Intervista di Stefano Fiori a Giuseppe Carta ed al suo “Visioni dal periscopio emozionale”

Ho incontrato Giuseppe all’ingresso di Monteclaro, una realtà verde all’Interno del contesto urbano di Cagliari. È stata una scelta quella dell’intervista quasi obbligata.

 

Dopo aver acquistato la sua raccolta di poesie “Visioni dal periscopio emozionale” ne rimasi folgorato, colpito, sicuro di aver davanti qualcosa di prezioso: un intreccio di simboli che posso portare a capire “i segreti della vita”.

Attraverso chiare e semplici domande e risposte possiamo insieme arrivare a comprendere  la genesi delle poesie, che sono dei messaggi fondamentali per districarci nel “periscopio delle emozioni”.

S.F.: Come è nata la tua inclinazione alla scrittura?

Giuseppe Carta: È partito dal fatto che ho deciso di diventare scrittore, perché mi piaceva scrivere e rileggermi, e quindi intravedevo per me delle cose interessanti, che potevano di conseguenza esserlo per altre persone, dandomi un valore . Tutto nasce soprattutto perché mi hanno detto che piaceva quello che scrivevo, ricevendo fin da subito un riscontro. Per me pareva tutto nella norma, io scrivo semplicemente per il gusto di farlo; il fatto che a qualcuno piaccia ciò che fai ti da quella spinta in più che motiva e da più valore al tuo “piacere”. Ho voluto mettere per iscritto dei passaggi di trasformazione della vita in cui mi sono sforzato di credere in me stesso ed in possibilità che ancora non erano reali, erano solo possibilità, nient’altro.

 

S.F.: Nei tuoi scritti, racconti più o meno la vita; tu scrivi perché dalla tua mente arriva qualcosa; ti consideri poeta visionario?

Giuseppe Carta: La visione è un concetto che per questo libro vale; anche nel titolo per esempio “Visioni dal periscopio emozionale” questo è connesso; però più di visioni parlo di sensazioni, di energie che partono comunque da me stesso che però si ricollegano al concetto che l’essere umano è molto simile, quindi le energie che abbiamo attorno, di cui siamo circondati sono simili, quindi, a questo punto, il tutto parte da me stesso per contemplare l’essere umano e le difficoltà che esso trova nell’andare avanti, e quindi ho voluto mettere per iscritto e sintetizzare i miei passaggi cardine, per dare un certo “punto di vista” ad una persona che ne ha comunque bisogno in un dato momento.

 

S.F.: Quindi è una sorta di promemoria/specchio nel caso in cui una persona trovandosi in difficoltà si può rileggere/rispecchiare: una sorta di manuale psicologico.

Giuseppe Carta: “Psicologico”. Siccome a me ultimamente hanno detto che sono “poeta filosofo”, potrebbero trattarsi di poesie che come tema abbiano quello della filosofia e psicologia perché la psicologia è il conoscersi e la filosofia è il conoscere il pensiero si, ma anche astrarlo a qualcosa di inesistente che bisogna creare..

 

S.F.: Queste poesie, con tutto questo discorso sulla filosofia e sulla psicologia connessi, possono e devono portare a creare dei concetti, in una maniera che l’interlocutore non deve andare a riconoscersi nelle varie opzioni, ma riconoscerne prima di tutto un concetto astratto per infine identificare un concetto generale.

Giuseppe Carta: Però non parto da un concetto astratto, parto da un’energia …

 

S.F.:  Queste energie in realtà sono concrete, o no?

Giuseppe Carta: Di energia ne parlano i fisici con le loro formule prestampate; io invece ho parlato di queste energie perché erano loro che muovevano la mia mano, ero quasi sotto effetto di trans.

 

S.F.:  Ecco, ricevi queste visioni che poi tramuti in poesia, queste energie che poi in realtà sono ben definite, ti danno la forza in più..

Giuseppe Carta:  Bisogna solamente credere in se stessi, e questo crea i presupposti per dare vita a questa energia universale che abbiamo, solo cosi queste “rivelazioni” , queste visioni possono essere scritte; perché ogni volta scrivevo cose che erano più forti proporzionato a quello che credevo di poter fare…

 

S.F.: Quindi cose “al di sopra delle tue possibilità”?

Giuseppe Carta: Al di sopra rispetto al momento prima, solo visto che lo facevo, mi riportavano nella norma, mi rimettevano in armonia con me stesso e quindi con l’ambiente, è un punto di passaggio.

 

S.F.:  Il titolo del libro  è “Visioni dal periscopio emozionale”, da dove deriva questo?

Giuseppe Carta: Sono arrivato ad un punto  che ero alla ricerca di un titolo, non veniva alla mente fino a quando arrivò qualcosa del tipo “visioni..”, e alla fine ho lasciato il titolo che appare oggi (non mi ricordo come è avvenuto precisamente). “Visioni dal periscopio emozionale” sono dei messaggi che io intravedevo nel mio inconscio tramite un mezzo che usavo e uso tutt’ora che è il buddismo, cioè credere in se stessi; credere fortemente che dentro di noi ci siano le soluzioni a tutti i nostri problemi; ma solo partendo da noi stessi, ascoltandoci e credendo ai nostri desideri genuini senza la paura di vederli impossibili, anzi mi hanno sempre suggerito di andare verso i desideri impossibili per poterli capire, utilizzare, trasformare e realizzare.

 

S.F.: Quindi in questo libro riporti molto del buddismo, più precisamente della “pratica buddista”?

Giuseppe Carta: Innanzitutto bisogna togliere un po’ del senso comune alla parola “buddismo”. Buddismo è la vita quotidiana, non è niente di strano, non bisogna assolutamente cadere nell’errore di entrare nel discorso religioso; è semplicemente una filosofia, un modo di vivere in armonia con se stessi e con gli altri, vedendo i problemi come la fonte della nostra vita; bisogna semplicemente accettarli e trasformarli.

 

S.F.: Tu vedi la pratica buddista come un modo per uscire da questo “turbine” che può essere anche la crisi che ci perseguita oggigiorno?

Giuseppe Carta: Sì, infatti questo periscopio è proprio un tubo che ti fa vedere oltre la realtà e grazie alla pratica buddista tu decidi la tua realtà, dove e quale direzione vuoi raggiungere nella vita, avendo l’opportunità di decidere cosa vogliamo, poi ovviamente è come scalare una montagna, bisogna darsi veramente da fare per riuscire a salire.

 

S.F.: Adesso non sono cosi presuntuoso da dire che il buddismo o meglio questa nuova filosofia possa cambiare la cultura occidentale, però potrebbe dare una mano. Io vedo questa bellissima pratica come trampolino di lancio per prendere non solo coscienza di se ma realizzare quanto il mondo sia, in realtà, bello, riprendendo il rapporto con la natura e con la cultura; io sostanzialmente vedo questo. Non si può pensare di riempire un vuoto, uscire da un tunnel, appunto un “periscopio”, senza qualcosa di bello: le emozioni e i sentimenti.

Giuseppe Carta: La sta già cambiando la cultura occidentale e sono convinto del fatto che bisogna partire dal rendersi conto che il momento presente è il momento reale, tutto il resto è illusione, sia il passato che il futuro; e quindi se ti trovi in alto e vedi un bel panorama bisogna gioirne, se ci si trova in basso e c’è un incendio bisogna fare il modo di salvarsi, assolutamente non pensando negativo, arrivando a pensare che ci si può salvare da ogni situazione e tutti gli ostacoli possono essere superati.

 

S.F.: Attraverso il nostro inconscio (ciò che siamo realmente) dobbiamo pensare che gli ostacoli sia piccoli che grandi son delle cose poste in un certo luogo in un dato momento non per farci un dispetto ma semplicemente funzionano da “banchi di prova”, per darci la forza di reagire. Tu credi nel destino?

Giuseppe Carta: Ho scritto una poesia che dice “io credo nel destino perché lui crede in me”, e quindi c’è un destino legato a quello che noi siamo. Il destino è qualcosa deciso da noi, in base alle nostre azioni, a come ci comportiamo momento per momento.

 

S.F.: E con questo parlare di attualità con i piedi scalzi sull’erba in compagnia di Giuseppe Carta, lo ringraziamo per averci concesso un’intervista cosi approfondita. Le tue poesie le ho lette in treno tra una stazione e l’altra  e ora sulla conclusione ne proponiamo una a caso: Ritmi Sbagliati.

Giuseppe Carta: Ritmi Sbagliati è proprio la poesia che non rispecchia il libro nella sua interezza. In tutte le poesie a regnare è proprio la speranza e qui,proprio in questa poesia, non si parla molto di speranza, o per lo meno solo i più se riescono ad andare oltre al messaggio primario riescono a trovare il medesimo messaggio. Si parte da un no e si continua su questa linea di pensiero, anche questa risulta però una possibilità. Bisogna accettare qualsiasi nostro sentimento, qualsiasi nostra emozione, perché non farlo ci indirizza verso la personificazione nei confronti di un’altra persona. Qui, in questa poesia, ho voluto scrivere, tradurre, mettere in versi proprio questo tipo di messaggio, il fatto di sentirsi in disordine con se stessi e con le proprie emozioni e decidere di volerlo continuare a fare, almeno per una notte. È un vedere, arrivare a credere che in ogni momento noi possiamo cambiare il nostro stato d’animo, attraverso le emozioni che scorrono nella nostra vita.

 

 Written by Stefano Fiori

 

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