Intervista di Alessia Mocci all’illustratore Carlo Giambarresi

Carlo Giambarresi nasce nel 1981, di origine sarda e residente a Barcellona. È un illustratore.

Nel capoluogo della Catalogna ha conseguito due corsi professionali, il primo all’IDEP, Istituto di Disegno, ed il secondo all’Escola Massana.

L’illustrazione è una forma d’arte molto antica, sin dalle dinastie egizie ci si dedicava a vere e proprie illustrazioni nei papiri, in epoca romana gli illustratori espansero la loro opera grazie al minio, ossido si piombo rosso.

L’illustratore moderno o visualizer, non è un pittore oppure un grafico, come suggerisce giustamente Carlo nelle sue risposte.

L’illustratore ha bisogno di accrescere continuamente il suo archivio di immagini perché le richieste dei committenti possono essere illimitate. Oltre all’archivio è necessario uno studio del soggetto dalla fisionomia del personaggio all’ambientazione della storia narrata.

Carlo Giambarresi è stato molto disponibile nel rispondere ad alcune domande anticipandoci anche qualche nuovo progetto. Buona lettura!

 

A.M.: Iniziamo con una domanda semplice: definisci “arte”.

Carlo Giambarresi: Potremo girare intorno a questa domanda per ore, altro che semplice!
“Arte” nel suo significato più ampio può essere intesa come forma di espressione, un qualcosa capace di trasmettere emozioni, un linguaggio libero ed interpretabile.
Centrando il mirino sui miei lavori però non so se si possa parlare di “arte” in questo senso.
L’illustrazione in se è un’arte vincolata ad un concetto, un’ idea, una storia, tuttavia può trattarsi anche solo di “suggerire” un cammino, un contesto…in cui lo spettatore percepisce i vari elementi secondo il suo bagaglio e la sua esperienza.

 

A.M.: Hai sempre avuto, sin da piccolo, il bisogno di trasportare nel reale le immagini della tua mente?

Carlo Giambarresi: Sì! Questo è il guaio. Da piccolo disegnavo tantissimo, crescendo però ho tralasciato sempre di più questa attitudine, un po’ per il tipo di studi che ho scelto un po’ per gli ambienti non del tutto stimolanti che frequentavo.
Convivo con la sensazione di “aver perso tanto tempo”, pur non rimpiangendo l’esperienze vissute in questi anni.
L’ambiente e la gente che ho conosciuto a Barcellona mi ha aiutato a smuovermi, ha aperto i miei orizzonti e mi ha ispirato parecchio. Sono uno che ha bisogno di una certa spinta iniziale diciamo, un po’ per tutto.

 

 
A.M.: Qual è il tuo metodo di lavoro?

Carlo Giambarresi: Dipende, se il lavoro mi viene commissionato il primo passo è la documentazione. Leggere, conoscere l’argomento; successivamente eseguo una ricerca di immagini e solo dopo inizio a fare scarabocchi ed a mettere su carta parole ed associazioni di idee che alla fine mi portano a svariate soluzioni del problema. Dico problema perché cerco di comunicare il concetto con meno elementi possibili, c’è un lavoro di sintesi fondamentale, ogni elemento in più può decentrare l’attenzione e l’equilibrio dell’immagine.
Da questo metodo di lavoro però traggo svariati nuovi spunti, mi ritrovo spesso a riciclare idee che in principio potevano non funzionare per un problema ma che si rivelano perfette in altri contesti.

 

 

A.M.: Hai collaborato anche con il cinema creando la locandina del mediometraggio “Uncle Bubbles” diretto da Fabrizio Marrocu. Ci illustri l’aspetto morfologico dell’idea che ti ha portato alla rappresentazione grafica finale?

Carlo Giambarresi: Sì, è stato un piacere collaborare con Fabrizio, mi invitò a vedere il corto a casa sua e mi colpì parecchio.
Ho accettato subito la sua proposta di partecipazione al progetto “Uncle Bubbles”.
Per quanto riguarda la realizzazione della locandina, io e Fabrizio abbiamo parlato e discusso un po’ assieme il concetto a grandi linee, successivamente però ho intrapreso una direzione diversa.

L’idea è stata quella di rappresentare l’equilibrio traballante di questa famiglia, dei quattro fratelli che stanno uno dentro/dietro l’altro, simboleggiando il nascondersi/sopprimersi/fuggirsi che avviene tra loro.
Isolato dall’altra parte c’è il 5º personaggio, il dottore, esterno alla famiglia, spettatore che viene poi coinvolto nella tragedia.
Per quanto riguarda la scelta stilistica ho deciso di fare un disegno a china che evoca un po’ il fumetto e fornisce un’ idea di produzione indipendente.

 

A.M.: Riesci ad incastrare il tuo lavoro in una corrente artistica contemporanea?

Carlo Giambarresi: Sì, come ho già detto prima l’illustrazione ha un vincolo, nel mio caso si tratta di lavori concettuali, non sono propriamente “opere d’arte” fini a se stesse. Anche se inizialmente si potrebbe pensare che l’interpretazione sia univoca non è così, capita spesso che le persone mi diano la loro versione o traduzione dell’opera ed appaiano elementi che io non avevo calcolato consciamente, però che hanno perfettamente senso nell’insieme! È molto curioso sentire i diversi punti di vista e le varie interpretazioni di ognuno.
Bisogna ammettere però che ci vuole una certa preparazione o esperienza per leggere un’illustrazione.
A volte ad una prima occhiata si può non percepire il gioco visuale, il particolare, l’elemento surreale con cui mi piace giocare per mandare il mio messaggio.
In Italia purtroppo questa disciplina ha molto poco rilievo ed esito se paragonata con gli Stati Uniti ad esempio, quindi non si è abituati a questo tipo di linguaggio, spesso la gente non sa nemmeno cosa sia un’ illustratore! Mi danno spesso del “grafico” o del “pittore” ma c’è una certa differenza.

 

 A.M.: Quali sono gli artisti che solleticano la tua fantasia?

Carlo Giambarresi:  Ci sono tanti artisti di cui mi alimento, dalla fotografia al cinema alla pittura..analizzare immagini per il mio lavoro è un po’ come l’ascolto per un musicista! Una lezione fondamentale direi.
Anche la lettura è di importanza estrema, più leggi più la tua mente lavora sviluppando immagini e associazioni di idee oltre ad alimentarsi culturalmente.
Potrei citare alcuni mostri sacri come El Roto, Rolan Topor o Brad Holland considerati tra i principali pionieri dell’illustrazione moderna. La scena statunitense è piena zeppa di artisti che mi piacciono tantissimo ed a cui mi ispiro come Dan Page o Edel Rodriguez, anche se a primo impatto non ho uno stile molto affine con i loro, si tratta più di una connessione concettuale.
Potrei continuare a elencare nomi però come disse un certo Einstein “il segreto della creatività è saper nascondere le proprie fonti.”, quindi mi fermo qui.

A.M.: Hai già le date per la tua prossima esposizione? Puoi anticiparci qualcosa?

Carlo Giambarresi: No, ancora no, sto lavorando ad un progetto personale, un libro per bambini illustrato, che presenterò probabilmente alla Bologna Children’s Book Fair.

 

In foto la locandina di “Uncle Bubbles” diretto da Fabrizio Marrocu.

Per info su Carlo:

http://altpick.com/carlomarx

Per il trailer di “Uncle Bubbles”:

http://youtu.be/7EURxSvFxCA

 

“Uncle Bubbles” integrale in streaming:

http://vimeo.com/20332709

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