) racconta la storia di una pandemia mondiale che vede Gerry Lane (Brad Pitt), un impiegato delle Nazioni Unite, girare il mondo in una corsa contro il tempo per tentare fermare un’infezione virale che sta rovesciando eserciti e governi e che minaccia di decimare la popolazione intera. Nulla di nuovo, vero? Siamo già da tempo abituati a storie come questa ma ancora una volta, come amo ripetere, non è la storia in sé a fare la differenza ma come questa viene raccontata.

World War Z parte subito in quarta e non si lascia andare in premesse, spiegazioni o giustificazioni di sorta. Così stanno le cose e lo spettatore è catapultato negli eventi con la stessa sorpresa del protagonista e della sua famiglia. Un modo per farci empatizzare meglio con il nostro eroe od una scorciatoia per non dover fornire spiegazioni? Io opto per la seconda ipotesi in quanto per tutto il film si possono riscontrare diversi buchi di sceneggiatura che ripetutamente sembrano sottolineare la questione: “Fatti poche domande e goditi lo spettacolo”.

Benissimo… basta saperlo ed ecco che, in accordo con questa premessa, ci settiamo subito in modalità “Action thriller” per godere al meglio di questi nuovi “zombies” in salsa “Fast & Furious” che riempiono lo schermo come un vespaio impazzito e che travolgono tutto come un fiume in piena. Sospendiamo quindi la nostra voglia di sapere ed abbandoniamo le eventuali aspettative orrifiche in favore della mera dimensione spettacolarizzante a ritmi da cardiopalma. Ma cosa accade quando invece tutto a un tratto il film vorrà fornirci quelle spiegazioni alle quali avevamo ormai rinunciato e cercherà di convincerci (per ovvie esigenze narrative) della logica che sottende al funzionamento di un improbabile “vaccino”?

A questo punto lo spettatore pare legittimato a porsi qualche domanda e la plausibilità di alcune spiegazioni, un po’ annacquate, volutamente poco definite ma con una presunta base scientifica rischia di infastidire chi fino a quel momento aveva deciso di sospendere la propria incredulità ai fini del puro divertimento. L’idea che sta alla base del funzionamento del vaccino era sicuramente interessante ma viene lasciata lì come se anche questo avesse poca importanza e come se il film dovesse correre via frettoloso verso un epilogo un po’ troppo abbozzato e banale.

Ritengo invece che il potenziale drammaturgico e gli espedienti narrativi che sarebbero potuti scaturire da una più attenta ed approfondita analisi del fenomeno, sarebbero stati d’aiuto ad un film che risulta invece appiattirsi su sé stesso e che finisce per non lasciare molto. Il ritmo stesso del film, incessante e senza molti cambi, fatto da un montaggio serrato e quasi isterico non consente di creare nello spettatore quell’ansia e quell’angoscia che un più attento uso dei tempi avrebbe potuto creare. Il risultato è un appiattimento del coinvolgimento emotivo dato da una frenesia quasi anestetizzante che porta lo spettatore, man mano che procede in questa visione, a provare sempre meno dalle stesse scene che invece dovrebbero dargli qualcosa di più.

WWZ è una grande produzione – circa 200 milioni di dollari – un film apocalittico dalle pretese forse un po’ troppo “epiche” che finisce per risultare una minestra riscaldata senza grande inventiva. Anche la regia e il montaggio sembrano subire il peso di una materia narrativa difficilmente gestibile che si propone troppe cose  su una scala troppo grande (almeno per le due ore del film).  Questo porta inevitabilmente a sposare le scelte più classiche e “facili” per condurre il racconto verso la sua conclusione.

Un film che ha i suoi problemi più grandi nella sceneggiatura, che crea personaggi fantoccio senza il minimo spessore (basti pensare alla famiglia di Pitt) e che propone situazioni al limite del surreale per far progredire la storia e spianare la strada all’eroe (SPOILER: pensiamo alla grottesca e quasi comica morte del giovane ricercatore o alla chiamata della moglie sul cellulare di Pitt che finisce per scatenare l’inferno). Insomma, uno script con tante falle e leggerezze e con una struttura narrativa che sembra quasi più quella di un videogioco, ma non quelli belli, dotati di grande atmosfera che magari hanno la pretesa di chiedere qualcosa in più all’utente e che si permettono di avere un pochino più di fiducia nelle sua capacità intellettive (forse sbagliando rispetto a certe dinamiche di mercato).

No… quelli “casinari”, quasi senza storia che richiedono soltanto di sparare a raffica e ti forniscono munizioni infinite… nonché  la mappatura del percorso da seguire direttamente “on-screen” (nel caso fossi così ritardato da perderti o non volessi fare il minimo sforzo). Quei giochi il cui unico scopo è portarti dal punto A al punto B, da B a C senza porsi molti problemi su ciò che dovrebbe accadere nel mezzo per arrivare dritti alla conclusione del gioco, come se l’importante fosse solo finirlo e non vivere del momento presente e di tutto quello che accade mentre lo si gioca.

Ecco, questo è un po’ quello che succede quando si è sottoposti alla visione di questo film. Forse però tutto ciò non ha la minima importanza quando sai che, tramite la forte fascinazione estetica che certe sequenze possono esercitare su un pubblico molto poco smaliziato, il film sarà comunque in grado di far bene ciò che si è proposto. WWZ non è niente di più che un bel “blockbusterone” estivo da vedere senza pretese di fronte ad un bel po’ di pop-corn ed una coca gigante per far passare due ore… se proprio non si ha niente di meglio da fare.

 

Written by Enrico Muzzi

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *