Tim Burton in mostra alla Cinémathèque di Parigi sino al 5 agosto 2012

Alla Cinémathèque di Parigi è visitabile la mostra su Tim Burton, analizzato non solo come regista, ma anche come creatore di fumetti, cartoni animati, fotografo e pittore.

Un interessante approfondimento, con tanti filmati realizzati da Burton, non solo i suoi cartoni (5 minuti ciascuno) con protagonisti Stain Boy e Staring Girl, Roy, the Toxic Boy, Robot Boy, Stick Boy and Match Girl in Love, Jimmy, the Hideous Penguin Boy, The Girl with Many Eyes e The Boy with Nails in his Eyes. I personaggi sono usati per raccontare lo spazio della fantasia al confine tra sogno e realtà.

Burton emerge come un bambino nostalgico, visionario, che inventa amici, mostri e fantasmi. Teme la normalità, ama ciò che è stregato e malinconico, stralunato, come i suoi personaggi, che sono sempre teneri freak.

“Ragazze solforose, bambini ostrica e bambine con molti occhi: inquietanti come  malattie metropolitane ma adorabili come Peter Pan. Di ogni cartone è protagonista, Stainboy, che lavora per la polizia di Burbank, California.

All’inizio di ciascun episodio gli  viene commissionato di investigare vari casi bizzarre. La maggior parte di questi vede per protagonista i personaggi del libro Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie, di Burton.

Burton è affascinante perché ama il macabro, ma lo prende con fare giocoso, e diventa una cosa tutta sua, in cui lui non si compiace ma, come dimostra il suo corto di 35 minuti su Hansel e Gretel, ci gioca.

Entrando nella mostra, si è accolti da immagini macabre e fluo: bambini blu pieno di spilli, lupi mannari, sirene e studi per Nightmare Before Chrismas”. Quindi, con a sottofondo un’affascinante musichetta ossessiva, che mischia i carillion delle giostre alle risate dei bambini a qualcosa di grottesco, ecco “Carousel”, una giostra è progettata da Burton e musica realizzata da Danny Elfman (musicista cantautore e compositore, da sempre collaboratore di Burton) in poliestere e resina nel 2009. A testa in giù, sulla giostra, scapicollano tanti piccoli mostri, riprodotti in vernice fluo anche sul muro, nella stanza buia.

La sala che segue è la più grande e raccoglie i quadri di Burton: c’è la serie dei clown, che quasi si confondano con i Babbo Natale lì accanto – quindi i bambini, gli orridi bambini di Burton, capitanati da Stain Boy e gli animali. Quindi i pirati, spesso ritratti senza neanche il contorno di matita, come disegni realizzati a pastello da bambini (tra di essi ne spicca uno, realizzato con le sembianze di un giocattolo a molla, che ricorda tanto lo stile di Terry Gilliam), quindi gli gnomi e poi le polaroid (spesso Burton lavora ritoccando polaroid, come già nella prima stanza, con le immagini del bambino blu, il visitatore ha avuto modo di vedere) e poi le donne, una di esse realizzata scimmiottando in modo convincente lo stile di Picasso, e ovviamente gli uomini, molti dei quali, come anche nei film e nelle sculture, vestiti con maglie a righe e profonde occhiaie. Nel gruppo, un divertente ritratto di Joey Ramone e l’olio “Green Man”. Si chiude con le creature, molto burtoniane, con tentacoli e mille occhi e palle strobo. Nel gruppo, alleni con la testa gigante per la serie “Dream Factory”, che ricordano quelli visti in “Marsa Attacks”.

Nella sala, spiccano “Little Dead Riding Hood” del 1991 e le sculture in poliestere “Three Creatures” del 2009.

C’è poi una una stop motion, dal titolo “1997”, girata quando aveva 16 anni. I temi continuamente riproposti, con ironia e distacco, ma comunque sempre presenti, sono il senso di persecuzione e la schizofrenia, come si vede chiaramente nel diorama di Stain Boy con il bambino al centro della scena. Stain Boy, esattamente come il muro dietro di lui, sono schizzati di sangue; più lontano, dei piedi spuntano da dietro una parete.
Vi è poi uno spazio dedicato a “Hansel e Gretel”, film da 35 minuti del 1983 commissionatogli per la televisione dalla Disney. Oltre al film in visione, lo storyboard e l’opera “Clock”. Quindi ci si dedica a “Vincent”, con un plastico, la visione del film e la passerella dei personaggi, e poi “Frankenweenie”, che sarà distribuito quest’anno (ma che è un’idea del 1982) di cui tutti i personaggi sono stati realizzati con pupazzi.

Da qui si passa al cinema. Ci sono bozzetti dei personaggi de “La Sposa Cadavere” (e i pupazzi usati per il film, realizzati da Mackinnon e Saunders), un cervo di Karen Atta usato in “Edward Mani di Forbice” e il giornale dell’aldilà che vediamo in “Beetlejuice” (dallo stesso film la versione serpentina dello spiritello porcello, realizzata da Rick Heinrichs); i bozzetti per “Batman Returns” con Pinguino, Joker e Catwoman, oltre all’armatura dell’eroe pipistrello; il pull di angora di “Ed Wood” e la mano ed il costume di “Edward Mani di Forbice”.
I bozzetti de “Il Pianeta delle Scimmie” realizzati a matita e gli elmi usati nel film così come pensati da Colleen Atwood; la testa di Donald Kessler e una anatomia marziana a base degli effetti speciali di “Mars Attacks!” con una chicca: un filmato in cui si vede Barry Purves attaccato (e mangiato) dai mostruosi alieni.

I bambini meccanici di “Wily Wonka” realizzati dal Neal Scanlan Studio, il terrificante apparecchio per i denti di Willy, i rasoi di “Sweeney Todd” realizzati con cura impressionante da David Balfour e il vestito di Angelique in “Dark Shadow”, oltre all’originale Scarecrow di “Sleepy Hollow” e una vastissima sezione su “Nightmare Before Chrismas”, le tecniche usate e i bozzetti.
La mostra si basa sull’esposizione ideata nel 2009 dal MoMA di New York e per la prima volta in Europa, e raccoglie oltre 700 opere di Burton.

Sculture, polaroid in gigantografia, disegni di quando era studente di arte e oggetti e scenografie dei suoi film: un insieme di elementi pop, gotici e surrealisti.

In parallelo la Cinémathèque presenta una retrospettiva sull’autore, con tutti i suoi film, inclusi i suoi primi cortometraggi quando lavorava per la Disney e animazioni realizzate da studente.

Oltre 700 opere tra disegni, storyboard, costumi, pupazzi, fotografie, immancabili i suoi schizzi ad acquerello creati in 27 anni a chiarirci le varie nuance del suo amore per i freak, per l’impatto visivo, il suo amoreggiare con la morte (una morte da bambini, che non è veramente sparire, come in “Beetlejuice” o “La Sposa Cadavere”), il rapporto tra adulti e bambini, l’amore per il bizzarro (come equivalente di libertà) e per il mondo immaginario (come ben esemplifica “Big Fish”). Molte delle opere in mostra fanno parte della collezione privata dell’autore.

 

Written by Silvia Tozzi

 

Info:

 http://www.cinematheque.fr/fr/expositions-cinema/printemps-2012-tim-burto1/ 

 

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