“Del seme più forte”, libro di Stefano di Stasio – recensione

Eppure… In tanti anni nel suo paese aveva visto, come in una lugubre processione, sfilare comportamenti biechi, subdoli, infausti, infami. Ipocrisia, vigliaccheria, idiozia, grettezza. Slealtà strisciante sempre, mai dichiarata apertamente.” – “Scoppio”

 

Problematiche sociali che tutti conosciamo, soprusi di pochi ai danni dei molti, del popolo. Una visione realistica di ciò che oggi accade in  Italia, e non solo, nell’ambito della sanità, del lavoro, del rapporto tra giovani ed anziani, del rispetto dell’ambiente e della sua fauna, dell’utilizzo sfrenato della tecnologia.

Del seme più forte”, edito nel 2011 dalla casa editrice Lampi di stampa, è una raccolta di quattordici racconti ad opera dello scrittore e fotoreporter Stefano di Stasio(Caserta, 1961). Stefano di Stasio è un Scientist, ovvero si occupa di ricerca scientifica in un Ente Pubblico di Ricerca nel settore della fisica e chimica dei materiali nanostrutturati. Su questi argomenti è autore di più di 40 lavori su riviste scientifiche specializzate e libri in lingua inglese. Ha pubblicato le raccolte  di racconti e fotografie “Del seme più forte” edita da Lampi di Stampa (2011) e “Strade di uomini, donne e animali” Edizioni Il Filo, (2008) , menzione d’onore Premio Histonium 2010. È fra gli autori finalisti al premio “Io Racconto 2010” del comune di Firenze (narrativa senior) e figura fra i dieci autori vincitori del concorso “Premio Letterario Creativa” V Edizione (2011) per la Sezione Racconti Inediti i cui elaborati sono raccolti nell’antologia “Racconti Creativi“, edizioni Creativa. In campo fotografico è autore fin dal 1989 di numerose ricerche e mostre, alcune di queste svolte in collaborazione con il Gruppo Fotografico “Galilei” di S. Maria C.V. Tra le esposizioni, “Le altre stagioni del mare”, foto in bianco e nero, e “Il colore e la forma”, stampe a colori. Le sue foto sono state pubblicate su riviste e quotidiani (Il Manifesto, Frammenti).

Quattordici racconti di diversa estensione con ognuno una fotografia istantanea in bianco e nero che simboleggia ciò che il lettore si appresterà a leggere, un’opera tout court creativa e ben confezionata per una tematica insistente: la precarietà di vita e la ricerca di serenità. Ognuno dei protagonisti di “Del seme più forte” ha una sua storia da raccontare, una sua giornata da dimenticare o da ricordare per diventare più forte. Non sono storie a lieto fine, non sono storie che vogliono condannare una categoria precisa, ma solo episodi che mettono l’accento su una problematica precisa.

Ciò che colpisce subito è la varietà di personaggi descritti, infatti, da Tumàn lince dei Carpazi che si sacrifica per i suoi futuri cuccioli ad Alfredo ed ai suoi problemi di denaro con un bancomat che non funziona ed un conto in rosso, da Prospero laureato in Ingegneria che si innamora follemente della tabaccaia Irene ad un’accattivante excursus descrittivo delle Catacombe dei Cappuccini in Sicilia, ed ancora da Girolamo infortunato sul lavoro che trova in Italia una sanità poco interessata al cittadino a Gigliola che lavora come impiegata in un motel sull’autostrada Napoli-Bari-Pescara.

Avevo osservato la signora Inglese pochi minuti prima. Sembrava di ceto medio, niente di particolarmente sfarzoso nei modi e negli abiti. Indossava cappelli mentre il marito accudiva i suoi bambini. Era più giovane di questa donna Italiana accanto a me, ma aveva potuto avere una famiglia, dei figli. […]

Tornava in Italia. Nel paese dove l’assurdo diventava diritto, dove la legge non valeva niente. Dove era stata licenziata, forse dopo anni di onesto lavoro.” – “Zigani d’Italia”

E nel breve racconto “Zigani d’Italia” scritto in prima persona troviamo un osservatore/pensatore nell’aeroporto di Gatwick, si guarda intorno e nota due donne, una inglese ed una italiana. La donna inglese ha famiglia e vive la sua vita in modo sereno; la donna italiana è al telefono, sta per tornare in Italia, dopo un breve soggiorno da un’amica, la donna non ha più il lavoro, non ha famiglia e vive ancora con i genitori. La realtà che noi tutti conosciamo ed alla quale pare non si possa rimediare.

Una cosa era certa. Nella vasca con l’acqua sulfurea, il passato ritornava da dove era sepolto e i ricordi si animavano di personaggi e fatti quasi reali. Cominciai a fantasticare su questo strano fenomeno. Potrei azzardare l’ipotesi che le finissime bollicine nell’acqua sulfurea fossero in realtà un magico fluido capace di trasmettere la memoria del passato.” – “Acque sulfuree”

L’autore ha un blog in rete “Parole e Fotografie” nel quale pubblica suoi racconti, rubriche di discussione, recensioni cinematografiche e interviste ad autori di narrativa e di antologie fotografiche.

Info:

http://www.paroleefotografie.blogspot.it

 

Alessia Mocci

Addetto Stampa

 

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