Scoperto il mistero delle pietre che si muovono a Racetrack Playa: la valle della morte

La Valle della Morte, celebre per essere uno tra i luoghi più desolati e aridi al mondo, è anche uno dei posti più affascinanti del pianeta. Nella vasta area desertica che si estende per 225 km, esiste un luogo che sfida la comprensione umana chiamato Racetrack Playa, un lago asciutto conosciuto in tutto il mondo per il fenomeno delle “pietre mobili”.

Il fondo della Playa è fango essiccato, inaridito che si è rotto in piccoli perfetti ottagoni e pentagoni. È completamente piatto, eppure ci sono delle rocce “vaganti” che sembrano muoversi per conto proprio. Le pietre hanno una lunghezza che varia dal semplice ciottolo a rocce di mezza tonnellata e hanno dimensioni e forme così diverse perché si sono staccate dalle colline circostanti. I percorsi variano in lunghezza: alcune si spostano di pochi metri, altre percorrono interi chilometri.

La Valle della Morte è un Parco nazionale degli Stati Uniti situato nello stato della California ed in piccola parte nel Nevada. È una zona famosa perché, circa al centro della valle, si trova il punto più basso del Nord America. Solitamente si visita il Grand Canyon e si passa la vacanza al Yosemite National Park. Essendo la Valle della Morte sulla strada che porta dal Grand Canyon al Yosemite, molti turisti vi effettuano una tappa.

Nessuno è stato in grado di decifrare il mistero di come queste rocce lentamente ed in modo praticamente invisibile si muovano attraverso il deserto, lasciando lunghe scie nella sabbia. Almeno fino ad ora, perché gli studiosi sembrano aver trovato una probabile spiegazione al fenomeno.

Lo scienziato planetario Ralph Lorenz della John Hopkins University ha lavorato nel 2006 ad un progetto della Nasa per la creazione di stazioni meteo nella Valle della Morte, dove le condizioni meteorologiche sono abbastanza simili a quelle di Marte. Come chi lo aveva preceduto, Lorenz ha avvertito il fascino delle misteriose pietre mobili e ha deciso di provare a scoprire l’enigma che si cela dietro i loro movimenti.

I sensori meteo sviluppati dalla Nasa non sono stati in grado di risolvere da soli il mistero delle rocce. La vera svolta è arrivata quando Lorenz ha trovato il sito di quella che sembrava una collisione tra due misteriose pietre. Invece di sbattere l’una contro l’altra, le rocce non si erano toccate. Era come se una di esse avesse schierato qualche strano campo di forza che avesse deviato l’altra. Questa spiegazione dei campi di forza non convinse Lorenz.

La scoperta invece, gli ricordò un fenomeno di cui aveva letto che avviene nella regione artica. I massi nell’Artico sono a volte talmente imprigionati nel ghiaccio da guadagnare abbastanza spinta per galleggiare nel mare. Racetrack Playa durante l’inverno è interamente coperta di lastre di ghiaccio e spolverate di neve, e secondo i dati meteo raccolti dallo scienziato, la zona poteva essere abbastanza fredda da favorire lo stesso fenomeno.

Per confermare la sua ipotesi, Lorenz ha riprodotto un deserto ghiacciato sul bancone della sua cucina. Ha congelato una pietra su un pezzo di plastica in quantità sufficiente di acqua in modo che una parte della roccia sporgesse dal ghiaccio per poi posizionare la lastra ottenuta a “testa in giù” su un vassoio di acqua con la sabbia sul fondo. Il ghiaccio ha permesso alla pietra di galleggiare senza che essa toccasse la sabbia, spostandosi solo con un delicatissimo soffio.

In precedenza gli scienziati avevano teorizzato che lastre enormi di ghiaccio bloccassero diverse rocce insieme e che venissero spinte dal vento attraverso il deserto. Tuttavia, i nuovi modelli matematici hanno calcolato che i venti dovrebbero essere a centinaia di miglia all’ora per spingere le pietre in questo modo. La teoria del dottor Lorenz indica che le rocce possono muoversi soltanto con una leggera brezza, sotto le giuste condizioni, perché il ghiaccio le fa galleggiare, riducendo drasticamente il loro attrito. Nonostante questa nuova spiegazione per il fenomeno delle “pietre mobili” molti visitatori continuano ad attribuire delle proprietà mistiche alle rocce di Playa Racetrack. Esse sarebbero mosse da alieni o da misteriosi campi magnetici. Alcuni fra i più superstiziosi credono che le pietre abbiano addirittura proprietà magiche.

E concludiamo citando la descrizione che della Valle della Morte fece Richard Lingenfelter, grande studioso di questa landa desolata.La Valle della Morte non è realmente così differente da gran parte del resto delle zone desertiche. È un po’ più calda e un po’ più secca. Quello che la fa sembrare diversa non è nient’altro che la nostra immaginazione. Perciò è una terra di illusione, un posto nella mente, un miraggio tremolante di ricchezze, di mistero e di morte”.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

3 pensieri su “Scoperto il mistero delle pietre che si muovono a Racetrack Playa: la valle della morte

  1. Tracce nel desertoFotografia per gentile concessione di Cynthia Cheung, GSFC/NASAUna delle misteriose pietre che “camminano” nel Death Valley National Park (la Valle della Morte tra California e Nevada) lascia dietro di sé la scia del proprio passaggio.Le pietre si trovano nel Racetrack (“pista da corsa”), il letto di un lago asciutto nella Valle della Morte, e rappresentano un fenomeno che sconcerta gli studiosi fin dagli anni Quaranta del Novecento. Benché si ritenga che le pietre si muovano alla stessa velocità di un uomo in cammino, nessuno le ha mai viste in movimento. Gli studi condotti in passato hanno escluso che la gravità o i terremoti possano essere annoverate fra le cause degli spostamenti. Ora però uno studio condotto dal Goddard Space Flight Center della NASA sembra avvalorare l’ipotesi che, durante l’inverno, le pietre possano scivolare su piccoli “collari” di ghiaccio. Secondo Cynthia Cheung, primo ricercatore del progetto, questi si formerebbero attorno alle rocce quando l’acqua scende dalle colline circostanti e si ghiaccia sul letto del lago. Più acqua che scorre potrebbe consentire alle pietre di “galleggiare”.Una squadra composta da laureandi e dottorandi si occupa di studiare i dati prodotti da minuscoli sensori posti sotto la superficie del suolo per monitorare i flussi dell’acqua. È stato così scoperto che i sensori registrano temperature di congelamento in marzo, le quali fornirebbero le circostanze adatte alla formazione dei collari di ghiaccio. Cionostante, la teoria dei collari di ghiaccio è tutt’altro che consolidata, sottolinea Cheung: “Le difficili condizioni dei vari microclimi del deserto comportano che ogni roccia possa essere mossa da una forza diversa, e potrebbe esserci più di un’ipotesi che spiega gli spostamenti”.

    1. Beh ci si può avvicinare ad ipotizzare la realtà, ma se si spera nell’unica risposta… si sta sperando di esser ingannati. Ci son sempre più versioni della realtà, più punti di vista. Lo vediamo nell’essere umano ogni giorno, dunque perché non nelle pietre? :P

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