“Paris en liberté”, gli scatti originali di Robert Doisneau dal 20 febbraio al 5 maggio, Milano

La mostra “Paris en liberté” che la provincia di Milano ha organizzato allo Spazio Oberdan sino al 5 maggio per omaggiare Robert Doisneau, è semplicemente stupenda. Sono più di 200 fotografie originali scattate tra il ’34 e il ’91  e raggruppate per temi: le donne, i bambini, gli innamorati, i personaggi, il traffico, ma, soprattutto, sempre e comunque, Parigi, o, meglio, la gente di Parigi. Ritratta con la grande umanità che caratterizza Doisneau.

Spiccano espressioni meravigliose, umane, dolci, felici, perplesse, di persone famose o meno, colti da uno sguardo che spia gli esseri umani quando non sanno di essere osservati e sono tutti presi dal guardare qualcos’altro.

Come si vede in La Vitrine de Romi (1948), dove il fotografo guarda, da dentro il negozio, i passanti, fuori, che scovano in vetrina il quadro che rappresenta una donna nuda dipinta da tergo. C’è chi è divertito, chi è scandalizzato, chi intrigato, e le espressioni sono per lo più parossistiche. La più bella immagine  riprende una coppia in età avanzata: lei guarda fisso davanti, qualcosa d’altro in esposizione, che ignoriamo cosa sia. Lui, incantato, è rapito, all’insaputa di lei, dalla donna nuda. La stessa idea è stata usata per Devant la Joconde (1945), una serie di immagini in cui, ancora una volta, l’oggetto dello sguardo dei personaggi è tenuto fuori. Noi non vediamo il ritratto della Monna Lisa. Vediamo chi la guarda. Di fronte alla Gioconda i parigini del ’45 hanno molte reazioni. C’è il giovane padre con gli occhiali che spiega il quadro al figlio ugualmente con gli occhiali, c’è il campagnolo con il foulard al collo e la sigaretta in bocca, ci sono persone perplesse e altre appassionate, e molti che – invece di guardare l’opera di Leonardo – guardano Doisneau che li immortala.

Il rapporto tra bambini ed adulti è oggetto di studio approfondito. Spesso è commosso e commuovente, come in Petite-fille Rue Saint Louis (1947), La communiante et les Gardes Républicans (1953) o La Petite-fille et l’Agent (1945). Una splendida, che unisce cani e bambini, ritrae un  ragazzo steso a terra in place du Louvre con il suo minuscolo cagnolino sulla pancia, intento a osservarlo con smisurato amore. Altre belle immagini di bambini li ritraggono tutti presi dalla loro vita, senza presenza di adulti, mentre sono immersi nelle loro fantasie e nei loro riti: La Monnaire des Commissions (1950), in cui un bambino ha in mano i soldini per la spesa, La Vitrine (1947), con un bambino intento a mangiarsi con gli occhi un gioco in vetrina, La Première Maitresse (1934), con bambine che scrivono sui muri, Les Frères (che ritrare due coppie di fratelli: i due che si esibiscono a testa ingiù, popolani, ed i due, benvestiti, ricchi, che dal marciapiede osservano ammirati).

Molto suggestive sono poi le immagini in cui gli oggetti – preferibilmente ma non esclusivamente i monumenti – schiacciano le persone: Le Canon d’Isabelle la catholique (1955), Le Gargouille di Notre Dame (1969), che pare mangiare la torre Eiffel, L’Enfer (1952), Le Combat du Centaur (1971) (FOTO 3), Face Ouest de l’Arc de Trionphe (1974) e anche, seppur in modo differente, Tois Petits Enfants Blancs, Parc Monceau (1970). Rientrano in questo tipo di fotografie anche Pont de la Turnelle (1951) e Maine – Montparnasse (1964) oltre al montaggio Facades Parisiennes (1973)  e alle composizione relativa la torre Eiffel.

Il fotografo coglie la tenerezza nei vari scatti con i cani, spesso anche molto ironici, e la magia dalla trasmutazione delle cose, come in Les Chevaux de Glace–  Fontaine de l’Observatoire (1983)

Disneau diceva che per lui il mondo è abitato da persone cordiali e colme della tenerezza che bramava. Quindi, “le mie foto costruivano una prova della possibile esistenza di quel mondo”.

In mezzo alla gente comune sono sparpagliati ritratti di celebrità: da Greéco a Prévert, da Simenon (bellissima immagine del 1962), a Giacometti, Queneau, de Beauvoir, Welles, Bunel,  Duras, Gaultier, Coco Chanel, Picasso, Dior, Saint Laurent, Lacroix, Binoche. Accanto a loro, la gente sconosciuta. Volti comuni di poveracci e volti noti di intellettuali sono la stessa cosa, accomunati da una grande forza espressiva, da immagini che sono sì, ferme, ma certamente non fisse, perché comunicano, ci parlano, ci raccontano una storia e ci svelano un enigma.

In particolare, contrastanti e posti uno fronte all’altro, vi sono l’ammiraglio “dans ses collections” (1950), in una stanza ricca e piena, sfoggiante un’espressione gonfia di autocoscienza e presenza del sè, e Maurice Duval, “peintre chiffonier” (1948) in una stanzetta buia, in cui in pratica lui solo, e le sue mani che stringono nervose una piccola tavolozza, emerge. Lo sguardo è smarrito ed interlocutorio, umano, preoccupato. Visi comunicativi, che sprizzano gioia, forza, intensità si ammirano anche, ad esempio, in Sandrine Bonnaire (1990) o nei due ritratti di Sabine Azèma, in particolare quella in cui è in mezzo ai busti ortopedici (1985), che con la loro fissità contrastano con la sua corsa e il suo sorriso mobile. Bellissimo anche le Patineur Solitarie – Trocadéro (1969) il cui protagonista è un anziano sorridente concentrato e assorto sui suoi pattini. Indossa un abito con la cravatta. Altra immagine quasi magica è quella che ritrae il comico Henri Héraut et ses Frerès (1950), in cui Héraut è circondato da bambolotti appesi al muro, con la sua faccia fotografata inccolata  sopra ciascuno di essi. Un foto ritocco ante litteram divertente ma anche inquietante. La Balade de Pierrette è un ciclo che fotografa una giovane fisarmonicista e una cantante, Lulù, in giro per Parigi a esibirsi nelle osterie. Si tratta per lo più di immagini di interni o di primi piani (struggenti: la fisarmonicista ha un aspetto sognante e inintelligibile) ma vi è anche una bellissima immagine scattata al Canal Saint Martin.

Vi è poi la serie di immagini, ripetute in sequenza di Les auto Tamponneuses (1953), i fotografi all’opera in Place de la Concorde, le donne nude, i ballerini, le statue (Paché, Carnot, Jourdan, Murat e Moncey, oltre che un organo sessuale maschile – Le Chant du Departe) violate dai piccioni. Le prostitute, che offrono a Disneau, che le spia dalle finestre sopra la strada, la possibilità di ritrarre anche Parigi: passage de la Trinité in particolare, e di dilettarsi in immagini sensuali, come l’ammiccante L’Escalier (1952). In questa serie si veda anche la fotografia che indaga sui rapporti tra lui, lei e l’altra, Le Petit Balcon (1953).

Le automobili sono raffigurate come bestie selvagge assetate di sangue, in particolare in La Meute (1969), fotografia che apre la sala dedicata al traffico, con gente, che Doisneau definisce “individui particolarmente agili”,  che corre per sfuggire alle predatorie autovetture a Place Concorde.

Di interesse storico è poi la serie che testimoniar la vita del mercato di Les Halles con la distruzione del pavilons Baltand (1971). Altre opere evocative e romantiche sono La Cour des Artisans (1953) e Les Chats de Bercy (1974) che a loro volta ritraggono una Parigi da tempo dimenticata.

Nella seconda sala ci accoglie, degno di stupefatta ammirazione, il montaggio di immagini intitolato La Maison des Locataires (1969), una composizione che ricrea attraverso foto di interni e di persone in posa, una casa parigina, compresa la concierge, e monta su ogni stanza vista dalla facciata una fotografia del possibile interno.

Si tratta di  un meraviglioso album di famiglia, che ricorda le immagini di Atget (la sua monografica è a Parigi), ma che denota maggiore tenerezza nei confronti di ciò che si vede (mentre Atget ha un atteggiamento più malinconico o distaccato), che mette di buon umore e che ci rende più attenti e vicini ai cosiddetti altri.

 

Written by Silvia Tozzi

 

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